Nelle sale dal 3 agosto.
Ogni volta che guardiamo un film western, è pressochè impossibile non paragonarlo a un qualsiasi capitolo della trilogia del dollaro di Sergio Leone. Questo vale per noi italiani e vale per una gran parte di cultori di cinema, John Ford permettendo. E alla fine, il western in questione, o se ne esce con le ossa rotta o strappa un pareggio d'oro. Insomma Leone ci ha abituato troppo bene, si diceva, ed ha quasi ammazzato un genere manco fosse uno dei suoi pistoleri.
La stessa considerazioni si può fare per i wuxiapian (per chi non lo sapesse dal cinese wuxia, eroe delle arti marziali, e paragonabile a un cappa e spada orientale) e Zhang Yimou. Dopo, guarda caso anche qui, la sua trilogia composta da Hero-La foresta dei pugnali-La città proibita, non solo ha ridato vita a un genere spettacolare e poco commerciabile all'estero, ma ha posato una pietra di paragone con cui chiunque prima o poi ci si deve confrontare.
John Woo, che non è l'ultimo arrivato, ma che da poco è tornato trionfalmente a Hong Kong, dopo la fortunata impresa (eh si, il termine non è esagerato) di La battaglia dei tre regni, ci riprova. Ma da buon generale stagionato rimane dietro le quinte e dirige e aiuta sapientemente la giovane recluta, Cho Bin Su, taiwanese, con una carriera non certo sfolgorante per ora.
Ogni volta che guardiamo un film western, è pressochè impossibile non paragonarlo a un qualsiasi capitolo della trilogia del dollaro di Sergio Leone. Questo vale per noi italiani e vale per una gran parte di cultori di cinema, John Ford permettendo. E alla fine, il western in questione, o se ne esce con le ossa rotta o strappa un pareggio d'oro. Insomma Leone ci ha abituato troppo bene, si diceva, ed ha quasi ammazzato un genere manco fosse uno dei suoi pistoleri.
La stessa considerazioni si può fare per i wuxiapian (per chi non lo sapesse dal cinese wuxia, eroe delle arti marziali, e paragonabile a un cappa e spada orientale) e Zhang Yimou. Dopo, guarda caso anche qui, la sua trilogia composta da Hero-La foresta dei pugnali-La città proibita, non solo ha ridato vita a un genere spettacolare e poco commerciabile all'estero, ma ha posato una pietra di paragone con cui chiunque prima o poi ci si deve confrontare.
John Woo, che non è l'ultimo arrivato, ma che da poco è tornato trionfalmente a Hong Kong, dopo la fortunata impresa (eh si, il termine non è esagerato) di La battaglia dei tre regni, ci riprova. Ma da buon generale stagionato rimane dietro le quinte e dirige e aiuta sapientemente la giovane recluta, Cho Bin Su, taiwanese, con una carriera non certo sfolgorante per ora.
E' vero è difficile capire dove finisce la mano di uno e inizia quella dell'altro, ma direi che il risultato finale è piuttosto buono al contrario di quello ottenuto dall'ex mentore, collega e amico di Woo, Tsui Hark con il suo recente Flying swords of dragon gate, un casino di effetti speciali più che una buona amalgama, dove a farla da regina era una spettacolarità spicciola e sintetica. Sarà stato l'uso del 3D che richiede una certa quantità di effetti o sarà stato il film in se, più storico che wuxia (come lo stesso La battaglia dei tre regni), ma Tsui Hark mancava pienamente l'obiettivo.
Infatti Woo pensa più a un wuxia terra terra, più simile ai classici, con tante acrobazie e tanto uso di cavi e trampolini. Di CGI non se ne vede traccia, se non in piccoli ritocchi. Persino i set sono completamente reali e toccabili con mano. Da questo punto di vista è quindi una grande vittoria, dall'altra, e qui torna l'impietoso paragone con Yimou, perde nell'incapacità di mostrare senza soffermarsi.
Yimou non ha bisogno di mostrarti alla perfezione una cosa, un movimento, un dettaglio. La sua coreografia e narrazione fluida gli permettono di piroettare via con una grazia sorprendente e allo stesso chiarissima. Woo o Cho Bin Su, deve invece soffermarsi brevi istanti sulla spada acqua sferzante o sugli aghi lanciati da uno dei temibili assassini (al quale dedica dei veri e propri fermo immagine). In un wuxia, in una coreografia perfetta, si preferirebbe andare spediti e armoniosi, piuttosto che fermarsi.
Però sono righe e righe che blatero e ancora non si sa di cosa. Bene, la trama dulcis in fundo. Tutto parte dal più classico dei McGuffin, la ricerca di un oggetto magico (in questo caso si tratta di una vera e propria salma divisa in due parti) che se recuperato dona incredibili poteri. Ma il punto non è questo, è appunto un semplice elemento trascinante, dinamico. Quello di cui si vuole parlare è altro, una killer efferata che cambia aspetto, letteralmente, dopo un operazione chirurgica e cerca di crearsi una nuova vita, normale, in pace. Si sposa, pensa a una famiglia, ma dal passato non si sfugge e la setta segreta di cui faceva parte, questa cacchio di Pietra nera, torna a farsi viva e minaccia la sua tranquillità, ma ancora di più quella dell'ignaro e innocente maritino.
Il cinema è pieno di questo genere di storie, e questa va poi a finire inesorabilmente nel revenge movie, bisogna semplicemente sapere come trattarla, gestirla. E qui ancora una volta pollice in su. Perchè quando la storia mostra i suoi primi colpi di scena, i suoi plot twist, tutto prende sapore e corpo. In effetti la sceneggiatura è molto più spettacolare dei combattimenti, comunque ottimamente coreografati, ed è il vero punto di forza del film.
In definitiva è un wuxia da non lasciarsi sfuggire che vede al centro l'eterna Michelle Yeoh, sempre agilissima e Woo-sung Jung, il nuovo idolo delle giovani cinesi. Se si riesce a non cercare paragoni con Yimou, si può godere di quasi due ore pregne di spettacolo e degna narrazione.
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