Nelle sale dal 29 novembre.
Pitch Black, l'uomo nero, è tornato
dopo essere stato sconfitto al termine dei “secoli bui”, quando
diffondeva ovunque terrore ed incubi. Ad abbatterlo furono Babbo
Natale, Calmoniglio (il coniglio pasquale), la Fatina dei denti e
Sandman, i 4 guardiani, che adesso hanno bisogno di un quinto
elemento per fronteggiare la minaccia incombente. L'uomo della Luna,
un'entità astratta, suggerisce allora a Babbo Natale di reclutare lo
scapestrato Jack Frost, spirito del ghiaccio sconosciuto ai più che
non riesce a farsi vedere dagli umani perché nessuno crede in lui.
Diretto dall'esordiente Peter Ramsey e
doppiato da un cast di star hollywoodiane di prim'ordine come Chris
Pine, Jude Law, Hugh Jackman e chi più ne ha più ne metta, Le 5
Leggende impone l'ennesima riflessione sul modo di fare cinema di
Dreamworks e sul confronto con quello dell'eterna rivale sul campo
dell'animazione in computer grafica, Pixar.
L'outsider, l'emarginato é sempre al
centro dei film di entrambi gli studios, ma sono evidenti le
differenze tra le declinazioni dello stesso topos. Prendiamo ad
esempio proprio Jack Frost: pettinatura emo, pose plastiche, un
visino adorabile, felpa con cappuccio e jeans alla moda e un fare
spavaldo da vero duro; l'emarginazione dalla serie A dei guardiani,
l'invisibilità agli occhi dei bambini, paiono quasi motivi di vanto
piuttosto che di imbarazzo o ragione di goffaggini e disagi
assortiti.
Si diceva su questi lidi, in
riferimento a Biancaneve e Il cacciatore, hai gioco facile a fare
innamorare Biancaneve del cacciatore se questo é interpretato dal
sex symbol Chris Hemsworth, anticonformista dei miei stivali!
Appunto, Jack Frost é un figo poco credibile nel ruolo di un
outsider che finisce per stonare e per rompere l'empatia.
Più dell'evidente abisso nella
caratterizzazione, sia visiva che contestuale, di personaggi e
situazioni, più della vittoria delle idee e del colto citazionismo
sulla facile comicità slapstick e sul cavalcare le mode (qualcuno
c'ha visto, giustamente, parallelismi con The Avengers) la ragione
principale per cui Pixar é rock e Dreamworks spesso e volentieri non
lo é sta proprio nella rappresentazione e nella credibilità
dell'emarginato.
Inutile rimarcare in questa sede le
lapalissiane caratteristiche che rendono i personaggi Pixar veri
outsider, piuttosto proviamo a spiegare cos'altro funziona e non ne
Le 5 leggende.
Apprezzabile il fatto che siano state
rispettate le origini dei guardiani nella tradizione popolare, specie
il Babbo Natale russo al quale é riservato il momento migliore del
film, una deliziosa metafora raccontata per mezzo di una matrioska.
Se dal punto di vista visivo la
pellicola é un gioia per gli occhi è anche grazie al contributo tecnico di uno dei migliori direttori alla fotografia in
circolazione, Roger Deakins, così come si sente in un paio di
sequenze squisitamente dark l'influenza del produttore esecutivo
Guillermo del Toro.
Purtroppo però, l'idea alla base del
plot, tutto sommato suggestiva, meritava una scrittura migliore,
specie per quanto riguarda un background praticamente inesistente:
non bastano 2 battute in croce su eventi passati a dare l'impressione
che quel mondo esista anche al di fuori, nel tempo e nello spazio,
della vicenda narrata nel film. Ciò si traduce in una generale
mancanza di mordente e superficialità imperante, il che rende ancora
più inspiegabile il didascalismo estremo e ridondante.
Alla fine della fiera , Le 5 leggende è
un film lontano dalla mediocrità di altre pellicole della Dreamworks
come Madagascar o La gang del bosco, ma ugualmente distante dai
titoli migliori, Dragon Trainer e Shrek su tutti, in primis per il
discorso in apertura, ed è un peccato viste le professionalità in
ballo e il l'idea di partenza. Un film d'animazione trascurabile in
un anno sottotono e decisamente poco interessante per il genere.
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