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martedì 25 marzo 2014

Lovelace di Rob Epstein, Jeffrey Friedman

In sala dal 27 marzo.

-Mississipi.
-Nomina l'unica cosa al mondo ad avere una gola più profonda di Linda Lovelace.

Gli anni 70 furono l'epoca d'oro del cinema porno. La rivoluzione sessuale del 1968 sdoganò completamente l'argomento taboo per eccellenza e il mondo iniziò a sentirsi più libero a riguardo, vivendo la propria sessualità, non più con vergogna ma con molta libertà. Chiaramente l'industria cinematografica per adulti sguazzò letteralmente in un ambiente simile. Ai tempi esistevano i cinema porno, anche in pieno centro, ben in vista e ben riforniti, internet ancora non ci inondava di milioni di video zozzi  al secondo e senza neanche alzarsi dalla sudaticcia poltrona di casa e i film si scrivevano(!). Sceneggiature complesse, ricche di battute divertenti per smorzare l'atmosfera, molto varie e originali, giusto per non mostrare solo decine di minuti ininterrotti di penetrazioni e/o sesso orale. Il pubblico, e le parti bassi, aveva quello che si aspettava e in più poteva appassionarsi ai personaggi e non annoiarsi (una volta finito sapete cosa). Tutto questo prima dei sex-tape casalinghi, delle camere a mano e degli amatori esibizionisti che hanno definitivamente tolto la creatività e l'inventiva. In fondo, credono loro, basta passare subito all'azione. In definitiva però il porno rimaneva chiaramente un prodotto di nicchia, fino a quando non arrivò Gola Profonda.

martedì 4 febbraio 2014

Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée

Nelle sale dal 30 gennaio

Sai che gli Oscar sono vicini quando pellicole (ma si può ancora dire ?) come Dallas Buyers Club invadono i cinema. Storie vere dai risvolti drammatici, racconti di formazione costruiti intorno ad un personaggio (e quindi un attore) che in qualche modo riesca a catalizzare l'attenzione dello spettatore, possibilmente qualcuno disposto ad attraversare una trasformazione fisica più radicale possibile, che si tratti di lunghe e intensissime sedute di make-up, o di invasive metamorfosi auto-inflitte.
Quella raccontata da Jean-Marc Vallée è la vera storia di Ron Woodroof, elettricista e cowboy da rodeo (che qui diventa ovvia metafora, visto che il vero Woodroof era solo un appassionato) nel bigottissimo Texas degli anni '80. Omofobo, donnaiolo e consumatore abituale di droghe, un giorno perde i sensi sul lavoro e si risveglia in ospedale, la diagnosi è un'infezione da HIV, la malattia delle "checche", un male che ha appena iniziato a flagellare l'America e che il caso di Rock Hudson ha portato all'attenzione pubblica.

domenica 26 gennaio 2014

The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese

In sala dal 23 gennaio.

"Vendimi questa penna / Sell me this pen"

Lo confesso, da piccolo il mio sogno era quello di fare il broker. Altro che pompiere, veterinario o gelataio, io volevo lavorare in borsa. I motivi erano semplici: la borsa -anzi, il Nasdaq, ero già preciso- erano a New York, avrei quindi avuto una bella casetta vicino Wall Street, e sarei stato impaccato di soldi. No non sono ebreo di origini -che cosa brutta da dire nella settimana della memoria- ma ho sempre adorato i soldi, senza mai averli, purtroppo. Quante cose avrei potuto avere: giochi, macchine, case, viaggi, per le donne era forse ancora un po' presto, almeno da quel punto di vista. Si, probabilmente avevo visto troppo volte Una poltrona per due e Ricki e Barabba. Immaginavo la vita del broker come quella del classico yuppie rampante, con la barca da 70 piedi posteggiata nel molo, i vestiti elegantissimi (ma non disdegnavo neanche quelle coloratissime dei contrattatori), le partite a golf, un mondo di divertimenti ed eccessi. Poi sono cresciuto e ho fatto il percorso inverso di qualsiasi bambino, ho trovato che quel mondo fosse noiosissimo. I numeri, i conti, stare attento ad ottenere in anteprima le informazioni sui raccolti di arance (diamine Poltrona per due!), gli studi da ragioniere. Noia, era troppo persino per quel mondo pieno di lustrini, rolex d'oro e verdoni di grosso taglio.
Indagando meglio scoprii che i veri broker erano noiosi e si divertivano poco ed erano sempre impomatati, non più giovani, sempre in ipertensione, con il rischio di essere accusati di frode o di chissà quale altra magagna finanziaria in ogni momento. Forse non ero cambiato solamente io, era cambiato anche quel mondo, erano finiti gli anni 80, stava arrivando una crisi economica globale che avrebbe investito tutto e tutti.

