sabato 10 agosto 2013

La piazza Grande a Locarno riscopre il cinema italiano e la follia geniale di Quentin Dupieux

Piazza Grande, serata 9 agosto.

Wrong Cops di Quentin Dupieux.
( Presentato a Locarno in anteprima mondiale).
Dopo Rubber e Wrong (anch'essi passati da Locarno in passato) cosa si può fare? Si può continuare nella stessa direzione a rischio di diventare stantii o ripetitivi o addirittura di non riuscire a superare se stessi e fallire? Oppure si può cambiare totalmente tutto e buttarsi su un altro genere spiazzando il pubblico, prendendosi un altro tipo di rischio?
Dupieux, il mr. Oizo della musica techno, sceglie la prima strada e continua col suo percorso di cinema non sense. E alla faccia nostra, ce la fa, Wrong Cops è un altra commedia ad alto tasso demenziale riuscita, esilarante e cosa più importante, per nulla forzata o priva di genuinità.
La sua genesi è già di per se un casino. Prima di tutto non è il seguito di Wrong, Dupieux ha detto "Sono solo pigro coi titoli". Secondo nacque come corto, presentato a Cannes l'anno scorso. Questo, della durata di 13 minuti è diventato il primo capitolo di una serie. I primi tre episodi-capitoli sono andati al Sundance. Poi aggiungi che ti aggiungi è diventato un film di 85 minuti.
Ora...come si riassume una trama di un film simile (e vale per tutti i suoi film)? Ecco, a Los Angeles c'è un corpo di polizia molto strano. Duke oltre che essere, a detta sua, un vero intenditore di musica è anche uno spacciatore...sui generis. Impacchetta la marijuana nel ventre di alcuni bei ratti di grandi dimensioni, richiusi per bene con del nastro adesivo, in modo da poter spacciare senza essere beccati. Rough è un appassionato di techno e pensa di aver creato una hit di successo mondiale, ma chiunque la ascolta gli assicura di aver creato solo una schifezza. Un po' di aiuto gli arriva da un uomo agonizzante. Sunshine è un ex poliziotto e tossicodipendente. Il suo passato nasconde un servizio fotografico per una rivista omosessuale dove viene penetrato più volte. Qualcuno lo scopre e lo ricatta. Renato ha una passione sfrenata per il seno femminile e Shirley non prende mai sul serio il proprio lavoro.

Situazioni al limite, dialoghi surreali, personaggi da subito cult, un cast composto da Marilyn Manson, Ray Wise, Grace Zabriskie, Eric Roberts, tutto quanto condito da musiche ipnotiche composte dallo stesso Dupieux. Gregory Bernard, produttore di Artè, nel presentarlo ci ha tenuto a specificare che "è solo un film e se non conoscete il regista, preparatevi ad essere shockati".
Per chi lo conosce già, sarà la conferma di un autore fuori da ogni schema, folle ma talentuoso ed esperto conoscitore della commedia non sense (non facile come sembra). Per chi non lo conosce...beh, in Piazza c'erano molti "adulti" che probabilmente si ritrovavano per la prima volta ad affrontare un film del genere e con che risultato? Per terra dalle risate.
Viva Dupieux, se continua con questo ritmo e questa qualità ben presto potrà superare un altro Quentin del cinema.

"WRITE A BOOK ABOUT WHAT?!?"

