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domenica 14 agosto 2016

Locarno 69 - Vincitori e considerazioni finali


E anche quest'anno si è concluso Locarno, dopo una 10 giorni fitta di cinema, incontri, ospiti e chiacchiere sulla nostra passione numero 1. Prima di tracciare un giudizio finale su questa edizione numero 69, diamo un'occhiata ai vincitori di ogni categoria.

Concorso internazionale
Pardo d’oro
GODLESS by Ralitza Petrova, Bulgaria/Denmark/France

venerdì 12 agosto 2016

Locarno 69 - Howard Shore tra SNL, Blues Brothers e Signore degli Anelli


A vederlo così, Howard Shore, premiato con il Vision Award - Nescens qui a Locarno 69, ispira solo una immagine. Quella del compositore professionale, perfetto, rigido magari, incapace di un errore o di un momento di leggerezza. Nella lezione di cinema al PalaVideo, 90 minuti pienissimi, come la sala, eppure ne esce una figura sfaccettata e affascinante. Shore è sia il compositore che abbiamo appena descritto, quello dei 3 Oscar per Il Signore degli Anelli, delle composizioni artificiali e sintetiche dei film di Cronenberg (ben 15 insieme) e di quelle più vorticose e pindariche di Hugo Cabret o Ed Wood. Ma è anche uno dei fondatori del Saturday Night Live, lo show comico newyorkese ideato dall'amico e connazionale Lorne Michaels, di cui ha diretto la band per 5 anni e composto la famosa musichetta. E' anche l'uomo che lasciando provare insieme alla sua band, prima di ogni show, sia Dan Aykroyd che John Belushi, li ha soprannominati i Blues Brothers, dando il LA a uno successo epocale. E' anche stato compositore già a 10 anni, come fosse Mozart, ha girato tutta l'America con una big band per 4 anni aprendo i concerti di Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jefferson Airplane e Grateful Dead tra gli altri.

Locarno 69 - Jodorowsky is (psycho)magic, tra matrimoni, miracoli, riti collettivi e un po' di cinema


Che stia per arrivare qualcuno di veramente grande allo Spazio Cinema di Locarno, è palese a circa 70 e passa minuti dall'ora indicata sulla lavagna all'ingresso. Sono le 12.15, pieno orario del pranzo di un venerdì assolato e caloroso come la Svizzera ne ha visti pochi, eppure ci sono già centinaia di persone che iniziano a prendere posto nel piccolo Spazio Cinema. Alle 13.30 è atteso Alejandro Jodorowsky, un gigante del cinema, ospite d'onore qui a Locarno 69 per ricevere il Pardo d'oro alla Carriera.
Poche ore prima nello stesso posto avevamo assistito a una interessante conversazione con un altro gigante, Ken Loach, e il numero di curiosi presenti per il regista britannico sembrava poter stabilire un nuovo record. Primato spazzato via dai fans del regista cileno naturalizzato francese.
C'è persino un ragazzo vestito come lo sciamano de La montagna sacra. Tra il pubblico si parlano le più svariate lingue, inglese, italiano, francese, spagnolo e sono molto più presenti le copie dei suoi libri di psico magia o sciamanesimo piuttosto che quelle dei suoi film.
Per i tanti presenti questa non è una conversazione con il proprio regista preferito o con un uomo d'arte, ma con un filosofo, un sacerdote, un guru da seguire ciecamente. L'atmosfera che si respira è particolare, diversa dalla solita dei festival di cinema.

Locarno 69 - Ken Loach, i miei personaggi e la Brexit


Sembra che ovunque vada, I Daniel Blake, l'ultimo film di Ken Loach riceva non solo lodi, ma premi. A Cannes ha vinto la Palma d'Oro, la seconda per il regista britannico dopo Il vento che accarezza l'erba, e qui a Locarno, dove Loach ha ritirato il pardo d'oro alla carriera, ha vinto il premio del pubblico tra i film proiettati nella cornice spettacolare di Piazza Grande.
Il giorno dopo la proiezione Loach è stato ospite d'onore, insieme a Dave Johns, protagonista del film, di una conversazione allo Spazio Cinema. Nonostante gli 80 anni compiuti, Ken ha dimostrato ancora una volta di essere tosto, impegnato, arrabbiato per la situazione politica-economica in cui ci ritroviamo e soprattutto pronto a combattere ancora nelle battaglie che lo hanno sempre interessato.