domenica 19 gennaio 2014

C'era una volta a New York di James Gray

Nelle sale dal 16 gennaio

Con gli orrori della guerra alle spalle, a pochi passi dal Paese delle opportunità, due sorelle polacche attendono in fila ad Ellis Island. La tosse di Magda, la più giovane delle due, attira l'attenzione di una guardia, e la ragazza viene ricoverata urgentemente in attesa del rimpatrio. Ewa (Marion Cotillard) rimane sola. Etichettata come "donna di scarsa moralità" per un fatto oscuro avvenuto sulla nave, anche lei si vede rifiutare il visto d'ingresso, ma in suo soccorso arriva l'affascinate Bruno (Joaquin Phoenix), un trafficone ebreo che si innamora di lei e la spinge alla prostituzione per comprare la libertà di Magda.
Anche se desta le solite inevitabili perplessità, il titolo italiano una volta tanto non suona del tutto accidentale: "C'era una volta...", il classico incipit delle grandi storie, quasi certamente un riferimento all'altrettanto classico C'era una volta in America di Sergio Leone. Per certi versi il (sotto)titolo perfetto, perché quello di Gray, e in particolare quello di The Immigrant, è un cinema sospeso nel tempo, profondamente e meravigliosamente neoclassico, di quel neoclassicismo di cui Paul Thomas Anderson è senza dubbio l'esponente più grande.

mercoledì 15 gennaio 2014

Lo sguardo di Satana - Carrie di Kimberly Peirce

Nelle sale dal 16 gennaio

-We're all sorry about this incident, Cassie.
-It's Carrie!

Ormai è quasi un appuntamento fisso, almeno un paio di volte all'anno mi ritrovo a dover parlare di qualche remake, preferibilmente di un classico dell'horror. Remake che nella stragrande maggioranza dei casi, se non sempre, si confermano degli sterili tentativi di rivendere la stessa storia a una nuova generazione (ma anche agli appassionati come il sottoscritto, che prima gridano la loro indignazione sul web e poi puntualmente ci ricascano, per una strana e inguaribile forma di masochismo). L'unica cosa peggiore di doverli vedere è doverne parlare, forse perché dopo tanti anni e tante visioni si esauriscono i giri di parole, le battutacce e le iperboli, forse perché sono film così poveri di idee che finiscono per prosciugare anche la creatività di chi li guarda. Fatto sta che ci risiamo, ma prendiamola alla larga:

lunedì 13 gennaio 2014

Jackass Presents: Bad Grandpa di Jeff Tremaine

Esiste un titolo italiano, Nonno cattivo, perciò non disperiamo per un eventuale uscita italiana.

-Ask me what the secret of comedy is.
-What is...
-Timing! Get it?

Ahhhh... ok. Per una volta staccate il vostro senso critico, lasciate perdere giudizi seri e professionali e fatevi due risate scorrette. Jackass è tornato e io ogni volta torno un po' quell'adolescente cretino che si diverte con i programmi trash di MTv (da Beavis and Butthead a Jersey Shore -non parlatemi dei cloni per favore-, da MTv Cribs a Ginnaste Vite Parallele).
Sono cresciuto, anche se mi rendo conto che è il termine meno adatto, con la serie di Jackass. Ho comprato i cofanetti, sono andato al cinema, come tutti i veri fans, li ho imitati e mi sono fatto male. Non me ne vergogno, chissenefrega.
Aspettavo quindi questo film con molta ansia e trepidazione, soprattutto perchè sarebbe stato qualcosa di nuovo, di differente. E non sono rimasto deluso. Affatto.

