giovedì 15 agosto 2013

Un altro assaggio dei film in concorso a Locarno 66

Quest'anno a Locarno, tra conversazioni con dive e gustose proiezioni in piazza, sono riuscito a dedicare un po' di tempo anche ad alcuni dei film selezionati per il Concorso Internazionale.
Come al solito ce n'è per tutti i gusti, ma senza volerlo e senza nemmeno rendermene conto ho scelto quasi esclusivamente documentari (e in concorso ce ne sono molti) o film che in quealche modo affrontano il rapporto tra cinema e realtà (The Dirties per esempio, che però è in un'altra categoria).
Purtroppo non avrò la possibilità di vedere tutti i film in concorso, quindi mi risparmio qualsiasi tipo di pronostico, ma se dipendesse da me darei il premio a L'Étrange Couleur des larmes de ton corps senza nemmeno pensarci, un film che fa letteralmente sparire tutto il resto.
Ma bando alle ciance:


-E agora ? Lembra-me di Joaquim Pinto
Concorso internazionale


Joaquim Pinto ha avuto una carriera cinematografica molto intensa, tecnico del suono da oltre trent'anni, ha lavorato a fianco di registi come Raul Ruiz, Manoel de Oliveira e André Techiné, poi, alla fine degli anni 80', si è dedicato alla produzione e alla regia, realizzando una decina di progetti tra lungometraggi, corti e documentari.
E agora ? Lembra-me (E adesso ? Ricordami) è il suo ultimo personalissimo progetto, un documentario, o forse più semplicemente un documento, che racconta un anno di vita del regista, sottoposto ad una serie di cure sperimentali (e inutili) per tenere a bada l'HIV e l'epatite C, con cui convive da più di 20 anni.
Un film duro e impegnativo, per la mole (oltre 160 minuti), per l'impostazione rigidamente diaristica e soprattutto per le immagini che mostra, quelle di una malattia terribile che porta via un'intera generazione di amici e ti lascia quasi completamente solo. Oppure quelle di una cura che sembra quasi peggiore del male, dolorosa da affrontare e ancora più dolorosa da abbandonare.
Un diario, e quindi un'interminabile monologo che finisce per toccare di tutto, dal semplice dato biografico alla riflessione sulla situazione economica attuale, dalle prime esperienze cinematografiche all'auto-esilio thoreauano in campagna, insieme all'amico e amante Nuno Leonel.
Un voler parlare di tutto che non porta da nessuna parte, perché quasi subito il pensiero di Pinto si perde nel suo caos cronologico e si sfilaccia in una matassa di riflessioni rimaste in sospeso, ma anche questo fa parte del gioco cinematografico, come spiega Pinto, le medicine che assume gli impediscono di pensare e di ricordare correttamente, e lui ha sempre fatto cinema "senza pensarci troppo".
Un film che si riassume perfettamente nella sua prima immagine, una lumaca che striscia fino ad uscire dall'inquadratura. L'inerzia di un corpo che si trascina davanti alla macchina da presa sperando di lasciare un segno, la necessità quasi patologica di raccontarsi, e di farlo con il proprio strumento, il cinema e soprattutto il suono.

C'è una frase stupenda con cui Pinto racconta i suoi primi rapporti con il cinema: "Vidi Teorema di Pier Paolo Pasolini nel cinema più vecchio di Lisbona. Fu come se Dio fosse sceso in quel luogo dove di solito proiettvano solo pornografia.

-Când se Lasa Seara Peste Bucuresti Sau Metabolism (When Evening Falls on Bucarest or Metabolism) di Corneliu Porumboiu
Concorso internazionale


