Nelle sale dal 19 settembre.
E chi l'avrebbe mai detto? Eppure si, un tempo la formula 1 era uno sport maledettamente interessante ed emozionante. Prima dell'avvento dell'elettronica*, della sicurezza ad ogni costo, del kers, dei simulatori di guida etc... esisteva il mondo delle corse da cartolina, con sorpassi al limite, rischi e spettacolo -tutto quello che oggi i vari spot televisivi, sempre più belli e dinamici, tentano di venderci ma che non troviamo una volta aperta la confezione in super alta definizione. Ci avevano provato spesso in passato i nostri fratelli maggiori e i nostri padri ad assicurarci che la formula 1 era davvero così, ma noi non gli credevamo e solo in rare occasioni ci accorgevamo che forse avevano ragione. Ad esempio quando un record storico del giro, imbattuto da decenni, viene finalmente infranto, o quando un telecronista sottolinea un pilota ha scelto il casco giallo per omaggiare una vecchia gloria o ancora in qualche immagine di repertorio con le scintille che schizzano da ogni parte. Epoche in cui i nomi italiani occupavano ancora un piccolo spazio nel circus, insieme a vocaboli come Tyrrel, Imola, Andretti e Goodyear. Per fortuna che a ricordarci di quel mondo ci pensa Ron Howard.
E' strano ma Hollywood (e le grandi produzioni) non ha mai avuto un certo feeling con la formula 1, classe regina di tutte le categorie di corse. Sport da europei annoiati, penseranno, meglio fare filmacci sulla Nascar (che noiosa non è?) o premiare l'ennesima sceneggiatura di Stallone. E la pensava così anche Peter Morgan quando si mise a scrivere Rush, sul duello Lauda-Hunt, e pensando che mai nessuno l'avrebbe prodotto, nessuno coi soldi, non scrisse neanche una sequenza riguardante le corse o la pista. Sai che palle, fino a quando non è spuntato Ron Howard, suo sodale da un altro duello, l'ottimo Frost VS Nixon , uno che di formula 1 e motori sa giusto quello che gli ha insegnato Fonzie nella sua autorimessa, ma capace di realizzare dell'ottimo cinema d'intrattenimento.
E allora Lauda vs Hunt, Hunt vs Lauda, il più grande duello nella storia della formula 1, come recitano le locandine, un duello così competitivo che è durato -oggettivamente- solo un anno, è stato viziato da un incidente mortale e che oggi molti si sono dimenticati. Persino Lauda stesso che ad inizio film esordisce con "non ho mai capito perchè fosse così importante questa sfida", o simile.
A parte tutto, erano una coppia cinematograficamente perfetta, lo ying e lo yang, due parti della stessa medaglia, inscindibili, uno dipendente dall'altro. Hunt era il bonazzo, il playboy tipico degli anni 70, con camicia aperta (persino in un 14 novembre inglese e alla battuta "James, sai che giorno è oggi? Il 14 novembre, e che succede oggi?" viene da dire "Che ti devi mettere un maglione!"), sandali e capelli lunghi, non bravissimo in pista ma aggressivo, coraggioso, estremo, uno scavezzacollo, più dedito alla fica che al volante ma poco importa. L'idolo delle folle, delle ragazzine, tutto carisma e alcolici.
Lauda era l'esatto opposto. Brutto -senza mezzi termini-, noioso, professionale, sempre dedito al lavoro, estremo conoscitore della meccanica della macchina, odiato da tutti, senza ragazze attorno e senza amici, ma vincente (3 titoli, quasi 4 va), rispettato più che idolatrato.
Quale duo poteva venire meglio sul grande schermo? Forse forse uno molto simile, non so, Senna (in pista molto Hunt-esco, quindi pericoloso ma velocissimo, aggressivo, fuori dalla pista frequentava quasi solo Dio, ma vabbè) e Prost (un professorino come Lauda, tutto calcoli e tecnica, noioso e odiato) ma suvvia, Morgan è inglese e deve parlare di un inglese no?
Per fortuna il lato umano della vicenda non prende il sopravvento su quello sportivo. C'è molta azione, molte sequenze in pista, molte impressionanti per la cura nei dettagli altre invece si, ricordano un po' gli scontri di Speed Racer dei Wachowski. Un perfetto equilibrio quindi tra quello che interessa di più in un film di corse, le corse (DUH!), e il resto, i riempitivi necessari, la caratterizzazione dei personaggi, la vita privata tra le mille e una donna, quello che si sposa e perde, di Hunt e quella con una sola donna, la ragione che gli farà alzare il piede nel momento più importante, di Lauda.
