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sabato 24 novembre 2012

Paranormal Activity 4 di Henry Joost e Ariel Schulman

Nelle sale dal 22 novembre.
E siamo a 4. La saga mockumentary horror più famosa del mondo aggiunge un altro, ennesimo, capitolo. Ma cosa si saranno inventati stavolta gli sceMeggiatori? Protagonista è una famiglia con due figli, Alex, una quindicenne molto bellina, e Wyatt di cinque o sei anni. Ogni giorno, da un pò di tempo, capita a casa loro Robbie, il bambino della casa di fronte. La giovane mamma è sempre via e sentendosi solo cerca in Wyatt un compagno di giochi. Una notte accade un incidente alla madre di Robbie e il bambino si trasferisce momentaneamente a casa dei vicini . Robbie è un bambino molto strano, non tanto perchè dice di avere un amico immaginario, un classico dell'infanzia, ma perchè rimane sveglio tutta notte e ha degli atteggiamenti molto bizzarri, talvolta pericolosi, con Wyatt. Proprio mentre è nella sua sua nuova casa, accadono le cose più strane. Lampadari che si sfracellano al suolo, forti colpi che provengono dal soffitto, apparizioni notturne. Cosa si cela dietro? Cosa è davvero Robbie? Si, ma soprattutto, come si ricollega ai prequels e alla storia principale? Eh...non spoilero nulla ma lo fa e in una maniera imbarazzante e tiratissima per i capelli. 
 Questa volta quindi si gioca la carta dei bambini terribili e degli amici immaginari che tanto immaginari non sono, buttando li anche una citazione palese a Shining. Non solo il collegamento agli altri capitoli è appiccicato come fosse un obbligo, ma sembra proprio che ci sia qualcosa che non va. E' altamente illogico perchè dal nulla, anche se è molto prevedibile, salta fuori un personaggio a noi già conosciuto. 
Ai tempi del primo capitolo fui uno dei pochi a prenderne le difese da attacchi e critiche abbastanza ridicoli incentrati tutti sul "eh ma non si vede/succede nulla". Poi quando uscì il secondo, tenni duro e continuai a difenderlo ma senza la stessa convinzione dell'anno prima. Quando venne il turno del terzo gettai la spugna. Non perchè fossi stanco, ma perchè ormai avevano ragione i detrattori.
Il giocattolo si è rotto (oltre a altri due oggetti sferici nella zona intima maschile). Questa lunga, lunghissima, se vogliamo contare anche i capitoli apocrifi come il Tokyo Nights e la trilogia fatta dal'Asylum, quindi più scopiazzatura che altro, non funziona più per diversi motivi. Prima di tutto perchè la presunta autenticità va a farsi benedire quando inizi a mettere un numerino a fianco del titolo. Non che sia un problema, nessuno credeva fosse vero manco il primo, e neanche il mitico The Blair Witch Project (insomma...però erano altri tempi), ma di certo ci crederanno molto di meno al capitolo numero quindici. Secondo perchè lo stato di tensione in cui ti mette il film, quelle lunghe sequenze in cui ti aspetti capiti di tutto, vuoi perchè sono di notte o vuoi perchè vuoi dare un senso alla visione e al tempo che stai sprecando, alla lunga si è usurato. Passino 90 minuti in cui non sai in cosa ti sei cacciato e quindi l'ignoto può fare effetto, ma dopo quattro interi lungometraggi, hai preso le misure e non ti accontenti più di aspettare e aspettare. Hai bisogno di qualcosa, diamine, qualsiasi cosa. Ed infine perchè il meccanismo è sempre quello; un ora e mezzo di nulla e l'unica volta in cui ti distrai quel mezzo secondo per scaccolarti, bam, ti perdi l'unico momento "de paura". I vari Paranormal si basano solamente su questo, quello spaventone istantaneo che proprio quando ti stai abbioccando ti fa risvegliare. Solo che appunto, sistematicamente te lo perdi. Ma non c'è problema, te lo fanno rivedere almeno due o tre volte, così, anche per chi fosse stato sempre attento e si fosse domandato "ma me lo sono immaginato o non è successo un ciuffolo?" avrà la risposta alla sua domanda.
Ad essere sincero, Paranormal Activity 4 non è un brutto film, è semplicemente al livello di tutti gli altri, anzi leggermente migliore del terzo. Non si inventanto più nulla e non hanno quasi più una storia da raccontare (forse non l'hanno mai avuta fin dall'inizio) ma non si fanno problemi, tanto in un modo o nell'altro ce la infilano la storia di Katie and co. . Ogni tanto assestano un bel colpo alla coronarie, ma parliamo di due scene a fronte di un intero film fatto di vuoto totale. Questa volta sono riusciti a usare una tecnologia moderna per aggiornare e modificare le solite tecniche di ripresa e di ripresa dei fenomeni paranormali (usano il Kinect che funziona sparando sensori cattura movimenti per tutta la stanza e se lo si riprende di notte, con visione infrarossi, si vede la stanza tutta disseminata di puntini. "Wow! Che figata ho scoperto! Ci faccio su un film!" avranno detto i due, ben due, registi) ma si tratta dell'unica innovazione, originale, ma l'unica.
In definitiva, se non siete sazi della saga, potete anche vedervelo, tanto non è così pessimo e qualche saltone sulla sedia lo provoca, ma se proprio non ne potete più meglio guardare V/H/S, e soprattutto il segmento The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger, da cui forse hanno rubacchiato un pò? Può darsi, non importa. A questo punto dobbiamo aspettarci un 5? Non è da escludere, tanto potrebbe andare avanti all'infinito, soli un incasso minore, causa Twilight, potrebbe scoraggiare i produttori.

