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martedì 31 dicembre 2013

American Hustle - L'apparenza inganna di David O. Russell

Nelle sale dal 1 gennaio 2014


Si avvicinano gli Oscar, e, come da (recentissima) tradizione, si avvicina anche l'uscita italiana dell'ultimo film di David O. Russell, il regista-sceneggiatore che da tre anni a questa parte sembra lavorare solo in funzione della scintillante cerimonia del fu Kodak Theatre. Dopo le macchine da premio, o da nomination, The Fighter e Il Lato Positivo, è la volta di American Hustle, da noi con il sottotitolo "l'apparenza inganna", un heist movie che incontra una commedia che incontra una love story, condito con un cast di purosangue.
Irving Rosenthal (un irriconoscibile Christian Bale) è un inguaribile truffatore: traffica in opere d'arte false e organizza finti prestiti (ma qui non ho capito il meccanismo della truffa, urgono delucidazioni) tutto per vivere nel lusso e mantenere la moglie Rosalyn (Jennifer Lawrence) che non sopporta ma con cui continua a vivere per non danneggiare il figliastro. La sua ancora di salvezza è l'amante e complice Sidney (Amy Adams, sempre scollatissima), ma i due vengono beccati da Richie (Bradley Cooper), un agente dell'FBI che garantisce loro l'immunità se lo aiuteranno ad incastrare l'amatissimo sindaco Carmine Polito (pronunciato "carmain" e interpretato da Jeremy Renner).

domenica 15 dicembre 2013

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug di Peter Jackson

Nelle sale dal 12 dicembre

Ho molto da dire, quindi sarà una recensione in tre parti:

-Un viaggio inaspettato
Ormai un annetto fa, arrivava nelle sale il primo capitolo della trilogia dello Hobbit, ambiziosissimo colossal su cui gravavano l'imponente eredità del Signore degli Anelli e il peso di scelte produttive poco felici. L'accoglienza fu tiepidissima, il film venne maltrattato dalla critica, massacrato dai tolkienianisti più intransigenti e non incontrò il favore del grande pubblico, che vide confermati i dubbi sulla divisione in tre capitoli. E uno dei problemi principali del giocattolone, il "tradimento" insomma, era proprio questo: rimaneva un'operazione senza un perché, un film che non riusciva a giustificare la sua durata (senza contare i tagli) e tantomeno riusciva a giustificare l'idea di una trilogia. 
A non convincere il resto del pubblico era stato il tono più scanzonato rispetto a quello del Signore degli Anelli, tentativo poco apprezzato e poco capito di avvicinarsi il più possibile al romanzo di partenza. E poi c'era il 3D, il chiacchieratissimo 3D a 48fps, un'innovazione tecnologica di cui si può godere a pieno solo nei cinema più moderni, e che di contro, dava all'immagine un aspetto quasi "televisivo". 
Ecco, se non sapessi che Peter Jackson sta girando i tre capitoli consecutivamente, come aveva fatto per l'altra trilogia, penserei che questo secondo film è stato scritto, diretto e montato tenendo conto di tutte le critiche di cui sopra. Perché La desolazione di Smaug, con tutti i suoi difettacci, è un significativo passo avanti rispetto a Un viaggio inaspettato.

domenica 8 dicembre 2013

Oldboy di Spike Lee

Nelle sale dal 5 dicembre

Se n'è parlato tanto di questo Oldboy, forse anche troppo, fin da quando era solo una strana voce di corridoio che voleva Steven Spielberg alla regia e Will Smith (!?!?) nel ruolo del protagonista, scelte bizzarre per un progetto che ha destato subito tante perplessità. Poi le voci sono diventate notizie, e intorno al film si è sviluppato il solito fermento che generano sempre le operazioni di questo tipo: c'è chi ha tuonato contro l'ormai proverbiale mancanza di idee, chi ha conservato un cauto ottimismo e poi ci sono i "fan", la piaga del cinema, nella maggior parte dei casi spettatori convinti che il cinema coreano cominci e finisca con Park Chan-wook, e magari ignari del fatto che Oldboy (2003) è a sua volta adattamento di qualcos'altro.
Io mi piazzo nel mezzo, adoro Park Chan-wook tanto quanto Spike Lee, ma cerco di non farne una malattia. Credo anche che, quando si parla di remake, i nomi in ballo contino fino ad un certo punto, perché a disturbarmi è l'idea stessa di remake, anzi, l'idea hollywoodiana di "remake", quella che non si traduce in un "rifare" (e quindi rileggere) ma in un semplice quanto sterile "riproporre", spesso banalizzando. Riproporre lo stesso prodotto (perché di questo si tratta) ad un pubblico diverso, che non guarda oltre i confini del proprio paese e ha una strana intolleranza ai sottotitoli (vale anche per l'Italia, ma noi abbiamo meno soldi e qualche doppiatore in più). Ma quando dietro la macchina da presa c'è un regista indipendente come Spike Lee, sempre impegnato in progetti personalissimi, è difficile tenere a freno la curiosità.