La coppia Tremaine-Knoxville, al loro 4 lungometraggio questa volta punta in alto e si cimenta in una bella sfida; trasformare quello che fino ad oggi ha funzionato al 100% e che ha portato milioni di fans, in qualcosa di diverso, migliore forse, ma inevitabilmente diverso, incorrendo così molto probabilmente nell'ostracismo e l diffidenza dei sostenitori storici.

domenica 12 gennaio 2014

Il Capitale Umano di Paolo Virzì

Nelle sale dal 9 gennaio

La versione di Intrinseco
Abbandonati i porti sicuri della commedia italiana, Paolo Virzì tenta il colpaccio con una storia dai toni cupi e dal respiro internazionale: Il Capitale Umano, è l'adattamento dell'omonimo romanzo di Stephen Amidon, un dramma bifamiliare con qualche elemento thriller ambientato (non a caso) in Connecticut e che Virzì sposta (non a caso) in una più riconoscibile Brianza.
Non a caso perché Il Capitale Umano è una storia di medio-alta borghesia, di speculatori senza scrupoli e delle vittime delle loro speculazioni, lo spaccato di una crisi (economica e morale) dal punto di vista di due famiglie altrettanto disfunzionali. Da un lato ci sono i Bernaschi: lui industriale spietato, lei moglie oggetto (Fabrizio Gifuni e Valeria Bruni Tedeschi) e in mezzo un figlio viziato ma un po' ribelle, dall'altro c'è la famiglia di Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio) un agente immobiliare tontolone quanto (pericolosamente) ambizioso. Virzì, Bruni e Piccolo, e forse l'autore del romanzo prima di loro, decidono di sbirciare dietro queste due facciate nel modo più ovvio e diretto possibile: una struttura ad episodi che racconta un arco narrativo di sei mesi attraverso lo sguardo di personaggi diversi, tutti in qualche modo legati ad un evento chiave che serve da fulcro all'intera storia. La scelta si rivela vincente e il ritmo del film ne guadagna sensibilmente nella prima parte, un po' meno nella seconda, dove la prevedibilità di alcuni risvolti tende ad allentare leggermente la tensione, che comunque si fa palpabile in più di un'occasione grazie a quelle incursioni nel thriller a cui accennavo all'inizio.

domenica 22 dicembre 2013

I sogni segreti di Walter Mitty di Ben Stiller

In sala dal 19 dicembre.

-Signor Simpson...
-Oh scusate, stavamo parlando di cioccolato.
-Era 10 minuti fa.
I Simpson 3x11

Ben Stiller alla sua quinta regia (Zoolander, Tropic Thunder etc..) ri prende un racconto breve di fine anni '30, scritto dal giornalista del New Yorker James Thurber e gli da un tocco di contemporaneità tra crisi economica e social network. Walter Mitty rivive così per la terza volta al cinema, dopo Sogni proibiti del 1947 e l'italianissimo Sogni mostruosamente proibiti con Villaggio nelle vesti di Paolo Coniglio.
C'è stato un evento tragico nella vita di Walter Mitty. Quando era ancora un adolescente, è scomparso il suo papà e la sua vita ha preso tutta un'altra e inaspettata piega. Via il taglio da moicano che gli aveva fatto proprio il babbo, subito al lavoro per contribuire alle spese in famiglia e addio ai tanti sogni, come quello di viaggiare tutta l'Europa zaino in spalla o diventare un campione di skate. Da quel momento Walter ha iniziato a immaginare le cose piuttosto che farle, vagando con la mente come il Major Tom della canzone di Bowie o incantandosi come dicono i suoi colleghi che lo vedono immobile e con lo sguardo fisso per qualche minuto. Dopo sedici anni come responsabile archivio negativi per la rivista Life, vede la sua carriera a un bivio, e decide di passare all'azione, per davvero, imbarcandosi in un viaggio in lungo e in largo per il globo, alla ricerca di uno scatto scomparso, e in un'avventura più straordinaria di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

martedì 17 dicembre 2013

Frozen - Il regno di ghiaccio di Chris Buck, Jennifer Lee

Nelle sale dal 19 dicembre.

