Quest'anno a Locarno, tra
conversazioni con dive e gustose proiezioni in piazza, sono riuscito
a dedicare un po' di tempo anche ad alcuni dei film selezionati per
il Concorso Internazionale.
Come al solito ce n'è per
tutti i gusti, ma senza volerlo e senza nemmeno rendermene conto ho
scelto quasi esclusivamente documentari (e in concorso ce ne sono
molti) o film che in quealche modo affrontano il rapporto tra cinema
e realtà (The Dirties per esempio, che però è in un'altra
categoria).
Purtroppo non avrò la
possibilità di vedere tutti i film in concorso, quindi mi risparmio
qualsiasi tipo di pronostico, ma se dipendesse da me darei il premio
a L'Étrange Couleur des larmes de ton corps senza nemmeno pensarci,
un film che fa letteralmente sparire tutto il resto.
Ma bando alle ciance:
-E agora ? Lembra-me di
Joaquim Pinto
Concorso internazionale
Joaquim Pinto ha avuto una
carriera cinematografica molto intensa, tecnico del suono da oltre
trent'anni, ha lavorato a fianco di registi come Raul Ruiz, Manoel de
Oliveira e André Techiné, poi, alla fine degli anni 80', si è
dedicato alla produzione e alla regia, realizzando una decina di
progetti tra lungometraggi, corti e documentari.
E agora ? Lembra-me (E
adesso ? Ricordami) è il suo ultimo personalissimo progetto, un
documentario, o forse più semplicemente un documento, che racconta
un anno di vita del regista, sottoposto ad una serie di cure
sperimentali (e inutili) per tenere a bada l'HIV e l'epatite C, con
cui convive da più di 20 anni.
Un film duro e impegnativo,
per la mole (oltre 160 minuti), per l'impostazione rigidamente
diaristica e soprattutto per le immagini che mostra, quelle di una
malattia terribile che porta via un'intera generazione di amici e ti
lascia quasi completamente solo. Oppure quelle di una cura che sembra
quasi peggiore del male, dolorosa da affrontare e ancora più dolorosa
da abbandonare.
Un diario, e quindi
un'interminabile monologo che finisce per toccare di tutto, dal
semplice dato biografico alla riflessione sulla situazione economica
attuale, dalle prime esperienze cinematografiche all'auto-esilio
thoreauano in campagna, insieme all'amico e amante Nuno Leonel.
Un voler parlare di tutto
che non porta da nessuna parte, perché quasi subito il pensiero di
Pinto si perde nel suo caos cronologico e si sfilaccia in una matassa
di riflessioni rimaste in sospeso, ma anche questo fa parte del gioco
cinematografico, come spiega Pinto, le medicine che assume gli
impediscono di pensare e di ricordare correttamente, e lui ha sempre
fatto cinema "senza pensarci troppo".
Un film che si riassume
perfettamente nella sua prima immagine, una lumaca che striscia fino
ad uscire dall'inquadratura. L'inerzia di un corpo che si trascina
davanti alla macchina da presa sperando di lasciare un segno, la
necessità quasi patologica di raccontarsi, e di farlo con il proprio
strumento, il cinema e soprattutto il suono.
C'è una frase stupenda con cui Pinto racconta i suoi primi rapporti con il cinema: "Vidi Teorema di Pier Paolo Pasolini nel cinema più vecchio di Lisbona. Fu come se Dio fosse sceso in quel luogo dove di solito proiettvano solo pornografia.
-Când
se Lasa Seara Peste Bucuresti Sau Metabolism (When Evening Falls on
Bucarest or Metabolism) di Corneliu Porumboiu
Concorso
internazionale
Pur
rimanendo entro i limiti della finzione, anche Corneliu Porumboiu (A
est di Bucarest, 2006) affronta una riflessione sul rapporto tra
cinema e vita.
Il
suo terzo lungometraggio, che ruba il titolo al testo di una canzone
di Maria Raducanu, racconta la storia di Paul, un ipocondriaco
regista rumeno alle prese con i tipici problemi di una piccola
produzione cinematografica. A metterlo in crisi è una piccola scena
di nudo che riguarda un personaggio secondario interpretato da Alina
(Diana Avramut, bellissima). Tra regista e attrice nascerà una
relazione che attraverso Paul si ripercuoterà sul film stesso.
A
metà tra autobiografia e metacinema, il film, girato rigorosamente
in 35mm, si apre con un lungo piano-sequenza (il primo di sedici che
lo compongono) in cui Paul/Corneliu spiega ad Alina un punto chiave
della sua idea di cinema: la divisione del film in sequenze nasce da
un problema di natura pratica: un rullo di pellicola permette di
girare per un massimo di undici minuti. Il digitale invece non impone
nessun tipo di limite ed offre al regista la possibilità di
immortalare qualsiasi cosa per il tempo che preferisce (più o meno).