mercoledì 27 novembre 2013

The Conspiracy di Christopher McBride

Presentato al Torino Film festival nella categoria After Hours

Come spesso accade alla maggior parte degli horror indie, The Conspiracy è rimasto per un annetto nel limbo dei film non distribuiti (su imdb è datato 2012), poi, dopo un'uscita in un numero limitato di sale, ce lo siamo ritrovato al Torino Film Festival nella categoria After Hours, dedicata al cinema di genere e a tutte quelle pellicole di difficile catalogazione (sempre in ambito horror indie troviamo V/H/S/2, mentre l'anno scorso era stato presentato il primo capitolo).
Il lungometraggio d'esordio di Christopher MacBride, che alle spalle ha solo un cortometraggio, è l'ennesimo horror a metà tra found-footage e mockumentary, un mix che dopo il successo di Paranormal Activity e compagnia bella continua ad essere riproposto con pochissime variazioni. L'impostazione è omologatissima: una struttura in due atti che vede una prima parte introduttiva più vicina al finto documentario e una conclusione che finisce dalle parti del found footage, il tutto inserito in una cornice che ci mostra cos'è successo dopo.
Gli aspiranti registi Aaron e Jim stanno lavorando ad un documentario sulle cospirazioni e sulle società segrete, o meglio, su tutte quelle persone più o meno sane di mente che cercano di dimostrarne l'esistenza. L'attenzione dei due ragazzi ricade su Terrance, il classico pazzo ignorato da tutti che sproloquia sul Nuovo Ordine Mondiale all'angolo della strada. Mentre Jim perde gradualmente interesse, Aaron sviluppa un vera ossessione per le bizzarre teorie di Terrance, così quando l'uomo scompare nel nulla convince l'amico ad indagare.

giovedì 14 novembre 2013

The Canyons di Paul Schrader

Fuori concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia.
Nelle sale italiane dal 14 novembre.
Questa a fianco è una delle tante belle locandine. Le altre qui.

Finalmente è arrivato il giorno di The Canyons al festival. Che piaccia o meno, il film di Paul Schrader -al lido in veste anche di presidente di giuria della sezione Orizzonti-, è stato per ora il film più atteso di Venezia e quello che più ha fatto parlare, il film scandalo che ogni festival che si rispetti deve avere. E tutto questo nonostante non sia in concorso e, per vie traverse, sia stato già visto da mezzo mondo.
Realizzato con due lire, tirate su tramite il crowdfunding sul sito Kickstarter.com The Canyons è un coacervo di veri e propri personaggi. Paul Schrader è un regista sui generis, uno che ha scritto Taxi Driver di Scorsese mentre viveva in macchina, per strada, perchè cacciato dalla moglie, uno che ha omaggiato il finale di Diario di un ladro di Bresson,  non in un solo film ma in ben due (American Gigolò e Lo spacciatore) ed infine uno che ha diretto alcune scene hot di questa sua ultima fatica, completamente nudo, per mettere a loro agio gli attori. Sceneggiatore è Bret Easton Ellis, romanziere folle facente parte della nuova generazione americana dei cannibali (Palahniuk, Foster Wallace), autore di follie lucide come Le regole dell'attrazione, Glamorama, Luna Park e il suo capolavoro, American Psycho. Attore principale è James Deen, porno attore vero, a soli 27 anni già protagonista di circa 1000 porno con titoli come Milf gangbangs, James Deen Loves Butts, What an Asshole e il classico Official the Hangover Parody. Infine attrice principale è lei, la diva, l'ex bambina prodigio, un'altra delle stelline Disney andata in frantumi con l'arrivo della pubertà, una che ormai non ha più bisogno di presentazioni, Lindsay Lohan, attesissima sul tappeto rosso di Venezia, ma forfaittante a pochissime ore dalla proiezione (Non gli hanno dato abbastanza soldi? Non sta bene? Il brusio continua ancora oggi).
Da un gruppo di soggetti così non poteva che uscire il film più disturbante dell'anno.

mercoledì 6 novembre 2013

Questione di tempo - About time di Richard Curtis

In anteprima mondiale a Locarno il 16 agosto.
In uscita nelle sale italiane il 7 novembre.