Pur rimanendo entro i limiti della finzione, anche Corneliu Porumboiu (A est di Bucarest, 2006) affronta una riflessione sul rapporto tra cinema e vita.
Il suo terzo lungometraggio, che ruba il titolo al testo di una canzone di Maria Raducanu, racconta la storia di Paul, un ipocondriaco regista rumeno alle prese con i tipici problemi di una piccola produzione cinematografica. A metterlo in crisi è una piccola scena di nudo che riguarda un personaggio secondario interpretato da Alina (Diana Avramut, bellissima). Tra regista e attrice nascerà una relazione che attraverso Paul si ripercuoterà sul film stesso.
A metà tra autobiografia e metacinema, il film, girato rigorosamente in 35mm, si apre con un lungo piano-sequenza (il primo di sedici che lo compongono) in cui Paul/Corneliu spiega ad Alina un punto chiave della sua idea di cinema: la divisione del film in sequenze nasce da un problema di natura pratica: un rullo di pellicola permette di girare per un massimo di undici minuti. Il digitale invece non impone nessun tipo di limite ed offre al regista la possibilità di immortalare qualsiasi cosa per il tempo che preferisce (più o meno). Ma per Paul i limiti imposti dalla pellicola sono fondamentali, creano ordine, gli impediscono di girare film interminabili in cui ogni piccola sequenza durerebbe decine di minuti. Un'idea di cinema precisa e rigorosa che però viene meno quando incontra Alina, da quel momento in poi la relazione arriva ad influenzare radicalmente il film, e una scena quasi insigificante si gonfia fino a trasformarsi in un film a se in cui Alina è l'unica protagonista.
Când se Lasa Seara Peste Bucuresti è un'opera molto interessante e coraggiosa, con un'impostazione registica minimalista al limite dell'esercizio di stile. Ogni singola scena è infatti realizzata tramite un piano-sequenza che si avvicina molto a quel limite di 11 minuti di cui parla Paul all'inizio, inquadrature assolutamente immobili su personaggi altrettanto statici che chiacchierano senza sosta. Un'impostazione quasi opprimente (non a caso si cita Antonioni) che però dona ad ogni singola scena quella genuinità e quella naturalezza che Paul cerca così ossessivamente.


-Tableau Noir di Yves Yersin
Concorso Internazionale

Yves Yersin gioca spudoratamente in casa, nato a Losanna nel 1942 e più volte ospite del Festival di Locarno, quest'anno è in concorso con un documentario "di denuncia" sull'ultimo anno di vita della scuola intercomunale di Derrière-Pertuis, situata a 1153 metri di altezza in una frazione di cinque case. Uno dei tanti piccoli istituti scolastici che sono stati chiusi negli ultimi anni, lasciando piccole aree di confine completamente sprovviste di scuole.
Un film che a un italiano potrebbe far venire in mente il cinema di Ermanno Olmi, per come fonde la denucia vera e propria con le immagini di vita vissuta di una comunità in cui la tradizione locale è più viva che mai. E in un certo senso sono proprio queste immagini a rubare tutta la scena, un lungo pedinamento che ci dà tutto il tempo di imparare a conoscere i pochi alunni della scuola con le loro idiosincrasie, osservando i loro progressi e le tantissime attività in cui vengono coinvolti da un maestro estremamente creativo. Si ride, ci si preoccupa a morte (per esempio quando i bambini spaccano la legna) e ci si commuove anche un po' quando l'edificio scolastico si svuota per l'ultima volta. Un documentario sui piccoli drammatici effetti di una grande crisi.
Il film è stato salutato con 4-5 scariche di violentissimi applausi, soprattutto quando sul palco sono saliti gli aluni della scuola e il maestro Gilbert Hirschi.

-Tonnerre di Guillame Brac
Concorso Internazionale

Dopo l'enorme successo del cortometraggio Un monde sans femme (2011), Guillame Brac fa il grande salto e passa al lungometraggio con Tonnerre, in anteprima mondiale al Festiva di Locarno.
Maxime (Vincent Macaigne, non proprio una bellezza convenzionale), rocker in crisi deluso dalla vita, torna alla nativa Tonnerre per ritrovare la serenità e registrare il nuovo album. Qui si ritrova a convivere con il padre, un uomo che anni prima ha abbandonato la moglie malata di cancro per scappare con una ragazzina con la metà dei suoi anni. Maxime lo giudica, ma anche lui si innamorerà di Melodie (l'adorabile Solène Rigot), una giovanissima aspirante giornalista.
Un amore tenuto nascosto ma vissuto con grande passione, finché Melodie non sparisce nel nulla troncando ogni rapporto....
Una storia d'amor fou molto fuori dagli schemi cinematografici classici, lui rockettaro fuori tempo massimo, goffo e con pochi lunghissimi capelli, lei adolescente di una bellezza semplice e molto naturale. Insieme si abbandona ad una passione genuina che il regista inquadra senza troppi filtri, quasi a sottolineare il contrasto armonioso tra il corpo chiaro e giovane di lei e quello sgraziato di lui.
Si parte con toni leggeri, quasi da commedia indipendente, incarnati soprattutto dal personaggio del padre con il suo bizzarro cane appassionato di poesia. Poi, quando l'amore si rivela in tutta la sua rutalità, il dramma irrompe con sorprendente durezza, trasformando la fiabesca Tonnerre in una prigione fredda e inospitale. Una visione molto caustica dell'amore, e soprattutto della figura maschile, rappresentata di volta in volta come debole, spietatamente egoista e violenta. Molto bravi i due attori protagonisti. La regia è quasi dardenniana.

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