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venerdì 21 settembre 2012

Filmbuster(d)s - Episodio #13

Sogno o son desto? 2 episodi del podcast di cinema namber uan in una settimana? Ebbene si, come promesso dovevamo farci perdonare dei problemi tecnici del precedente episodio, eccovi quindi il tredicesimo episodio di Filmbuster(d)s, tutto dedicato ai 2 film del momento: il fresco vincitore del Leone d'Oro, Pietà di Kim Ki-duk, e l'oggetto di feroci discussioni sull'Internet, Prometheus di Ridley Scott.
In coda, dopo i saluti, una discussione più approfondita sulla trama piena zeppa di spoiler. Uomo avvisato...

Nel 13° episodio di Filmbuster(d)s:


[00:04:30]Pietà di Kim Ki-duk
[00:26:20]Prometheus di Ridley Scott
[01:06:30]L'angolo della posta
[01:21:32]SPOILER Prometheus




Potete ascoltare l'episodio al link diretto al file MP3 (per scaricarlo basta cliccare col destro e poi "Salva link con nome"): Clicca qui

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domenica 16 settembre 2012

Prometheus di Ridley Scott

Nelle sale dal 14 settembre
Dopo mesi di attesa, quando l'uscita del blu ray è ormai imminente (11 ottobre per chi fosse interessato) e il film è stato scaricato in tutte le forme possibili dagli spettatori italiani più impazienti, Prometheus arriva finalmente anche nelle sale nostrane (anche in 3D, ma questa recensione si riferisce alla versione 2D) e l'accoglienza non è proprio delle migliori.
Pianeta sconosciuto, data sconosciuta, una creatura umanoide con le fattezze di una statua in stile art deco ingerisce uno strano liquido scuro e si decompone all'ombra di una gigantesca nave spaziale.
Anno 2089, nelle Highlands scozzesi l'archeologa Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) e il suo compagno Charlie Holloway (Logan Marshall Green, ma io sono ancora convinto che sia Tom Hardy) scoprono l'ultima di una serie di pitture rupestri raffiguranti esseri umani in adorazione davanti a delle figure gigantesche che indicano una costellazione sconosciuta, forse un invito a comunicare da parte dei creatori della razza umana.
Dopo l'ennesimo brusco salto, ritroviamo i due archeologi a bordo della nave spaziale Prometheus, in una spedizione scientifica finanziata dal defunto Peter Weyland che ha l'obiettivo di raggiungere il sistema solare di cui sopra per mettersi in contatto con questi misteriosi “ingegneri”. A bordo insieme a loro ci sono la gelida Meredith Vickers (Charlize Theron), il comandante Janek (Idris Elba) un gruppetto di militari e scienziati, e David (Michael Fassbender) l'androide platinato ossessionato dal film Lawrence D'arabia, che ha l'incarico di decodificare la lingua aliena a partire da quelle terrestri. Naturalmente le cose andranno nel peggiore dei modi, dopotutto si tratta di un prequel alla saga di Alien.
Una responsabilità non da poco, e un fattore che sicuramente avrà pesantemente influenzato il giudizio di molti, eppure Ridley Scott ci ha tenuto fin da subito a dichiarare che Prometheus non è da considerare semplicemente come un prequel del suo Alien, ma come qualcosa che a partire dal film del 1979 (sfruttandone anche la popolarità, perché no) cerca di intraprendere una direzione nuova e diversa, e personalmente ritengo che almeno in parte ci sia riuscito. E' vero, le strizzatine d'occhio e i riferimenti alla saga originale abbondano, e le trame sono innegabilmente intrecciate, ma, considerando che questo Prometheus si pone come incipit di una nuova saga, mi piace interpretarlo come un trampolino di lancio verso il futuro e un congedo dal passato, un modo per avvicinarsi allo spettatore con qualcosa di familiare per poi portarlo altrove e sviluppare qualcosa di più personale. E questo secondo me si fa ancora più evidente nel finale, che, salvo svolte impreviste nei prossimi capitoli, ho voluto provvisoriamente leggere come un addio di Scott alla “sua” stessa creatura, insomma lo xenomorpho l'avete visto, qualche idea sulle sue origini ve la sarete fatta, lo sfizio ve lo siete tolto, adesso fatemi fare qualcosa di differente.
E io a Ridley Scott un po' di fiducia glie la voglio dare, prima di tutto perché Prometheus è un'autentica goduria per gli occhi, tecnicamente maestoso, e in secondo luogo perché è riuscito a farmi sentire piccolo piccolo con le sue astronavi mastodontiche e con le sue creature misteriose e imponenti, che creano e distruggono la vita per ragioni del tutto sconosciute, o forse per ragioni che l'uomo potrebbe trovare estremamente banali e deludenti, come ci ricorda il diabolico David. La casualità per esempio, il corpo in decomposizione di una creatura aliena che inaspettatamente genera la vita nelle acque di un pianeta disabitato.
Sicuramente non è un film esente da difetti, la parte introduttiva per esempio è un po' tagliata con l'accetta, con quelle due false partenze che non danno modo di assaporare come si deve l'impatto della primissima scena. E poi ci sono tutta una serie di problemi che iniziano a farsi sentire nella seconda parte, quando si entra nella fase più concitata della narrazione, insomma i soliti cliché, le solite disattenzioni, i soliti improbabili diversivi comici che non fanno ridere più nessuno e devastano l'atmosfera, eppure non è così difficile mantenere la sospensione dell'incredulità in mezzo al precipitare degli eventi, dove tutti sembrano perdere il controllo tranne l'enigmatico David, androide senz'anima che forse senz'anima non è. Alla fine se ne esce più che sazi, con la giusta dose di curiosità per ciò che c'è ancora da dire, e, cosa abbastanza rara, senza sentirsi in qualche modo truffati per ciò che ancora non è stato detto.