It's about time, era anche ora che Richard Curtis tornasse alla regia e soprattutto a scrivere una nuova commedia per il grande schermo. L'autore di alcune delle più riuscite romance e cult comedy inglesi dell'ultimo decennio, da Love Actually a Notting Hill al Diario di Bridget Jones fino a Mister Bean, torna a 4 anni di distanza dalla sua ultima divertente scorribanda per mari con la sua Radio Rock e lo fa con una storia sui viaggi nel tempo ma ancora di più sulla vita, sulle nostre scelte e sulla famiglia. Fantascienza o racconto generazionale?
Il giorno dopo una delle più brutte serate della sua vita, il giovane e impacciato Tim viene chiamato dal babbo nel suo studio. Deve rivelargli un segreto riguardante tutti i maschi della famiglia: una volta compiuti i 21 anni, cioè proprio il caso di Tim, iniziano a viaggiare nel tempo. Basta poco, un luogo buio, molta concentrazione e stringere i pugni pensando a un luogo del proprio passato, quindi non troppo in là e soprattutto niente futuro. Nonostante Tim pensi sia uno scherzo, ci prova e riesce a ritornare alla sera precedente, migliorandola decisamente. Essendo un ragazzotto per bene, non pensa di usare questo potere per soldi, fama o potere, ma semplicemente per trovare finalmente una ragazza e formare così una famiglia. Una volta trasferitosi a Londra incontra Mary, forse quella giusta.

lunedì 14 ottobre 2013

Insidious 2 - Oltre i confini del male di James Wan

Nelle sale dal 10 ottobre

Oren Peli, Jason Blum e James Wan sono inarrestabili. Ogni progetto su cui mettono le mani ultimamente si trasforma in oro (da un punto di vista esclusivamente finanziario), film costati una sciocchezza che in un batter d'occhio si ripagano da soli e in due battiti incassano dieci volte il loro budget. E visto che fessi non sono, i geni del male si lasciano sempre qualche porta aperta, o meglio, qualche inevitabile finale aperto, così, mentre il pubblico si riversa in sala come se non ci fosse un domani, loro possono subito mettersi al lavoro sul primo di tanti sequel. E' stato così per The Conjuring ed ora è lo stesso per Insidious 2, che è costato a malapena cinque milioni e ne ha già incassati più di cento.
La storia riprende da dove l'avevamo lasciata, ma prima un veloce flashback ci porta all'infanzia di Josh (sua madre ha lo splendido viso di Jocelin Donahue, la bravissima protagonista dell'altrettanto splendido The House of the Devil), anche lui come suo figlio era tormentato da uno spirito in cerca di un corpo, ma la giovane sensitiva Elise lo aveva salvato tramite l'ipnosi, reprimendo la sua capacità di comunicare con l'aldilà. Nel presente il Josh adulto (Patrick Wilson) ha risvegliato quel "dono" per salvare suo figlio Dalton, e quell'entità molto poco benevola è tornata a perseguitarlo.

sabato 5 ottobre 2013

Gravity di Alfonso Cuarón

Nelle sale dal 3 ottobre

Stando alle parole del regista e co-sceneggiatore Alfonso Cuarón, Gravity è uno di quei film sognati a lungo e accantonati per le ragioni più disparate. In questo caso il limite era la tecnologia, così l'idea di Alfonso e Jonas Cuaron è rimasta a fermentare per qualche anno, finché James Cameron (che del film sta parlando benissimo) e il suo Avatar (2009) non sono arrivati a smuovere le acque. A distanza di quattro anni, dopo una lunga e meticolosa preparazione, Gravity arriva finalmente nelle sale.
Ad un passo dal record per il numero di ore trascorse nel vuoto, l'astronauta esperto Matt Kowalski (George Clooney) accompagna l'ingegnere biomedico Ryan Stone (Sandra Bullock) nelle operazioni di aggiornamento del telescopio Hubble; per lui è l'ultima passeggiata nello spazio, per lei la prima. Una missione da manuale che si trasforma in catastrofe non appena uno sciame di detriti distrugge lo shuttle. Matt e Ryan sono gli unici superstiti, abbandonati nel vuoto, nel più desolante silenzio radio, dovranno trovare un modo per tornare a casa.

domenica 29 settembre 2013

La Fine del Mondo di Edgar Wright

Nelle sale dal 26 settembre

Oh cazzo, Newton Haven! Prendetevi un attimo per guardarla nei suoi colori originali, perché stasera la faremo nera.