Un buon lavoro di Morgan, senza scadere troppo nei buoni sentimenti, nella tragedia (mancata), nelle emozioni facili. Tutte cose che lo escludono direttamente dagli Oscar, dove contano le cose più facilotte.
Altro equilibrio impeccabile quello nella gestione dei due protagonisti, entrambi con il giusto spazio, il giusto background. Il film non prende una posizione, non bolla uno come negativo e l'altro come positivo. Non c'è un eroe vincente e un cattivo perdente. Ognuno ha i suoi difetti e i suoi pregi, ognuno può essere amato come essere odiato, nonostante la loro natura diametralmente opposta. Dipende dall'occhio dello spettatore, chi si trova più simile a Hunt o Lauda, tuttavia non disprezzerà o mancherà di rispetto nei confronti dell'altro.
Pippone finale evitabilissimo. La vita va vissuta, bisogna festeggiare quando si vince, quando si compie qualcosa, insomma, bisogna essere felici e allegri, tanto non muore nessuno se ci lasciamo andare un po', al massimo ci si brucia un po' la faccia, dico bene?
Sbalorditiva la ricostruzione storica dei vari tracciati, dal Paul Ricard al Fuji, dal Nurburgring a Monte Carlo**, di cui vediamo poche curve in soggettiva che però lasciano a bocca aperta. Ecco un utilizzo della CG da manuale. Certo a volte risulta un po' finto, esagerato o ipercolorato, ma il risultato finale è ammirabile. Vengono utilizzate anche le reali macchine da F1 degli anni 70, ed è magico, almeno per un appassionato come me, poter rivedere la vecchia Lotus di Andretti, la March di Brembilla (il Brembilla con la macchinina ciumbia!) e soprattutto la Tyrrell a 6 ruote.
Per tutti quelli che se lo staranno chiedendo, si, è anche fedele e accurato nella cronaca degli eventi. Non è un documentario, ci mancherebbe, e ogni tanto romanza i contorni (ad esempio il finale ricco di suspense al Fuji o la domanda sciocca di un giornalista a Lauda, di ritorno a Monza, con seguente pestaggio da parte di Hunt), riesce comunque a trovare un più che discreto compromesso tra una buona ricostruzione e un avvincente racconto cinematografico, coinvolgendo l'esperto di corse come lo spettatore medio a digiuno totale di informazioni.
Attori semplicemente perfetti, non tanto per qualità recitative, ma per look e somiglianza (scusa Daniel) e per curriculum. Chi poteva fare Hunt se non il bonazzo del momento, Chris Hemsworth, in passato Thor e .... Thor... E chi poteva fare l'austriaco bruttino se non Daniel Bruhl (che non è brutto come Lauda diciamolo, anzi è un ragazzo normale che prova a essere brutto), uno che ha fatto un film tedesco impegnato, sul comunismo (!!). Bravi e convincenti dopo tutto, a parte un Bruhl tarantolato per quanto muove le mani e gesticola, ma forse anche Lauda era così. Entrambi hanno realmente guidato le loro macchine (F3 camuffate da F1), dopo un periodo di test con piloti professionisti.
C'è anche Favino, il nuovo Giannini, cioè quello che gli americani chiamano sempre quando serve un italiano (Regazzoni era svizzero ma cosa cambia?), memorabile perchè al centro di un paio di scambio di battutine e frecciatine divertenti con Lauda. E ci sarebbe anche Olivia Wilde, purtroppo però è nascosta sotto un trucco da battona d'alto bordo o peggio, da Cameron Diaz, decidete voi, tanto che quasi non la si riconosce.
E insomma, Rush è un buon film d'intrattenimento, leggero ma ben diretto, divertente e movimentato, uno di quelli che passano e forse lasciano pochino, proprio come una formula 1 che sfreccia a 300km/h, ma per quelle due orette tiene sempre alta l'attenzione. Impressionante per la ricostruzione storica visiva e abbastanza fedele negli avvenimenti, impeccabile inoltre per il cast. Forse ha sbagliato nella scelta del duello, ma in fondo, per Senna vs Prost ci facciamo bastare il buonissimo documentario Senna di un paio d'anni fa.
Purtroppo ora Howard torna da Dan Brown...