Ah giusto, qualcosa sul cast...
Noomi Rapace rossa mi conturba ancora di più.

venerdì 3 agosto 2012

L'immondo Profondo #8: Dan O'Bannon Parte 2

Dove eravamo rimasti ? Ah giusto, Dark Star trova un distributore, Carpenter si prende tutto il merito del progetto e O'Bannon rimane con un pugno di mosche. Dopo aver smaltito l'incazzatura però l'artista non rimane con le mani in mano e inizia subito a lavorare su una nuova sceneggiatura, e ancora una volta sceglie un soggetto fantascientifico.
Mi piace pensare che la decisione non sia casuale, forse O'Bannon ha ancora in mente l'idea originale alla base di Dark Star, ovvero quella storia fantascientifica a cui aveva lavorato con John Carpenter e che con il tempo si è trasformata in una parodia a basso budget. O forse, e questa è la possibilità più intrigante, sta cercando di rifarsi della delusione economica e personale di Dark Star; tirando fuori una sceneggiatura geniale dimostrerà agli altri e a se stesso di non avere niente da invidiare a Carpenter, e soprattutto attraverso il suo talento potrà provare che Dark Star è anche farina del suo sacco. Insomma il giocanotto vuole soddisfazione, e si può dire che in un certo senso se la sia presa, perché come vi ho anticipato nella prima parte lo script in questione è quello di Alien di Ridley Scott. Il ragazzo che in Dark Star aveva creato un alieno con un pallone da spiaggia e un po' di vernice è lo stesso che ha contrinuito a creare una delle creature più celebri dell'immaginario horror.
Dan O'bannon e Hans Ruedi Giger
Contribuito perché come sicuramente saprete il design del terribile xenomorfo è stato ideato da Hans Ruedi Giger ma Dan O'Bannon ci ha comunque messo lo zampino. Secondo quanto racconta in varie interviste fu infatti lui a proporre alla Fox di affidare il lavoro all'artista svizzero, la casa di produzione però non prese la cosa troppo seriamente e così O'Bannon fu costretto a contattarlo personamente e a pagarlo di tasca propria per realizzare dei disegni dimostrativi per il design dell'alieno. Sempre secondo le sue dichiarazioni, qualche tempo dopo ricevette una telefonata dalle autorità doganali dell'aeroporto di Los Angeles che lo contattavano riguardo ad una busta indirizzata a lui contenente “illustrazioni pornografiche”. La pornografia in questione erano i primi schizzi del celeberrimo facehugger, evidentemente abbastanza impressionanti da far cambiare idea alla Fox. Giger venne subito coinvolto nel progetto e visto che si dedicò immediatamente alla realizzazione dello xenomorfo fu proprio O'Bannon a rifinire il facehugger secondo le richieste di Ridley Scott.
Ma facciamo un salto indietro di 14 anni e qualche migliaio di chilometri, siamo in Italia nel 1965 e al cinema sta per uscire Terrore nello spazio (Planet of the Vampires in America), il primo e unico film fantascientifico diretto da Mario Bava. La trama si ispira vagamente al racconto breve Una notte di 21 ore di Renato Pestriniero (Bava come O'Bannon è un voracissimo lettore di racconti fantascientifici), e secondo molti ha a sua volta ispirato la sceneggiatura di Alien.
Effettivamente i punti in comune sono numerosi e abbastanza evidenti, piuttosto che elencarveli preferisco farvi un breve riassunto della trama, sperando così di mettervi un po' di curiosità:
L'artigianalissimo Terrore nello spazio
Due astronavi, la Argos e la Galyot, atterrano su un pianeta sconosciuto completamente ricoperto di nebbia (ovviamente i mezzi a disposizione del regista sono limitatissimi, ma non si scappa, la morfologia del pianeta è quella) attirate da un segnale radio indecifrabile (in Alien era una richiesta di soccorso), ma durante la discesa i membri dei due equipaggi perdono i sensi e, quando si risvegliano, iniziano ad uccidersi l'un l'altro senza motivo. L'equipaggio della Argos viene però salvato dall'intervento del capitano (Barry Sullivan) che è riuscito a rimanere cosciente durante la discesa, ma il deflettore di meteore della nave, indispensabile per viaggiare nello spazio, è andato distrutto. Così i superstiti devono raggiungere la nave gemella per recuperare pezzi di ricambio e ripartire, ma improvvisamente i soldati caduti tornano in vita e iniziano ad uccidere.
