Nelle sale dal 14 novembre
Scorrendo la filmografia di Roman Polanski, si
sarebbe tentati di stabilire un nesso tra la sua attuale condizione
di esule o "prigioniero" e le ultime storie che ha scelto
di raccontare, tutte confinate in uno spazio limitato ma non
limitante, che si tratti di un'isola inospitale o delle quattro mura
di un appartamento newyorkese. Eppure, andando ancora più indietro,
ci si rende conto che questo suo gusto per il claustrofobico si è
manifestato anche in tempi non sospetti, basti pensare a film come
Repulsion (bellissimo, anche se lui lo ha quasi disconosciuto) e
L'inquilino del terzo piano o ancora al più celebre Rosemary's Baby.
Ciò nonostante non si può negare che l'interesse del regista sia
ormai interamente rivolto al teatro, lo avevamo intuito con Carnage e
ora Venere in Pelliccia ha spazzato via ogni dubbio. La fonte è
l'omonima pièce teatrale di David Ives (di origini polacche, come
Polanski) ispirata a sua volta al celebre romanzo di Leopold von
Sacher-Masoch, un esperimento metateatrale che permette a Polanski
di eliminare qualsiasi tipo di surrogato per portarci direttamente
sul palcoscenico. Non più teatro che contamina il cinema quindi, ma
cinema che entra (letteralmente) nel teatro.