E chi l'avrebbe mai detto? Eppure si, un tempo la formula 1 era uno sport maledettamente interessante ed emozionante. Prima dell'avvento dell'elettronica*, della sicurezza ad ogni costo, del kers, dei simulatori di guida etc... esisteva il mondo delle corse da cartolina, con sorpassi al limite, rischi e spettacolo -tutto quello che oggi i vari spot televisivi, sempre più belli e dinamici, tentano di venderci ma che non troviamo una volta aperta la confezione in super alta definizione. Ci avevano provato spesso in passato i nostri fratelli maggiori e i nostri padri ad assicurarci che la formula 1 era davvero così, ma noi non gli credevamo e solo in rare occasioni ci accorgevamo che forse avevano ragione. Ad esempio quando un record storico del giro, imbattuto da decenni, viene finalmente infranto, o quando un telecronista sottolinea un pilota ha scelto il casco giallo per omaggiare una vecchia gloria o ancora in qualche immagine di repertorio con le scintille che schizzano da ogni parte. Epoche in cui i nomi italiani occupavano ancora un piccolo spazio nel circus, insieme a vocaboli come Tyrrel, Imola, Andretti e Goodyear. Per fortuna che a ricordarci di quel mondo ci pensa Ron Howard.
E' strano ma Hollywood (e le grandi produzioni) non ha mai avuto un certo feeling con la formula 1, classe regina di tutte le categorie di corse. Sport da europei annoiati, penseranno, meglio fare filmacci sulla Nascar (che noiosa non è?) o premiare l'ennesima sceneggiatura di Stallone. E la pensava così anche Peter Morgan quando si mise a scrivere Rush, sul duello Lauda-Hunt, e pensando che mai nessuno l'avrebbe prodotto, nessuno coi soldi, non scrisse neanche una sequenza riguardante le corse o la pista. Sai che palle, fino a quando non è spuntato Ron Howard, suo sodale da un altro duello, l'ottimo Frost VS Nixon , uno che di formula 1 e motori sa giusto quello che gli ha insegnato Fonzie nella sua autorimessa, ma capace di realizzare dell'ottimo cinema d'intrattenimento.
E allora Lauda vs Hunt, Hunt vs Lauda, il più grande duello nella storia della formula 1, come recitano le locandine, un duello così competitivo che è durato -oggettivamente- solo un anno, è stato viziato da un incidente mortale e che oggi molti si sono dimenticati. Persino Lauda stesso che ad inizio film esordisce con "non ho mai capito perchè fosse così importante questa sfida", o simile.
A parte tutto, erano una coppia cinematograficamente perfetta, lo ying e lo yang, due parti della stessa medaglia, inscindibili, uno dipendente dall'altro. Hunt era il bonazzo, il playboy tipico degli anni 70, con camicia aperta (persino in un 14 novembre inglese e alla battuta "James, sai che giorno è oggi? Il 14 novembre, e che succede oggi?" viene da dire "Che ti devi mettere un maglione!"), sandali e capelli lunghi, non bravissimo in pista ma aggressivo, coraggioso, estremo, uno scavezzacollo, più dedito alla fica che al volante ma poco importa. L'idolo delle folle, delle ragazzine, tutto carisma e alcolici.
Lauda era l'esatto opposto. Brutto -senza mezzi termini-, noioso, professionale, sempre dedito al lavoro, estremo conoscitore della meccanica della macchina, odiato da tutti, senza ragazze attorno e senza amici, ma vincente (3 titoli, quasi 4 va), rispettato più che idolatrato.
Quale duo poteva venire meglio sul grande schermo? Forse forse uno molto simile, non so, Senna (in pista molto Hunt-esco, quindi pericoloso ma velocissimo, aggressivo, fuori dalla pista frequentava quasi solo Dio, ma vabbè) e Prost (un professorino come Lauda, tutto calcoli e tecnica, noioso e odiato) ma suvvia, Morgan è inglese e deve parlare di un inglese no?
Per fortuna il lato umano della vicenda non prende il sopravvento su quello sportivo. C'è molta azione, molte sequenze in pista, molte impressionanti per la cura nei dettagli altre invece si, ricordano un po' gli scontri di Speed Racer dei Wachowski. Un perfetto equilibrio quindi tra quello che interessa di più in un film di corse, le corse (DUH!), e il resto, i riempitivi necessari, la caratterizzazione dei personaggi, la vita privata tra le mille e una donna, quello che si sposa e perde, di Hunt e quella con una sola donna, la ragione che gli farà alzare il piede nel momento più importante, di Lauda.
Un buon lavoro di Morgan, senza scadere troppo nei buoni sentimenti, nella tragedia (mancata), nelle emozioni facili. Tutte cose che lo escludono direttamente dagli Oscar, dove contano le cose più facilotte.