domenica 24 giugno 2012

Take Shelter di Jeff Nichols


Nelle sale dal 29 giugno
Curtis (Michael Shannon) è un uomo fortunato, ha un buon lavoro nell'edilizia, una bellissima moglie (la sempre radiosa Jessica Chastain) e una figlia non udente che ha bisogno di un costoso apparecchio acustico, ma tutto scorre bene e i soldi non mancano.
La notte però è tormentato dagli incubi, il cielo si ammanta di strane nuvole e riversa sulla sua casa una pioggia giallognola, gli animali si comportano in modo bizzarro, e un gruppo di uomini in impermeabile cerca di rapire sua figlia. Sono solo sogni, ma con il tempo si fanno più intensi, Curtis si sveglia bagnato di urina e comincia ad avere visioni anche di giorno, è tormentato dagli attacchi di panico ma non ne parla a nessuno, forse per non mostrarsi vulnerabile o forse perché l'ombra della malattia di sua madre lo terrorizza. Fatto sta che i medici non sembrano capirlo e i farmaci perdono efficacia, così Curtis decide che c'è davvero una catastrofe naturale all'orizzonte e investe tutti i suoi soldi nella costruzione di un rifugio, arrivando a compromettere relazioni familiari e lavorative. Esiste davvero una minaccia o sta cercando solo di negare la sua malattia ?
Intrigante questo Take Shelter, un po' thriller soprannaturale, un po' dramma psicologico, ti attira dentro questa famiglia modello di persone normali con problemi normali, gente che va in chiesa tutte le domeniche e subito dopo cascasse il mondo deve spararsi un pranzo interminabile con tutta la parentela. E poi bam, arriva qualcosa che la sconvolge, i segreti, i soldi che finiscono, la mancanza di fiducia, Curtis inizia ad alienarsi tutti e a compromettere tutto, eppure nell'aria c'è sempre il dubbio, l'ombra di una malattia mentale che darebbe il colpo di grazia al nucleo famigliare o quella di una profezia che se si avverasse porterebbe un altro tipo di distruzione. E Nichols riesce a trasferire sulle immagini tutto il peso del dramma, la fotografia così calda e rassicurante nelle prime sequenze si fa sempre più lugubre durante gli incubi, dove i toni caldi si fondono al grigio soffocante delle nuvole e al giallo innaturale della pioggia creando un'atmosfera aliena e opprimente. E man mano che Curtis si chiude nella sua ossessione anche la realtà si fa più tetra, il cielo si ricopre di nuvole che però portano solo deboli temporali, quasi a volersi prendere gioco di lui, e gli spazi aperti vengono via via rimpiazzati da quelli chiusi degli studi psichiatrici, delle cliniche o del bunker in costruzione.
Michael Shannon contribuisce brillantemente con tutta la sua particolarissima presenza fisica. La fronte perennemente corrucciata, lo sguardo quasi animalesco e una stazza non indifferente danno al personaggio l'aspetto di un uomo imponente e sicuro di se reso però fragile dal dubbio e dall'incertezza, il classico giovanotto del sud tutto casa e lavoro che non può ammettere di essersela fatta addosso perché non si addice all'uomo di casa. Praticamente regge tutto il film su di se e se la sbriga benissimo.
Jessica Chastain come al solito è una presenza mistica, basta che stia in scena e per me è tutto più bello. Ma al di là del mio innamoramento, la sua interpretazione è un valore aggiunto in un film già di per se ottimo, ancora una volta riesce a dare genuinità e naturalezza al personaggio di una madre. Gran parte del coinvolgimento è dovuto proprio alla forte armonia tra lei e Shannon, insieme riescono a dar vita ad un nucleo familiare verso cui è difficile non provare empatia man mano che inizia a sgretolarsi.
Con questo tipo di storie il rischio di cadere nel grottesco o nel ridicolo è sempre forte, soprattutto quando si azzarda ulteriormente con un mix di generi apparentemente molto distanti, ma evidentemente Nichols sa quello che fa e lo sa fare molto bene, ad aiutarlo un cast in stato di grazia e una fotografia di gran classe. Sicuramente un regista da tenere d'occhio.



Intrinseco