domenica 7 agosto 2016

Locarno 69 - Kaze ni nureta onna IN CONCORSO


Kaze ni nureta onna (Wet Woman in the Wind) di Shiota Akihiko
Il soft porn approda a Locarno. Un genere già di suo lontano dai grandi festival di cinema, arriva a Locarno e lo fa da protagonista, con un titolo in gara nel concorso internazionale. Prima di parlare dle film varrebbe il caso di dare un contesto.
Prima di tutto il genere, soft porn (o sofutu per dirla alla nipponica), o roman porno o nella definizione più corretta il pinku eiga, genere a cui si è dedicata interamente dagli anni 70 la gloriosa casa cinematografica Nikkatsu. Poche regole; ovviamente ragazze discinte, temi scabrosi e lunghezza sotto gli 80 minuti.

domenica 16 agosto 2015

Locarno 68 - Il meglio e il meno meglio di quest'anno


E anche quest'anno dobbiamo salutare Locarno. E' stata una dieci giorni emozionante e memorabile, nel pieno stile del Festival svizzero tenuto ogni anno nella prima metà di agosto. Tanti bei film, la ben nota organizzazione elvetica che fornisce sempre un servizio eccellente, il contatto umano, ovvero l'aspetto più bello di Locarno, al contrario delle caotiche e gigantesche Cannes, Venezia, dove sembra impossibile chiacchierare con uno dei registi/attori in concorso al bar o discutere con loro degli altri titoli visti in sala (si lo so anche io che ci sono personalità diverse, ma tant'è).

sabato 15 agosto 2015

Locarno 68 – Right Now, Wrong Then. Hong Sang-soo ci regala il film del festival

Per fortuna c’è Hong Sang-soo. Al penultimo giorno di proiezioni dei film in concorso a Locarno 68, veleggiava un  certo malcontento per la qualità della selezione di quest’anno. Film stanchi, personaggi in cerca di una fine, magari della propria crisi personale, magari  della loro vita stessa, e in cerca di una rinascita, di una seconda opportunità. E dal nulla di spunta il nuovo titolo del prolifico regista coreano, re del film “a versioni”, nei quali i propri personaggi hanno effettivamente la possibilità di riprovarci, anche più volte e a distanza di poco tempo.

venerdì 14 agosto 2015

Locarno 68 – I genitori visti da un figlio e da una figlia (documentaristi). Futebol, No Home Movie

Al  Concorso Internazionale di Locarno 68 erano candidati molti film che potremmo dire viaggiavano in coppia, per i più svariati motivi. I due asiatici, infilati negli ultimi giorni come da tradizione, i due Americani, i due maestri del cinema europeo (Zulawski e Ioseliani) e i due documentari, No Home Movie di un colosso del cinema sperimentale come Chantal Akerman e O futebol del brasiliano Sergio Oksman.

Due opere molte simili per il soggetto, il rapporto con un proprio genitore anziano,  ma totalmente diversi per l’approccio e lo sviluppo.

mercoledì 12 agosto 2015

Locarno 68 – Keeper, ovvero Juno cinico e al maschile

Anche quest’anno il Concorso Internazionale è stato più volte messo in ombra dal “minore” Cineasti del presente, recinto in cui sgambettano i giovinastri del panorama internazionale in grado di presentarsi sempre con opere ardite, vive e emozionanti. (S)Piace dirlo ma tutte cose che troppo spesso mancano al piano di sopra, in una selezione afflitta da troppo cervello e intellettualismo tipica dell’era Chatrian (ci tornerò). Quest’anno opere come Keeper, Der Nachtmhar, Dead Slow Ahead, Olmo & the seagull, Siembra, Thithi, Kaili Blues (e l’anno scorso Navajazo) non avrebbero sfigurato tra i senior del Concorsone. Certo sono opere di autori acerbi ma così promettenti da essere il punto di maggiore orgoglio del Festival.

mercoledì 6 novembre 2013

Questione di tempo - About time di Richard Curtis

In anteprima mondiale a Locarno il 16 agosto.
In uscita nelle sale italiane il 7 novembre.

