mercoledì 30 gennaio 2013

Looper di Rian Johnson



In sala dal 31 gennaio.

A dispetto di quanto lasci pensare il gran numero di pellicole sull'argomento, i viaggi del tempo sono una materia difficile da trattare al cinema. Sia che li si affronti con fare scanzonato come in Ritorno al Futuro che con toni più seriosi, come in Terminator, il rischio di incombere in paradossi e incoerenze assortite è sempre altissimo, ma ancor più alto è il rischio di scontentare il saputello in sala con il ditino pronto ad alzarsi alla benché minima sensazione di buchi di sceneggiatura.
Il plot di Looper è molto semplice: nel 2074 verrà scoperto e immediatamente dichiarato fuorilegge il viaggio del tempo; tuttavia, le associazioni criminali troveranno il modo di utilizzarlo per compiere omicidi altrimenti impossibilitati dai moderni strumenti di indagine, mandando indietro di 30 anni la vittima che sarà giustiziata da killer detti Looper, così chiamati perché, dopo un certo numero di omicidi si vedono recapitare il proprio io dal futuro insieme a una cospicua quantità di lingotti d'oro per vivere 30 anni da nababbi. Qualcosa va storto quando Joe lascia scappare il suo doppio invecchiato, intenzionato a uccidere il bambino che da grande diventerà lo spietato boss Rainmaker.
Il regista e sceneggiatore Rian Johnson, già autore del drammatico Brick e del caper movie inedito in italia The Brothers Bloom sapeva che, perché il giocattolo funzionasse a dovere, era fondamentale che almeno un paio di componenti fossero oliati alla perfezione: innanzitutto, le “ristrettezze economiche” imposte dal budget di produzione (30 milioni di dollari) non permettevano lo sfoggio di sfarzosi effetti speciali. Inevitabile dunque la scelta di ambientare quasi per intero il film nel “presente”, un 2044 sporco, distopico, dove il divario tra ricchezza e povertà è netto e c'è giusto qualche elemento, una moto avveniristica o un nuovo grattacielo qua e là, a suggerirci la distanza con i nostri tempi.
In tale contesto, Johnson ha la saggezza di realizzare un film d'azione ben ritmato e coinvolgente che fa il verso alla grande fantascienza, quella intelligente, che sapeva porre quesiti morali sulla realtà umana e che è andata diluendosi nel mare magnum di pellicole tutte identiche che si fregiano, senza criterio né rispetto, dell'appartenenza a un genere così nobile, mettendo in mostra mirabolanti e trasbordanti sequenze in computer grafica totalmente prive di contenuto. L'autore zittisce i sapientoni citati in apertura tramite un suggestivo espediente narrativo, che garantisce la persistenza della sospensione dell'incredulità, e sposta il focus della vicenda su questioni come il libero arbitrio e la possibilità di forgiare il proprio futuro senza condizionamenti o ancora sul fatto che gli intenti più nobili, mossi dai sentimenti più genuini e positivi come l'amore, possano tradursi in reiterate mostruosità.
Semmai vanno denunciate una certa freddezza di Nolaniana memoria, quella mancanza di trasporto e di empatia con cui il tutto viene gestito, e un didascalismo fin troppo evidente, che raggiunge il picco in una sequenza al tavolino di un bar che doveva essere una scena madre e che invece si risolve in uno spiegone lento e prolisso che fa precipitare il ritmo.
Non per colpa dei due attori protagonisti, sia chiaro: l'ottimo casting, altro elemento che doveva funzionare alla perfezione, è frutto della scelta della produzione di non mirare alla somiglianza somatica quanto piuttosto di costruirne una, reclutando due grandi attori e servendosi delle moderne tecniche di trucco prostetico. Joseph Gordon Levitt interpreta il Bruce Willis cinematografico, quello che abbiamo imparato ad amare in anni e anni di onorata carriera, senza scimmiottarlo ma mettendoci anche del proprio e rispolverando la serafica indifferenza caratteristica del personaggio interpretato in Inception. Buonissimi anche gli interpreti dei personaggi di contorno, in primis un trasandato e cattivissimo Jeff Daniels e il piccolo inquietante Pierce Gagnon, già visto nel remake de La Città verrà disturtta all'alba.

Looper è un film divertente e ben orchestrato, per merito di una regia certosina, di una sceneggiatura intelligente, che ha il coraggio di osare e che tratteggia personaggi ambigui e privi di scrupoli, e di un cast in stato di grazia. Una pellicola, basata su un'idea semplice, ben lontana dalla faciloneria della fantascienza odierna, che non lascia spazio allo sfruttamento seriale essendo perfettamente autoconclusiva, ma che soffre di momenti didascalici troppo consistenti per essere trascurabili, e che aveva fortemente bisogno di essere realizzata leggermente più di pancia che di testa. Senza dubbio sentiremo ancora parlare di Rian Johnson, un autore che ha dimostrato ampiamente di avere il talento e la poliedricità necessarie per sfondare.

1 commento:

  1. Non vedo l'ora di vederlo. Da quando ho letto che l'idea è frutto di pomeriggi passati a leggere Philip Dick, m'è salito un certo hype.

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