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lunedì 19 novembre 2012

The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2 di Bill Condon


Nelle sale dal 14 novembre.
La saga di Twilight è morta, evviva la saga di Twilight. Dopo aver guadagnato cifre surreali per ogni capitolo cinematografico e editoriale, l'ennesima saga teen arriva al suo termine. Almeno in questa occasione sia i detrattori della saga che i fans più accaniti sono accomunati dagli stessi sentimenti di gioia e estasi. Anche io ho sgomitato tra ragazzine brufolose e cicciotelle, coppie capitate li per caso in cui la ragazza ha letto tutti i libri e ha obbligato il fidanzato a "godersi" l'ennesima puntata annuale al cinema, ragazzo che odia l'occasione ma che sui forum dibatte animatamente per far notare le incongruenze con il materiale letterario di base, classici imbecilli così emozionati da dimenticare il codice della prenotazione o addirittura invadere, non solo tutte le file possibili delle casse del cinema, ma anche le uscite di tali file. Prima del riassunto necessario (?) svelo un altarino: io il primo Twilight non solo l'ho visto al cinema, ma addirittura ho letto pure il libro. Ero innamorato, ma non della saga, e avrei fatto di tutto. Bene, quel Twilight, che rimane il migliore, era un filmetto brutto ma il cui successo era piuttosto comprensibile. Storia d'amore adolescenziale tra una imbranatella e un vampiro strafico con annesse complicazioni. Molto semplice, molto banale. Forse troppo, perchè la Meyer (autrice dei libri e che ora già riscuote altri dindi grazie alla trasposizione di The host, altra sua creatura) non si è fermata li, eh no, ha dovuto creare un triangolo amoroso con un licantropo e parlare di altri clan di vampiri, oltre ai Cullen, di cui non interessa niente e nessuno, tanto meno alle lettrici più appassionate.
In ogni caso, capitolo finale. Dopo due film interi in cui non succede nulla ma proprio nulla (New Moon e Eclipse. Si certo, c'è sto triangolo ma poteva essere riassunto in 12 minuti), si arriva a quello che era prevedibile dopo la fine del primo capitolo; i due si sposano, Bella diventa una vampira, hanno una bambina e il licantropo se lo piglia in quel posto. Ovviamente essendo la figlia una mezza umana e mezza vampira, qualcuno storcerà il naso e arriverà a rompere le balle alla povera neo coppia. Tre film e dico tre film (compresa la prima parte di Breaking Dawn) per perdere tempo, incassare il triplo e diluire una storia banalissima e prevedibilissima che non ha molti contenuti fondamentali. E poi qeusto scontro finale obbligatorio tanto per arrivare a un finale ben definito.
E' molto facile fare una recensione simpatica e perculante, e lo hanno fatto tutti, molto più interessante però è scrivere perchè il film (e la saga) non funzionano. Mi vien da paragonare questa epopea alla pornografia, in primis. Perchè, come qualsiasi amante dell'eros spinto, lo spettatore assiduo (e quindi di sesso femminile) di Twilight, se ne frega dei vari risvolti della trama, di vulturi e imprinting, ma vuole vedere i suoi protagonisti, Bella e Edward, tutti appiciccati a farsi coccole o vedere il lupo mannaro a torso nudo che ... non so cosa fa, non ha importanza. Infatti tutto il resto della storia è assente, sono solo scenette che fanno da collante a queste sequenze dove la libido della ragazzina schizza a mille. Come i film porno.
E poi, data la piega presa in questa ultima parte, la paragono ai film di supereroi. Infatti anche qui sono usciti fuori superpoteri, clan con buoni e cattivi, scontri finali con battaglie campali. I maschietti hanno Iron man e Capitan America, adesso le ragazzine hanno il loro corrispettivo. Un passaggio al supereroristico che para il culo su mille problemi che la trama mostra, in questo capitolo finale, perchè ogni critica che gli si potrebbe fare, viene parzialmente rispedita al mittente, venendo spiegata da superpoteri, patti e doni ancestrali.
Il problema poi è che a parte essere molto ignorante in materia (cosa non fondamentale, ne per me, molto lontano dal farmi prendere, ne per l'appassionato vero, che se sapesse qualcosa di più sui vampiri, non sarebbe tale), non ha nulla da dire. E' vero che è diluita ed è evidente che è fatto per tirar fuori dalle tasche degli spettatori, più soldi possibili. In massimo un paio di film, si chiudeva l'intera faccenda, dall'arrivo di Bella nel nuovo paesino alla conlcusione ultima. Addirittura dividere in due Breaking dawn è una presa per il culo intollerabile.
Si si si, ma com'è sto Breaking dawn? Brevissimamente, tanto è una recensione fatta solo per racimolare visite, è il classico capitolo finale. C'è uno scontro, che lascerà scontenti moltissimi, ma non le ragazze, perchè a parte essere trash è molto girli, riesce a chiudere il triangolo in poche scene, dopo che Bella stava per ammazzare Jacob, e soprattutto riesce a far sì che la bambina procreata (la terribile Renesme, con terribile CGI) sia figlia di tutti e tre. C'è poi una classica reunion non richiesta, c'è un riassuntone finale della storia d'amore, non richiesto, e c'è tanta commedia e simil-parodia, non richiesta. 
In definitiva, dopo un viaggio in Italia, la portiera di un furgone ammaccata, una festa di compleanno con del sangue, una cantante dei Black Eyed Peas che cambia volto, del sesso violento, un matrimonio di sogno e uno reale fatto nel mondo degli Ewoks, i terribili lupi mannari fatti al computer e mille voli su quel cazzo di bosco (e poi perchè prendono la macchina per spostarsi? sono tanto veloci) siamo arrivati alla fine. Piangono gli esercenti dei cinema che ora dovranno aspettare un altra saga del genere per poter guadagnare benino (e magari distribuire qui film d'autore che nessuno va mai a vedere), piangono di gioia i fans e piangiamo noi per aver speso dei soldi e del tempo. O forse no?
Volevo concludere con una lista di cose migliori di Twilight saga (l'olocausto, una verruca sul pene, una colecisti) ma evito, tanto mi basta che cliccate.