It's about time, era anche ora che Richard Curtis tornasse alla regia e soprattutto a scrivere una nuova commedia per il grande schermo. L'autore di alcune delle più riuscite romance e cult comedy inglesi dell'ultimo decennio, da Love Actually a Notting Hill al Diario di Bridget Jones fino a Mister Bean, torna a 4 anni di distanza dalla sua ultima divertente scorribanda per mari con la sua Radio Rock e lo fa con una storia sui viaggi nel tempo ma ancora di più sulla vita, sulle nostre scelte e sulla famiglia. Fantascienza o racconto generazionale?
Il giorno dopo una delle più brutte serate della sua vita, il giovane e impacciato Tim viene chiamato dal babbo nel suo studio. Deve rivelargli un segreto riguardante tutti i maschi della famiglia: una volta compiuti i 21 anni, cioè proprio il caso di Tim, iniziano a viaggiare nel tempo. Basta poco, un luogo buio, molta concentrazione e stringere i pugni pensando a un luogo del proprio passato, quindi non troppo in là e soprattutto niente futuro. Nonostante Tim pensi sia uno scherzo, ci prova e riesce a ritornare alla sera precedente, migliorandola decisamente. Essendo un ragazzotto per bene, non pensa di usare questo potere per soldi, fama o potere, ma semplicemente per trovare finalmente una ragazza e formare così una famiglia. Una volta trasferitosi a Londra incontra Mary, forse quella giusta.

giovedì 22 agosto 2013

Filmbuster(d)s - Stagione 2 - Episodio 7

Ve lo avevamo promesso ed eccoci qua, puntatona sul 66° Festival del Film di Locarno: parliamo di tutti i film e i cortometraggi in concorso (e non) che siamo riusciti a vedere. Poi si passa alle novità in sala in questi giorni: Monster University e L'Evocazione.
Buon ascolto!

[00:00:25] Chiacchiericcio vario
[00:03:00] News
[00:13:15] Locarno
I film in sala:
[01:42:00] Monster University
[01:49:30] L'Evocazione - The Conjuring







Potete ascoltare l'episodio al link diretto al file MP3 (per scaricarlo basta cliccare col destro e poi "Salva link con nome"): Clicca qui!


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Oppure ascoltate il podcast mediante il player Podtrac:

domenica 18 agosto 2013

Visione monca 2 - L'anno dopo. Bilancio finale su Locarno66

E un altro anno è passato, Locarno ci vediamo tra altri 360 giorni circa. Purtroppo come l'anno scorso, non sono riuscito a vedere tutto quanto, non sono riuscito a vedere tutto quello che volevo e non sono riuscito a stare quanto avrei voluto ma per lo meno sono riuscito ad andare su per molti più giorni e grazie all'accredito stampa ho pagato una bazzecola per vedere davvero tanta tanta tanta roba.
Che bello sentirsi a casa ad un festival così internazionale. Che bello ritrovarlo ancora organizzato così bene e così pieno di eventi, proiezioni, ospiti. Che bello trovare tanta gente come me, appassionata, curiosa, felice di condividere opinioni su un film sperduto taiwanese o su quello provocatorio tedesco. Che bello incappare per caso in giornalisti famosi, attori visti poco prima su schermo o vederli poco dopo e scoprire che avevo a fianco una futura stella. Che bello poter vedere dal vivo dive come Faye Dunaway, mostri sacri come Christopher Lee e Werner Herzog, icone come Anna Karina, maestri come Douglas Trumbull, affamate come Jacqueline Bisset (simpaticissima e vorace). Che bello sentire mille aneddoti sui propri film preferiti, come quelli raccontati da Giona Nazzaro prima di Oz in 3D. Che bello assistere subito dopo la fine del film a un incontro con domande e risposte insieme agli autori e agli attori, per porre tutti i quesiti che covavamo dentro durante la visione. Che bello condividere le emozioni di un film in una piazza gremita da 8000 persone e fare le ore piccole. 
Ovviamente l'anno prossimo sarò ancora qui con la viva speranza, organizzandomi per tempo, di soggiornare fisso e quindi di poter stare più tempo, stancarmi meno e soprattutto evitarmi ore di macchina (per quanto ami guidare). Vale davvero la pena spendere ore e ore su sedie assassine (questo è l'unico difetto) di auditorium enormi, teatri e cinema nuovi e tecnologici, per vivere una decina di giorni di Cinema.

