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martedì 31 dicembre 2013

American Hustle - L'apparenza inganna di David O. Russell

Nelle sale dal 1 gennaio 2014


Si avvicinano gli Oscar, e, come da (recentissima) tradizione, si avvicina anche l'uscita italiana dell'ultimo film di David O. Russell, il regista-sceneggiatore che da tre anni a questa parte sembra lavorare solo in funzione della scintillante cerimonia del fu Kodak Theatre. Dopo le macchine da premio, o da nomination, The Fighter e Il Lato Positivo, è la volta di American Hustle, da noi con il sottotitolo "l'apparenza inganna", un heist movie che incontra una commedia che incontra una love story, condito con un cast di purosangue.
Irving Rosenthal (un irriconoscibile Christian Bale) è un inguaribile truffatore: traffica in opere d'arte false e organizza finti prestiti (ma qui non ho capito il meccanismo della truffa, urgono delucidazioni) tutto per vivere nel lusso e mantenere la moglie Rosalyn (Jennifer Lawrence) che non sopporta ma con cui continua a vivere per non danneggiare il figliastro. La sua ancora di salvezza è l'amante e complice Sidney (Amy Adams, sempre scollatissima), ma i due vengono beccati da Richie (Bradley Cooper), un agente dell'FBI che garantisce loro l'immunità se lo aiuteranno ad incastrare l'amatissimo sindaco Carmine Polito (pronunciato "carmain" e interpretato da Jeremy Renner).

mercoledì 6 marzo 2013

Il lato positivo di David O. Russell

Nelle sale dal 7 marzo.
Hum difficile parlare di questo film per una considerevole quantità di righe. Il motivo è che dopo averlo visto mi è rimasto in mente ben poco, anche a soli pochi minuti dalla fine. Famola corta, famola sporca. Pat Solitano è pazzo. Dopo 8 mesi di cure in una clinica psichiatrica per il suo disturbo bipolare, è stato rilasciato, a condizione che frequenti regolarmente uno psicologo e che rimanga sotto l'occhio vigile dei genitori. Perchè è finito in clinica? Un giorno, tornato a casa da lavoro, ha trovato la sua adorabile mogliettina sotto la doccia con un collega, un professore di storia sull'anziano andante. Ha dato di matto e gli ha letteralmente spaccato la faccia a suon di pugni. Ora che è di nuovo in società punta a riconquistare la moglie, che nel frattempo si è trasferita e ha fatto emanare un ordine che vieta a Pat di avvicinarsi a lei ad una distanza inferiore ai 2 km. Pat non riesce a capire che le cose sono cambiate, che è finita, vive nel passato. 
A dargli una mano arriva Tiffany, un amica di amici. Anche lei ha i suoi problemi. Dopo che le hanno ammazzato il marito poliziotto, appena sposato, si è buttata sul sesso e si è portata a letto chiunque le passasse a tiro, comprese le donne. E' pronta a fare lo stesso con Pat che però la ferma, essendo lui ancora sposato. Forse il rifiuto lo rende amichevole e tenta in tutti i modi di farle dimenticare il passato e di ricominciare. Dio li fa e poi li accoppia.
Dopo essere stato comprato anni fà dai fratelli Weinstein e dopo essere stato via via accantonato per diversi motivi, fra cui la morte nel 2008 di Sidney Pollack e Anthony Minghella, che avrebbero dovuto, nell'ordine, dirigerlo, Silver Linings Playbook di Mattew Quick, ha trovato finalmente una troupe e un cast in vita e pronto a portarlo su schermo. In circa cinque anni ha subito 25, venticinque!, riscritture, non ultima quella di David O. Russell che si è ricordato dell'avviso lasciato da Pollack, "difficile mixare nel modo corretto la dosi di humor, romance, sentimenti e le problematiche che scaturiscono dalla malattia del protagonista", ci ha messo letteralmente del suo, perchè se non ricordo male, ha un fratello o un parente con dei problemi psichici molto simili a quelli di Pat (per altro una cosa che accomuna mezzo cast).
Il lato positivo non è una commedia, non è un dramma, non è neanche una commedia nera e neanche una romanticheria. E' un pò di tutto e di tutto niente. Di difficile catalogazione, se proprio gliela si deve dare, è un film che spiazza lo spettatore, indeciso se ridere davanti alle follie-pazzie, agli scatti di ira e di violenza, alle litigate alle 4 di notte per Ernest fottuto Hemingway, o se provare compassione e intristirsi per quel tipo di malattia. Ogni volta che ci si lascia andare e ci si concede una risata, subentra una scena che irrigidisce i toni e che disorienta.

