Nelle sale dal 21 agosto.
A distanza di 12 anni dal fortunato primo capitolo, torna la premiata ditta dello spavento Mike Wazowski e James Sullivan nel primissimo prequel della storia Pixar, per la regia di Dan Scanlon (sceneggiatore di Cars e co-regista del corto Mater and the Ghostlight) e la sceneggiatura di Scanlon stesso, Daniel Gerson, già autore del primo capitolo e Robert Braid decennale collaboratore Pixar.
Prima che Mike e Sulley diventassero i migliori spaventatori per la Monster Inc. erano due studenti universitari della Monster University, facoltà di spavento. Mike era il classico sgobbone che passava tutto il tempo sui libri, uno sfigatello, suppliva le sue mancanze in statura e bruttezza con la teoria. Sulley invece era tutto l'opposto, dotato di grande talento e presenza, era un vero spaccone, nonché figlio di una vera leggenda, Bill Sullivan, crede quindi di avere tutte le carte in regola per essere il migliore e non prende neanche in considerazione l'idea di studiare o prepararsi per l'esame di fine corso.
I due finiscono per entrare in competizione e dopo l'ennesimo battibecco vengono espulsi dalla facoltà. Ma non tutto è perduto, infatti grazie alle spaventiadi, le olimpiadi del terrore, trovano il modo per farsi riammettere. Vincerle però non è semplice, prima di tutto perchè si ritrovano nella squadra peggiore e poi perchè devono finalmente mettere da parte i dissapori e unire le forze. Ce la faranno?
Come per Toy Story 3 (rivelatosi poi uno dei migliori Pixar e il migliore della trilogia) la domanda mi è sorta spontanea fin dall'inizio; ma era davvero necessario un altro capitolo, per giunta un prequel? Tralasciando la
qualità finale, è possibile che la Pixar, fucina di alcune tra le idee più creative degli ultimi anni, si riduca a fare seguiti? Cosa sta succedendo? Paura di sondare il mercato con qualcosa di nuovo? Ma da quando?
Monster University, nonostante sia un prodotto divertente, ben confezionato e tremendamente ben fatto, come al solito, manca proprio di originalità tanto da sembrare il classico film collegiale di serie C, che Italia 1 passa al sabato pomeriggio. Credete in voi stessi, scoprite voi stessi, non lasciatevi dire che non siete bravi, gli sfavoriti che alla fine vincono, volemose bene. Ripeto, davvero non si poteva fare meglio? Manca di quel guizzo, di quella verve tipica dei migliori Pixar.
Non riesce in poche parole a entrare abbastanza a fondo dentro di noi. Si lascia guardare, ammirare per quanto è curato, ma è semplice intrattenimento, nulla più. Palesemente, è un film nato per vendere in primis e solo dopo per emozionare.
Eppure se si riesce a evitare analisi critiche e per una volta sola, anche se è un Pixar, ci si gode senza patemi un cartoon (si dirà ancora così?) ci si diverte e parecchio, soprattutto se la vostra memoria del primo-sequel è buona o la visione è ancora calda. Vediamo così come è nato l'odio del viscido Randall per i due protagonisti (e anche perchè ha quello sguardo a occhi socchiusi che gli da un look ancora più meschino), dove lavorava l'abominevole uomo delle nevi* prima di essere esiliato e reincontriamo altri personaggi, come l'adorabile Roz.
La sequenza migliore per forma e contenuti è l'unica ambientata nel mondo reale, una vera scena da horror. E proprio poco prima di quel pezzo si può notare come il modo di rappresentare i bambini umani da parte di Pixar sia cambiato nell'ultimo decennio. A me Boo terrorizzava, così come gli altri bambini di Monster and co. o degli altri film dell'epoca. Adesso sono molto più dolci, normali, anche se non sono ancora una volta protagonisti ma di contorno.
Sembra un film che risente della situazione economica attuale, lanciando un preciso e in un primo momento negativo messaggio: i sogni non si avverano. Sappiamo già che Mike e Sulley finiranno per diventare spaventatori ma il percorso che "sceglieranno" sarà molto diverso e in salita. Inoltre conclude dicendo una cosa molto importante: comprendete bene la cosa in cui siete davvero bravi e concentratevi su di essa.
Anche l'anziano Don sembra un prodotto di questa crisi: un uomo sulla cinquantina ridotto a tornare a scuola, a imparare un nuovo lavoro per poter campare e sopravvivere al fallimento della sua carriera.