E dato che è finito e che da poco si sanno i nomi dei premiati, due parole. 

sabato 17 agosto 2013

Il mago di Oz in 3D, anteprima mondiale a Locarno66

In occasione del prossimo 75esimo anniversario de Il mago di Oz, Warner Bros. ha deciso di dare una ulteriore dimensione al capolavoro di Victor Fleming. Il 15 agosto del 1939 veniva infatti presentata al Grauman Chinese Theater a Hollywood una nuova versione (la prima in lungometraggio dopo tanti corti muti) dell'omonimo romanzo di Frank L. Baum, mentre il 16 agosto 2013 a Locarno, è stata presentata la nuovissima edizione, in linea con i tempi moderni, in 3D. Bando alle ciance, sapete benissimo tutti di cosa parla e che cosa sia, quindi passerò subito a un giudizio stringato e entusiasta di questo "riadattamento".
Un plauso a tutti i tecnici che grazie a ore e ore di lavoro certosino sono riusciti, in primis a restaurarlo, un lavoro immagino già svolto per l'edizione Blu Ray di qualche mese fa e poi ovviamente per aver realizzato un 3D di grandissima qualità.
Non è una tridimensionalità del tipo più banale, con oggetti che arrivano addosso allo spettatore, anche perchè nel film non ce ne sono, per cui si sarebbe dovuto aggiungerli (e un Lucas George a caso lo avrebbe pure fatto) ma è stato svolto il miglior lavoro possibile quando si parla di profondità e immersione nella scena, grazie appunto alle tre dimensioni.
Fin dall'inizio sembra di poter toccare con mano i personaggi su schermo, tutti ben delineati e staccati dallo sfondo. Il massimo lo si raggiunge nelle riprese ampie, dei paesaggi quindi, in cui sembra di vedere attraverso a un finestrino o a una di quelle cartoline create su livelli. Quando Dorothy arriva a casa, vediamo la staccionata in primo piano, lei su un livello dietro, la casa, su un altro livello, ed infine lo sfondo, lontano. Una profondità strabiliante, che raggiunge l'apice con un piccolo particolare, ovvero una spiga di grano che punta verso la cinepresa. Sembra veramente che sia li, grossa come un quarto di schermo, a pochi metri da noi.
Paradossalmente il meglio lo da nelle prime sequenze virate sul seppia, ma si difende molto bene anche quando Dorothy si ritrova nel mondo iper colorato di Oz e nelle tante vedute aeree, realizzate ai tempi con dei disegni aggiunti in fase di montaggio. 

Mary Queen of Scots, Shu jia zuo ye, Real - Locarno66

-Mary Queen of Scots di Thomas Imbach
Concorso Internazionale

Thomas Imbach, che proprio a Locarno esordì con il suo primo lungometraggio, torna al Festival per presentare il suo primo film in lingua inglese: Mary Queen of Scots, libero adattamento della biografia di Stefan Zweig.
Mary Stuart (Camille Rutherford, già vista in Il treno per il Darjeeling), regina di Scozia a soli sei anni, viene inviata in Francia per essere educata alla corte di Caterina de' Medici. Appena adolescente sposa il legittimo erede al trono francese diventando anche la futura regina di Francia, ma il ragazzo muore in un incidente di caccia e Mary è costretta a fare ritorno in Scozia, un regno devastato dalla guerra sull'orlo di un nuovo conflitto contro l'Inghilterra protestante.
Biografie di personaggi femminili e film in costume sono quasi sempre un'accoppiata vincente, e quasi sempre generano un numero più o meno grande di cloni perfettamente anonimi. La differenza in questi casi la fa l'occhio del regista, e Thomas Imbach a fare qualcosa di diverso ci prova, a partire dalla scelta del personaggio in questione, Maria Stuarda, una figura storica forse meno ovvia e soprattutto meno sfruttata dal mondo del cinema, al contrario per esempio della sua "nemesi" Elisabetta I. E proprio su questa scelta Imbach riesce a costruire un film leggermente meno convenzionale, in cui la regalità diventa quasi una claustrofobica prigione intorno ai personaggi, un mondo irreparabilmente grigio che si chiude intorno a Mary molto prima della sua vera prigionia durata diciannove anni.
La Scozia offre quindi lo sfondo perfetto per ospitare questa sorta di purgatorio in terra, una distesa dura e inospitale dominata soltanto dalla natura selvaggia e da qualche isolato castello, residenze spartane lontanissime da quelle dell'iconografia classica dei film in costume, quasi delle spettrali rovine infestate dalle sagome nere dei nobili cattolici.

