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lunedì 27 maggio 2013

Il bianco e il nero #39: I protagonisti del noir - La femme fatale

loc. sost. f. inv. Donna fatale, affascinante e perfida seduttrice.
Prendi una donna con un passato scomodo e un uomo senza un futuro. Come per ogni grande uomo, non esiste un noir senza una donna dietro. Paradossalmente, uno dei generi più sessisti, vede tra le sue colonne portanti proprio il genere femminile. 
Dei tre tipi di donna del noir (gli altri sono la moglie devota e la fidanzatina/brava ragazza), la femme fatale rappresenta il più diretto attacco alla tradizionale femminilità e al nucleo familiare. Si rifiuta di interpretare i ruoli di mogliettina perfetta o madre amorevole che la società le impone. Trova che il matrimonio sia confinante, privo di amore, privo di sesso e sciocco, e usa così tutta la sua astuzia e la sua carica sessuale per ottenere una totale indipendenza.
Solitamente non viene vinta dall'amore per l'eroe di turno, lei è l'eroina, o per lo meno si sente tale. Non ha bisogno di aiuto, non lo cerca, anzi, anche davanti alla propria autodistruzione, preferisce affrontarla in solitudine che costringersi a supplicare l'aiuto di un uomo.
La classica femme fatale ricorre all'omicidio per ottenere la libertà da una relazione insopportabile con un uomo che cerca di possederla e imprigionarla, come se lei fosse un semplice oggetto, di sua proprietà. Nei noir le donne sono spesso rappresentate in tale modo, ricchi premi, laute ricompense, oggetti del desiderio. In Situazione pericolosa tre uomini discutono di una donna, uno dice "Le donne sono tutte uguali" e un altro gli risponde "Bè, bisogna averle attorno, sono un'equipaggiamento standard"". Questa attitudine, che prevede che siano appunto un'equipaggiamento standard è ben compreso dalle stesse donne che si sentono intrappolate da mariti o amanti e da un istituzione -il matrimonio- che permette questo trattamento possibile. Per la femme fatale il matrimonio è quindi sinonimo di noia, infelicità e assenza di desiderio sessuale o di amore romantico.
Phyllis Dietrichson (Barbara Stanwyck) in La fiamma del peccato descrive la sua relazione con il marito, in questa maniera "E' come se lui mi guardasse. Non che gli importi, non più almeno. Ma mi tiene al guinzaglio, così stretto che non mi lascia respiro". Questo dialogo avviene in casa, nel salotto, luogo ogni sera di interminabili ore e spazio comune di due persone che si odiano e non si possono sopportare. L'omicidio è l'unico modo per togliersi le catene, ed è causato dalla mancanza assoluta di attenzione e di affetto da parte del compagno.

Altrettanto spesso accade che queste giovani e bellissime donne sono sposate con uomini vecchi, brutti e/o malfermi. Come Cora (Lana Turner) in Il postino suona sempre due volte, o Rita Hayworth in Gilda e La signora di Shangai o la stessa Phyllis.
E così l'eroe di turno, il protagonista della nostra storia, giovane, fuori dagli schemi, appetibile, rappresenta sia una via di fuga che un valvola di sfogo, sia un amore fugace che un mezzo per raggiungere la propria indipendenza. La femme fatale non ama, usa, non può legarsi a un uomo, non in questa situazione per lo meno. Una volta che il nuovo maschio ha compiuto il suo scopo, viene appallotolato e buttato via, sennò il circolo si compirebbe di nuovo e si ritroverebbe in un altro matrimonio senza amore. Inoltre, il semplice tradimento del proprio compagno, rappresenta una trasgressione a cui è impossibile rinunciare. Una trasgressione che negli anni 40-50 era ancora particolarmente forte.
Altro segno della sterilità del matrimonio è la totale o quasi assenza di figli. Può capitare che esista una coppia con un figlio, sempre cresciutello, non piccolo, ma è evidente che egli è del marito che l'ha avuto da una relazione precedente, il che implica un'attività sessuale ferma al palo da molti anni.
La casa infine, il focolare, non fa che intensificare questa atmosfera di gelo e intrappolamento per la donna sposata. Le protagoniste camina e camminano da un lato all'altro del salotto, come fiere in gabbia, con una sola finestra, con tanto di inferriate, come unico occhio sul mondo esterno.
La messa in scena e l'illuminazione di questi ambienti, non fa che aumentare l'idea di trappole o di mausolei. Letti divisi, scale ripide e anguste, divisori che spezzano in due una sala - come se una parte fosse di lui e una di lei- o ancora ombre, buio, fumo. Case piene zeppe di ritratti troppo grandi, ninnoli, bocce per pesce; in una parola claustrofobiche.
Tutto questo è in ampio contrasto con l'idea di casa, sede di sicurezza, amore, calore e appagamento. Tutte queste cose, derivanti da un'unione felice e sana, sono assenti nei film noir.

