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martedì 8 gennaio 2013

Cloud Atlas di Tom Tykwer, Andy Wachowski e Lana Wachowski

Nelle sale dal 10 gennaio.
Il romanzo Cloud Atlas (2004) dello scrittore inglese David Mitchell, oltre ad aver ottenuto una discreta fama e aver venduto -e vendere tuttora grazie al film- migliaia di copie si è guadganto anche un bollino appioppatogli da qualsiasi produttore americano; irrealizzabile. Troppo complicato, troppe cose, un macello già annunciato se portato su schermo. Perciò chiunque si è sempre tenuto a debita distanza.
Poi alla prima di V per Vendetta a Londra, quella secchiona di Natalie Portman ne ha dato una copia a Lana (ex Larry) Wachowski che se ne è innamorata/o perdutamente. Tutti a bordo, facciamo l'impossibile e lo faremo in maniera indipendente, ovvero senza una grande casa di produzione dietro ma lo stesso con un budget di 100 milioni. Adesso non so se c'hanno messo 5 anni a leggerlo ma la produzione iniziò nel 2010 con una prima assenza importante; proprio Natalie, incinta.
Chiunque dava i Wachowski per spacciati. Molto difficile tirare fuori il capolavoro, molto facile fallire miseramente e dolorosamente. La verità come al solito è nel mezzo, non è un capolavoro ma non è neanche il peggior film del 2012, come ha sentenziato la rivista Time (ma il bello è che altri giornali lo hanno messo in top5/10). Perchè è ingestibile? Perchè parliamo di 6 dico 6 storie diverse legate insieme da un concetto, da un semplice pensiero. Si "parte" -perchè non vanno in ordine a episodio distaccato ma sono mischiate tra loro alla rinfusa tramite un montaggio epilettico- dal 1846 con Adam Ewing, un avvocato inglese mandato oltreoceano per la tratta degli schiavi e il caso vuole che proprio uno di questi lo aiuterà nel travagliato ritorno a casa. Poi il 1936 dove un giovane compositore si trova a lavorare per un celebre collega molto furbo e pericoloso. Salto nel 1973 a San Francisco, in piena epoca Peace and Love, con la giornalista Luisa Rey immischiata in un gioco di spie e segreti industriali. Ovviamente il presente e le tragicomiche avventure dell'editore inglese Timothy Cavendish. Salto nella futuristica Neo Seoul del 2144 dove c'è la classica dittatura combattuta a forza di pistolettate dai ribelli. E infine un futuro lontanissimo, 106 anni dopo la Caduta, in cui la civiltà è tornata ad essere molto primitiva. Per un totale di 3 orette.
Per rispondere alle vostre primissime domande, no, non è complicato come sempre, tutt'altro e non è così pesante come potrebbe sembrare dalla durata. Ma andrò con ordine. Sono sei storie completamente separate. Io sono uno di quelli che odia visceralmente il film a episodi, perchè ho sempre l'impressione che sono 2 o 3 storie troppo corte per formare un film intero e quindi le ammucchiano alla bell'e meglio per formarne uno. Qui siamo da quelle parti. Venitemi pure a dire che c'è un evidente e importantissimo filo logico che tiene insieme tutta la baracca, ma è palese che è flebilissimo e che si esaurisce in due o tre frasette. Inoltre tutte le storie trattate hanno abbastanza gambe da tenersi in piedi da sole. Il concetto finale del film è questo: le nostre vite non ci appartengono, siamo irrimediabilmente legati agli altri, ogni nostra azione ha un'enorme anche se insospettabile importanza, che sia per il presente, o per il futuro. Bisogna lottare per far conoscere la verità alla gente, ribaltare l'ordine delle cose, il sistema, lottare per la giustizia e non è vero che ogni nostra mera esistenza è solo una goccia nel mare, perchè dopotutto, il mare non è altro che una moltitudine di gocce? Con le nostre piccole azioni influenziamo l'avvenire dell'intera specie. Un film che farebbe impazzire i buddhisti. Purtroppo non c'è molto altro da aggiungere e mancano altri 160 minuti da riempire.

Il ritmo è piuttosto scorrevole fino a un terzo della visione. L'introduzione a tutte le storie è ben gestita e soprattutto molto intrigante. Neanche te ne accorgi e un ora è volata. Il montaggio epilettico di cui parlavo aiuta a rendere l'indigesto polpettone molto più amichevole, ma inesorabilmente, l'effetto tende a scemare fino alle peggiori conseguenze. Vuoi perchè fisiologicamente è difficile per un essere umano e vuoi perchè una volta capito dove il film vuole andare a parare, diventa abbastanza noiosetto, costringendo, di tanto in tanto, lo spettatore a guardare l'orologio. 
Come detto, Cloud Atlas, non è un film malvagio ma finisce per essere schiacciato dalla sua stessa mastodontica mole, sorretta da due stecchetti. E' di sicuro carino stare li a tenere d'occhio tutti i piccoli particolari che legano casualmente le diverse storie (un disco, un libro o un mezzo libro, delle lettere, un sogno, un film) ma è anche vero che è fumo negli occhi perchè parliamo di 6 film mischiati in uno solo. Alla fine sembra quasi un esercizio di stile; sei storie, sei film, sei generi, dallo sci fi (che rimane il genere dei Wachowski, infatti l'episodio 2144 è quello più gagliardo) allo storico, dal thriller alla commedia british. 
C'è tutto e c'è troppo, e per una volta i produttori americani un pò di ragione ce l'avevano, ma va dato atto ai Wachowski e all'amico Tykwer di averla scampata bene e con un discreto risultato.
Punti di forza maggiore rimangono quindi il lato visivo, ben curato in ogni singolo genere-epoca-episodio con un saggio e non troppo invadente uso di CGI e trucchi prostetici e gli attori, dove c'è una vera e propria gara a chi ci crede di più e chi si trova a più a suo agio nell'intepretare così tanti personaggi diversi in un solo film. Per la cronaca, Tom Hanks ha 5 ruoli, Jim Broadbent 4, compreso lo sconclusionato Cavendish e il terribile Arys, Halle Berry un paio (più altri dove è irriconoscibile), Hugh Grant 3 compresi un anzianotto tutta gomma e una specie di urukai cannibale, ed infine il fedelissimo Hugo Weaving che interpreta il cattivo in ogni storia e in uno è persino una mascolina infermiera (Lana approved).