giovedì 15 agosto 2013

Un altro assaggio dei film in concorso a Locarno 66

Quest'anno a Locarno, tra conversazioni con dive e gustose proiezioni in piazza, sono riuscito a dedicare un po' di tempo anche ad alcuni dei film selezionati per il Concorso Internazionale.
Come al solito ce n'è per tutti i gusti, ma senza volerlo e senza nemmeno rendermene conto ho scelto quasi esclusivamente documentari (e in concorso ce ne sono molti) o film che in quealche modo affrontano il rapporto tra cinema e realtà (The Dirties per esempio, che però è in un'altra categoria).
Purtroppo non avrò la possibilità di vedere tutti i film in concorso, quindi mi risparmio qualsiasi tipo di pronostico, ma se dipendesse da me darei il premio a L'Étrange Couleur des larmes de ton corps senza nemmeno pensarci, un film che fa letteralmente sparire tutto il resto.
Ma bando alle ciance:


-E agora ? Lembra-me di Joaquim Pinto
Concorso internazionale


Joaquim Pinto ha avuto una carriera cinematografica molto intensa, tecnico del suono da oltre trent'anni, ha lavorato a fianco di registi come Raul Ruiz, Manoel de Oliveira e André Techiné, poi, alla fine degli anni 80', si è dedicato alla produzione e alla regia, realizzando una decina di progetti tra lungometraggi, corti e documentari.
E agora ? Lembra-me (E adesso ? Ricordami) è il suo ultimo personalissimo progetto, un documentario, o forse più semplicemente un documento, che racconta un anno di vita del regista, sottoposto ad una serie di cure sperimentali (e inutili) per tenere a bada l'HIV e l'epatite C, con cui convive da più di 20 anni.
Un film duro e impegnativo, per la mole (oltre 160 minuti), per l'impostazione rigidamente diaristica e soprattutto per le immagini che mostra, quelle di una malattia terribile che porta via un'intera generazione di amici e ti lascia quasi completamente solo. Oppure quelle di una cura che sembra quasi peggiore del male, dolorosa da affrontare e ancora più dolorosa da abbandonare.
Un diario, e quindi un'interminabile monologo che finisce per toccare di tutto, dal semplice dato biografico alla riflessione sulla situazione economica attuale, dalle prime esperienze cinematografiche all'auto-esilio thoreauano in campagna, insieme all'amico e amante Nuno Leonel.
Un voler parlare di tutto che non porta da nessuna parte, perché quasi subito il pensiero di Pinto si perde nel suo caos cronologico e si sfilaccia in una matassa di riflessioni rimaste in sospeso, ma anche questo fa parte del gioco cinematografico, come spiega Pinto, le medicine che assume gli impediscono di pensare e di ricordare correttamente, e lui ha sempre fatto cinema "senza pensarci troppo".
Un film che si riassume perfettamente nella sua prima immagine, una lumaca che striscia fino ad uscire dall'inquadratura. L'inerzia di un corpo che si trascina davanti alla macchina da presa sperando di lasciare un segno, la necessità quasi patologica di raccontarsi, e di farlo con il proprio strumento, il cinema e soprattutto il suono.

C'è una frase stupenda con cui Pinto racconta i suoi primi rapporti con il cinema: "Vidi Teorema di Pier Paolo Pasolini nel cinema più vecchio di Lisbona. Fu come se Dio fosse sceso in quel luogo dove di solito proiettvano solo pornografia.

mercoledì 14 agosto 2013

La magia malinconica di Alfonso conquista il pubblico di Locarno

Pardi di domani - Concorso nazionale. Giornata 12 agosto.
Categoria: cortometraggi.


Riassunto della prima giornata con i primi 5 corti in concorso qui.

L'Italia, sempre tra virgolette, dopo la prima ottima giornata di corti, conquista a parimerito anche la seconda. Infatti Hasta Santiago dell'italiano Mauro Carraro (emigrato in Svizzera da 3 anni) ha strappato moltissimi applausi. Qualcuno più, qualcuno meno di Alfonso di Jan-Erik Mack. Gli altri corti son piaciuti un po' meno. Sotto con l'approfondimento e alla fine la mia personale classifica finale.

Corti proiettati: Lui, Hitler et moi di Nathan Hofstetter, Skinny Boy di Lawrence Blankenbyl, Hasta Santiago di Mauro Carraro,  Alfonso di Jan-Erik Mack e Bonne Espèrance di Kaspar Schiltknecht. 
Il vincitore del pardino d'oro (oltre che di 10 mila franchi) e dei pardini d'argento verrà proclamato il giorno finale del festival, il 17 agosto.