Dopo poche scene i protagonisti realizzano che i morti resuscitati sono in realtà posseduti da forme di vita aliene incorporee che possono sopravvivere solo all'interno di un ospite (anche qui è difficile non notare una grossa somiglianza, qui si tratta di entità eteree che si appropriano di un corpo, in Alien una creatura si serve di un ospite per completare la sua fase embrionale). Ad un certo punto del film scopriamo anche che questi parassiti avevano già attirato altre vittime sul pianeta, e infatti i protagonisti si imbattono in una nave aliena popolata da scheletri giganteschi che ricordano parecchio lo space jockey (per i non addetti: il gigantesco cadavere alieno che vediamo all'inizio di Alien).
Chi vi ricorda ?
Ho parlato di ispirazione ma si può tranquillamente dire che Alien sia una versione riveduta e corretta del film di Bava, un Terrore nello spazio ad alto budget con tutte le conseguenze del caso, ma queste forme di “ispirazione” sono piuttosto frequenti nel mondo del cinema, l'importante non sono tanto le idee quanto più il modo in cui queste idee vengono utilizzate, o'bannon e Scott comunque dichiararono di non aver mai visto Terrore nello spazio. Resta solo il dubbio su cosa avrebbe potuto fare uno come Mario Bava se avesse avuto gli stessi mezzi a disposizione, ma di questo magari si potrebbe parlare in una delle prossime rubriche.
Tornando a O'Bannon, con Alien arriva finalmente il colpaccio che tanto aspettava e che gli permette di diventare a tutti gli effetti uno sceneggiatore hollywoodiano, negli anni successivi collabora alla realizzazione degli altri episodi della saga degli xenomorfi, compresi i terrificanti Alien vs Predator, e tra le varie cose scrive film come Tuono Blu, Atto di forza, Screamers – Urla dallo spazio, Hemoglobin e Space Vampires.
Nel 1985 scrive e dirige il suo primo film, Il ritorno dei morti viventi, a metà tra horror e parodia romeriana. I fatti di La notte dei morti viventi sono realmente accaduti, ma Romero (anzi, “quello lì” come lo chiamano i protagonisti) ha dovuto cambiare e ridimensionare la storia dopo aver ricevuto pressioni dall'esercito. I morti viventi sono stati incapsulati e spediti in varie località, alcune delle capsule però sono andate perdute e alcune sono finite proprio nel magazzino di materiale sanitario in cui lavorano i protagonisti. Ovviamente i due liberano inavvertitamente uno dei morti viventi provocando la solita inarrestabile reazione a catena che farà risvegliare tutti gli abitanti del vicino cimitero. E qui sta l'innovazione di O'Bannon, i suoi zombie corrono (ma forse il primato spetta a quella chiavica di Fragasso o al Lenzi di Incubo sulla città contaminata, anche se in questo caso non si tratta di veri e propri zombie) non possono essere uccisi con un colpo in testa (anche ridurli in pezzi serve a poco) e sopratutto parlano, anzi, si lamentano di quanto è terribile essere morti e di quanto sia necessario mangiare cervelli per placare la loro tremenda agonia. Uno stranissimo mix di humor e dramma insomma, e secondo me questa citazione vale più di mille parole:

-Hai mai pensato a quanti modi ci sarebbero per morire in maniera violenta ? Oppure Spider, hai mai pensato a quale sarebbe la morte più atroce ?
-Ma io a morire non ci penso per niente.
-Secondo me il modo peggiore sarebbe circondata da vecchiacci, che mi mordono... mi sbranano... mi mangiano viva...
-Si, e poi ?
-Prima mi strappano i vestiti...
-Hey, portate qua le torce, Trash ci fa un altro spogliarello...

