Hum difficile parlare di questo film per una considerevole quantità di righe. Il motivo è che dopo averlo visto mi è rimasto in mente ben poco, anche a soli pochi minuti dalla fine. Famola corta, famola sporca. Pat Solitano è pazzo. Dopo 8 mesi di cure in una clinica psichiatrica per il suo disturbo bipolare, è stato rilasciato, a condizione che frequenti regolarmente uno psicologo e che rimanga sotto l'occhio vigile dei genitori. Perchè è finito in clinica? Un giorno, tornato a casa da lavoro, ha trovato la sua adorabile mogliettina sotto la doccia con un collega, un professore di storia sull'anziano andante. Ha dato di matto e gli ha letteralmente spaccato la faccia a suon di pugni. Ora che è di nuovo in società punta a riconquistare la moglie, che nel frattempo si è trasferita e ha fatto emanare un ordine che vieta a Pat di avvicinarsi a lei ad una distanza inferiore ai 2 km. Pat non riesce a capire che le cose sono cambiate, che è finita, vive nel passato.
A dargli una mano arriva Tiffany, un amica di amici. Anche lei ha i suoi problemi. Dopo che le hanno ammazzato il marito poliziotto, appena sposato, si è buttata sul sesso e si è portata a letto chiunque le passasse a tiro, comprese le donne. E' pronta a fare lo stesso con Pat che però la ferma, essendo lui ancora sposato. Forse il rifiuto lo rende amichevole e tenta in tutti i modi di farle dimenticare il passato e di ricominciare. Dio li fa e poi li accoppia.
Dopo essere stato comprato anni fà dai fratelli Weinstein e dopo essere stato via via accantonato per diversi motivi, fra cui la morte nel 2008 di Sidney Pollack e Anthony Minghella, che avrebbero dovuto, nell'ordine, dirigerlo, Silver Linings Playbook di Mattew Quick, ha trovato finalmente una troupe e un cast in vita e pronto a portarlo su schermo. In circa cinque anni ha subito 25, venticinque!, riscritture, non ultima quella di David O. Russell che si è ricordato dell'avviso lasciato da Pollack, "difficile mixare nel modo corretto la dosi di humor, romance, sentimenti e le problematiche che scaturiscono dalla malattia del protagonista", ci ha messo letteralmente del suo, perchè se non ricordo male, ha un fratello o un parente con dei problemi psichici molto simili a quelli di Pat (per altro una cosa che accomuna mezzo cast).
Il lato positivo non è una commedia, non è un dramma, non è neanche una commedia nera e neanche una romanticheria. E' un pò di tutto e di tutto niente. Di difficile catalogazione, se proprio gliela si deve dare, è un film che spiazza lo spettatore, indeciso se ridere davanti alle follie-pazzie, agli scatti di ira e di violenza, alle litigate alle 4 di notte per Ernest fottuto Hemingway, o se provare compassione e intristirsi per quel tipo di malattia. Ogni volta che ci si lascia andare e ci si concede una risata, subentra una scena che irrigidisce i toni e che disorienta.
Non è che non mi abbia lasciato nulla, diamine sto scrivendo da tre quarti d'ora (e allora? che vuol dire?) ma ho vissuto l'intera vicenda in maniera molto distaccata, scosso solo ogni tanto da qualche strillata di Pat o Tiffany. Forse è il fattore "già visto, già sentito" che mi ha smorzato l'entuisiasmo molto alto mesi fà. Per fortuna si riprende con un finalone che farà piagnucolare anche gli scaricatori di porto, senza per altro abbandonare lo humor che aleggia per tutta la durata, strappando una bella risata dopo un momento carico di tensione.
La regia di Russell somiglia, sorprendentemente, a quella del suo precedente film, The Fighter. Camera a mano, molto mossa e molto frenetica, che va a prendere i volti dei personaggi, da molto vicino, senza mai mollarli come se li tenesse alle corde, in continua tensione. Personalmente un pelino in meno di mal di mare lo avrei gradito, ma è uno stile che apprezzo in genere. E' uno dei pochi registi americani a saper trattare una storia simile, capace di non cadere nel patetico ma neanche nell'atarassico (madonna e che è una era de li dinosauri?).
Cast di primo livello, con tutti e quattro i maggiori interpreti candidati agli Oscar (non succedeva dai tempi di Reds che un film facesse poker di nomination solo per la recitazione). Jackie Weaver rimane poco in scena ma lascia il segno con le sue facce preoccupate e la vocina isterica. Bob De Niro, che si è messo a piangere durante un'intervista televisiva perchè il figlio soffre di disturbo bipolare, è sempre il solito degli ultimi film, sembra una macchietta. Stesse smorfie, parole, mosse. Per me è morto, senza offesa. Il suo personaggio è tra i considerati "sani" ma il modo in cui guarda le partite, la sua scaramanzia fanatica e compulsione per il gioco d'azzardo fungono da messaggio, quasi didascalico, che i veri pazzi, malati, non finiscono nelle cliniche, ma sono tra noi.
