Nelle sale dal 25 ottobre.
Lorenzo è un ragazzino di 14 anni molto introverso e schivo. Uno psicologo, da cui realmente va, lo definirebbe uno con il sè grandioso, una sorta di snob che non considera gli altri al suo livello. Le uniche persone con cui è affettuoso e espansivo sono i suoi genitori e la nonna morente. Quando a scuola viene organizzata la classica settimana bianca, Lorenzo, non integrato con i compagni, decide di tenersi i soldi datigli dalla mamma per organizzarsi una settimana leggermente diversa. Compra merendine, bibite e succhi di frutta per sette giorni, sceglie due o tre libri dell'orrore e compra una ciabatta multipresa. Il giorno della partenza per la gita, lui si rintanerà nella cantina del suo condominio dove ha già organizzato tutto; la copia della chiave della porta, un letto con delle coperte e molte scuse da inventarsi quando la premurosa mammina avrebbe chiamato per sapere come va. Questo esiliovolontario e desiderato è ostacolato dall'arrivo di un ospite improvviso, la sorellastra Olivia, che non vedeva da quasi due anni e generalmente vista poco. Per vari motivi, diventa una settimana di convivenza.
Lorenzo fugge alla realtà perchè la ripudia. Anche quando deve rimanere forzatamente in classe o in gruppo, preferisce l'isolamento delle cuffie del lettore MP3 piuttosto che mescolarsi agli altri. Nelle sue fantasie c'è un'apocalisse dove rimane l'ultimo uomo rimasto sulla terra (oltre alla mamma, con cui, si, dovrebbe secondo lui, ripopolare la terra), quando decide di comprare un animaletto da compagnia sceglie un formicaio con i suoi abitanti ben inquadrati, in una vita compatta e strutturata con evidenti limiti spaziali.
Anche Olivia, di nove anni più vecchia, fugge dalla realtà. Lei però non usa un MP3 ma usa la cocaina e l'eroina. Da promettente fotografa è sprofondata in un mondo dove farebbe di tutto per una dose. Adesso l'evasione dalla realtà è per lei un obbligo e non un desiderio come per Lorenzo. La droga ha coronato quel suo sogno di diventare un muro, di fondersi con le pareti e diventare nulla, invisibile. Per entrambi quindi la cantina rappresenta una pausa dal mondo, una disintossicazione, vera o metaforica, per poi ripartire, forse, da un nuovo inizio.
Bertolucci reinterpreta Ammaniti. A dieci anni dal suo ultimo film, The Dreamers, un'assenza dovuta alla malattia che l'ha colpito, il maestro italiano torna alla regia e all'Italia, da cui mancava dal 1981. E lo fa trasponendo un romanzo breve di uno dei migliori scrittori italiani del momento e uno dei più "portati" al cinema. Lo reinterpreta perchè, sorte che tocca a qualsiasi libro, lo ritocca ampiamente, migliorandolo a volte e peggiorandolo altre volte.
Tutta la prima parte è estranea al racconto di Ammaniti (inizia al presente e torna indietro di dieci anni, ai tempi della storia), così come sembra un estraneo lo stesso Lorenzo bertolucciano. Se per lo scrittore, il ragazzino è sempre avvolto in una bolla da cui non esce mai e poi mai, a parte per una partita di calcetto dove comunque preferisce fare il portiere, lontano dal gioco e dai compagni, per il regista, è estroverso in alcune occasioni, come quando importuna il commesso del negozio di animali. Risulta difficile quindi capire al meglio la psicologia e cosa c'è nella testolina di Lorenzo nel film, e così capire a pieno la sua scelta di chiudersi nella cantina. Insomma, è un analisi piuttosto frettolosa.
E per una volta non ci si può nascondere dietro a un libro che può permettersi più spazio e quindi più analisi introspettiva, perchè Ammaniti in poche pagine delle sole 100 totali del libro, traccia un profilo degno di uno psicologo esperto, mentre, piccolo esempio, Bertolucci si sbarazza di tutti i passaggi in cui viene sottolineato questo legame troppo attaccato di Lorenzo con la mamma, con un solo dialogo dove si accenna a un rapporto incestuoso, come detto prima. Il perchè di questa "pecca" si potrebbe rintracciare nell'altra figura su schermo, Olivia, la quale diventa la vera protagonista superando in volata il nostro Lorenzo.
Bertolucci, vicino ai giovani e alle figure femminili, predilige dare più spazio alla sorellastra tossicodipendente e ai suoi discorsi sulla vita piuttosto che allo schivo e taciturno ragazzino e questo nonostante lei rimanga su schermo molto poco rispetto al fratello.
La reclusione sembra essere un tema caro sia allo scrittore (il Filippo di Io non ho paura, rapito e segregato) che al regista, quasi sempre volontaria per il secondo (anche "i sognatori" del film precedente si isolavano da una società e un periodo storico che credevano di conoscere, e Ultimo tango a Parigi o L'Assedio) ma positiva, portatrice di speranza, come fosse un passaggio obbligatorio da attraversare. Ed è questo il miglior cambiamento apportato dal regista all'opera su carta, oltre a molte altre piccole cose (dalla vacanza tra amici a una vacanza di classe, la prima cosa che mi viene in mente).
In definitiva il nuovo film di Bertolucci sembra un racconto breve, un "piccolo" film, quasi una parentesi, ma un film che sentiva e voleva fare (addirittura in 3D all'inizio). Purtroppo non convince a pieno, ne chi ha già letto il libro ne chi entra nella cantina per la prima volta. Gli manca un approfondimento e un avvicinamento più marcato ai personaggi che doveva essere il pilastro fondamentale. Rimane tuttavia un buon film con un ottimo finale, un super comparto sonoro dove troneggia la bellissima Space Oddity di David Bowie riadattata in italiano da Mogol, e due bravissimi interpreti (Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, entrambi al debutto) come punti forti, anche se la maggior parte dei pregi attribuibigli vanno inesorabilmente diretti ad Ammaniti.
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