Finalmente uno degli eventi cinematografici dell'anno, l'ultima attesissima follia di un regista (e una coppia di attori) che ha messo d'accordo praticamente tutti, dallo spettatore qualunque all'appassionato di cinema più intransigente. E noi italiani cosa facciamo ? Lo piazziamo in appena 65 sale (ma per Wright è già un bel traguardo) ad orari improbabili e per periodi di tempo vergognosamente brevi. Per di più in sale completamente deserte, dopo che abbiamo regalato montagne di soldi a decine di noiosissimi blockbuster. Forse il mondo merita davvero di finire...
Nel 1990, per festeggiare il diploma, Gary "The King" King (Simon Pegg), Andy Knightley (Nick Frost), Peter Page (Eddie Marsan), Steven Prince (Paddy Considine) e Oliver "Omen" Chamberlain (Martin Freeman) hanno tentato l'impresa: il Golden Mile, un leggendario giro di bevute attraverso i 12 pub della cittadina di Newton Haven. Ma i cinque moschettieri (con nomi cavallereschi) cadono uno dopo l'altro senza aver raggiunto l'ultimo, il The World's End. L'adolescenza è scivolata via, gli amici inseparabili hanno preso strade diverse per diventare noiosissimi adulti, tranne Gary, quarantenne immaturo con problemi di droga. Un giorno, durante una seduta di terapia, ha un'illuminazione: l'unico modo per sbloccare la sua vita è rivivere quel glorioso giorno, così trascina i quattro amici a New Haven per completare il Golden Mile, ma la tranquilla cittadina di provincia nasconde un inquietante segreto.

mercoledì 25 settembre 2013

The Bling Ring di Sofia Coppola

Nelle sale dal 26 settembre.

Perchè il Johnny Marco di Somewhere viveva allo Chateau Marmont, l'hotel delle celebrità, piuttosto che comprarsi una bella villona da superstar come tutti gli altri? Perchè sapeva che un gruppo di stronzetti poteva svaligiargli casa.
Spring Breakers atto II. Prendi un giovane attrice, famosa per essere la tipica brava ragazza sul grande schermo e fuori, falle fare la cattiva ragazza, che pippa, fuma, beve e ruba. Fallo in scala minore, senza provocazioni e in modo molto canonico e ottieni The bling ring.
Tra l'ottobre 2008 e l'estate 2009, a Los Angeles, un gruppo di adolescenti di buona famiglia, ha ripetutamente fatto irruzione nelle case dei vip della zona, dove ha saccheggiato borse, vestiti, orologi e gioielli (addirittura persino una Sig Sauer calibro .380) per un valore complessivo di 3 milioni di dollari. Tra le vittime, Paris Hilton, Orlando Bloom, Rachel Bilson and co. Non scassinarono mai, semplicemente riuscivano a trovare una porta aperta o una finestra o incredibilmente, la chiave sotto lo zerbino, ed entravano. Niente allarmi, niente polizia. Pazzesco, io abito in culo al mondo, c'ho due lire eppure metto l'allarme anche quando esco col cane.
La stampa li soprannominò il "bling ring" o "the burglar bunch", furono la gang criminale con più colpi a segno e di maggior fama nella storia recente di Hollywood. Sofia Coppola, dopo aver letto l'articolo "I sospetti indossano Louboutins" di Nancy Jo Sales, decise di farne un film loosely based on -ma neanche tanto-, per raccontare ancora una volta la generazione X o 2K10, vuota, allo sbando e senza un futuro.

