Nelle sale dal 31 gennaio
Da quando ho letto il romanzo qualche anno fa, ho sempre
fantasticato su un adattamento cinematografico dei Miserabili in mano
ad un regista di talento, qualcuno in grado di sfruttare l'enorme
potenziale scenografico di un'opera così imponente. Basta pensare
alle pagine sulla battaglia di Waterloo, o la descrizione della
Parigi di inizio '800, sconvolta dalle sommosse e percorsa dalle
barricate.
Quindi quando hanno annunciato l'adattamento diretto da Tom
Hooper, che non è certo uno sprovveduto, il sogno si è avverato,
almeno per qualche minuto, perché purtroppo (per me) subito dopo
hanno anche specificato che si sarebbe trattato di un musical, forse
l'unico genere che mi crea ancora qualche problema.
Ma passiamo alla lezione di letteratura. I Miserabili di Victor
Hugo viene pubblicato nel 1862 dopo una genesi di quasi vent'anni. Ad
oggi è uno dei romanzi più celebri e letti della storia, e
naturalmente è stato soggetto, o più spesso vittima, di vari
adattamenti cinematografici, ben dodici dal 1925 a oggi, senza
contare la mini serie televisiva con Gérard Depardieu.
Il musical invece è tutta un'altra storia: la sua prima
incarnazione nasce a Parigi nel 1980 con musiche di Claude-Michel
Schonberg e testi di Alain Boublil. Fiutato l'affare, Cameron
Mackintosh ne produce subito una versione inglese che va in scena nel
West End di Londra con testi di Herbert Kretzmer. Dopo un successo
enorme, lo spettacolo sbarca anche a Broadway e nel resto del mondo,
portando a casa una tonnellata di Tony Awards e diventando uno dei
musical più rappresentati di sempre. Lo stesso Mackintosh comincia
subito a pensare ad una versione cinematografica, che dopo quasi
vent'anni diventa finalmente realtà.
La trama è quella del romanzo, e se ci fosse qualche sprovveduto
che ancora non la conosce eccola qui: dopo il furto di un tozzo di
pane Jean Valjean (Hugh Jackman) viene condannato a cinque anni di
lavori forzati, che diventano 19 dopo diversi tentativi di evasione.
Riottenuta finalmente la libertà nel 1815, Jean è costretto
nuovamente a rubare ma viene riportato sulla retta via da Monsignor
Myriel (Colm Wilkinson, il primo a interpretare Jean Valjean nel musical teatrale) che gli offre la prospettiva di una nuova vita, così Jean
diventa Monsieur Madelaine, sindaco di Montreuil sur Mer. Dopo aver
salvato la prostituta Fantine (Anne Hathaway) dalla prigione, le
promette di adottare sua figlia Cosette (Amanda Seyfried) per
offrirle una vita migliore, ma la donna muore e Jean è costretto a
fuggire insieme alla ragazza perché l'incorruttibile ispettore
Javert (Russel Crowe) si è messo sulle sue tracce. I due vivranno
una vita di clandestinità che li porterà a Parigi proprio nel bel
mezzo dei moti del 1832.
Un musical quindi, e con la m maiuscola. Ben 158 minuti in cui
tutti i personaggi, dai protagonisti alle comparse, comunicano solo
ed esclusivamente attraverso il canto. Una precisazione forse
superflua, ma per me che conosco i musical solo attraverso il cinema
è stata una vera e propria sorpresa scoprire che anche le brevissime
battute di raccordo tra una canzone e l'altra sono cantate.
Ma dopo un iniziale disorientamento mi rendo conto che la cosa non
mi dispiace per niente, e anzi, la preferisco di gran lunga alla
forma cinematografica a cui sono abituato, ovvero quella che prevede
un alternarsi di canzoni e normalissimi dialoghi. In questo modo
infatti il “flusso musicale” rimane continuo e non si ha mai la
sensazione di ascoltare canzoni inserite più o meno bene all'interno
di una narrazione convenzionale. Eh lo so, ci arrivo tardi, ma alla
fine ci arrivo.
Altro vantaggio della forma musicale è che permette di raccontare
l'intero romanzo senza troppi tagli, inserendo dialoghi e voci
narranti in una sequenza cantata che esaurisce interi capitoli. Anche
qui ribadisco l'ovvio, lo so, ma gli adattamenti del romanzo hanno
sempre dovuto tagliare brutalmente intere parti della toria per
rientrare in una durata tollerabile ai più, mentre invece questo Les
Misérables è quasi riuscito nell'impresa. Ovviamente mancano tutti
gli approfondimenti storici che Hugo aveva disseminato qua e là nel
testo, ma mi rendo conto che in un musical sarebbero stati
tremendamente fuori posto, anche se una bella sequenza per Waterloo
non l'avrei schifata per niente. Per il resto le ellissi non
infastidiscono troppo, tranne forse quella trasformazione di Jean
Valjean in Monsieur Madeleine, che a chi non ha letto il romanzo
potrebbe sembrare un po' repentina. Altre invece vengono risolte in
modo elegantissimo, come quel primo piano su Gavroche nella scena
delle barricate, che lascia intuire velatamente l'esistenza di un
legame tra lui ed Eponine.
Per quanto riguarda le singole canzoni preferisco non entrare
nello specifico visto che sono un profano, quindi mi limito a dire
che il livello generale è molto buono, ma a bocce ferme le canzoni
che mi sono ritrovato a canticchiare sono sicuramente quelle corali.