sabato 27 ottobre 2012

The Possession di Ole Bornedal

Nelle sale dal 25 ottobre

Che caspita è un Dybbuk ? Chi bazzica un po' il genere horror ne saprà qualcosa, e magari suonerà qualche campanello anche a chi ha visto A Serious Man dei fratelli Coen. Per tutti gli altri: secondo la tradizione ebraica il Dybbuk è l'anima errante di un defunto a cui è stato impedito di entrare nell'aldilà e che quindi si rifugia nei corpi altrui. Insomma una forma di possessione demoniaca, e tanto per cambiare ci troviamo di fronte a un film sull'esorcismo. A produrlo è la Ghost House Picture di Sam Raimi (sigh...) mentre dietro la macchina da presa troviamo Ole Bornedal, regista danese alla sua seconda trasferta americana (aveva già diretto il remake del suo Il guardiano di notte).
Clyde (Jeffrey Dean Morgan) e Stephanie (Kyra Sedwick) hanno divorziato da poco. (non si scappa, le ragazzine possedute hanno sempre una famiglia disastrata). Lei si è già rifatta una vita con un nuovo compagno, lui cerca di rimettersi in piedi tra lavoro e una casa tutta nuova. Nei weekend Clyde si prende cura delle due figlie, e proprio durante una di queste uscite Em (Natasha Calis), la più piccola delle due, compra una strana scatola in legno coperta con incisioni in aramaico. Naturalmente la apre, liberando così un dybbuk prigioniero che si impadronisce del suo corpo e comincia a influenzare il suo comportamento.
E niente, praticamente è tutto qui, The Possession non potrebbe essere più tipico, insignificante e anonimo. Sia chiaro, non è un disastro completo, perché in fondo è diretto dignitosamente e non scade mai nel grossolano, però non si spinge un millimetro oltre, fa il minimo sindacale senza prendersi nemmeno un rischio. Forse l'unico problema in questo senso è che scorre anche troppo spedito, dopo il breve incipit infatti la possessione entra subito nella sua fase più critica, tanto che ci si chiede come facciano i personaggi a non accorgersi di quello che sta accadendo.
La storia è così tipica che più tipica non si può, il classico blocco narrativo collaudatissimo preso e messo in scena senza nessuna rifinitura, senza togliere o aggiungere qualcosa ad una formula ormai vecchia di 50 anni. E questa forse è la cosa più sconcertante, The Possession è il classico esempio di film realizzato con lo stampino, dai personaggi allo sfondo degli eventi, tutto rigorosamente monodimensionale e intercambiabile, con un bel "basato su una storia vera" in locandina tanto per non farsi mancare niente. E poi c'è quella che dovrebbe essere la novità, il dybbuk, l'elemento ebraico, un tentativo di variazione sul tema esorcismo. Ma magari! Come anticipavo nell'introduzione, il dybbuk qui è trattato esattamente come un demonio nella concezione cattolica del termine, spogliato di tutti i suoi tratti caratteristici e reso familiare e digeribile al grande pubblico, che evidentemente, per chi sta dietro a queste produzioni, è ormai completamente lobotomizzato e incapace di affrontare una realtà esotica come l'ebraismo chassidico. Niente di nuovo quindi, uno spirito che dovrebbe fare di tutto per rimanere celato non fa altro che dare prove della sua esistenza, e quindi via con sciami di insetti, cattiverie gratuite, autolesionismo e volti che compaiono deformati negli specchi o dietro qualche superficie trasparente. Anche da questo punto di vista non c'è niente da segnalare, le manifestazioni demoniache non sono altro che un compendio di quelle viste in decine di altri film analoghi, e i pochi guizzi di creatività non sono mai pienamente sfruttati, senza considerare che, secondo una pratica ormai consueta, le scene più significative sono già tutte nel trailer.