Una donna indomabile. Il suo corpo, i suoi vestiti, le sue parole, le sue azioni, e la sua capacità di tenere lo sguardo della macchina da presa, creano un'immagine di grande carica sessuale che sfida i tentativi da parte degli uomini della sua vita, e del film stesso, di controllarla o di riportarla alla sua "corretta sfera" di donna.
Anche nei pochi film in cui lei è infine convertita in un ruolo più tradizionale, la violenza e la potenza della sua ribellione contro questo ruolo impostole supera questo cambiamento e nell'immaginario dello spettatore, rimane la donna terribile e sregolata che è stata in precedenza.
I film noir creano questa immagine di donna forte, senza freni, quindi tentano di contenerla distruggendo la femme fatale o convertendola a una femminilità più tradizionale. Ma la femme fatale non può essere piegata così facilmente - anche se questa è l'intenzione del film, il suo sporco lavoro è ormai fatto, riesce efficacemente a minare i valori della famiglia tradizionale, perchè le sue tragsressioni costituiscono un'immagine più duratura, nella mente dello spettatore, che piuttosto la sua punizione finale. Nonostante la punizione rituale di questi atti di trasgressione, la vitalità di cui sono dotati, produce un eccesso di senso che non può, infine, essere contenuto, smacchiato.
Cosa ricordiamo all fine del film? Una donna punita giustamente o una donna potente, libera, pericolosa?

La femme fatale riesce nel suo intento perchè è una fredda, cinica, calcolatrice e manipolatrice, ben a conoscenza dei suoi mezzi, e della sua bellezza. Non esiste la procreazione ma il sesso come mero mezzo per ottenere piacere, e l'uomo è solo un tramite. Il suo erotismo, non viene mai nascosto, anzi è la prima cosa che viene fatta notare -a volte è proprio il protagonista maschile, raccontando con un flashback, a mettere subito in luce le forme e sessualità della signorina di turno- tipica infatti è la ripresa dal basso, che indugia sulle interminabili gambe, sinuose e pericolose come una curva stradale.
Persino quando non è in scena, la femme fatale aleggia nell'aria, è una presenza irremovibile da ogni fotogramma della pellicola. Alcune volte, anche dopo la morte, rimane in scena, rimane nel film. In Vertigine, è sempre presente un enorme ritratto raffigurante la femme fatale, Laura (Gene Tierney). Il detective assunto per scoprire chi l'ha uccisa, non l'ha mai conosciuta, eppure se ne innamora, si innamora della sua immagine, della sua presenza. Il "ritorno dalla tomba" di Laura infine, è il completamento della sua affermazione del suo potere e della sua indipendenza.
Non sempre la femme fatale va incontro a un finale negativo per se e per il film. Vi sono alcuni esempi dove finisce per sottomettersi allo status quo e innamorarsi dell'eroe (La fuga (Lauren Bacall) o Una donna nel lago (Audrey Totter), che hanno in comune anche la particolare della soggettiva) ma come già detto, sono salvataggi all'ultimo minuto, che non cancellano la vera essenza dela donna che abbiamo conosciuto in precedenza.

Le sospettate.
Per aiutare voi e noi a individuarle, diramiamo ora una serie di identikit di possibili femme fatale. Non tutte loro lo sono, almeno non sempre, ma è meglio diffidare o quanto meno, sapere a cosa si va incontro. A volte è meglio correre il rischio e divertirsi con loro.

domenica 29 luglio 2012

Il bianco e il nero #7: Rita Hayworth, la contessa scalza.




"Aspetta aspetta, questa è la parte che mi piace. Qui è quando fa quella cosa coi capelli" Red (Morgan Freeman) in Le ali della libertà mentre proiettano Gilda.

Per anni Rita Hayworth è stata considerata l'emblema della femminilità e della sensualità e per molti lo è ancora. Nei suoi film interpretava spesso ruoli di donne provocanti, eccitanti, con quel corpo agile impegnato in danze pirotecniche. Era il sogno di ogni uomo, era la foto che ogni soldato si portava al fronte (oltre a quella della fidanzata), era la top tra le pin up, la più dotata delle ballerine, la rossa per eccellenza.
Ma Rita non era quella che vedevano su schermo. "Tutti gli uomini vogliono andare a letto con Gilda, ma si svegliano il giorno dopo con me" ironizzava, eppure era la verità. Gilda era una bambola sfrontata e fatale, mentre lei era chiusa, timida, lontana dal glamour e dalla stampa e soprattutto molto insicura. Sembra difficile crederlo ma una volta spente le telecamere si trasformava letteralmente in una sconosciuta.