martedì 24 settembre 2013

You're Next di Adam Wingard

Nelle sale dal 19 settembre

Ridendo e scherzando You're Next è un film di ben due anni fa. Terminato nel lontano 2011, passato per il Festival di Toronto lo stesso anno e poi infilato in qualche cassetto a prendere polvere per ragioni sconosciute, mentre il regista Adam Wingard e il fedele sceneggiatore Simon Barrett si tenevano impegnati con i due capitoli di V/H/S e The ABCs of Death. Per una volta quindi la colpa non è della perfida distribuzione italiana.
Dopo un rapido prologo che fa molto Scream, ci ritroviamo in macchina con una coppia di mezza età in viaggio verso la casa di campagna. I due si preparano a festeggiare l'anniversario di matrimonio, e per l'occasione sono riusciti a radunare tutti i figli sotto lo stesso tetto.
La convivenza forzata fa riemergere vecchi rancori, e una cena rilassata in famiglia si trasforma rapidamente nell'ennesima lite tra fratelli, ma qualcuno dall'esterno sta osservando...
You're next è l'ennesimo "home invasion", la classica storia di una famiglia qualsiasi assediata nella propria casa da un gruppo di assassini in maschera. Semplice e diretto, qualcosa che abbiamo visto in decine di film, da Cane di paglia alle due versioni di Funny Games, e che qui viene riproposto nella sua forma più spartana, senza variazioni sul tema e soprattutto senza sottotesti politici forti (e ricordando i fastidiosi didascalismi di La notte del giudizio viene da dire: molto meglio così).

domenica 22 settembre 2013

Rush di Ron Howard

Nelle sale dal 19 settembre.

E chi l'avrebbe mai detto? Eppure si, un tempo la formula 1 era uno sport maledettamente interessante ed emozionante. Prima dell'avvento dell'elettronica*, della sicurezza ad ogni costo, del kers, dei simulatori di guida etc... esisteva il mondo delle corse da cartolina, con sorpassi al limite, rischi e spettacolo -tutto quello che oggi i vari spot televisivi, sempre più belli e dinamici, tentano di venderci ma che non troviamo una volta aperta la confezione in super alta definizione. Ci avevano provato spesso in passato i nostri fratelli maggiori e i nostri padri ad assicurarci che la formula 1 era davvero così, ma noi non gli credevamo e solo in rare occasioni ci accorgevamo che forse avevano ragione. Ad esempio quando un record storico del giro, imbattuto da decenni, viene finalmente infranto, o quando un telecronista sottolinea un pilota ha scelto il casco giallo per omaggiare una vecchia gloria o ancora in qualche immagine di repertorio con le scintille che schizzano da ogni parte. Epoche in cui i nomi italiani occupavano ancora un piccolo spazio nel circus, insieme a vocaboli come Tyrrel, Imola, Andretti e Goodyear. Per fortuna che a ricordarci di quel mondo ci pensa Ron Howard.

E' strano ma Hollywood (e le grandi produzioni) non ha mai avuto un certo feeling con la formula 1, classe regina di tutte le categorie di corse. Sport da europei annoiati, penseranno, meglio fare filmacci sulla Nascar (che noiosa non è?) o premiare l'ennesima sceneggiatura di Stallone. E la pensava così anche Peter Morgan quando si mise a scrivere Rush, sul duello Lauda-Hunt, e pensando che mai nessuno l'avrebbe prodotto, nessuno coi soldi, non scrisse neanche una sequenza riguardante le corse o la pista. Sai che palle, fino a quando non è spuntato Ron Howard, suo sodale da un altro duello, l'ottimo Frost VS Nixon , uno che di formula 1 e motori sa giusto quello che gli ha insegnato Fonzie nella sua autorimessa, ma capace di realizzare dell'ottimo cinema d'intrattenimento.

sabato 7 settembre 2013

The Grandmaster di Wong Kar-wai

Nelle sale dal 19 settembre.

Wong Kar Wai has turned martial arts into a modern dance, The Grandmaster, arranged with both elegance and fury, left me mesmerized.” 
Martin Scorsese*.

A volte capita. A volte succede che un film di genere, esca dal suo ristretto recinto, sfondi le pareti imposte dalle definizioni da dizionario del cinema, dai pregiudizi degli spettatori e dalle stesse regole del genere cui appartiene, e si elevi a qualcos'altro. A film d'autore, a capolavoro, ad Arte, con la a maiuscola.
Non accade spesso, i generi sono per definizione di un livello più basso, di serie B, ma qualcuno ogni tanto ci riesce. Terrence Malick con il suo La sottile linea rossa, ha posto l'asticella del genere guerra, ad un livello poetico. Kubrick ha rivoluzionato la fantascienza con 2001 Odissea nello spazio. Friedkin (eh mica posso sempre citare Kubrick) e L'esorcista hanno mandato in pensione un'intera epoca dell'horror. Leone ha definitivamente ammazzato il western con (uno spaghetti western e) l'ammazza west per eccellenza, C'era una volta il West, senza citare i suoi altri. Film di genere sicuramente, ma liberatisi dalle catene, scevri da qualsiasi definizione a parte quella di capolavoro. 
Anche le arti marziali hanno avuto il loro Maestro, colui che le ha portate nell'olimpo del grande Cinema, colui che le ha sdoganate e che da filmettini per movie geek da videoteca, le ha portate all'attenzione del grande pubblico. Zhang Yimou ha realizzato tre quadri, tre affreschi, tre sublimi opere d'arte che hanno polverizzato il pregiudizio legato al film di kung fu. E poi è arrivato Wong Kar-wai e The Grandmaster