sabato 20 ottobre 2012

Cercasi amore per la fine del mondo di Lorene Scafaria

Nelle sale dal 17 gennaio.
Una delle tanti notti insonni di questa torrida estate appena passata, accesi la TV e mi misi a guardare un programma su ComingSoon, Cloud, contenitore di news, trailer e interviste. Proprio quella notte parlavano di questa commedia, appena uscita oltreoceano, e si vedeva Carell sperticarsi in lodi infinite per la verve e il talento comico di Keira Knightley. Bene, interessante, e con un titolo così accattivante, me lo sono segnato da qualche parte.
Mancano tre settimane alla fine del mondo. Persino l'ultimo tentativo (una navicella canadese) di fermare l'asteroide Mathilda, diretta sulla terra, è andato a vuoto. Non c'è più nulla da fare se non aspettare.
Doug (Carell) apprende la notizia in macchina, con la moglie Linda. La sua unica reazione è un commento banale sull'uscita sbagliata presa in autostrada. Linda fugge via. Non ne può più di lui o semplicemente non può resistere e convivere le ultime tre settimane della sua vita con uno così. Perchè per Doug, che finisca il mondo, non è poi una tragedia. Tipo mollaccione, prudente, noioso, ha vissuto sempre preparandosi per il peggio, quindi la fine del mondo è solo una liberazione. Tutto questo fino a quando non scopre che Linda lo tradiva da tempo. La notizia lo sconvolge e cerca di suicidarsi, ingerendo detersivo per i vetri. A farlo andare avanti è un cagnolino, abbandonatogli al suo fianco, proprio mentre era svenuto dai postumi della drinkata di detersivo. 
Ma soprattutto è Penny (Knightley), la ragazza che abita al piano sotto al suo. Ragazza strana, romantica, vivace, e con un ipersonnia da record. Tutto il contrario di lui. Rimasti illesi dopo che una rivolta è arrivata a lambire il loro stabile, iniziano un lungo viaggio per l'America, alla ricerca di fidanzate e fidanzati passati, cercare i propri famigliari e condividere gli ultimi momenti assieme.
Not another apocalypse movie! Dai su stavolta è una commedia romantica. Siamo nel 2012 e a pochi mesi dalla fatidica fine del mondo annunciata dal calendario Maya, siamo stati sommersi da film sull'apocalisse che spazzerà via la nostra esistenza. E c'è quello d'autore, Melancolia, quello low budget, 4:44 Last Day on Earth, quello sciocco, 2012, quello con Nicolas Cage, Segnali dal futuro, ora c'è quello spiritoso. Se non dovesse arrivare sta fine del mondo, saranno stati tutti una delusione!