Margarita Carmen Cansino nasce a Brooklyn (anche lei, giuro non lo faccio apposta) il 17 ottobre 1918, prima di quattro figli di due ballerini, Volga Hayworth, ex Ziegfield Follies, e Eduardo Cansino, di origine spagnola. Mamma la vuole attrice, papà ballerina. All'inizio vince lui e appena riesce a stare in piedi da sola, le insegna i rudimenti della danza. Non ne va pazza ma è talmente legata al babbo che farebbe di tutto per lui. A cinque anni è già a livello professionista e mentre i fratelli vanno a scuola, lei studia danza e lavora con i genitori. Fin da piccola appare come una persona solitaria e timida, con la madre come migliore amica e un padre possessivo che non le concede molte libertà o tempi morti.
Intanto la famiglia si trasferisce a Hollywood nel 1927, pensando di poter avere qualche chance di riuscire a essere scelti come corpo di ballo per qualche film. Il padre apre il suo studio di danza dove insegna a gente del calibro di James Cagney e Jean Harlow, ma la crisi del 29 incombe e perderà tutti i suoi investimenti. Per raggranellare qualche dollaro parte per delle tournèe al confine col Messico e a Tijuana, località turistica molto rinomata per gli americani. La scelta è dovuta a Rita, ora partner del padre nei Dancing Cansino's, che essendo solo 13enne non può esibirsi in locali notturni legalmente.
La grande opportunità per i Cansino spunta a cavallo tra il 1934 e il 35, quando vengono scelti per delle piccole parti nei film Il segno di Robin Hood, In Caliente e La nave di Satana. Il produttore della Fox Winfield Sheenah, nota la giovane ballerina mora, con tratti latini e chiede se può fare dei test, da sola. All'inizio il padre è riluttante, e lei pure, perchè impaurita di dover lavorare da sola, ma infine accetta e i test vanno una meraviglia. La Fox la mette sotto contratto standard per sei mesi quindi, sotto il nome di Rita Cansino.

Purtroppo però gli eventi prendono una piega negativa e nonostante riesca a fare cinque film in quel breve periodo, sono tutti ruoli minori e dopo che la Fox diventa 20th Century Fox e subentra Darryl Zanuck a Sheenah, il contratto non le viene rinnovato e viene scaricata. Credendo in lei e nel suo potenziale sullo schermo, il pubblicitario Edward Judson, la prende sotto la sua ala e la fa comparire spesso in pubblico, in serate mondane e in club per farla notare e farla fotografare. Rita se ne innamora, forse, e lo sposa non appena compie la maggiore età nel 1936. Judson invece la vede come un investimento e la tratta come tale. Questa unione causerà una piccola rottura con sua madre, a cui non piace quell'uomo.
Judson però lavora bene e riesce a concordare un provino con la Columbia dove il boss, Harry Cohn, ne rimane ammaliato e le fa firmare un contratto. Come alla Fox però, nessuno sa dove piazzarla, così o è una semplice ballerina di varia etnia (russa in Paddy O'day, argentina in Under the Pampas Moon e egiziana in Charlie Chan in Egypt) o viene prestata a altri studios (addirittura la 20th Century Fox tornerà a chiedere i suoi servigi) facendo così la fortuna della Paramount che ci guadagna parecchio.
Sotto consiglio di Cohn, passa dalla tipica ragazza ispanica alla pin up americana. Cambia cognome in Hayworth, quello della madre, cambia colore dei capelli, da mora diventa rossa e con l'elettrolisi riesce a alzare l'attaccatura dei capelli, troppo bassa. Si libera del primo marito, quel Judson che la controllava troppo e che dava fastidio a Cohn che lo paga 30 mila dollari per levarsi di torno per sempre e non infangare l'immagine di lei.
Dopo varie pelllicole di serie B per la Columbia, arriva il suo momento in una grande produzione sotto la direzione di Howard Hawks, nel film del 1939, Avventurieri dell'aria, in coppia con Cary Grant e Jean Arthur. Il film è un discreto successo di botteghino e per la prima volta non viene usata semplicemente come ballerina esotica. Le lettere dei fans non si contano, le lodi pure, così Cohn decide di promuoverla a prima stella della Columbia, che fino a quel punto non ne aveva mai avute sotto contratto, ad eccezione di Jean Arthur, in aria però di rescindere il contratto.