Che anno misero è stato questo 2013 per l'animazione. Nessun Ghibli (si Miyazaki era a Venezia ma quando arriverà nelle sale italiane?), nessuna piccola perla come Ernest e Celestine, nessun mezzo riuscito come Paranorman. Persino la Pixar ha tenuto un altro anno sobrio con l'uscita del solo Monster University, un prequel. Un anno di cui ci ricorderemo di ben poca roba. Cattivissimo me 2? I Croods? Planes? Turbo? Epic? Tutta robetta o robaccia. E proprio all'ultimo minuto, a provare a salvare la baracca, arriva (aspettando Piovono polpette 2 che pare essere evitabile) Frozen della Disney, un film che avrei saltato se non avessi letto "dai produttori di Rapunzel" che ho adorato (giuro, posso esibire il blu ray 3D addirittura).
Ed ecco un giudizio a freddo (hu una freddura): Frozen non vale Rapunzel e non riesce nella titanica impresa di salvare l'intero anno fiacco.
Ci ritroviamo su una seggiovia con due ragazzi sospesi e dei lupi sotto....no quello era un altro Frozen. Elsa è una bambina speciale, è infatti dotata di un potere magico che le permette di ghiacciare le cose (stacce), roba che nel regno di Arandelle ci fai una fortuna se metti su un impianto sciistico. Purtroppo però in seguito a un incidente con la sorellina

domenica 8 dicembre 2013

Oldboy di Spike Lee

Nelle sale dal 5 dicembre

Se n'è parlato tanto di questo Oldboy, forse anche troppo, fin da quando era solo una strana voce di corridoio che voleva Steven Spielberg alla regia e Will Smith (!?!?) nel ruolo del protagonista, scelte bizzarre per un progetto che ha destato subito tante perplessità. Poi le voci sono diventate notizie, e intorno al film si è sviluppato il solito fermento che generano sempre le operazioni di questo tipo: c'è chi ha tuonato contro l'ormai proverbiale mancanza di idee, chi ha conservato un cauto ottimismo e poi ci sono i "fan", la piaga del cinema, nella maggior parte dei casi spettatori convinti che il cinema coreano cominci e finisca con Park Chan-wook, e magari ignari del fatto che Oldboy (2003) è a sua volta adattamento di qualcos'altro.
Io mi piazzo nel mezzo, adoro Park Chan-wook tanto quanto Spike Lee, ma cerco di non farne una malattia. Credo anche che, quando si parla di remake, i nomi in ballo contino fino ad un certo punto, perché a disturbarmi è l'idea stessa di remake, anzi, l'idea hollywoodiana di "remake", quella che non si traduce in un "rifare" (e quindi rileggere) ma in un semplice quanto sterile "riproporre", spesso banalizzando. Riproporre lo stesso prodotto (perché di questo si tratta) ad un pubblico diverso, che non guarda oltre i confini del proprio paese e ha una strana intolleranza ai sottotitoli (vale anche per l'Italia, ma noi abbiamo meno soldi e qualche doppiatore in più). Ma quando dietro la macchina da presa c'è un regista indipendente come Spike Lee, sempre impegnato in progetti personalissimi, è difficile tenere a freno la curiosità.

sabato 7 dicembre 2013

Blue Jasmine di Woody Allen

Nelle sale dal 5 dicembre.

"I don't want realism. I want magic! Yes, yes, magic. I try to give that to people. I do misrepresent things. I don't tell truths. I tell what ought to be truth." Blanche Dubois.

