Anche quest’anno il Concorso Internazionale è stato più
volte messo in ombra dal “minore” Cineasti del presente, recinto in cui
sgambettano i giovinastri del panorama internazionale in grado di presentarsi
sempre con opere ardite, vive e emozionanti. (S)Piace dirlo ma tutte cose che
troppo spesso mancano al piano di sopra, in una selezione afflitta da troppo
cervello e intellettualismo tipica dell’era Chatrian (ci tornerò). Quest’anno
opere come Keeper, Der Nachtmhar, Dead Slow Ahead, Olmo & the seagull,
Siembra, Thithi, Kaili Blues (e l’anno scorso Navajazo) non avrebbero sfigurato
tra i senior del Concorsone. Certo sono opere di autori acerbi ma così
promettenti da essere il punto di maggiore orgoglio del Festival.
Keeper è una di quelle sorprese di cui sospetti e a cui
finisci per volere molto bene. Francese, opera prima di Guillame Senez, studente
INRACI con qualche corto alle spalle. Protagonisti sono Maxime e Melanie,
15enni, innamorati persi e investiti dalla gravidanza di lei. Che fare? Tenere
il bambino, abortire, sperare ingenuamente passi, avvertire i genitori,
destinarlo all’adozione. I primi 20 minuti sono un roller coaster.
Lei è per l’aborto, ma la bellezza di avere un frugoletto tutto suo è tanta, ma con quale soldi, esperienza, tempo occuparsene? E i genitori cosa diranno? Se un giorno sembra risoluta nel tenerlo, il giorno dopo è pronta a scaricarlo. Lui, vero protagonista, all’inizio fugge dall’idea, come fanno molti uomini. Non è affare mio, se la sbrighi lei. Poi l’idea lo avvolge, diventare papà! E se la carriera nel calcio ingrana è fatta, che problemi ci sono? Tanti calciatori giovani sono usciti indenni da un figlio in precoce età. Ingenuo, ma fiducioso.
Poi entrano in campo i genitori e il cinismo del mondo
reale. Se da una parte, quella di
Maxime, c’è la coppia sposata e divorziata, sorpresa, spaventata, ma anche
pronta ad aiutare, -d’altronde ormai che vuoi fare?- dall’altra, di Melanie, c’è una madre single,
passata anch’essa da una gravidanza in giovane età, già pronta a portarla ad
abortire dove è legale anche dopo 4 mesi, con un piano già composto da spese di
viaggio, organizzazione e quant’altro.
Altro che “Viva il bambino, lo teniamo e non lo uccidiamo”, viva la vita,
come era il grado della matrigna di Juno, qui il futuro neonato è davvero un
fardello fastidioso. Eppure vince il fronte del SI, del keeping, del tenerlo.
La madre single se ne lava le mani e i due 15enni sono pronti ad affrontare l’impresa di petto.
Maxime vede però la sua vita sgretolarsi di giorno in giorno. La sua carriera calcistica fallisce miseramente, Melanie fugge dalla madre e lo lascia senza ulteriori spiegazioni, il bambino nasce ma viene subito mandato in adozione e a lui viene legalmente proibito di vederlo. E’ una continua discesa verso gli inferi con al termine una nuova vita, priva di tutto quello che aveva amato e desiderato.
Un film intenso nella sua giovinezza, sincero, melanconico. Ha
la fortuna di avere dalla sua due attori molto bravi, soprattutto Kacey Mottet
Klein (già visto in Sister a fianco di Lea Seydoux e Gillian Anderson) nel
ruolo del portiere (il goal Keeper, non a caso) che quando tiene in braccio il
neonato, sembra tenerlo goffamente come un pallone da calcio.
Insomma Juno (che a me è piaciuto moltissimo e ancora guardo
con piacere) fatte più in là! Keeper è una versione europea, dura, al maschile
(Maxime corre nel bosco come il corridore Cera, ma non ha la sua stessa faccia
da scemo), audace. Recuperatelo!
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