Happy together (again at last)!

mercoledì 4 settembre 2013

A field in England di Ben Wheatley

Qui ne trovate un'altra stupenda
Disponibile in dvd e blu ray sugli store inglesi
Solo in lingua originale con sottotitoli

Il 5 luglio 2013, con una manovra distributiva forse senza precedenti, l'ultimo film del geniale Ben Wheatley veniva distribuito in tutto il Regno Unito attraverso ogni canale disponibile: le sale cinematografiche, dvd/blu ray, la pay tv e persino alcuni canali gratuiti, il tutto condito da un Q&A con il regista in collegamento satellitare in molte sale del paese. E non so voi, ma innamorarmi di un film al cinema e andarlo a comprare appena uscito dalla sala è uno dei miei sogni erotici.
Una splendida iniziativa (che io applicherei sempre, almeno per il cinema indie) e soprattutto un importante riconoscimento per un regista che dopo pochi anni e soli tre film (Down Terrace, KillList e Sightseers, di cui vi prescrivo la visione) è diventato uno dei nomi più importanti del cinema (di genere) indipendente.
E A field in England non potrebbe essere più indipendente di così, cinema che procede per brutali sottrazione fin dalla scelta titolo: un prato in Inghilterra, l'unica location del film, uno spazio totalmente spoglio da qualsiasi tipo di scenografia, reale o artificiale. Un lembo di terra incontaminata che per quanto ne sappiamo potrebbe essere lo stesso da centinaia di anni, e quindi il luogo perfetto per ospitare un film in costume sorprendentemente realistico. Siamo nel 1600, durante le guerre civili inglesi. Un uomo di nome Whitehead (Reece Shearsmith) fugge terrorizzato dal campo di battaglia e si imbatte in altri tre superstiti: Jacob (Peter Ferdinando), Cutler e il sempliciotto Friend (Richard Glover, l'inventore della roulotte per bici in Sightseers). Ingannati da Cutler, i tre finiscono in una trappola del diabolico O'Neill (Michael Smiley), che, dopo averli drogati con funghi allucinogeni, li costringe a cercare un tesoro sepolto nel campo.

domenica 1 settembre 2013

Elysium di Neill Blomkamp

Nelle sale dal 29 agosto.

Era il 2009 quando il giovane regista sudafricano Neill Blomkamp si impose all'attenzione di tutti i fans di fantascienza con il suo District 9, prodotto niente meno che da Peter Jackson. Una fantascienza low budget, supportata da una storia paradossalmente molto attuale e controversa. Con quel tipo di finale, si pensò subito a un seguito e le voci di possibili trame, produzioni già avviate o sceneggiature già depositate, si rincorrevano in rete. Fino a quando è spuntato Elysium e con esso la conferma di un progetto totalmente distaccato e nuovo. Tuttavia, il mix di fantascienza e politica, vincente per District 9, rimane al centro del film. Non sarà un seguito ma è un capitolo a parte pienamente in linea con il suo predecessore.
Anno 2154, (hey lo stesso di Avatar) in un mondo sempre più povero e pieno di sabbia, -che da fastidio ben più dell'essere poveri- tutti i ricconi si sono trasferiti su una stazione spaziale enorme a qualche migliaio di kilometri dalla terra, Elysium, dove possono permettersi di vivere secondo i loro standard e dove i poveracci, ovviamente, non hanno il permesso di entrare. Come se Elysium fosse Pantelleria o la costa pugliese, sono molto frequenti i tentativi di sbarco dei migranti, che tentano la fortuna su navicelle di fortuna, dove un biglietto costa cifre folli e la percentuale di arrivare vivi è molto bassa. A frotte compiono il viaggio non tanto per vivere nella bambagia, ma per usufruire dei macchinari sanitari in grado di guarire ogni malattia.
Uno di loro è Max, ex ladro di macchine, teppistello da strapazzo, ora con la testa a posto e operaio presso una fabbrica di robot. Dopo un incidente sul lavoro rimane tutto inzaccherato di radiazioni  rimanendogli circa 5 giorni di vita, nei quali tenterà il tutto per tutto per arrivare su Elysium. Arriva persino a "rapire" un importante uomo d'affari, in combutta con il ministro della difesa nella preparazione di un colpo di stato.

