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domenica 19 gennaio 2014

C'era una volta a New York di James Gray

Nelle sale dal 16 gennaio

Con gli orrori della guerra alle spalle, a pochi passi dal Paese delle opportunità, due sorelle polacche attendono in fila ad Ellis Island. La tosse di Magda, la più giovane delle due, attira l'attenzione di una guardia, e la ragazza viene ricoverata urgentemente in attesa del rimpatrio. Ewa (Marion Cotillard) rimane sola. Etichettata come "donna di scarsa moralità" per un fatto oscuro avvenuto sulla nave, anche lei si vede rifiutare il visto d'ingresso, ma in suo soccorso arriva l'affascinate Bruno (Joaquin Phoenix), un trafficone ebreo che si innamora di lei e la spinge alla prostituzione per comprare la libertà di Magda.
Anche se desta le solite inevitabili perplessità, il titolo italiano una volta tanto non suona del tutto accidentale: "C'era una volta...", il classico incipit delle grandi storie, quasi certamente un riferimento all'altrettanto classico C'era una volta in America di Sergio Leone. Per certi versi il (sotto)titolo perfetto, perché quello di Gray, e in particolare quello di The Immigrant, è un cinema sospeso nel tempo, profondamente e meravigliosamente neoclassico, di quel neoclassicismo di cui Paul Thomas Anderson è senza dubbio l'esponente più grande.

domenica 14 ottobre 2012

Un sapore di ruggine e ossa di Jacques Audiard

A distanza di tre anni da Il Profeta, Audiard torna a raccontare una storia di violenza e sopravvivenza adattando piuttosto liberamente un racconto della raccolta Ruggine e ossa dello scrittore canadese Craig Davidson.
Alì (l'imponente Matthias Schoenaerts, già protagonista di Bullhead) è un ex-pugile professionista che nella vita non ha mai dovuto preoccuparsi di nulla, finché, dopo aver sottratto suo figlio ad una madre sciagurata, è costretto ad improvvisarsi padre. Così decide di abbandonare il gelido nord della Francia per raggiungere la calda Antibes dove vive una sorella che non vede da anni. Qui grazie al suo fisico massiccio trova una serie di lavori nella sicurezza di supermercati e discoteche e proprio durante una nottata di lavoro conosce Stephanie (Marion Cotillard) addestratrice di orche bella e indipendente, un incontro fugace e apparentemente insignificante. Il giorno dopo però Stephanie perde entrambe le gambe in un incidente sul lavoro, un trauma che la getta in una profonda depressione a cui lei reagisce isolandosi completamente nel buio del suo appartamento. Un giorno però si ricorda di Alì e lo contatta, sarà l'inizio di una relazione simbiotica che arricchirà entrambi.
Violenza e sopravvivenza appunto, quella dei terribili incontri clandestini a cui partecipa Alì per arrotondare lo stipendio, brutali e senza regole, oppure quella che colpisce inaspettatamente Stephanie devastandola nella psiche e nel fisico. O ancora, una violenza di tipo di verso, quella dei due corpi completamente nudi avvinghiati nel letto ancora tremanti, lei un corpo estremamente sensuale orribilmente mutilato, lui una massa di muscoli che vive la sessualità in modo quasi animalesco come un combattimento a mani nude. E forse sono davvero degli animali, come spiega Stephanie in lacrime quando Alì le annuncia l'ennesima conquista sessuale, due animali feriti che hanno bisogno l'uno dell'altro, lei per superare la tragedia, lui per smettere di essere più bambino del suo stesso figlio, un uomo che cerca di risolvere i propri problemi gridandogli contro o prendendoli a pugni. Una storia d'amore brutale che Audiard ci racconta senza risparmiarci quasi nulla, le bocche piene di sangue, i denti caduti sull'asfalto, le fredde protesi meccaniche, una donna senza gambe che cerca di ritrovare la propria femminilità sotto un corpo sudato e ansimante. Insomma il sapore di ruggine e ossa non è quello agrodolce di una storia d'amore classica con qualche zona d'ombra, è il sapore amaro del sangue, la storia di due corpi che devono ricordare o riscoprire la loro delicatezza, a costo di procurarsi qualche cicatrice, per questo forse un po' più di coraggio e coerenza nella conclusione non avrebbero guastato.
Ottima quindi la regia di Audiard, che pur mantenendo un certo distacco riesce a rappresentare con la giusta sensibilità l'atmosfera tesa e opprimente del limbo in cui si muovono i personaggi, senza per questo sacrificare momenti più delicati, come quando Stephanie perdona il suo “carnefice” o quando dorme completamente nuda distesa sul corpo di Alì.
Matthias Schoenaerts è poderoso, quello che conta per il suo personaggio è la presenza scenica, e lui sicuramente riempie lo schermo, uno spaventoso concentrato di rabbia, carica sessuale e muscoli che nasconde molto bene la sua gentilezza. Marion Cotillard invece si concede finalmente una pausa dai blockbuster e dai ruoli da femme fatale per interpretare una figura femminile estremamente fragile, un ruolo difficile in tutti i sensi che lei riesce a padroneggiare alla perfezione, struccata, imbruttita, mutilata (a proposito, ottimi “effetti speciali”) e messa a nudo, in tutti i sensi.
Tra i due attori/personaggi si crea una bellissima alchimia fatta di silenzi e contatti quasi esclusivamente fisici, due corpi che arrivano a sentirsi a proprio agio in tutta la loro terribile bellezza.