Gli anni 40 segnano la sua salita al top di Hollywood grazie a scelte azzeccate, un matrimonio famoso e all'impegno profuso per aiutare i soldati americani impegnati al fronte.
Il primo grande successo è Sangue e arena in coppia con Tyron Power a cui seguono i "danzanti" L'inarrivabile felicità e Non sei mai stata così bella entrambi con Fred Astaire e soprattutto Fascino in coppia con Gene Kelly. La troviamo nel suo ambiente naturale, affiancata ai migliori ballerini della sua generazione. La fama raggiunge le stelle ma è solo l'inizio.
Finisce sulla cover di Life magazine per ben cinque volte e uno scatto per la rivista in cui è sul letto in un risicato neglige (foto a destra) avrà un successo clamoroso. Siamo in piena seconda guerra mondiale e ogni soldato ne ha una copia con se, e sospira, sperando di tornare a casa sano e salvo.
Sul set di Follie a New York si innamora di Victor Mature ma durerà ben poco perchè uno spasimante di grande calibro si erge all'orizzonte e riuscirà a cambiarla radicalmente.
Questi non è altri che Orson Welles, uno dei più grandi maestri del cinema. Dopo averla vista in un film si dichiara rapito e dice "Quella donna sarà mia moglie". Le scrive una lunga lettera d'amore (dove dice "Credo che molti di noi siano soli a questo mondo, ma per scoprirlo, dobbiamo innamorarci in maniera folle") e la conquista facilmente. Nel 1943 si sposano. Orson ha in comune una cosa con Judson e papà Cansino, sarà tremendamente possessivo, sfruttatore e severo con lei.

Sappiamo che sa ballare, ma sa recitare? Nel dopo guerra, grazie anche al nuovo marito, si metterà seriamente alla prova in ruoli tutt'altro che simili a quelli precedenti. Nel '46 gira il suo film icona, Gilda. Rita balla, canta ma soprattutto si destreggia alla grande in ruolo di femme fatale in un noir che deve gran parte del suo successo a lei. La canzone Put the blame on Mame è canticchiata ancora oggi in tutto il mondo.
Nello stesso anno viene diretta dal marito in La signora di Shangai. Harry Cohn che mal sopporta Welles, viene convinto da Rita a produrre il film e a aiutare quindi Orson, caduto in lista nera dopo Quarto potere. Come se non bastasse, Welles distrugge la Rita plasmata con tanta fatica da Cohn e la ricostruisce da zero. Da rossa dai lunghi capelli, tanto buona e positiva nei suoi ruoli, diventa bionda dal taglio corto, cattiva, fredda e manipolatrice. I fans scrivono inferociti, Cohn blocca l'uscita della pellicola per ben due anni e toglie la regia a Welles, ma non può licenziarlo, in quanto lo ha assunto come attore-regista-produttore. Questo spiega il fallimento al botteghino di un grande film che verrà rivalutato col tempo. Cohn è terrorizzato che possa distruggere la carriera a Rita e così impone in seguito la scena dove canta Please don't kiss me. La scena finale del film invece, somiglia ironicamente alla fine della loro unione.
Nonostante la figlia avuta, Rebecca, la relazione sta naufragando e lui la tradisce spesso con altre donne. Dopo soli cinque anni, Rita divorzia per la seconda volta (dichiara "Non sopporto più il suo genio"). Insieme alla morte della madre a cui era molto legata, rappresenta due colpi molto forti che la fanno chiudere ancora di più nel suo guscio.