La variabile umana di Bruno Oliviero.
(nelle sale italiane dal 29 agosto.
Presentato a Locarno in anteprima mondiale).
Carlo Chatrian, direttore del festival, lo ha fortemente voluto per due motivi. Il primo perchè lo ha seguito fin dai primi passi della realizzazione grazie anche all'amicizia e la conoscenza con Oliviero, già presente a Locarno un paio di anni fa, e il secondo, ben più importante, per riportare il grande cinema italiano a Locarno e nella piazza grande sotto gli occhi attenti di 8 mila spettatori.
La variabile umana nato come documentario, si è trasformato molto velocemente in fiction. Un connubio quello documentario-Milano non nuovo per il regista. Oliviero, napoletano classe 1972, vive a Milano dal 2003 e ha dedicato al capoluogo lombardo ben tre dei suoi precedenti lavori: MM Milano Mafia, sulla presenza della mafia in città, Milano 55,1 sulla politica e Il giudice e il segreto di stato sulla giustizia e il terrorismo in Italia.
Un cambio di forma quindi per Oliviero ma non di contenuti. Il suo primo lungometraggio di finzione è un dramma familiare camuffato sotto le spoglie della detective story in una Milano notturna e criminale.
Silvio Orlando è l'ispettore Monaco, un uomo duramente provato dalla recente scomparsa della moglie. E' rimasto da solo con la figlia sedicenne Linda con cui non riesce più ad avere un rapporto sincero o un rapporto di qualsiasi tipo. Non riesce neanche più a lavorare o a trovare uno scopo per la sua vita. Tutto questo fino a quando gli viene affidato un caso molto spinoso. Mirko Ullrich, amico del prefetto e di molti uomini di potere, ricco e ben conosciuto nella vita notturna milanese, viene trovato assassinato in sua casa dalla moglie. I sospetti su di lei saltano subito, nonostante o forse proprio perchè tra i due non c'è più amore da anni. Nella stessa notte Linda si mette nei guai,  insieme ad alcuni suoi amici  tutti minorenni, sparando a delle bottiglie con la pistola del padre. E' giunta l'ora per Monaco di riprendere in mano la sua vita.
Difficile parlare di questo film senza andare troppo oltre e finire per rivelare troppo. E' un giallo, una detective story, fino a un certo punto come ho detto prima perchè preferisce parlare d'altro e soprattutto perchè gioca a carte scoperte fin da subito nella sua prevedibilità fin troppo smaccata. Perciò da questo punto in poi potrei dire troppo, uomo avvisato mezzo salvato.
L'urlo disperato in cerca di attenzione e di affetto di una adolescente troppo spesso sola, si tramuta non solo in una "wake up call" per il padre, portando così un ricongiungimento famigliare e alla fine di un incubo, ma si tramuta anche nell'inizio di un altro incubo, ben più serio, ben più grave. Sfortunatamente, in queste condizioni, senza uno non si potrebbe verificare l'altro.
Un dramma ben recitato in primis da due attori "fuori genere" in quanto celebri per film più leggeri, come Silvio Orlando* e Giuseppe Battiston e dall'esordiente Alice Raffaelli.

Se la forma convince pienamente, grazie a una regia misurata, una buona fotografia, le musiche di un pezzo da novanta come Michael Stevens, convincono molto meno i contenuti. Se si può passare sopra la sua prevedibilità, non si può sul ritmo troppo lento, le molte scene belle ma immobili che compongono un film già corto. Non convince neanche la totale assenza di un cambiamento nella figura di Linda (e capisco non dire troppo, tanto si capisce tutto, ma così non funziona).
Insomma, non è un cattivo prodotto, associato addirittura da alcuni alla fiction televisiva italiana, ma è un discreto esordio al lungometraggio con evidenti problemi proprio con la nuova durata in una nuova forma, il racconto di finzione. Da un regista così attento al sottomondo della criminalità milanese ci si poteva aspettare un opera più coraggiosa. Aspettiamo tuttavia una futura opera di Olivieri per inquadrarlo meglio.

*sul palco si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni spassose, raccontando prima di una donna dell'organizzazione del festival che ha inseguito lui e il cast per tutto il pomeriggio, offrendo champagne a ripetizione, "Siete 8 mila qui in piazza, ma per me siete 16 mila, 32 mila, siete Cannes, Venezia e Toronto messi assieme", e poi lanciandosi in un proclama al popolo ticinese "Annettetevi all'Italia, non iate più l'estremo sud di una nazione ma diventate parte del grande nord di un altra! Pensateci".

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