Al Concorso
Internazionale di Locarno 68 erano candidati molti film che potremmo dire viaggiavano
in coppia, per i più svariati motivi. I due asiatici, infilati negli ultimi giorni
come da tradizione, i due Americani, i due maestri del cinema europeo (Zulawski
e Ioseliani) e i due documentari, No Home Movie di un colosso del cinema
sperimentale come Chantal Akerman e O futebol del brasiliano Sergio Oksman.
Due opere molte simili per il soggetto, il rapporto con un
proprio genitore anziano, ma totalmente
diversi per l’approccio e lo sviluppo.
Al centro di tutto loro, un padre e una
madre, “ostaggi” dell’amore dei propri bambini cresciuti, perennemente davanti
alla telecamera, in alcuni casi persino diretti, ma sempre posati, disponibili
mai infastiditi dai capricci artistici del regista. Un po’ come tornare bambini
quando importunavamo i nostri genitori con avventure nella jungla, sparatorie
tra cowboy o corse con le macchinine e loro si prestavano con tantissima
pazienza.
L’omaggio della Akerman è più femminile e più vicino alla
propria vena artistica. In 120 minuti sono raccolti gli ultimi mesi della
madre, scappata dalla Polonia e dalla guerra e arrivata in Belgio nel 1938. Il
desiderio della regista è quello di farle vedere come sta cambiando il mondo, come
adesso sia semplice comunicare, ad esempio tramite Skype, utilizzato da Akerman
durante i suoi viaggi in America. Nelle
loro lunghe chiacchierate c’è tanto amore, tante emozioni, tanti ricordi, è un
testamento compilato a 4 mani, poco prima che le strade delle due donne si
dividano per sempre, dopo una vita passata insieme.
Il progetto di Oksman invece parte da premesse diverse. Una
vita intera o quasi, passata in continenti diversi. Papà Simao rimasto in
Brasile e Serge a costruire la propria carriera giornalistica a New York e in
Spagna. 20 anni senza vedersi fino al 2013, e a una giornata trascorsa interamente
insieme, con la promessa di passare un mese insieme l’estate successiva, in
concomitanza con i mondiali di calcio che si sarebbero disputati proprio in
Brasile.
Due uomini, due appassionati di calcio. Non c’è molto spazio per i ricordi (e
ad ogni tentativo corrisponde un “Non lo so, non ricordo, è passato troppo
tempo”, ma se invece c’è da ricordare la formazione titolare del Brasile 1954
allora tutto è chiaro nella testa), per i sentimenti , per le tante cose non
dette. C’è un mondiale da vedere, c’è la Selecao che gioca in casa ma che non è
favorita, che fa fatica fin dalla gara d’esordio con la Croazia, in un paese in
cui “Non si sente che oggi si gioca eh?”. Un campionato tanto atteso ma velato
da un clima di insicurezza, di timore.
L’incontro tra i due uomini non va come avrebbero desiderato e dopo la tragica sconfitta per 7-1 dei verde oro contro la Germania, il cuore già affaticato di Simao cede.
L’incontro tra i due uomini non va come avrebbero desiderato e dopo la tragica sconfitta per 7-1 dei verde oro contro la Germania, il cuore già affaticato di Simao cede.
I 120 minuti della Akerman contro i 64 di Oksman, l’amore e
le parole, contro le discussioni e i mugugni, la poesia contro il pragmatismo e
il pensiero alla partita della sera, l’album di famiglia contro l’album delle
figurine, i ricordi e la nostalgia contro la smemoratezza e i “Dai Sergio non
ho 5 ore per vedere i filmini delle vacanze di una volta”. Un punto d’incontro
finale, anche qui affrontato in maniera diversa con Chantal che vuole ricordare
la madre in vita, mentre si riposa nel buio del fresco soggiorno, ormai unico
ambiente della madre inferma, e Sergio che filma persino il funerale del papà,
in fondo un amico appassionato di calcio che non vedeva da anni.
Un’artista, capace di inserire anche alcune riprese sperimentali
nel racconto, e un giornalista, che lascia che siano le partite di calcio a
scandire il tempo del racconto. Un mezzo, la telecamera, a cui rivolgere i
propri pensieri nascosti, magari quando si pensa che sia stata lasciata li,
spenta a non riprendere, mentre invece continua a documentare e registrare.
Così mamma Akerman si confida con la badante
sudamericana e così papà Oksman mugugna e farfuglia contro il figlio, scappato
troppo giovane e con un nipotino che non ha mai visto.
Due opere in cui riconoscersi, forse persino in entrambe, che
toccano il cuore.
Nessun commento:
Posta un commento