Ora che la critica ha constatato che è un'attrice a tutto tondo, la vede tornare a vecchi ruoli in film come Gli amori di Carmen, forse nel tentativo di riaccaparrarsi il pubblico. Ma questi è anche l'ultimo prima di una pausa di quattro anni.
Durante una vacanza in Europa incontra il principe Aly Khan a un ballo. I due danzano tutta la sera e scatta la scintilla. Una volta ottenuto anche lui il divorzio, Rita è pronta a risposarsi, a soli cinque mesi dal suo precedente divorzio e soprattuto a mollare la carriera per questa nuova vita. Diventa così la prima principessa di Hollywood e gira il mondo a fianco del consorte. Si mescola tra la gente dal sangue blu, vive in Francia e presenzia agli eventi più in del pianeta.
Non è la sua vita e Aly Khan, modaiolo, playboy, è molto diverso da lei. Regge per un pò, da alla luce un altra figlia, spera che finalmente possa crearsi quella famiglia perfetta da sempre sognata, ma poi non regge più e nonostante i due rimangano grandi amici fino alla morte di lui, sette anni dopo, divorzia ancora una volta. La storia ispirerà il film di Mankiewicz, La contessa scalza, con Ava Gardner.
Torna così a casa, in America, per fare la mamma a tempo pieno, non più interessata alla carriera nel cinema. Siccome però le bollette non si pagano da sole, cede e torna alla Columbia dove Cohn è ancora inviperito per essere stato mollato così bruscamente quattro anni prima. Forse è per questa ragione che i successivi ruoli sono minori e poco rilevanti. Lei si sente profondamente a disagio in questo ritorno, solo quando può ballare sembra tornare la ragazza spensierata di una volta.
Un altro dispiacere è dietro l'angolo e così un altro matrimonio e un ulteriore pausa di quattro anni. Nel 1953 sposa Dick Haymes, uno spiantato cantante da night club con due divorzi alle spalle e migliaia di dollari di alimenti non pagati e addirittura un mandato d'arresto se mette piede in California. Rita pagherà tutti i suoi debiti, anche quelli col fisco e lo sposerà per donargli la cittadinanza americana, perchè, si, aveva anche problemi con l'immigrazione, essendo nato in Argentina. Insomma un uomo, un problema.
Lo segue spesso nelle sue tourneè e in occasione di una di queste lascia a casa le due figlie incustodite tanto che viene accusata di negligenza. E' letteralmente devastata dall'accusa e senza un soldo (non ha un salario da due anni) per le spese legali. Per fortuna in tribunale Welles e Khan testimoniano in suo favore ma lei rimarrà segnata a vita dalla vicenda. Divorzia per la quarta volta dopo che Haymes le sferra un destro in pieno volto in pubblico al Coconut club di Los Angeles.

Al verde e avanti con gli anni, non più l'icona sexy di un tempo, decide di dedicare la sua carriera a ruoli più seri e drammatici e la scelta si rivela più che azzeccata. Con successi come Pal Joey a fianco di Frank Sinatra e Tavole separate (in un ruolo simile alla sua vita in quel momento) con Burt Lancaster, la sua carriera riceve un nuovo slancio e con esso un nuovo marito, James Hill, produttore, il quale si rivelerà un violento. Anche questa volta dura poco, tre anni appena di continue baruffe.
All'alba degli anni sessanta, Rita tenta la svolta teatrale con un provino per Broadway ma incomincia a manifestarsi una malattia sconosciuta che unita alla forte assunzione di alcolici la porterà prima a perdere la memoria a breve termine e poi quella a lungo. Non riesce a così a ottenere nessuna parte a Broadway, in quanto non ricorda le battute e sembra confusa sul palcoscenico.
La memoria peggiora sempre più (addirittura, racconta un amica, una sera invitò lei ed altri amici di lunga data a una cena, una volta presentati alla porta, Rita li accolse con un coltello da cucina, chiedendo chi fossero e che se volevano autografi li avrebbe colpiti. Il giorno dopo chiamò l'amica chiedendo perchè non fossero venuti) ed è costretta a lasciare la recitazione, non prima di fare un ultimo tentativo con la TV dove le preparaono dei cartonici o dei copioni nascosti appositamente in modo da aiutarla. Il continuo cambio di umore, l'ubriachezza molesta e la morte nel giro di una settimana dei suoi due fratelli fanno il resto.
Negli ultimi anni di vita, ormai ritirata, gira il mondo ed è proprio in occasione di un volo di ritorno dall'Inghilterra, nel 1977, che da in escandescenze sull'aereo All'arrivo a New York viene immortalata da mille scatti in uno stato pietoso. Ora la sua malattia, poi diagnosticata in alzheimer, è nota a tutti.
Nonostante ciò non chiederà mai aiuto a nessuno e passerà gli ultimi mesi della sua vita a letto, immobile, incapace di parlare, spesso con gli occhi chiusi e con i ricordi di una vita ormai sfumati. Il simbolo del movimento, della danza e della sinuosità, è ormai un involucro raggrinzito. Si spegne nel 1987 a New York all'età di 68 anni.

Donna fragile e allo stesso tempo molto forte, capace di vincere le battaglie per i propri figli ma incapace di trovare l'uomo giusto e quindi quella stabilità e quella famiglia che le serviva. Da semplice ballerina latina, divenne icona e attrice drammatica stimata. Della sua vita disse "Non ho avuto tutto dalla vita, ho avuto troppo [...] Tutto quello che desideravo era quello che desiderano tutti, di essere amata". E si può dire, che anche se indirettamente, milioni di persone l'hanno amata e l'amano tutt'ora.

Dopo la rossa, la bruna e la bionda dei noir, ora tocca alla donna dagli occhi viola: Elizabeth Taylor.