Jasmine, nata Janet, è la moglie di un ricco uomo d'affari dell'alta società newyorkese. Quando questi, dopo essere stato smascherato a truffare i suoi investitori e a frodare il fisco, si impicca in galera, la donna è costretta a trasferirsi a San Francisco dalla sorella, Ginger, caratterialmente agli antipodi rispetto a lei. Qui vorrebbe ricominciare una nuova vita, ma mettere da parte gli agi e le sciagure del passato sembra un'impresa ardua.
La prima volta che incontriamo Jasmine è proprio sull'aereo che la sta portando ad ovest, in prima classe. E' uno degli ultimi lussi che inconsciamente si regala. E' una donna di gran classe, ben vestita, che ci sta raccontando, a noi e a una anziana vicina di posto, qualche racconto della sua vita; come ha conosciuto il marito Hal, la loro canzone "Blue Moon", l'abbandono degli studi pur di rimanere con il suo amato. E' l'ultima volta che la vedremmo sotto questa buona luce.
Dalla scena successiva, quando è già sbarcata a San Francisco, (inizia) continua a blaterare, questa volta senza ordine, senza tatto, di argomenti personali a caso, dal sesso, alle pillole che le hanno somministrato i medici, e diventa di colpo insopportabile. L'inizio è anche la scena ponte tra i flashback newyorkesi e il presente californiano.

domenica 1 dicembre 2013

La mafia uccide solo d'estate di Pierfrancesco "Pif" Diliberto

Nelle sale dal 28 novembre.
Premio del pubblico al Torino Film Festival.

Lo vedete quel ragazzo li? Si chiama Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, e fin da piccolo ha avuto un sogno: fare cinema. Dopo la laurea riesce a diventare assistente alla regia di un mostro come Franco Zeffirelli durante la lavorazione di Un tè con Mussolini e successivamente consiglia e assiste Marco Tullio Giordana per il film sulla mafia e sulla sua Sicilia, I cento passi. Nel frattempo si trasferisce stabilmente a Milano dove diventa autore televisivo per Mediaset abbandonando momentaneamente la settima arte. Scrive qualcosa per programmini presto dimenticati ed infine approda a Le Iene, prima, ancora come autore e poi come inviato, per cui finalmente riusciamo a vederlo in faccia e grazie a sketch come Il milanese a Palermo, ottiene fama e la simpatia del pubblico.
Paradossalmente, inizia a fare "La Iena" proprio quando molla la trasmissione e si mette in proprio, realizzando Il Testimone, una serie di semi documentari dove è regista, sceneggiatore, interprete, cameraman, tecnico, etc... ognuno riguardante un particolare tema della società, dall'omosessualità, alle carceri, alla mafia. E' un giornalismo d'inchiesta light, come lo ha definito Aldo Grasso, perfetto per un pubblico giovane. I reportage di Pif sono accurati e precisi, ma non mancano mai di intrattenere ed emozionare. Un metodo perfetto per avvicinare i giovani, il pubblico di MTv che trasmette le puntate, a temi molto importanti non ultimo quello della politica con la campagna Io voto.
Con una fama sempre più crescente, Pif diventa "attore" o dovremmo dire comparsa in due cose (opere non mi viene) molto diverse. Prima è negli attori di sfondo in una puntata di Un posto al sole (a cui dedica una puntata de Il testimone) e poi ricopre un piccolo ruolo in Pazze di me di Brizzi. Questo lo riavvicina al cinema ma soprattutto convince MTv (e altri) ad affidargli un discreto budget per coronare quel sogno: fare un film tutto suo. E sono anni che ce l'aveva già tutto in testa...

Don Jon di Joseph Gordon-Levitt

Nelle sale dal 28 novembre

All'apice della sua carriera di attore, il fidanzatino d'America Joseph Gordon-Levitt si sposta dall'altro lato della macchina da presa per scrivere, dirigere ed interpretate il suo primo film, Don Jon, una rom com in odor di indie che sta mettendo d'accordo praticamente tutti.
Jon Martello, in arte Don Jon, è il tipico ragazzo del New Jersey: origini italo-americane, capelli perennemente impomatati, canottiera bianca e un bolide appariscente quanto rumoroso. La sua esistenza ruota intorno a pochi fondamentali punti fermi: il sesso, consumato meccanicamente una sera dopo l'altra, e la pornografia, in cui Jon cerca disperatamente quella perfezione che non riesce a trovare nella realtà. A rompere il cerchio di quello che è un vero e proprio rito arriva Barbara (Scarlett Johansson), una ragazza da 10, fantastica quanto le attrici dei porno. Con lei Jon costruisce un nuovo rito, ma nella sua vita compare un'altra donna.