Insomma per il terzo anno consecutivo Pixar si presenta agli Oscar con del materiale non all'altezza (ma tanto poi vince comunque). Nella speranza che i sequel-prequel siano finiti (almeno per questi mostri si, a meno che non vogliano raccontarci meglio come lavoravano Mike e Sulley all'ufficio spedizioni), attendiamo Pixar con delle nuove idee ma soprattutto con dei prodotti ben più audaci e interessanti, prima che il classico corto iniziale (questa volta The blue umbrella) non diventi il vero motivo per andare al cinema.
*Nel seguito, L'uomo delle nevi si lamenta che la gente, gli umani, lo chiami abominevole, "perchè non adorabile per esempio?" si lamenta. Qui Mike si riferisce a lui come abominevole. Errore del doppiaggio italiano?
I due finiscono per entrare in competizione e dopo l'ennesimo battibecco vengono espulsi dalla facoltà. Ma non tutto è perduto, infatti grazie alle spaventiadi, le olimpiadi del terrore, trovano il modo per farsi riammettere. Vincerle però non è semplice, prima di tutto perchè si ritrovano nella squadra peggiore e poi perchè devono finalmente mettere da parte i dissapori e unire le forze. Ce la faranno?
Come per Toy Story 3 (rivelatosi poi uno dei migliori Pixar e il migliore della trilogia) la domanda mi è sorta spontanea fin dall'inizio; ma era davvero necessario un altro capitolo, per giunta un prequel? Tralasciando la
qualità finale, è possibile che la Pixar, fucina di alcune tra le idee più creative degli ultimi anni, si riduca a fare seguiti? Cosa sta succedendo? Paura di sondare il mercato con qualcosa di nuovo? Ma da quando?
Monster University, nonostante sia un prodotto divertente, ben confezionato e tremendamente ben fatto, come al solito, manca proprio di originalità tanto da sembrare il classico film collegiale di serie C, che Italia 1 passa al sabato pomeriggio. Credete in voi stessi, scoprite voi stessi, non lasciatevi dire che non siete bravi, gli sfavoriti che alla fine vincono, volemose bene. Ripeto, davvero non si poteva fare meglio? Manca di quel guizzo, di quella verve tipica dei migliori Pixar.
Non riesce in poche parole a entrare abbastanza a fondo dentro di noi. Si lascia guardare, ammirare per quanto è curato, ma è semplice intrattenimento, nulla più. Palesemente, è un film nato per vendere in primis e solo dopo per emozionare.
Eppure se si riesce a evitare analisi critiche e per una volta sola, anche se è un Pixar, ci si gode senza patemi un cartoon (si dirà ancora così?) ci si diverte e parecchio, soprattutto se la vostra memoria del primo-sequel è buona o la visione è ancora calda. Vediamo così come è nato l'odio del viscido Randall per i due protagonisti (e anche perchè ha quello sguardo a occhi socchiusi che gli da un look ancora più meschino), dove lavorava l'abominevole uomo delle nevi* prima di essere esiliato e reincontriamo altri personaggi, come l'adorabile Roz.
La sequenza migliore per forma e contenuti è l'unica ambientata nel mondo reale, una vera scena da horror. E proprio poco prima di quel pezzo si può notare come il modo di rappresentare i bambini umani da parte di Pixar sia cambiato nell'ultimo decennio. A me Boo terrorizzava, così come gli altri bambini di Monster and co. o degli altri film dell'epoca. Adesso sono molto più dolci, normali, anche se non sono ancora una volta protagonisti ma di contorno.
Sembra un film che risente della situazione economica attuale, lanciando un preciso e in un primo momento negativo messaggio: i sogni non si avverano. Sappiamo già che Mike e Sulley finiranno per diventare spaventatori ma il percorso che "sceglieranno" sarà molto diverso e in salita. Inoltre conclude dicendo una cosa molto importante: comprendete bene la cosa in cui siete davvero bravi e concentratevi su di essa.
Anche l'anziano Don sembra un prodotto di questa crisi: un uomo sulla cinquantina ridotto a tornare a scuola, a imparare un nuovo lavoro per poter campare e sopravvivere al fallimento della sua carriera.
Insomma per il terzo anno consecutivo Pixar si presenta agli Oscar con del materiale non all'altezza (ma tanto poi vince comunque). Nella speranza che i sequel-prequel siano finiti (almeno per questi mostri si, a meno che non vogliano raccontarci meglio come lavoravano Mike e Sulley all'ufficio spedizioni), attendiamo Pixar con delle nuove idee ma soprattutto con dei prodotti ben più audaci e interessanti, prima che il classico corto iniziale (questa volta The blue umbrella) non diventi il vero motivo per andare al cinema.
Come ho già detto, bella recensione! Ho da poco pubblicata la mia, e vi ho inviato il link via Twitter. A presto!
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