Altro equilibrio impeccabile quello nella gestione dei due protagonisti, entrambi con il giusto spazio, il giusto background. Il film non prende una posizione, non bolla uno come negativo e l'altro come positivo. Non c'è un eroe vincente e un cattivo perdente. Ognuno ha i suoi difetti e i suoi pregi, ognuno può essere amato come essere odiato, nonostante la loro natura diametralmente opposta. Dipende dall'occhio dello spettatore, chi si trova più simile a Hunt o Lauda, tuttavia non disprezzerà o mancherà di rispetto nei confronti dell'altro.
Pippone finale evitabilissimo. La vita va vissuta, bisogna festeggiare quando si vince, quando si compie qualcosa, insomma, bisogna essere felici e allegri, tanto non muore nessuno se ci lasciamo andare un po', al massimo ci si brucia un po' la faccia, dico bene?
Sbalorditiva la ricostruzione storica dei vari tracciati, dal Paul Ricard al Fuji, dal Nurburgring a Monte Carlo**, di cui vediamo poche curve in soggettiva che però lasciano a bocca aperta. Ecco un utilizzo della CG da manuale. Certo a volte risulta un po' finto, esagerato o ipercolorato, ma il risultato finale è ammirabile. Vengono utilizzate anche le reali macchine da F1 degli anni 70, ed è magico, almeno per un appassionato come me, poter rivedere la vecchia Lotus di Andretti, la March di Brembilla (il Brembilla con la macchinina ciumbia!) e soprattutto la Tyrrell a 6 ruote.
Per tutti quelli che se lo staranno chiedendo, si, è anche fedele e accurato nella cronaca degli eventi. Non è un documentario, ci mancherebbe, e ogni tanto romanza i contorni (ad esempio il finale ricco di suspense al Fuji o la domanda sciocca di un giornalista a Lauda, di ritorno a Monza, con seguente pestaggio da parte di Hunt), riesce comunque a trovare un più che discreto compromesso tra una buona ricostruzione e un avvincente racconto cinematografico, coinvolgendo l'esperto di corse come lo spettatore medio a digiuno totale di informazioni.
Attori semplicemente perfetti, non tanto per qualità recitative, ma per look e somiglianza (scusa Daniel) e per curriculum. Chi poteva fare Hunt se non il bonazzo del momento, Chris Hemsworth, in passato Thor e .... Thor... E chi poteva fare l'austriaco bruttino se non Daniel Bruhl (che non è brutto come Lauda diciamolo, anzi è un ragazzo normale che prova a essere brutto), uno che ha fatto un film tedesco impegnato, sul comunismo (!!). Bravi e convincenti dopo tutto, a parte un Bruhl tarantolato per quanto muove le mani e gesticola, ma forse anche Lauda era così. Entrambi hanno realmente guidato le loro macchine (F3 camuffate da F1), dopo un periodo di test con piloti professionisti.
C'è anche Favino, il nuovo Giannini, cioè quello che gli americani chiamano sempre quando serve un italiano (Regazzoni era svizzero ma cosa cambia?), memorabile perchè al centro di un paio di scambio di battutine e frecciatine divertenti con Lauda. E ci sarebbe anche Olivia Wilde, purtroppo però è nascosta sotto un trucco da battona d'alto bordo o peggio, da Cameron Diaz, decidete voi, tanto che quasi non la si riconosce.
E insomma, Rush è un buon film d'intrattenimento, leggero ma ben diretto, divertente e movimentato, uno di quelli che passano e forse lasciano pochino, proprio come una formula 1 che sfreccia a 300km/h, ma per quelle due orette tiene sempre alta l'attenzione. Impressionante per la ricostruzione storica visiva e abbastanza fedele negli avvenimenti, impeccabile inoltre per il cast. Forse ha sbagliato nella scelta del duello, ma in fondo, per Senna vs Prost ci facciamo bastare il buonissimo documentario Senna di un paio d'anni fa.
Purtroppo ora Howard torna da Dan Brown...
*Nel 2002 Lauda disse "La formula uno oggi è orribile, con tutta questa elettronica, anche una scimmia potrebbe guidare". La Jaguar lo invitò a provare la macchina a Valencia. Non andò benissimo http://www.youtube.com/watch?v=GLLDWnJEUfQ
**Tuttavia, c'è un incidente a Monza (questo http://www.ausmotive.com/pics/2013/Rush-movie-preview-May2013-01.jpg) in una curva che non esiste.
Ora che vedo che la sceneggiatura è di Peter Morgan mi sale la curiosità.
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