Nel 1992 fa un secondo tentativo alla regia con The Resurrected, ispirato ad un racconto di H.P. Lovecraft, ma i produttori gli tolgono il film dalle mani e lo completano con scene che lui aveva precedentemente deciso di tagliare. La cosa lo tormenterà per anni e contribuirà a peggiorare le sue condizioni fisiche e psicologiche, verrà colpito da varie infezioni intestinali che i conoscenti attribuiranno ad una grave forma di ipocondria. Dopo la sua morte, avvenuta il 17 settembre 2009, la moglie rivelerà che O'Bannon soffriva del morbo di Crohn da quasi 30 anni.


giovedì 26 luglio 2012

L'immondo profondo #7: Dan O'Bannon Parte 1


Magari molti di voi lo conosceranno già molto bene, ad altri il suo nome farà suonare qualche campanello, altri ancora probabilmente non ne hanno mai sentito parlare, fatto sta che Dan O'Bannon tra le tante cose è stato anche lo sceneggiatore di Alien, motivo per cui si merita un posticino di riguardo nella storia del cinema e un piccolo spazio in questa rubrica. Più che parlarvi degli anni di Alien però preferisco fare una piccola panoramica sulla sua vita, perché la prima parte della sua carriera da un certo punto di vista è ancora più interessante.
Dan O'Bannon nasce a St. Louis nel Missouri il 30 settembre 1946, da bambino passa il tempo a divorare racconti fantascientifici e fumetti horror, e probabilmente sono proprio quelle storie ad influenzare lui come tanti altri registi della sua generazione. Queste letture sono un forte impulso per la sua creatività e Dan sviluppa molto presto un interesse per la scrittura e per il modellismo, passioni che a loro volta lo spingono ad intraprendere una carriera nel mondo dell'arte. Prima studia disegno e pittura alla Washington University e poi viene ammesso alla University of Southern California, e qui avviene il fatidico incontro con il destino; Dan stringe subito amicizia con un compagno di corso appassionato di cinema che un giorno gli propone di recitare in un progetto cinematografico da presentare come esame finale. Dan accetta, ma pretende di partecipare anche alla stesura della sceneggiatura e alla realizzazione degli effetti speciali. Il compagno accetta e i due studenti si mettono subito al lavoro su una sceneggiatura fantascientifica, la storia che avevano in mente però si trasforma molto presto in qualcosa di completamente diverso, una sorta di parodia della fantascienza cinematografica classica. Il progetto si intitola Dark Star e il giovanotto in questione si chiama John Carpenter.
I due studenti squattrinati faticano sempre di più a mettere insieme i soldi necessari per il set e le altre spese, così quello che doveva essere un progetto a breve termine si trascina per più di quattro anni. Quando il mediometraggio è finalmente completato Dan festeggia tagliandosi i lunghi capelli, ma per ironia della sorte poco dopo si fa avanti un investitore che si offre di finanziare il progetto affinché diventi un lungometraggio. I due studenti si rimettono a lavoro e Dan finisce di girare le sue scene con una bella parrucca.
Nel 1974 Dark Star arriva addirittura nelle sale cinematografiche ma il risultato è molto deludente, forse perché viene pubblicizzato come una normale pellicola fantascientifica mentre in realtà è un prodotto particolarissimo che riesce ad omaggiare contemporaneamente due capolavori di Stanley Kubrick piuttosto diversi, 2001 Odissea nello spazio e Il Dottor Stranamore. E qui apro una doverosa parentesi per consigliarvi il film in questione, divertente e particolarissimo, non dovrebbe nemmeno essere troppo difficile da trovare.
A questo punto si verifica un'altra svolta importantissima, dopo quattro anni di convivenza e collaborazione i due amici si separano. Anzi, secondo la versione di O'Bannon è Carpenter a tagliare definitivamente i ponti per prendersi tutto il merito del progetto, e lo fa con una telefonata.
Ora, permettetemi di sollevare le giuste perplessità: non dico che Carpenter sia un santo e non nego che possa aver fatto il furbacchione, però queste sono pur sempre le accuse di un ragazzo che ha visto un amico arrivare ad Hollywood molto prima di lui, e leggendo le interviste di O'Bannon è difficile non captare un po' di condivisibilissima invidia. E poi diciamo le cose come stanno, O'Bannon avrà anche scritto la sceneggiatura di Alien, ma Carpenter è Carpenter, e a me basta uno solo dei suoi film a giustificare un gesto da infame come questo, ammesso che sia mai accaduto.

Ecco questa doveva essere un'introduzione ma mi sono dilungato abbastanza, quindi mi lascia la parte più succulenta per la prossima volta. Si parlerà sempre di Dan O'Bannon ma anche di Il ritorno dei morti viventi, Alien, Hans Ruedi Giger e Mario Bava.