domenica 24 novembre 2013

This is Martin Bonner di Chad Hartigan, recensione e intervista al regista

Speciale Torino Film Festival 31.
Premio del Pubblico per il miglior film al Sundance 2013

Annamaria Cancellieri, ministro della giustizia, invece di chiamare Salvatore Ligresti e scarcerargli la figlia, avrebbe dovuto rivolgersi a Martin Bonner, un ometto sui 65, australiano, ma finito, prima, nel Maryland dove ha messo su famiglia e dopo aver perso il lavoro, a Reno nel Nevada, ovvero uno degli ameni paesini che circondano Las Vegas. Martin lavorava come business manager per una chiesa ("Anche le chiese hanno dei profitti" eccome) ma dopo aver divorziato è stato cacciato. Dopo 3 anni di ricerca di un nuovo impiego, persino da Starbucks dove non gli hanno neanche risposto, ne ha trovato uno a migliaia di miglia da casa. E' il capo dei volontari di un programma/centro per la rieducazione dei carcerati. Forniscono loro un tutor, gli trovano un lavoro e cercano di farli rigare dritto, magari con un paio di novelle del buon Signore. Un giorno conosce Trevor, appena uscito dopo 12 anni al gabbio per omicidio colposo non volontario mentre era ubriaco alla guida. Sono due uomini soli, lontani da casa e dalle loro famiglie, e scatta immediatamente un'amicizia speciale.

Ambientato nel deserto del Nevada, in un paese tra tanti* (anche se Reno è effettivamente capitale ed è tra i più grandi dello stato), di quelli che costellano le lunghe strade trafficatissime anche di notte,

martedì 19 novembre 2013

Il passato di Asghar Farhadi

Nelle sale dal 21 novembre.

Che potenza il cinema iraniano. Nato da poco -quello odierno nasce post rivoluzione islamica fine anni 70- ma già capace di produrre talenti invidiati da mezzo mondo. Tutto nacque con i Kiarostami, oggi conosciuto ad ogni latitudine, e i Makhmalbaf o i Naderi, un cinema aderente alla realtà, semi documentari che rispecchiavano la contemporaneità di un paese da sempre martoriato da guerre, dittature, opprimenti dogmi religiosi, e che allo stesso tempo la stravolgevano, giocavano con il rapporto reale-fantastico come solo i grandi artisti sanno fare.
Una generazione che ha permesso ad altri autori di venire fuori, come Mehrjui, Ayyari o addirittura donne, come Tahmineh Milani, o Samira  Makhmalbaf, figlia di Mohsen, e Marjane Satrapi senza dimenticare il pruri premiato e ancora oggi agli arresti, Jafar Panahi. Un cinema che nonostante mille ostacoli, tra cui una censura sempre più abbordabile ma pur sempre presente, riesce a produrre una sessantina di film l'anno -numero ormai stabile da qualche tempo. Pochi film ma percentuale di successo e qualità strabiliante. Sarà l'ambiente di ristrettezze che produce tali menti, chissà -o la (voglia di) fuga. Non ultima di queste è quella di Asghar Farhadi, salito alla ribalta nel 2009 con About Elly, vincitore dell'Orso d'argento di Berlino e ancora di più due anni più tardi quando ha portato a casa l'Oscar (oltre a Golden Globe e Orso d'oro) per miglior film straniero con il meraviglioso Una separazione, primo nella storia. Il passato inizia quasi dove Una separazione finiva.