lunedì 12 novembre 2012

Red Lights di Rodrigo Cortés

Nelle sale dall'8 novembre

A un paio d'anni dallo scolastico Buried, il regista spagnolo Rodrigo Cortés decide di ritornare dalle parti del thriller dirigendo e scrivendo il suo terzo lungometraggio e la sua seconda co-produzione ispano-americana, che questa volta gli permette di accedere ad un cast di tutto rispetto, e con “di tutto rispetto” intendo “senza Ryan Reynolds”. Senza Ryan Reynolds ma con Robert De Niro, e qui è giusta e necessaria la solita precisazione, da ormai una ventina d'anni De Niro e il suo agente hanno fatto il possibile per accaparrarsi tutti i ruoli più degradanti nei peggiori film disponibili sulla piazza, è un fatto matematico riconosciuto. Insomma le premesse per questo Red Lights (sto temporeggiando ma ne parlerò, fidatevi) non erano proprio le migliori, senza contare che il film arriva in Italia con i consueti 2-3 mesi di ritardo rispetto al resto del mondo libero, portandosi dietro tutta una serie di giudizi molto poco entusiastici, le aspettative quindi non potevano essere più basse di così.
Margareth Matheson (Sigourney Weaver) e il suo assistente Tom Buckley (Cillian Murphy) sono due esperti di paranormale che tra una lezione universitaria e l'altra attraversano l'America per rintracciare e smascherare i peggiori ciarlatani del paese, due scettici professionisti insomma. Dopo anni di carriera Margareth non ha mai incontrato un fenomeno paranormale che non sia riuscita a spiegare, l'unica eccezione è Simon Silver (Robert De Niro), un mago non vedente dotato di capacità sorprendenti scomparso dalla scena per vent'anni dopo la morte di un giornalista avvenuta durante uno dei suoi show. Quando Simon Silver ricompare per quello che sarà il suo ultimo spettacolo Tom decide di affrontarlo da solo.
Sulle doti tecniche di Rodrigo Cortés non ci erano rimasti dubbi particolari, Buried (per chi non lo sapesse, un film interamente ambientato in una bara) a suo modo era stato un esperimento coraggioso affrontato dignitosamente, purtroppo, preso atto di questo, il film aveva poco altro da offrire a parte una sterile dimostrazione del fatto che è possibile ambientare un thriller in una bara e venderlo ad un pubblico da blockbuster. All'inizio l'ho definito scolastico, e l'aggettivo si presta bene anche per descrivere questo Red Lights, dove almeno dal punto di vista registico tutto è al posto giusto, così giusto da risultare antipatico e noioso, scolastico appunto. Per il resto sembra quasi che Cortés da quella bara non ne sia ancora uscito, perché Red Lights è grigio, buio e opprimente, ma se in determinate situazioni la cosa può funzionare, in altre suona piuttosto ridondante e inappropriata, la tipica fotografia dai toni freddi che si vede in tutti questi thriller prodotti in serie.
La novità è che questa volta Cortés è anche sceneggiatore, il risultato però è lo stesso, superate le intriganti premesse i due impassibili detective del paranormale vengono bruscamente catapultati in una situazione che mette in dubbio le loro certezze, e Red Lights da semplice thriller si trasforma in un thriller soprannaturale che prevedibilmente tenta di instillare nello spettatore lo stesso dubbio che affligge i personaggi. Il problema è che non ci riesce, o meglio, il problema è che, sapendo di non riuscirci, tenta di sorprenderlo e spiazzarlo con salti sulla sedia poco efficaci, scene volutamente ambigue che acquistano senso solo a film finito (come un improbabile incontro tra Tom e Simon poco prima del finale. Ma che mi sono perso ?) e colpi di scena carpiati figli bastardi del cinema di Shyamalan. Ma a conti fatti i reali difetti non sono tanto questi mezzucci furbacchioni, quanto più il fatto che in un film sul dubbio e sulla magia non si respiri né l'uno né l'altra, perché Red Lights è scritto esattamente come è diretto, noioso e poco coinvolgente.