-Lui, Hitler et moi di Nathan Hofstetter. 30'.
Quinta volta per Hofstetter a Locarno. Nathan e Olivier sono due malati di schizofrenia. Il primo si crede Gesù, il secondo Hitler. L'amicizia li unisce e forse li cura. Sembra una commedia? Si. Lo è? No. Devo ancora capire se il regista (oltre che interprete e montatore) sia malato o no, in ogni caso, per tagliare corto citerò due commenti sentiti dietro di me e dopo il timido applauso finale. "Questa roba non è niente" "Non si può portare questa cosa a un festival". Dura troppo, non dice molto, si limita a filmare due persone. Una delle due, sempre Nathan, è chiaramente innamorato della sua immagine. Allora, se voleva trasmettere l'idea della schizofrenia, ci riesce poco; se non voleva invece, e non so davvero cosa volesse fare, è un fallimento totale. Il peggiore del mazzo.

martedì 13 agosto 2013

L'Étrange Couleur des larmes de ton corps di Hélèn Cattet e Bruno Forzani - Locarno66

Un'altra locandina stupenda
Concorso Internazionale

Ci sono un sacco di ottime ragioni per fare un salto al Festival del film di Locarno, dagli ospiti illustri (quest'anno davvero numerosi e importantissimi) alla variegatissima selezione di film in concorso e non. Ma per il sottoscritto, quest'anno valeva la pena esserci anche solo per assistere alla proiezione di L'Etrange couleur des larmes de ton corps, il secondo lungometraggio della coppia belga Hélèn Cattet e Bruno Forzani. Amer, il loro film d'esordio, era entrato nella mia personale top 10 ancora prima dei titoli di coda, un'esperienza unica a metà tra cinema d'avanguardia e omaggio ai Gialli anni '70, e questa loro seconda opera prosegue nella stessa folle direzione.
Dan Kristensen (Klaus Tange) torna a casa da un viaggio d'affari all'estero. La porta è chiusa dall'interno e nessuno risponde, sua moglie Edwige è sparita nel nulla lasciando solo una cappelliera piena di giocattoli. Dan inizia a cercarla, prima nell'appartamento e poi nel resto del palazzo, ma incontra una galleria di inquietanti personaggi che riescono solo ad infittire il mistero. Nel frattempo la palazzina che lo imprigiona e la realtà intorno a lui iniziano a piegarsi su se stesse.

Conversazione con Jacqueline Bisset "Quanto si mangia bene sul set!" - Locarno 66

"Non ero una modella seria, lo feci solo per poter mangiare" inizia con questa correzione la conversazione con Jacqueline Bisset (per i maniaci della pronuncia è BisseT con la t dura, quindi non alla francese), e il cibo tornerà spesso nei ricordi dell'attrice inglese.
All'età di ... non si dice, è ancora una donna bellissima. Nessun ritocco, almeno visibile, due occhi che ancora stregano e tanta tanta classe. Ed è proprio per questo che molte cose che dice non te le aspetteresti mai da una così.
Iniziò a Londra, appunto come semi modella, un paio di foto con dei maglioni e aveva già recuperato i soldi necessari per fare la scuola di recitazione. Proprio tra le strade della capitale inglese conobbe Roman Polanski che stava dirigendo Repulsion. Un giorno vide per strada Catherine Deneuve che vagava senza metà, spenta, sembrava una poveraccia. Molto bella e molto triste. Solo dopo capì che si trattava di un film e Roman era nascosto da qualche parte con la cinepresa.

Il regista polacco ad una cena le disse "Dovresti fare l'attrice, sei molto introversa" ovvero l'esatto opposto che le aveva detto il suo insegnante, "Sei moto estroversa, dovresti fare l'attrice". Con Polanski girò Cul de sac, sperduti tra le valli scozzesi con un pub che non chiudeva mai e la troupe sempre alticcia. "Regista favoloso, un occhio e un talento incredibile" i ricordi di Jacqueline. Ma qual'era  la cosa migliore del film? Il cibo gratis.
Per poterlo girare la portarono da un dietologo perchè "troppo grassa"... Perse cinque chili e probabilmente andò sotto lo zero di peso. Ricorda che quando era sul set di Due per la strada, di Stanley Donen, la sua seconda particina, era una gioia poter fare la pausa pranzo. Vino, formaggi, tutti prodotti tipici francesi. "Ecco la grande differenza tra il cinema europeo e quello americano. Qui la pausa pranzo è sacra, mentre in America si mangia molto male e velocemente. Anche se ultimamente stanno migliorando e si mangia molto meglio".

