mercoledì 5 dicembre 2012

Le 5 Leggende di Peter Ramsey


Nelle sale dal 29 novembre.
Pitch Black, l'uomo nero, è tornato dopo essere stato sconfitto al termine dei “secoli bui”, quando diffondeva ovunque terrore ed incubi. Ad abbatterlo furono Babbo Natale, Calmoniglio (il coniglio pasquale), la Fatina dei denti e Sandman, i 4 guardiani, che adesso hanno bisogno di un quinto elemento per fronteggiare la minaccia incombente. L'uomo della Luna, un'entità astratta, suggerisce allora a Babbo Natale di reclutare lo scapestrato Jack Frost, spirito del ghiaccio sconosciuto ai più che non riesce a farsi vedere dagli umani perché nessuno crede in lui.
Diretto dall'esordiente Peter Ramsey e doppiato da un cast di star hollywoodiane di prim'ordine come Chris Pine, Jude Law, Hugh Jackman e chi più ne ha più ne metta, Le 5 Leggende impone l'ennesima riflessione sul modo di fare cinema di Dreamworks e sul confronto con quello dell'eterna rivale sul campo dell'animazione in computer grafica, Pixar.
L'outsider, l'emarginato é sempre al centro dei film di entrambi gli studios, ma sono evidenti le differenze tra le declinazioni dello stesso topos. Prendiamo ad esempio proprio Jack Frost: pettinatura emo, pose plastiche, un visino adorabile, felpa con cappuccio e jeans alla moda e un fare spavaldo da vero duro; l'emarginazione dalla serie A dei guardiani, l'invisibilità agli occhi dei bambini, paiono quasi motivi di vanto piuttosto che di imbarazzo o ragione di goffaggini e disagi assortiti.
Si diceva su questi lidi, in riferimento a Biancaneve e Il cacciatore, hai gioco facile a fare innamorare Biancaneve del cacciatore se questo é interpretato dal sex symbol Chris Hemsworth, anticonformista dei miei stivali! Appunto, Jack Frost é un figo poco credibile nel ruolo di un outsider che finisce per stonare e per rompere l'empatia.
Più dell'evidente abisso nella caratterizzazione, sia visiva che contestuale, di personaggi e situazioni, più della vittoria delle idee e del colto citazionismo sulla facile comicità slapstick e sul cavalcare le mode (qualcuno c'ha visto, giustamente, parallelismi con The Avengers) la ragione principale per cui Pixar é rock e Dreamworks spesso e volentieri non lo é sta proprio nella rappresentazione e nella credibilità dell'emarginato.
Inutile rimarcare in questa sede le lapalissiane caratteristiche che rendono i personaggi Pixar veri outsider, piuttosto proviamo a spiegare cos'altro funziona e non ne Le 5 leggende.
Apprezzabile il fatto che siano state rispettate le origini dei guardiani nella tradizione popolare, specie il Babbo Natale russo al quale é riservato il momento migliore del film, una deliziosa metafora raccontata per mezzo di una matrioska.
Se dal punto di vista visivo la pellicola é un gioia per gli occhi è anche grazie al contributo tecnico di uno dei migliori direttori alla fotografia in circolazione, Roger Deakins, così come si sente in un paio di sequenze squisitamente dark l'influenza del produttore esecutivo Guillermo del Toro. 
Purtroppo però, l'idea alla base del plot, tutto sommato suggestiva, meritava una scrittura migliore, specie per quanto riguarda un background praticamente inesistente: non bastano 2 battute in croce su eventi passati a dare l'impressione che quel mondo esista anche al di fuori, nel tempo e nello spazio, della vicenda narrata nel film. Ciò si traduce in una generale mancanza di mordente e superficialità imperante, il che rende ancora più inspiegabile il didascalismo estremo e ridondante.
Alla fine della fiera , Le 5 leggende è un film lontano dalla mediocrità di altre pellicole della Dreamworks come Madagascar o La gang del bosco, ma ugualmente distante dai titoli migliori, Dragon Trainer e Shrek su tutti, in primis per il discorso in apertura, ed è un peccato viste le professionalità in ballo e il l'idea di partenza. Un film d'animazione trascurabile in un anno sottotono e decisamente poco interessante per il genere.  

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