domenica 27 ottobre 2013

La vita di Adele di Abdellatif Kechiche

Nelle sale dal 24 ottobre
Palma d'Oro al Festival di Cannes 2013

Premiato a Cannes con la Palma d'Oro, che per la prima volta nella storia è stata consegnata anche alle due attrici protagoniste, La Vie d'Adele di Abdelatif Kechiche è la libera trasposizione di Le Bleu est une couleur chaude, graphic novel firmata da Julie Maroh e a sua volta vincitrice di diversi premi. A partire dal titolo, Kechiche sposta tutta l'attenzione (sua e dello spettatore) sulla protagonista della storia, Adele, interpretata guardacaso da Adele Exarchopoulos, una ragazza diciassettenne all'ultimo anno del liceo, ancora disorientata ma allo stesso tempo con le idee chiarissime. Un pomeriggio, proprio mentre raggiunge il luogo del suo primo appuntamento con un ragazzo, intravede una giovane donna con i capelli blu, Emma (Lea Seydoux), ed è subito amore a prima vista. Nonostante le differenze, nell'età e in un'infinità di altre cose, Adele ed Emma sono destinate a stare insieme.
La vie d'Adele, e immagino anche la graphic novel, è per molti versi la più classica delle storie d'amore. Lo spunto in questo caso viene offerto da La vita di Marianne, l'imponente romanzo incompleto di Pierre de Marivaux che la classe di Adele sta analizzando, e che, in maniera quasi profetica, anticipa l'incontro con Emma (e non solo, basti pensare all'idea di predestinazione, o al finale sospeso), un colpo di fulmine che si potrebbe quasi definire anti drammatico, rappresentato come la brusca scoperta di un vuoto da colmare, uno scambio di sguardi che lascia Adele completamente intontita. E tale rimarrà, quasi posseduta da una presenza che torna a manifestarsi fisicamente soltanto dopo un'ora di film, perché La vie d'Adele, prima che una storia d'amore, è un racconto di formazione, un'epopea di tre ore in cui assistiamo alla crescita di un personaggio estremamente normale, per certi aspetti addirittura banale (la cioccolata contro la depressione).
A fare la differenza è lo sguardo di Kechiche, la regia letteralmente incollata ai volti di tutti i suoi personaggi, ma soprattutto a quello di Adele. Con questo punto di vista così intimo, di lei impariamo a conoscere tutto fin dalla primissima inquadratura, il modo disordinato di camminare tirandosi su i pantaloni, i capelli perennemente spettinati, il naso sempre colante, asciugato con le mani o vittima di scaccolamenti accuratissimi. E poi la sua bocca, incisivi sporgenti e labbro sollevato, quando non è sporca di sugo è schiacciata contro il materasso, spalancata e bagnata dalla saliva. La bocca è il centro di tutto per Adele (ma anche per Kechiche), la usa per dare piacere ma prima di tutto per riceverlo, e riceverlo per lei significa ingurgitare la vita un boccone dopo l'altro, assaggiare di tutto e provare ogni esperienza, anche gli odiatissimi frutti di mare, che crescendo imparerà ad amare come tutte le altre cose. E tra queste cose naturalmente c'è il sesso con Emma, quelle poche e tanto discusse scene di sesso che il regista spia sempre con lo stesso sguardo, ravvicinato ma non troppo, per cogliere nella loro interezza quei due bellissimi corpi botticelliani, intrecciati e tremanti di piacere (momenti che fanno tornare in mente Un sapore di ruggine e ossa). 


Come afferma uno degli intellettuali da salotto alla festa di Emma, il sesso per le donne è un'esperienza mistica, e se in generale la frase suona tanto come un clichè, per le due protagoniste sembra essere davvero così. Quando i loro corpi si chiudono in cerchio mentre si danno piacere l'una con l'altra, diventano quasi una cosa sola, si completano, o meglio, Emma completa Adele, che diventando un'amante più esperta inizia anche a crescere come donna, o almeno ad essere un po' meno bambina di prima (e viene da chiedersi se il film e certe scene avrebbero avuto lo stesso significato e la stessa forza se al posto di una coppia di lesbiche ci fosse stata una coppia eterosessuale. Sicuramente avrebbe fatto parlare meno)
Insomma si, La vita di Adele è una storia d'amore molto convenzionale (ma le storie d'amore vere non lo sono quasi sempre ?), per quanto mi riguarda non credo si tratti di un capolavoro e probabilmente nemmeno del miglior film di Cannes (me ne manca ancora qualcuno), ma è una storia piena di vita, appassionata e appassionante, che ci concede uno sguardo intimo e ravvicinato sull'esistenza di questi personaggi, per camminare appiccicati a loro e respirarli a pieni polmoni, proprio come fanno Emma e Adele.

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