Di lei vi ho già parlato un pò in una delle rubriche precedenti,
è considerata la prima Scream Queen del cinema italiano, eppure
nella sua carriera d'attrice era lei a provocare le urla di terrore
delle sue vittime, che però in molti casi erano interpretate sempre
da lei. I terribili occhi neri, la lunga chioma corvina e quello
sguardo magnetico l'hanno resa un fenomeno di culto ma l'hanno anche
relegata in un tipo di cinema che le stava stretto.
Barbara Steele nasce a Birkenhead nel Regno Unito il 29 dicembre
1937 o 1938. Da ragazza studia pittura ma nel 1958, forse proprio
per la sua inconfondibile presenza fisica, si ritrova con un
contratto firmato dalla Rank Organization, una società di produzione
e distribuzione fondata da J. Arthur Rank proprio nel 1937, e che in
pochi anni arrivò ad inglobare gran parte delle case di produzione
inglesi, tra cui la Gaumont-British, e molte delle principali sale
cinematografiche del paese. Dopo una rapida preparazione nella scuola
di recitazione della Rank, Barbara esordisce nel 1958 con la commedia
Uno straniero a Cambridge e negli anni successivi si ricava qualche
particina in pochi film più o meno dimenticabili, tra cui forse
spicca I 39 scalini, sorta di remake shot-by-shot di Il Club dei 39
diretto da Alfred Hitchcock nel 1935.
Rank però non è in grado di valorizzare la giovane attrice e
infatti poco dopo cede il suo contratto alla 20th Century Fox. Per
Barbara è un'occasione d'oro, dopo meno di due anni e qualche
comparsata in pochi film è già sbarcata ad Hollywood, ma la
fabbrica dei sogni delude tutte le aspettative e la giovane attrice
rimane per due anni senza lavorare. Finalmente nel 1960 prende parte
alle riprese di Stella di Fuoco, probabilmente il miglior tra i film
in cui compare Elvis Presley, ma le delusioni non sono finite,
Barbara litiga con il regista Don Siegel e abbandona il set per non
fare più ritorno, la sua parte viene poi assegnata a Barbara Eden.
Destino vuole che proprio in quei giorni ad Hollywood sia in corso
uno sciopero degli attori, per Barbara quindi l'unica soluzione per
tornare a lavorare è rivolgersi all'estero. L'ennesima occasione le
arriva proprio dall'Italia ma le premesse non potrebbero essere meno
incoraggianti, un ruolo da protagonista in un horror, la proverbiale
ultima spiaggia, e come se non bastasse dietro la macchina da presa
c'è un esordiente, uno che fino a quel momento ha fatto solo l'aiuto
regista o il direttore della fotografia, un certo Mario Bava. Il film
si intitola La Maschera del Demonio e approda nelle sale nel 1960,
contrariamente alle aspettative costituirà una vera e propria svolta
per l'attrice, un successo ma anche una condanna, perché Barbara
troverà il ruolo che la consacrerà e anche quello in cui rimarrà
per sempre incagliata.
La Maschera del Demonio si ispira vagamente al racconto Il Vij di
Nikolaj Gogol, e racconta la storia della contessa Asa Vajda, una
nobildonna processata e condannata come strega dai suoi stessi
familiari che torna in vita dopo due secoli per vendicarsi sui suoi
discendenti. La Steele, costantemente sullo schermo, compare
addirittura in un doppio ruolo, quello della strega Asa e quello
della sua pronipote Katia, la fluente chioma corvina, la carnagione
pallida, e il suo sguardo penetrante diventano un marchio di
fabbrica. Il film è un successo inaspettato, soprattutto all'estero,
Bava ha confezionato un horror particolarmente esplicito e raffinato,
il primo vero esponente del gotico all'italiana, un genere che godrà
di moltissima fortuna negli anni successivi, anche grazie alle
interpretazioni della stessa Steele, quasi sempre nelle vesti della
strega in cerca di vendetta. Il suo stile piace così tanto che
persino Roger Corman la affianca a Vincent Price per il primo dei
suoi film ispirati ai racconti di Edgar Allan Poe, Il pozzo e il
pendolo del 1962. Si racconta che durante le riprese dell'ultima
scena Price la afferrò per il collo così forte da ferirla
gravemente.