domenica 17 novembre 2013

Venere in Pelliccia di Roman Polanski

Nelle sale dal 14 novembre

Scorrendo la filmografia di Roman Polanski, si sarebbe tentati di stabilire un nesso tra la sua attuale condizione di esule o "prigioniero" e le ultime storie che ha scelto di raccontare, tutte confinate in uno spazio limitato ma non limitante, che si tratti di un'isola inospitale o delle quattro mura di un appartamento newyorkese. Eppure, andando ancora più indietro, ci si rende conto che questo suo gusto per il claustrofobico si è manifestato anche in tempi non sospetti, basti pensare a film come Repulsion (bellissimo, anche se lui lo ha quasi disconosciuto) e L'inquilino del terzo piano o ancora al più celebre Rosemary's Baby. Ciò nonostante non si può negare che l'interesse del regista sia ormai interamente rivolto al teatro, lo avevamo intuito con Carnage e ora Venere in Pelliccia ha spazzato via ogni dubbio. La fonte è l'omonima pièce teatrale di David Ives (di origini polacche, come Polanski) ispirata a sua volta al celebre romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, un esperimento metateatrale che permette a Polanski di eliminare qualsiasi tipo di surrogato per portarci direttamente sul palcoscenico. Non più teatro che contamina il cinema quindi, ma cinema che entra (letteralmente) nel teatro.

venerdì 15 novembre 2013

jOBS di Joshua Michael Stern

In sala dal 14 novembre.
"Twenty years ago we had Johnny Cash, Bob Hope and Steve Jobs. Now we have no Cash, no Hope and no Jobs. Please don't let Kevin Bacon die". 
Bill Murray

Come sarebbe oggi la nostra vita senza Steve Jobs e la Apple? Probabilmente migliore. Staremmo più all'aria aperta, saremmo meno nervosi, leggeremmo di più. O forse no, totalmente l'opposto, o esattamente identica a come è oggi. Di sicuro non leggereste questa opinione. Hey ma tanto poi arrivò Bill Gates, no?
Steve Jobs ha effettivamente cambiato la nostra vita, soprattutto quella di noi giovani (nati anni 80-90). Ha creato per primo il personal computer, per primo ha messo nelle nostre tasche il lettore MP3 e sempre per primo ha portato il cellulare -termine ormai da età della pietra- a un nuovo inimmaginabile livello. Ha fatto di più. Ha creato un culto, una setta, una moda dietro una marca (di computer, la cosa più geek ancora oggi). E' arrivato tardi solo sugli e-book, credo.
Spirito ribelle, genio naturale, stronzo categoria pesi massimi, Jobs è persino riuscito nell'impresa, lui tanto bravo nelle presentazioni convincenti di nuovi prodotti, a preparare tutti alla sua lenta e inesorabile morte, dovuta a un tumore al pancreas e avvenuta il 5 ottobre di due anni fa. Un avviso perfetto da permettere agli sceneggiatori di creare un buon e documentato film sulla sua vita. Peccato che per una volta sia stato battuto sul tempo, da un ragazzino e da un signor regista.

giovedì 14 novembre 2013

The Canyons di Paul Schrader

Fuori concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia.
Nelle sale italiane dal 14 novembre.
Questa a fianco è una delle tante belle locandine. Le altre qui.

Finalmente è arrivato il giorno di The Canyons al festival. Che piaccia o meno, il film di Paul Schrader -al lido in veste anche di presidente di giuria della sezione Orizzonti-, è stato per ora il film più atteso di Venezia e quello che più ha fatto parlare, il film scandalo che ogni festival che si rispetti deve avere. E tutto questo nonostante non sia in concorso e, per vie traverse, sia stato già visto da mezzo mondo.
Realizzato con due lire, tirate su tramite il crowdfunding sul sito Kickstarter.com The Canyons è un coacervo di veri e propri personaggi. Paul Schrader è un regista sui generis, uno che ha scritto Taxi Driver di Scorsese mentre viveva in macchina, per strada, perchè cacciato dalla moglie, uno che ha omaggiato il finale di Diario di un ladro di Bresson,  non in un solo film ma in ben due (American Gigolò e Lo spacciatore) ed infine uno che ha diretto alcune scene hot di questa sua ultima fatica, completamente nudo, per mettere a loro agio gli attori. Sceneggiatore è Bret Easton Ellis, romanziere folle facente parte della nuova generazione americana dei cannibali (Palahniuk, Foster Wallace), autore di follie lucide come Le regole dell'attrazione, Glamorama, Luna Park e il suo capolavoro, American Psycho. Attore principale è James Deen, porno attore vero, a soli 27 anni già protagonista di circa 1000 porno con titoli come Milf gangbangs, James Deen Loves Butts, What an Asshole e il classico Official the Hangover Parody. Infine attrice principale è lei, la diva, l'ex bambina prodigio, un'altra delle stelline Disney andata in frantumi con l'arrivo della pubertà, una che ormai non ha più bisogno di presentazioni, Lindsay Lohan, attesissima sul tappeto rosso di Venezia, ma forfaittante a pochissime ore dalla proiezione (Non gli hanno dato abbastanza soldi? Non sta bene? Il brusio continua ancora oggi).
Da un gruppo di soggetti così non poteva che uscire il film più disturbante dell'anno.