Seeking a friend for the end of the world (titolo originale) è un road movie camuffato ben bene da apocalypse movie. C'è una prima parte e un ultima, ovviamente, dove la fine ha una certa importanza, ma per il resto è un classico esempio del filone "viaggi e incontri". I nostri due passeranno dall'incontrare uno strano camionista a pranzare in una pittoresca tavola calda, dall'incontrare un ex dei due all'avere guai con le autorità. Il tutto però non nel classico schema buddy-buddy (tipo Un biglietto in due) ma con una coppia che piano piano si innamora.
Giudicato da questo punto di vista e dal punto di vista prettamente comico, e di ritmo, di gag, di ilarità, esce con le ossa rotte. Come se Carell, e i suoi personaggi, contaminasse tutto quello che ha attorno, la storia si srotola molto svogliatamente, molto lentamente, fiaccamente. Mai picchi degni di citazione tra gli amici a fine visione, mai scossoni o svolte nella sceneggiatura che sveglino lo spettatore. Non è che chieda la risata sguaiata, tanto ho capito dopo poco che è più romance che comedy, ma un pò di vivacità, quella si. 
Ecco allora il lato romantico. Qui si segna un successo, anche se sembra il testo di una canzone melensa messa in immagini. Guarda caso la regista, al suo esordio, è una scrittrice di canzoni per commedie romantiche adolescenziali (Whip it, Nick e Nora) oltre che attrice e cantante. In ogni caso l'amore che sboccia tra i due protagonisti è sincero e commovente al punto giusto. Poi su, stanno per morire, come tutti noi, checcarini, che dolciotti.

Però ritengo che la cosa più riuscita del film sia un altra. Ovvero quando mostra sullo sfondo a volte, e in primo piano in altre, come reagisce l'umanità al periodo d'attesa di tre settimane. C'è chi come Doug, continua a recarsi al lavoro e a eseguirlo con giudizio, chi manda avanti il proprio negozio e persino qualche poliziotto zelante c'è ancora a somministrare fumanti tazze di legalità (anvedi!). E poi c'è chi spacca tutto, chi appende volantini per coronare il suo sogno di essere un killer su commissione o chi organizza orge. C'è la famiglia di amici di Doug che organizza una classica cena con parenti e conoscenti, dove si fanno giochi di società tipo "Cosa farete se il mondo finisse?", giochi ovviamente molto realistici, come quando Penny deve realmente decidere quali dischi portare con se e quali abbandonare. Alla stessa cena si provano sigari costosissimi e petardi pericolosissimi, si organizzano coca party, si prova la cocaina, davanti ai propri figli. Eppure tutto ha una certa organizzazione. Un ora per ritrovarsi, un ordine delle portare, un ordine della serata. Anche davanti all'inevitabile fine e alla morte, c'è nell'uomo una volonta di rispettare delle regole. Di non andare oltre, di continuare a tagliare il prato, perchè si deve fare. Questo mi è piaciuto molto. Nonostante siamo liberi di lasciarci andare alla lista del "cose da fare prima di morire", preferiamo sottostare alla routine classica.

In definitiva, Cercasi amore per la fine del mondo, è un film che finisce accalappiare molti per il tema stra abusato, ma che stringi stringi non è molto diverso da tanti suoi simili. Incapace di andare un pò oltre le righe, e il soggetto lo richiederebbe eccome, rimane troppo garbato, troppo mogio e si perde lo spettatore per strada. Meglio così che la solita sboccata commediaccia di esagerazioni, ma esagera nell'opposto. Keira Knightley prova a essere divertente ma nel film sbagliato, Carell fa il suo solito personaggio in cui manco più lui ci crede. Se mai uscirà, non vi dico di non vederlo, ma il noleggio è più consigliato.