domenica 11 agosto 2013

A Locarno sono arrivate le dive - Faye Dunaway e Anna Karina


Pranzo con Faye Dunaway e cena con Anna Karina. Niente male come programma. Nella giornata del 9 agosto, sono arrivate a Locarno due dive con la D maiuscola. Due esponenti, due volti di due mondi cinematografici totalmente differenti. Una bionda e l'altra mora, una americana e l'altra francese, una cresciuta con il metodo di Strasberg e Stanislavksij e una co-fondatrice della Nouvelle Vague, una è una creatura da palcoscenico ancora oggi e l'altra quasi una bambina, timida e fragile. Faye Dunaway e Anna Karina non potrebbero essere più diverse.

Ore 10.30 Conversazione con miss Faye Dunaway. Tutte le dive però, si sa, si fanno aspettare e la mitica Bonny di Gangster Story si è presentata con un piccolo ritardo di 90 minuti (per non so quale motivo). Bodyguard al seguito (un vero pirla, lasciatemelo dire), radiosa, attenta alle luci, a che lato mostrare ai fotografi, ha sollevato uno scroscio di applausi di un pubblico per nulla deluso dalla lunga attesa.
Durante la lunga intervista condotta da Carlo Chatrian, sono stati toccati diversi punti della sua carriera. Si è partiti come di consueto dall'infanzia, passata tra la campagna e i prati della Florida, un elemento che l'ha avvicinata molto proprio al personaggio di Bonny Parker, per poi passare ai primi passi in teatro, insieme niente meno che a Marlon Brando, definito "divino".
Tanti gli uomini nella sua carriera e tutti o quasi talenti irraggiungibili nella storia del cinema. Primo di tutti Warren Beatty, ovvero Clyde, che assemblò pezzo per pezzo Gangster story, scegliendo regista, sceneggiatore, interpreti. "Warren era un uomo molto affascinante, oltre che un bravissimo attore, ma la cosa che lo rende davvero seduttivo è l'intelligenza". Poi Lumet e il nuovo modo di fare cinema, fatto di ritmi alti, dialoghi serrati, "sennò perdi il pubblico. Adesso ad esempio un maestro in questo senso è David Fincher. Lo adoro, ho visto Zodiac 21 volte e prendo sempre nota con un taccuino".

Appunti per la sua nuova professione. Infatti vuole diventare regista e portare finalmente su grande schermo il film su un personaggio che lei ama moltissimo, Maria Callas. Un progetto nato anni fa, quando a teatro interpretò una pièce ispirata alle lezioni americane tenute dalla cantante. "Ho accettato di interpretarlo solo a patto che mi venisse concessa la possibilità di comprare i diritti, non per avere il controllo assoluto, ma per scegliere il giusto team. Lo studio ha bloccato tutto. A volte prendono decisioni terribili, perciò ho acquisito i diritti con i miei soldi".

sabato 10 agosto 2013

The Dirties di Matt Johnson - Locarno66

Concorso Cineasti del presente

Si aprono in bellezza questi nostri (pochi) giorni al Festival del film di Locarno. La prima tappa è dedicata a The Dirties del giovanissimo Matt Johnson, uno studente di cinema canadese che si era fatto notare in patria con una web series e un piccolo cortometraggio sbarcato al Toronto International Film Festival. Ed è proprio l'esperienza al Talent Lab del TIFF che gli ha dato l'idea per un lungometraggio.
The Dirties è la storia di Matt (interpretato dal regista) e Owen, due studenti del liceo che trovano nell'amicizia reciproca un rifugio contro le angherie dei bulli. Matt in partiolare è un grandissimo appassionato di cinema, e insieme all'amico del cuore dedica tutto il suo tempo libero alla realizzazione di piccoli film. Il loro ultimo progetto, The Dirties, è la storia di due poliziotti che cercano di liberare la città (la scuola) da una banda di pericolosi criminali (i bulli, o "dirties"). Ma il progetto scolastico sfugge loro di mano.
The Dirties è uno di quegli esordi fulminanti che non capitano proprio tutti i giorni, un ottimo film ma soprattutto un lungometraggio sorprendentemente complesso per un regista così giovane e culturalmente distante da determinate tematiche.