Oltre alla mascolina “Look Down” che apre il film in modo
veramente spettacolare, ci sono le divertentissime “At the end of
the day” e “Lovely Lady” che coinvolgono un grande numero di
comparse e sono molto ben coreografate. In particolare mi ha colpito
il forte contrasto tra l'allegria del ritmo e la malinconia del testo
di "Lovely Lady", che guarda caso funge un po' da preludio alla
struggente “I Dreamed a Dream”, interpretata da una devastata
Anne Hathaway, probabilmente la migliore del gruppo, almeno dal punto
di vista canoro. Anche Hugh Jackman non se la sbriga affatto male,
magari non sarà un cantante professionista ma le sue interpretazioni
sono sempre molto coinvolte e coinvolgenti, fisicamente poi è un
ottimo Jean Valjean.
Russel Crowe è quello verso cui nutrivo più dubbi, e credo valga
un po' per tutti, ma superato il primo sconcertante impatto ci si
rende conto che non è un completo disastro, la monotonia della sua
voce va a nozze con l'impassibilità del personaggio e la fisicità è
quella giusta, eppure non so perché ma è quello del mazzo che
convince meno.
E' giusto citare anche Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen
nel ruolo dei coniugi Thenardier, protagonisti di vari siparietti
tragicomici che stemperano un po' l'atmosfera. Spassosi ma non
abbastanza, sembra quasi che tra i due non ci sia il giusto feeling,
e Cohen sembra molto meno a suo agio con il canto di quanto lo era in
Sweeney Todd.
Messe da parte musiche e canzoni, che erano già belle e pronte
nel musical originale, resta uno degli aspetti di maggiore interesse,
la regia di Tom Hooper, ottima sia nelle interpretazioni corali di
cui parlavo prima, dove la macchina da presa svolazza sulla folla con
gru e panoramiche che sono anche l'occasione per ammirare le
scenografie pazzesche, sia negli assoli, in cui è quasi sempre
incollata ai primi piani degli attori, mostrando un punto di vista
sull'interpretazione che il teatro non è in grado di offrire.
Bellissima da questo punto di vista la scena dell'assolo ("Valjean's
Soliloquy”) di Jean Valjean dopo il salvataggio da parte di
Monsignor Myriel, meno quelle dell'ultima parte del film, dove quasi
dispiace che il punto di vista non si sposti sulle incredibili
scenografie delle barricate e dei vicoli parigini. Una regia che
ricorda tanto quella di Il Discorso del Re, dove la macchina da presa
tendeva a chiudersi molto sui personaggi, magari a loro volta
rinchiusi in interni dai soffitti altissimi e dalle pareti scrostate.
Tirando le somme, Les Miserables è un film fisicamente e
psicologicamente impegnativo, almeno per me che ho sviluppato una
forte intolleranza verso il musical. Ma è anche una sorpresa, perché
in un certo senso questa intolleranza me l'ha fatta superare, quasi.
Se non altro perché dietro quelle musiche scorreva un film
visivamente e tecnicamente colossale, con un mare di comparse
coreografate alla perfezione, delle scenografie imponentissime e
curate nei minimi dettagli anche per scene di pochissime inquadrature
e naturalmente una regia in grado di valorizzare tutto,
dall'interpretazione del singolo alle affollatissime scene di massa.
Bella recensione, mi fa piacere che questo film sia piaciuto così tanto anche ad un "profano" del genere musical.
RispondiEliminaFaccio solo un piccolo appunto: Hugh Jackman non è che sia proprio digiuno di teatro. Ha iniziato a far musical quando ancora non aveva la barba, ed ha vinto svariati premi per diversi ruoli. :)
Grazie!
EliminaEcco perché è così bravo. Una bella prova, almeno metà del film si regge sulle sue spalle. Di riflesso però colpiscono molto anche le interpretazioni di chi ha avuto poco a che fare con teatro e musical, come Russell Crowe e Anne Hathaway, o anche loro hanno qualche precedente ?
Qualche tempo fa lessi un articolo sulle esperienze canore dei vari attori...solo che non riesco a ritrovarlo :( In ogni caso l'articolo diceva che anche Russel Crowe e Anne Hataway non sono degli sprovveduti. Se mi ricordo bene Crowe cantava in un gruppo musicale però...
RispondiEliminaWikipedia dice: "Crowe began his performing career as a musician in the mid-1980s, under guidance from his good friend Tom Sharplin, when he performed as a rock and roll revivalist, under the stage name "Russ Le Roq"
e a quanto pare ha fatto pure del teatro quando era in Australia
Finalmente un film in grado di sorprendermi!!!
RispondiEliminaFantastico! Sin dall'inizio i personaggi mettono il turbo e ti trascinano in una storia bellissima cantando come se fosse per loro la cosa più naturale del mondo esprimersi in quel modo. Sono uscito dalla sala estasiato, niente da dire.
Lo attendevo da tempo, e non mi ha deluso nemmeno un po'. Il libro in sé è una mia grandissima lacuna che mi porto dietro da tempo (lo conosco ed in parte anche studiato, ma purtroppo devo ancora leggerlo interamente... Rimedierò a breve), ma ho un debole per i musical, in particolare proprio per quelli corali e "colossali" come questo. Ho apprezzato moltissimo ogni cosa, e concordo pressoché su tutto. Ha stupito anche me Crowe, magari un po' monocorde, ma si sposa bene a mio parere con un personaggio tutto d'un pezzo come Javert.
RispondiEliminaMi ha colpito la forte espressività che tutti gli attori sono stati in grado di donare ai propri personaggi tramite il proprio viso, nei lunghi primi piani durante le canzoni. Per raggiungere certi acuti o altre note viene naturale mostrare delle smorfie "strane", eppure loro le controllano benissimo. Un lavorone pazzesco...
Soddisfattissimo, lo attendo con ansia in BD.