sabato 31 agosto 2013

In Trance di Danny Boyle

Nelle sale dal 29 settembre

Dopo una pausa dal cinema che lo ha visto impegnato con la cerimonia d'apertura delle olimpiadi di Londra, Danny Boyle torna dietro la macchina da presa con un progetto più modesto: Trance, remake di un omonimo film per la TV scritto e diretto nel 2001 da Joe Ahearne, qui nelle vesti di sceneggiatore a fianco di John Hodge, che non lavorava con Danny Boyle dai tempi di Trainspotting e The Beach.
Simon (James McAvoy), curatore d'aste e inguaribile giocatore d'azzardo, è completamente sommerso dai debiti di gioco. Per cavarsi d'impaccio si rivolge a Franck (Vincent Cassel) un pericoloso criminale che lo convince a fare da talpa durante il furto di un preziosissimo Goya. Il colpo sembra andato a segno, ma sul più bello Simon subisce un trauma cranico e dimentica dove ha nascosto il quadro. L'unica soluzione è l'intervento di un'ipnoterapista, così Franck e Simon si rivolgono alla bella e talentuosa Elisabeth Lamb (Rosario Dawson).
Un progetto più modesto perché Boyle, abbandonate quelle che qualcuno potrebbe definire storie più ambiziose, si butta su un piccolo film, un'onesta pellicola di genere in cui elementi del noir, del thriller psicologico e dell'heist movie classico vengono mescolati in maniera molto equilibrata.

mercoledì 21 agosto 2013

Monster University di Dan Scanlon

Nelle sale dal 21 agosto.

A distanza di 12 anni dal fortunato primo capitolo, torna la premiata ditta dello spavento Mike Wazowski e James Sullivan nel primissimo prequel della storia Pixar, per la regia di Dan Scanlon (sceneggiatore di Cars e co-regista del corto Mater and the Ghostlight) e la sceneggiatura di Scanlon stesso, Daniel Gerson, già autore del primo capitolo e Robert Braid decennale collaboratore Pixar.
Prima che Mike e Sulley diventassero i migliori spaventatori per la Monster Inc. erano due studenti universitari della Monster University, facoltà di spavento. Mike era il classico sgobbone che passava tutto il tempo sui libri, uno sfigatello, suppliva le sue mancanze in statura e bruttezza con la teoria. Sulley invece era tutto l'opposto, dotato di grande talento e presenza, era un vero spaccone, nonché figlio di una vera leggenda, Bill Sullivan, crede quindi di avere tutte le carte in regola per essere il migliore e non prende neanche in considerazione l'idea di studiare o prepararsi per l'esame di fine corso.
I due finiscono per entrare in competizione e dopo l'ennesimo battibecco vengono espulsi dalla facoltà. Ma non tutto è perduto, infatti grazie alle spaventiadi, le olimpiadi del terrore, trovano il modo per farsi riammettere. Vincerle però non è semplice, prima di tutto perchè si ritrovano nella squadra peggiore e poi perchè devono finalmente mettere da parte i dissapori e unire le forze. Ce la faranno?

Come per Toy Story 3 (rivelatosi poi uno dei migliori Pixar e il migliore della trilogia) la domanda mi è sorta spontanea fin dall'inizio; ma era davvero necessario un altro capitolo, per giunta un prequel? Tralasciando la

