Un'altra locandina stupenda |
Concorso
Internazionale
Ci sono
un sacco di ottime ragioni per fare un salto al Festival del film di
Locarno, dagli ospiti illustri (quest'anno davvero numerosi e
importantissimi) alla variegatissima selezione di film in concorso e
non. Ma per il sottoscritto, quest'anno valeva la pena esserci anche
solo per assistere alla proiezione di L'Etrange couleur des larmes de
ton corps, il secondo lungometraggio della coppia belga Hélèn
Cattet e Bruno Forzani. Amer, il loro film d'esordio, era entrato
nella mia personale top 10 ancora prima dei titoli di coda,
un'esperienza unica a metà tra cinema d'avanguardia e omaggio ai
Gialli anni '70, e questa loro seconda opera prosegue nella stessa
folle direzione.
Dan
Kristensen (Klaus Tange) torna a casa da un viaggio d'affari
all'estero. La porta è chiusa dall'interno e nessuno risponde, sua
moglie Edwige è sparita nel nulla lasciando solo una cappelliera
piena di giocattoli. Dan inizia a cercarla, prima nell'appartamento e
poi nel resto del palazzo, ma incontra una galleria di inquietanti
personaggi che riescono solo ad infittire il mistero. Nel frattempo
la palazzina che lo imprigiona e la realtà intorno a lui iniziano a
piegarsi su se stesse.
Leggendo
un riassunto della trama e osservando le prime sequenze, si potrebbe
addirittura pensare che L'Etrange coleur sia un film più
convenzionale rispetto ad Amer: c'è un protagonista ben
identificabile, una storia apparentemente lineare e addirittura
qualche dialogo sparso qua e là senza esagerare, ma è solo
l'inizio, dopo queste brevi sequenze introduttive, sulla trama
vengono innestate altre piccole storie, quasi dei cortometraggi, come
le tre macro-sequenze che componevano la storia della protagonista di
Amer. Poi di nuovo un altro scossone, e quel che rimane della trama
viene letteralmente spazzato via da una spirale di immagini e suoni
che confondono qualsiasi tipo di coordinata logica. Più che un film,
L'Etrange coleur è un'esperienza sensoriale, un terrificante
caleidoscopio che frantuma la realtà come un vetro colorato e la fa
scorrere su se stessa producendo un rumore insopportabile, come nei
meravigliosi titoli di testa, che non a caso richiamano alla memoria
le immagini del Teatro Bolshoi in L'uomo con la macchina da presa.
Una
realtà frantumata e quindi in un certo senso inafferrabile, perché
il cinema di Cattet e Forzani non si preoccupa di coccolare lo
spettatore con risposte e forme armoniose, ma anzi lo maltratta e lo
tortura con una violenza più fisica che psicologica, bombardandolo
con immagini di carni lacerate un numero infinito di volte, o suoni
stridenti che quasi costringono a tapparsi le orecchie. Ed è proprio
il suono uno dei veri protagonisti di L'Etrange couleur, elemento che
fin dai primi istanti si impone prepotentemente all'attenzione dello
spettatore con un volume ai limiti del nocivo. Ogni cosa viene
trasformata in un elemento destabilizzante: l'urlo di una donna, lo
sparo di una pistola ma anche il banale campanello di una porta,
pulsazioni ripetute in modo ossessivo che fanno sobbalzare sulla
sedia e stimolano in continuazione i timpani di chi guarda,
mantenendolo in uno stato di tensione e angoscia quasi insostenibile.
Una tecnica solo apparentemente rozza che nasconde invece una cura
certosina e la creatività tipica dei grandi artigiani, quella in
grado di trasformare il suono dei guanti di pelle (elemento tipico
del cinema di Cattet e Forzani) in quello dei tendini sul collo di
una donna urlante, con un effetto assolutamente fantastico.
A quello
sul suono si aggiunge naturalmente un lavoro altrettanto
schizofrenico sulle immagini, di volta in volta alterate con filtri
colorati (altro marchio di fabbrica del duo), spezzettate con effetti
caleidoscopici, frantumate in una serie di split-screen o
semplicemente deformate con particolari tecniche di messa a fuoco.
Tecniche nuove o già utilizzate dai due registi nei loro primi
cortometraggi, basti guardare la sequenza in bianco e nero con Sylvia
Camarda, che ricorda l'inizio di Chambre Jaune oltre che naturalmente
La Jetee di Chris Marker.
Come Amer, L'Etrange couleur
des larmes de ton corps è una lettera d'amore ai Gialli italiani
degli anni '70, un chiaro omaggio ai soliti Bava, Fulci e Argento
(quello di una volta, mi raccomando) e a registi solitamente meno
citati come Sergio Martino e Massimo Dallamano. Ma trattare l'ultima
incredibile fatica di Cattet e Forzani come un semplice film omaggio
sarebbe scorretto e riduttivo, il loro è un cinema potente e
personalissimo, qualcosa di così violentemente originale che non può
e non deve essere analizzato a partire da altro. Potrà non piacere,
e molto probabilmente non piacerà ai più (al festival pochi
applausi e pochi superstiti), ma è un'eperienza cinematografica
assolutamente unica.
I due geniali registi |
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