Ma per Paul i limiti imposti dalla pellicola sono fondamentali,
creano ordine, gli impediscono di girare film interminabili in cui
ogni piccola sequenza durerebbe decine di minuti. Un'idea di cinema
precisa e rigorosa che però viene meno quando incontra Alina, da
quel momento in poi la relazione arriva ad influenzare radicalmente il film, e una
scena quasi insigificante si gonfia fino a trasformarsi in un film a
se in cui Alina è l'unica protagonista.
Când
se Lasa Seara Peste Bucuresti è un'opera molto interessante e
coraggiosa, con un'impostazione registica minimalista al limite
dell'esercizio di stile. Ogni singola scena è infatti realizzata
tramite un piano-sequenza che si avvicina molto a quel limite di 11
minuti di cui parla Paul all'inizio, inquadrature assolutamente
immobili su personaggi altrettanto statici che chiacchierano senza
sosta. Un'impostazione quasi opprimente (non a caso si cita Antonioni) che però dona ad ogni
singola scena quella genuinità e quella naturalezza che Paul cerca
così ossessivamente.
-Tableau
Noir di Yves Yersin
Concorso
Internazionale
Yves
Yersin gioca spudoratamente in casa, nato a Losanna nel 1942 e più
volte ospite del Festival di Locarno, quest'anno è in concorso con
un documentario "di denuncia" sull'ultimo anno di vita
della scuola intercomunale di Derrière-Pertuis, situata a 1153 metri
di altezza in una frazione di cinque case. Uno dei tanti piccoli
istituti scolastici che sono stati chiusi negli ultimi anni,
lasciando piccole aree di confine completamente sprovviste di scuole.
Un
film che a un italiano potrebbe far venire in mente il cinema di
Ermanno Olmi, per come fonde la denucia vera e propria con le
immagini di vita vissuta di una comunità in cui la tradizione locale
è più viva che mai. E in un certo senso sono proprio queste
immagini a rubare tutta la scena, un lungo pedinamento che ci dà
tutto il tempo di imparare a conoscere i pochi alunni della scuola
con le loro idiosincrasie, osservando i loro progressi e le
tantissime attività in cui vengono coinvolti da un maestro
estremamente creativo. Si ride, ci si preoccupa a morte (per esempio
quando i bambini spaccano la legna) e ci si commuove anche un po'
quando l'edificio scolastico si svuota per l'ultima volta. Un
documentario sui piccoli drammatici effetti di una grande crisi.
Il
film è stato salutato con 4-5 scariche di violentissimi applausi,
soprattutto quando sul palco sono saliti gli aluni della scuola e il
maestro Gilbert Hirschi.
-Tonnerre
di Guillame Brac
Concorso
Internazionale
Dopo
l'enorme successo del cortometraggio Un monde sans femme (2011),
Guillame Brac fa il grande salto e passa al lungometraggio con
Tonnerre, in anteprima mondiale al Festiva di Locarno.
Maxime
(Vincent Macaigne, non proprio una bellezza convenzionale), rocker in
crisi deluso dalla vita, torna alla nativa Tonnerre per ritrovare la
serenità e registrare il nuovo album. Qui si ritrova a convivere con
il padre, un uomo che anni prima ha abbandonato la moglie malata di
cancro per scappare con una ragazzina con la metà dei suoi anni.
Maxime lo giudica, ma anche lui si innamorerà di Melodie
(l'adorabile Solène Rigot), una giovanissima aspirante giornalista.
Un
amore tenuto nascosto ma vissuto con grande passione, finché Melodie
non sparisce nel nulla troncando ogni rapporto....
Una
storia d'amor fou molto fuori dagli schemi cinematografici classici,
lui rockettaro fuori tempo massimo, goffo e con pochi lunghissimi
capelli, lei adolescente di una bellezza semplice e molto naturale.
Insieme si abbandona ad una passione genuina che il regista inquadra
senza troppi filtri, quasi a sottolineare il contrasto armonioso tra
il corpo chiaro e giovane di lei e quello sgraziato di lui.
Si
parte con toni leggeri, quasi da commedia indipendente, incarnati
soprattutto dal personaggio del padre con il suo bizzarro cane
appassionato di poesia. Poi, quando l'amore si rivela in tutta la sua
rutalità, il dramma irrompe con sorprendente durezza, trasformando
la fiabesca Tonnerre in una prigione fredda e inospitale. Una visione
molto caustica dell'amore, e soprattutto della figura maschile,
rappresentata di volta in volta come debole, spietatamente egoista e
violenta. Molto bravi i due attori protagonisti. La regia è quasi
dardenniana.
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