sabato 14 luglio 2012

Freerunner di Lawrence Silverstein


Nelle sale dal 13 luglio anche in 3D.
Nel totale vuoto delle sale italiane (sia di pubblico, sia di proposte) arriva questo film, spero, low budget, girato a Cleveland, nota per essere the mistake on the lake, con regista quella mente perfida che ha osato produrre The cell 2 (si esiste) e che qui si cimenta per la prima volta dietro la telecamera. Come se non bastasse ve lo potrete godere in 3D se vorrete, ma avendolo visto in versione normale, non capisco dove ce la metteranno sta tecnologia dato che non c'è una singola scena degna o non c'è neanche una qualità video decente per dare profondità o comunque rendere tale scelta sensata. 
Ma cos'è Freerunner? Presto spiegato. Trattasi di film adrenalinico con al centro un gruppo di ragazzotti dediti al parkour (quella moda di scalare i palazzi e correre e saltare per le stradine delle città). Questo gruppetto partecipa alla Freerun, una corsa per la città di Metro, nella quale non ci sono regole, basta raggiungere tre bandiere di colore diverso e in un ordine preciso, sparse per una zona molto vasta. Si può scommettere, ci sono telecamere sparse per tutto il percorso e molti ragazzini locali ne vanno matti. Tutto bene, tranne che la competizione è solo un antipasto per qualcosa di ben più grosso e pericoloso. Un giorno i ragazzi si svegliano in un capannone e con un collare esplosivo addosso. Su uno schermo appare il temibile Mr. Frank che annuncia le nuove regole: 3 scanner da passare in 60 minuti sparsi per la città, l'ultimo dei concorrenti che viene scannerizzato ha soli tre secondi dal penultimo per non esplodere, chi si leva il collare muore, chi esce dalla zona di gioco esplode premio finale di un milione di dollari. Il tutto sotto lo sguardo compiaciuto e divertito di multimilionari che scommettono ben più della paghetta settimanale.
Oh, ma che bello, eh? Si, in effetti l'idea è interessante, forse un pò scopiazzata (impossibile non pensare a Crank ma più grezzo), molto stile videogame, giovanile, che frulla dentro le mode del momento, dal parkour, alle riprese da mix tape di skate ai gesti spericolati degni delle fail compilation di Youtube. Allora perchè è brutto? In primis perchè è scritto evidentemente da un ragazzino dodicenne, amante appunto dei videogiochi e di tutte queste cose adolescenziali. Si parte già male, con una trama riassunta didascalicamente circa quattro volte che fa venir voglia di gridare allo schermo "Ok ho capito!", per poi continuare con inverosimiglianze, forzature nella "sceneggiatura", tipiche, per carità, del genere, ma eccessivamente fastidiose (una su tutte è l'esplosione finale), passando per dialoghi e battutine irritanti.
Il resto lo fa una regia che sulla carta dovrebbe essere l'unica scelta possibile. Molta POV, moltissima camera a mano e qualche camera fissa simil circuito chiuso di sicurezza, almeno per le sequenze movimentate. Eppure si rivela una scelta terrificante perchè in alcuni casi non si capisce una mazza e in altri spezza il ritmo, non aiutando quindi il montaggio frenetico. Insomma, un disastro.
Ma l'apice della "schifezzeria" si raggiunge nei segmenti di trama, quella poca che c'è. Parlavo di videogiochi prima, ecco avete presente quelle cut scene tra un livello e l'altro? Quella qualità pessima di recitazione legnosa, dialoghi orripilanti e scenette dirette da un anziano impaurito? Qui le ritrovate tutte. Incomprensibili zoomate degne della comunione del piccolo Simoncino, scambi di battute tra i personaggi che passano dall'infantile al fuori sincro (sembra parlino di cose diverse tra loro), evoluzioni della trama che lasciano a bocca aperta e occhi roteanti. E tutte le scenette e litigi tra riccastri, se non entrano nella storia del cinema, poco ci manca.
No, purtroppo ancora non basta. Manca il formidabile cast, composto da sconosciuti raccattati per strada. Gente che fa sembrare la recitazione hard di Sara Tommasi una vetta irraggiungibile. Sembra sempre che leggono da un gobbo nelle vicinanze e cosa ancora peggiore, che in Italia non si potrà godere, hanno dei seri problemi con l'inglese, perchè tutti parlano in maniera abbastanza strana, con diversi accenti bislacchi. 
Non funziona nulla in Freerunner, tanto da non riuscire neanche a far dire "potenziale mal sfruttato", perchè per materiale del genere, basta guardarsi dei video amatoriali su internet o giocare a un Mirror's Edge o uno Skate qualsiasi. La sensazione finale è proprio questa: ma vuoi vedere che questo doveva essere un gioco per consolle e non un lungometraggio? Il dubbio è più che plausibile vedendo il risultato finale.
In definitiva Freerunner è un prodotto giovanile di infimo livello, che può difendersi dietro il basso budget a disposizione (5 milioni di dollari però, mica pochi) ma fino a un certo punto. Un film degno della Asylum production (e guardate gli effetti splatterosi), un videogioco mancato. Una corsa breve e che può sembrare senza ostacoli, ma che, come gli idioti protagonisti della pellicola, deve complicarsi la vita rimbalzando su un muro, picchiando su un cassonetto, inciampando in una ringhiera e cadendo in una pozzanghera.
Ma magari!


Voto 4-

Ma non andate via subito di corsa a sciacquarvi gli occhi e a punirvi con il cilicio per accomunare nella memoria, la visione al dolore, perchè a fine film c'è anche una scenetta extra del tutto inutile e deprimente. Come affondare ancora meglio il coltello nella piaga.