Mi cavo subito il
dente: Baz Luhrmann non lo reggo proprio, lo trovavo estremamente
sopravvalutato già prima del disastroso Australia, e in generale ho
sempre faticato a considerarlo un buon regista, forse perché il suo
talento si manifesta quasi esclusivamente nella regia interna alla
scena, quindi nella gestione delle coreografie e in tutto ciò che
riguarda la costruzione dello sfondo, mentre il resto mi ha sempre
lasciato un po' freddino.
Non è quindi con
il migliore degli atteggiamenti che mi sono avvicinato alla sua
ultima fatica, Il grande Gatsby (in 3D!), adattamento di uno dei
grandi classici della letteratura americana, che, consciamente o
inconsciamente, asseconda il recente interesse di Hollywood nei
confronti dei grandi romanzi del passato (vengono in mente I
Miserabili e Anna Karenina).
Siamo nei ruggenti
anni '20, e l'aspirante scrittore Nick Carraway (un pessimo Tobey
Maguire) si è appena trasferito a Long Island (nella fittizia West
Egg). Accanto alla sua modesta casetta sulla spiaggia si erge la
colossale villa di Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio), giovane e
misterioso miliardario di cui tutti sanno tutto e nessuno sa niente.
Un giorno Nick viene finalmente invitato ad una delle leggendarie
feste del suo vicino di casa, e qui scopre un vecchio legame tra sua
cugina Daisy (Carey Mulligan) e Gatsby. Sarà proprio Nick a far
rincontrare i due innamorati, ma gli anni sono passati e Daisy ormai è sposata con Tom (Joel
Edgerton).
Quando si parla di
rifacimenti, che li si consideri remake o nuovi adattamenti (questo
per Gatsby è il quarto), la domanda è sempre la stessa: se ne
sentiva la necessità ? La risposta è quasi sempre no, eppure ogni
tanto capitano anche pellicole che fanno crollare qualche certezza,
come l'Anna Karenina di Joe Wright, che giustificava la sua esistenza
con una messa in scena originalissima e una regia fenomenale.