"Django!/ Django, now your love has gone away. /Once you loved her, whoa-oh... /Now you've lost her, whoa-oh-oh-oh.../But you've lost her for-ever, Django". Louis Bacalov featuring Rocky Roberts.
Gli inglesi hanno
James Bond, i giapponesi
Godzilla, gli americani ...bè loro ne hanno anche troppi, i francesi hanno Angelica e molti altri, gli italiani hanno Django. Numericamente -ovvero per numero di capitoli dedicatigli- non ha rivali. Qualunque pessimo regista ci ha provato, qualunque pessimo attore o macchietta ce lo ritroverete dentro, qualsiasi pessimo sceneggiatore ha voluto dire la sua. E così Django è cresciuto e ha varcato i confini italiani per finire persino nell'estremo oriente ed oggi nell'America di Tarantino.
Quanti Django esistono? Difficile dirlo, sono come la muffa, ma in questo speciale tenteremo di ritrovarli tutti, persino i suoi cugini di terzo grado e persino quelli in cui non c'è Django.
"-E in principio fu Corbucci".
1966, in Italia è scoppiata una moda, un caso, un genere. Da ormai due anni Sergio Leone ha dato il la allo spaghetti western -facendo subito uscire i suoi film da questa denominazione-, termine dato dagli americani, ovvero il western all'italiana. E' un genere semplice; non servono molti soldi, non servono grandi attori e la sceneggiatura si può scrivere in poche ore. Eppure il pubblico ne va pazzo e ne chiede sempre più.
Il western all'italiana è molto diverso da quello americano d'epoca, ormai antico. Effettivamente è più brutto e più sporco, meno fine ma è proprio questo il suo fascino. Però appunto, dovete dimenticare Leone e la sua trilogia del dollaro perchè dobbiamo scendere in un universo sconosciuto e tetro da cui non è facile fare ritorno, fatto di registi svogliati, paesaggi spagnoli e parecchi litigi oltre che mille versioni diverse riguardo qualsiasi scena. Ognuno ha il suo ricordo e guai dire il contrario.