sabato 17 agosto 2013

Il mago di Oz in 3D, anteprima mondiale a Locarno66

In occasione del prossimo 75esimo anniversario de Il mago di Oz, Warner Bros. ha deciso di dare una ulteriore dimensione al capolavoro di Victor Fleming. Il 15 agosto del 1939 veniva infatti presentata al Grauman Chinese Theater a Hollywood una nuova versione (la prima in lungometraggio dopo tanti corti muti) dell'omonimo romanzo di Frank L. Baum, mentre il 16 agosto 2013 a Locarno, è stata presentata la nuovissima edizione, in linea con i tempi moderni, in 3D. Bando alle ciance, sapete benissimo tutti di cosa parla e che cosa sia, quindi passerò subito a un giudizio stringato e entusiasta di questo "riadattamento".
Un plauso a tutti i tecnici che grazie a ore e ore di lavoro certosino sono riusciti, in primis a restaurarlo, un lavoro immagino già svolto per l'edizione Blu Ray di qualche mese fa e poi ovviamente per aver realizzato un 3D di grandissima qualità.
Non è una tridimensionalità del tipo più banale, con oggetti che arrivano addosso allo spettatore, anche perchè nel film non ce ne sono, per cui si sarebbe dovuto aggiungerli (e un Lucas George a caso lo avrebbe pure fatto) ma è stato svolto il miglior lavoro possibile quando si parla di profondità e immersione nella scena, grazie appunto alle tre dimensioni.
Fin dall'inizio sembra di poter toccare con mano i personaggi su schermo, tutti ben delineati e staccati dallo sfondo. Il massimo lo si raggiunge nelle riprese ampie, dei paesaggi quindi, in cui sembra di vedere attraverso a un finestrino o a una di quelle cartoline create su livelli. Quando Dorothy arriva a casa, vediamo la staccionata in primo piano, lei su un livello dietro, la casa, su un altro livello, ed infine lo sfondo, lontano. Una profondità strabiliante, che raggiunge l'apice con un piccolo particolare, ovvero una spiga di grano che punta verso la cinepresa. Sembra veramente che sia li, grossa come un quarto di schermo, a pochi metri da noi.
Paradossalmente il meglio lo da nelle prime sequenze virate sul seppia, ma si difende molto bene anche quando Dorothy si ritrova nel mondo iper colorato di Oz e nelle tante vedute aeree, realizzate ai tempi con dei disegni aggiunti in fase di montaggio. 

domenica 11 agosto 2013

L'Evocazione - The Conjuring di James Wan

In anteprima il 10 agosto
Nelle sale dal 21 agosto

L'estate 2013 si sta rivelando davvero un periodo d'oro per l'horror hollywoodiano, almeno dal punto di vista degli incassi. Dopo il sorprendente successo di La notte del giudizio è la volta di The Conjuring, con un successo di critica e pubblico molto più grande (oltre 40 milioni nel primo weekend e 100 complessivi) ma probabilmente meno inaspettato. Dietro la macchina da presa c'è infatti James Wan, il giovane regista che si era fatto notare con Saw e aveva ottenuto una piccola consacrazione con il discreto Indisious.
Insomma ad attendere The Conjuring erano in tanti, e visto che con tutti i suoi difetti Insidious mi aveva divertito come non mi capitava da tempo, in mezzo mi ci metto anche io.
Ed e Lorraine Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga) sono due celebri esperti del paranormale. Lorraine in particolare ha la capacità di percepire chiaramente le presenze demoniache, un dono che permette ai coniugi di effettuare studi sul campo e di praticare occasionali esorcismi. Proprio durante uno di questi riti Lorraine subisce un terribile shock che spinge Ed ad abbandonare le ricerche, ma quando la famiglia Perron (la madre è interpretata da Lily Taylor) bussa alla loro porta implorando aiuto Lorraine si sente pronta a ricominciare.

domenica 28 luglio 2013

Se sposti un posto a tavola di Christelle Raynal

Nelle sale dal 25 luglio.

"Magari nella vita ci fosse il rewind come in Forza Motorsport!". Lo sceneggiatore di questo film.
Dai su, voglio battere il record di minor letture per singolo post. Ahhh i matrimoni, l'evento perfetto per fare nuove conoscenze, tra una sbevazzata e l'altra, le danze, l'atmosfera di gioia, quante coppie felici sono nate così, per caso. Due perfetti sconosciuti uniti da una remota conoscenza o parentela con lo sposo o la sposa, si incontrano e scoprono la propria dolce metà.
Ma è un caso? E soprattutto il caso esiste? O siamo noi che delineiamo il nostro futuro, attraverso le nostre scelte, perché una scelta c'è sempre. Ed è così che le vite di un gruppo di persone al matrimonio di amici vengono scombussolate come i segnaposto a loro assegnati, rimescolati -e anche no- maldestramente o con giudizio da uno di loro. I possibili scenari futuri sono infiniti, chissà come finirà per ognuno di loro.
Mo ecco che riattacca con la solita tiritera del filmetto francese scritto bene, diretto bene, con un bel gruppo di attori, e la classica storiella che in mano ai cugini transalpini diventa interessante. Eh si.... quindi...bè....CIAO!

No stavolta l'entusiasmo è un po' minore. Ribadisco più o meno i soliti giudizi, anche se stavolta mi ha fatto innamorare molto meno.