Quinta regia per John Turturro, di ritorno in patria dopo la gitarella a Napoli per il suo Passione, il docufilm sulla canzone napoletana. Dopo qualche dramma e l'apice raggiunto con la commedia romantica Romance & Cigarettes, ritorna al genere comico, lui che in questo campo ha un vero talento, come dimostrano i suoi tanti film con i fratelli Coen. E non lo fa da solo, si porta dietro un amico concittadino, il re della commedia americana della seconda metà del '900, Woody Allen, nuovamente attore dopo la breve comparsata nel francese Paris Manhattan. Una coppia tutta che prometteva scintille, in una commedia tipicamente newyorksese, tipicamente alleniana sotto molti aspetti e con un cast di belle attrici come Sharon Stone, Vanessa Paradis e Sofia Vergara tutte clienti da soddisfare per il magnaccia Allen e il prostituto Turturro. Era legittimo avere grandi aspettative, era legittimo andare al cinema per farsi due belle risate e invece niente, una bella delusione moscissima.
Woody Allen è un libraio disoccupato, con la sua attività chiusa a causa della crisi economica.
Murray (Allen) un giorno ascolta per caso una conversazione della sua dottoressa che cerca uomini per fare una cosa a tre con una sua amica, così coglie la palla al balzo e propone il suo amico Fioravante (Turturro), il classico uomo ideale di tutte le donne non proprio più giovanissime; elettricista, idraulico, fioraio, un esperto tuttofare insomma, nonché italiano, quindi esperto amatore (una fama che dobbiamo tramandare). Murray organizza gli incontri e Fioravante incontra e soddisfa le clienti. Gli affari vanno alla grande fino a quando non arriva una cliente particolare, Avigal, una donna ebrea, vedova da un paio d'anni, che si attira le attenzioni di Dovi una guardia di quartiere innamorata di lei, insospettito da questo via vai di donne sorridenti e rilassate.
Una bella idea che rimane sulla carta, tanti buoni spunti, una sinossi che conquista subito ma poco di più ai noi. Gigolò per caso è a tutti gli effetti una commedia mal riuscita. Dal punto di vista del ritmo rasenta la morte, un'ecogramma piatto, e il ritmo, non dovrei neanche dirlo, è essenziale in un film comico (basti vedere l'ultimo schizofrenico di Wes Anderson, Grand Budapest Hotel di Wes Anderson). Il montaggio è fiacco o perennemente in ritardo, lasciando troppo spazio tra una inquadratura o una sequenza e l'altra e creando così buchi e tempi morti imbarazzanti. I dialoghi sono privi di mordente e sono serviti abbastanza male, mentre le battute semplicemente non ci sono. Persino Woody Allen, che fa sempre Woody Allen e fa dell'improvvisazione, vera o simulata, un'arte, si ritrova a disagio e incapace di colpirci con una delle sue battute. C'è solo una scena, quando gli ortodossi prelevano Allen, che fa ridere, per il resto si è impassibili o annoiati.
E dire che per molti aspetti si tratta di una tipica commedia alleniana, a partire dalle musiche jazz, dagli attori feticcio (Max Casella, Bob Balaban per dirne due), dalla religione, qui argomento principe, fino ai tradimenti amorosi. Si ha la sensazione che sia un film che Allen ha scritto e poi ha buttato via subito, perchè non convinto e ripreso in mano da qualcun'altro. Manca la sua verve e la sua genialità.
Semplicemente è un film spento. Peccato perchè per il resto non è neanche male e tira fuori argomenti interessanti, come la condizione della donna all'interno della religione ebraica, i rapporti amorosi/il sesso quando si è raggiunta una certa età. Tutto sprecato.
Insomma, con grande dispiacere ampiamente sconsigliato, persino per una visione home video comodi comodi sul divano.
Nessun commento:
Posta un commento