Bradley Cooper devo ancora decifrarlo. Ai tempi di Alias mi stava molto simpatico, poi è incappato in mille produzioni discutibili. Almeno qui si trova in un buon film e da una buona interpretazione. Jennifer Lawrence, unica vincente agli Oscar, è brava ma sinceramente non mi ha poi così tanto stupito. Io la amo più della mia connessione ADSL ma nell'anno in cui c'è la Chastain e la Riva candidate, mi pare che lei arrivi al massimo al bronzo. A parte questa considerazione, si gioca tutto nella forte scena alla tavola calda, dove rivela il suo passato a Pat e in seguito incomincia a sbraitare inferocita, e vince, senza convincere troppo. Nota di merito però per le sue movenze nel finale, dove sfoggia dei pantaloni attillati, un body e una tutina che evidenziano le sue curve da mozzafiato. Non è un discorso da allupato, è siceramente un apprezzamento artistico: ha un corpo che è un capolavoro.
In definitiva, un film che non di eleva dal mucchio di pellicole di argomento simile, con il reietto, il malato, lo squilibrato, ma dal cuore dolce e che merita una chanche perchè la sua "cattiveria" o "negatività" non dipendono da lui, e che la ottiene insieme a una nuova compagna di vita, più fuori di lui -come se bastasse davvero solo quello. Emoziona alla grande nel finale, ma per il resto della pellicola non smuove granchè.
Non è che non mi abbia lasciato nulla, diamine sto scrivendo da tre quarti d'ora (e allora? che vuol dire?) ma ho vissuto l'intera vicenda in maniera molto distaccata, scosso solo ogni tanto da qualche strillata di Pat o Tiffany. Forse è il fattore "già visto, già sentito" che mi ha smorzato l'entuisiasmo molto alto mesi fà. Per fortuna si riprende con un finalone che farà piagnucolare anche gli scaricatori di porto, senza per altro abbandonare lo humor che aleggia per tutta la durata, strappando una bella risata dopo un momento carico di tensione.
La regia di Russell somiglia, sorprendentemente, a quella del suo precedente film, The Fighter. Camera a mano, molto mossa e molto frenetica, che va a prendere i volti dei personaggi, da molto vicino, senza mai mollarli come se li tenesse alle corde, in continua tensione. Personalmente un pelino in meno di mal di mare lo avrei gradito, ma è uno stile che apprezzo in genere. E' uno dei pochi registi americani a saper trattare una storia simile, capace di non cadere nel patetico ma neanche nell'atarassico (madonna e che è una era de li dinosauri?).
Cast di primo livello, con tutti e quattro i maggiori interpreti candidati agli Oscar (non succedeva dai tempi di Reds che un film facesse poker di nomination solo per la recitazione). Jackie Weaver rimane poco in scena ma lascia il segno con le sue facce preoccupate e la vocina isterica. Bob De Niro, che si è messo a piangere durante un'intervista televisiva perchè il figlio soffre di disturbo bipolare, è sempre il solito degli ultimi film, sembra una macchietta. Stesse smorfie, parole, mosse. Per me è morto, senza offesa. Il suo personaggio è tra i considerati "sani" ma il modo in cui guarda le partite, la sua scaramanzia fanatica e compulsione per il gioco d'azzardo fungono da messaggio, quasi didascalico, che i veri pazzi, malati, non finiscono nelle cliniche, ma sono tra noi.
Bradley Cooper devo ancora decifrarlo. Ai tempi di Alias mi stava molto simpatico, poi è incappato in mille produzioni discutibili. Almeno qui si trova in un buon film e da una buona interpretazione. Jennifer Lawrence, unica vincente agli Oscar, è brava ma sinceramente non mi ha poi così tanto stupito. Io la amo più della mia connessione ADSL ma nell'anno in cui c'è la Chastain e la Riva candidate, mi pare che lei arrivi al massimo al bronzo. A parte questa considerazione, si gioca tutto nella forte scena alla tavola calda, dove rivela il suo passato a Pat e in seguito incomincia a sbraitare inferocita, e vince, senza convincere troppo. Nota di merito però per le sue movenze nel finale, dove sfoggia dei pantaloni attillati, un body e una tutina che evidenziano le sue curve da mozzafiato. Non è un discorso da allupato, è siceramente un apprezzamento artistico: ha un corpo che è un capolavoro.
In definitiva, un film che non di eleva dal mucchio di pellicole di argomento simile, con il reietto, il malato, lo squilibrato, ma dal cuore dolce e che merita una chanche perchè la sua "cattiveria" o "negatività" non dipendono da lui, e che la ottiene insieme a una nuova compagna di vita, più fuori di lui -come se bastasse davvero solo quello. Emoziona alla grande nel finale, ma per il resto della pellicola non smuove granchè.
Il trionfo della paraculagine. Ruffianissimo e esile da far schifo. Si salva solo la splendida Lawrence e poco altro. O. Russell è solo un furbacchione buono a (quasi) nulla.
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