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domenica 13 aprile 2014

The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson

In sala dal 10 aprile.
Orso d'Argento al Festival di Berlino 2014.

Il mondo ha bisogno di Wes Anderson, ed in questo periodo di crisi e negatività ancora di più. Abbiamo bisogno del suo cinema, delle sua carrellate, dei suoi rallenty, dei movimenti di macchina precisi e "rotanti" e delle sue inquadrature sempre geometricamente perfette e simmetriche; abbiamo bisogno delle sue musiche, dei suoi capitoli, della cura per particolari forse insignificanti e dei suoi colori pastello; abbiamo bisogno delle sue storie strampalate, dei suoi personaggi eccentrici e delle sue storie d'amore tra fumetto e feuilleton. Abbiamo infine bisogno di perderci per un paio d'ore nel suo mondo, che esso sia un grande hotel una volta lussuoso e rinomato e oggi in declino, la tana di una volpe, un treno che viaggia per l'India, un isolotto al largo del New England, una casa borghese a Manhattan, un liceo dell'East Coast o infine un sottomarino in mezzo all'atlantico. Set ricostruiti a puntino frutto dell'immaginario fantastico di Anderson, a metà tra quadri o illustrazioni tecniche, un videogioco a scorrimento e una casa di bambole dove si può aprire la facciata e scivolare tra un piano e l'altro con immensa facilità, spiando queste piccole formichine all'opera nelle loro stanze, tutte indaffarate e mai ferme.
Dopo aver visto un suo film, rimane come un aura attorno ai nostri occhi e alla nostra visione del quotidiano, tutto sembra un film di Wes e ci muoviamo al rallenty, con una canzone indie pop come sottofondo.
Per questo che il suo ritorno con The Grand Budapest Hotel è un sollievo per l'anima e una vera gioia. C'è chi dice che Anderson si limita a fare e rifare lo stesso film utilizzando i suoi amichetti. Si potrebbe rispondere che decine di talentuosi e celeberrimi registi fanno e hanno fatto la stessa cosa, quindi non capisco dove sia il problema, ma una risposta migliore sarebbe, va benissimo così!