mercoledì 6 novembre 2013

Questione di tempo - About time di Richard Curtis

In anteprima mondiale a Locarno il 16 agosto.
In uscita nelle sale italiane il 7 novembre.

It's about time, era anche ora che Richard Curtis tornasse alla regia e soprattutto a scrivere una nuova commedia per il grande schermo. L'autore di alcune delle più riuscite romance e cult comedy inglesi dell'ultimo decennio, da Love Actually a Notting Hill al Diario di Bridget Jones fino a Mister Bean, torna a 4 anni di distanza dalla sua ultima divertente scorribanda per mari con la sua Radio Rock e lo fa con una storia sui viaggi nel tempo ma ancora di più sulla vita, sulle nostre scelte e sulla famiglia. Fantascienza o racconto generazionale?
Il giorno dopo una delle più brutte serate della sua vita, il giovane e impacciato Tim viene chiamato dal babbo nel suo studio. Deve rivelargli un segreto riguardante tutti i maschi della famiglia: una volta compiuti i 21 anni, cioè proprio il caso di Tim, iniziano a viaggiare nel tempo. Basta poco, un luogo buio, molta concentrazione e stringere i pugni pensando a un luogo del proprio passato, quindi non troppo in là e soprattutto niente futuro. Nonostante Tim pensi sia uno scherzo, ci prova e riesce a ritornare alla sera precedente, migliorandola decisamente. Essendo un ragazzotto per bene, non pensa di usare questo potere per soldi, fama o potere, ma semplicemente per trovare finalmente una ragazza e formare così una famiglia. Una volta trasferitosi a Londra incontra Mary, forse quella giusta.

lunedì 14 ottobre 2013

Insidious 2 - Oltre i confini del male di James Wan

Nelle sale dal 10 ottobre

Oren Peli, Jason Blum e James Wan sono inarrestabili. Ogni progetto su cui mettono le mani ultimamente si trasforma in oro (da un punto di vista esclusivamente finanziario), film costati una sciocchezza che in un batter d'occhio si ripagano da soli e in due battiti incassano dieci volte il loro budget. E visto che fessi non sono, i geni del male si lasciano sempre qualche porta aperta, o meglio, qualche inevitabile finale aperto, così, mentre il pubblico si riversa in sala come se non ci fosse un domani, loro possono subito mettersi al lavoro sul primo di tanti sequel. E' stato così per The Conjuring ed ora è lo stesso per Insidious 2, che è costato a malapena cinque milioni e ne ha già incassati più di cento.
La storia riprende da dove l'avevamo lasciata, ma prima un veloce flashback ci porta all'infanzia di Josh (sua madre ha lo splendido viso di Jocelin Donahue, la bravissima protagonista dell'altrettanto splendido The House of the Devil), anche lui come suo figlio era tormentato da uno spirito in cerca di un corpo, ma la giovane sensitiva Elise lo aveva salvato tramite l'ipnosi, reprimendo la sua capacità di comunicare con l'aldilà. Nel presente il Josh adulto (Patrick Wilson) ha risvegliato quel "dono" per salvare suo figlio Dalton, e quell'entità molto poco benevola è tornata a perseguitarlo.