Nelle sale dal 5 dicembre
Se n'è parlato tanto di questo Oldboy, forse anche troppo, fin da quando era solo una strana voce di corridoio che voleva Steven Spielberg alla regia e Will Smith (!?!?) nel ruolo del protagonista, scelte bizzarre per un progetto che ha destato subito tante perplessità. Poi le voci sono diventate notizie, e intorno al film si è sviluppato il solito fermento che generano sempre le operazioni di questo tipo: c'è chi ha tuonato contro l'ormai proverbiale mancanza di idee, chi ha conservato un cauto ottimismo e poi ci sono i "fan", la piaga del cinema, nella maggior parte dei casi spettatori convinti che il cinema coreano cominci e finisca con Park Chan-wook, e magari ignari del fatto che Oldboy (2003) è a sua volta adattamento di qualcos'altro.
Se n'è parlato tanto di questo Oldboy, forse anche troppo, fin da quando era solo una strana voce di corridoio che voleva Steven Spielberg alla regia e Will Smith (!?!?) nel ruolo del protagonista, scelte bizzarre per un progetto che ha destato subito tante perplessità. Poi le voci sono diventate notizie, e intorno al film si è sviluppato il solito fermento che generano sempre le operazioni di questo tipo: c'è chi ha tuonato contro l'ormai proverbiale mancanza di idee, chi ha conservato un cauto ottimismo e poi ci sono i "fan", la piaga del cinema, nella maggior parte dei casi spettatori convinti che il cinema coreano cominci e finisca con Park Chan-wook, e magari ignari del fatto che Oldboy (2003) è a sua volta adattamento di qualcos'altro.
Io mi piazzo nel mezzo, adoro Park Chan-wook tanto
quanto Spike Lee, ma cerco di non farne una malattia. Credo anche
che, quando si parla di remake, i nomi in ballo contino fino ad un
certo punto, perché a disturbarmi è l'idea stessa di remake, anzi,
l'idea hollywoodiana di "remake", quella che non si traduce
in un "rifare" (e quindi rileggere) ma in un semplice
quanto sterile "riproporre", spesso banalizzando.
Riproporre lo stesso prodotto (perché di questo si tratta) ad un
pubblico diverso, che non guarda oltre i confini del proprio paese e
ha una strana intolleranza ai sottotitoli (vale anche per l'Italia,
ma noi abbiamo meno soldi e qualche doppiatore in più). Ma quando
dietro la macchina da presa c'è un regista indipendente come Spike
Lee, sempre impegnato in progetti personalissimi, è difficile tenere
a freno la curiosità.