Questo è il classico film che a scatola apertissima (letta la trama visto il trailer, lette varie info a riguardo, notato le musiche e la frasi) avrei evitato più che volentieri. Siamo dalle parti del: già visto, teen-problems-movie, molta filosofia e canzoni pop. Poi complici buone recensioni e basta, mi sono deciso.
Noi siamo infinito, o per ora meglio conosciuto come The perks of being a wallflower (i vantaggi di essere tapezzeria, letteralmente, ovvero essere nascosti, non notabili dal gruppo, dalla massa) ha come protagonista Charlie, un adolescente molto problematico. Introverso, schivo, con un amico che si è appena tolto la vita sparandosi alla tempia (ma la cosa non viene molto approfondita e ci torno) e con diversi problemi psicologici, è pero molto intelligente e ragazzo modello. Si ritrova però davanti a una missione impossibile; sta per iniziare il liceo, ovvero 1300 giorni e spicci di totale follia, paura e disagio. Per fortuna incontra presto un ripetente impenitente, Patrick, divertententissimo, omosessuale e maltrattato da tutti, e sua sorellastra, Sam, molto carina, uno spirito libero e con un passato da semi zoccola.
Grazie a questi outsiders, e alla cerchia di loro amici di cui fanno parte fan dei vampiri, strafattoni e punkettone-buddhiste, il tempo al liceo passa più facilmente e per la prima volta nella sua vita, Charlie, inizia ad avere degli amici, ad andare alle feste, a provare le droghe, leggere eh, l'alcol, a provare la prima cotta e a divertirsi come un comune teen ager della sua età. Persino le sue malattie scompaiono. Ai lui però, i suoi amici sono tutti all'ultimo anno e lo abbandoneranno presto. Reggerà? Sopratutto anche quando un altro problema del passato riaffiorerà?
The perks of... è un libro di Chboski -no, l'ho scritto giusto, giuro- del 1999 che ottenne ai tempi un grande successo. E' il classico libro che, se letto da un ragazzo nella giusta fase della sua vita e nel giusto mood, può cambiargli la vita o accompagnarlo per un tratto di essa. Adesso Chboski ha deciso di farne un film e a differenza di tanti grandi scrittori e di tanti ottimi libri, è riuscito lui stesso a imporsi con gli studios e a dirigerlo lui, nonostante sia alla sua prima regia.
Primo problema. Il romanzo è in forma epistolare. Lo evinciamo da alcuni passaggi iniziali dove Charlie legge-scrive delle lettere a un amico ipotetico in cui gli fa un quadro della situazione. Questo è il primo grande pregio del film. Lascia una traccia della forma cartacea, ma, ovviamente, siamo al cinema, usa un metodo diverso, senza però far perdere forza e vigore alle sue parole e alle sue immagini nella trasposizione su pellicola. Non male per uno che non è un totale neofita.
Secondo pregio è quello di creare un ambiente scolastico-adolescenziale molto realistico e credibile. E' vero, c'è il bullo, la stronza, i punk, il secchione, ovvero delle figure straabusate al cinema, ma è anche vero che dopotutto sono quelli gli elementi presenti in ogni scuola del mondo.
I personaggi che escono, aiutati dalle ottime interpretazioni, salvo una, sono in primo luogo molto reliable, sinceri, e in secondo luogo trascinanti. Sono diversi, da Sam a Patrick a Charlie ma anche Brad e Mary Elizabeth, ma sono tutti ben scritti e ben approfonditi. Il confine tra il solito personaggio da teen movie e tra un buon personaggio da teen movie è molto labile ma quando si sconfina nel secondo, di solito si nota. Come qui. Sembra quindi di essere tornati ai tempi di John Hughes, ma in chiave molto dark. E qui serve approfondire.
I film di Hughes erano così ma molto più felici. Ma erano gli anni 80. Qui siamo negli anni 90, l'epoca della generazione X, della musica grunge di Seattle (echeggia nello sfondo) e del dolore giovanile. Non era tutti yeah! come Molly Ringwald o Andrew McCarthy. E questa è l'unica, seppur sostanziale differenza tra Perks e gli Hughes, tanto che ad un certo punti mi aspettavo di vedere una comparsata della Molly come madre (ma non come quella della Teenager americana).
Altro pregio ancora è quello di trattare temi scottanti come l'omosessualità, durante quell'età, l'abuso, la solitudine, la depressione e un altra cosa che non posso dire, con un certo tatto e una certa leggerezza, se mi si passa il termine. Senza finire nello sdolcinato o il patetico o peggio ancora il predicatorio, riesce a divincolarsela con molta delicatezza e tenerezza senza dimenticarsi una pesante vena di tristezza.
E' un film con personaggi e con un anima molto giovane, molto fresca. Riesce a rapirti coi suoi personaggi e con i suoi racconti, senza ammorbarti o annoiarti. Come una chiacchierata con un amico che può iniziare con lui che ha mille problemi ma che finisce inevitabilmente con tante risate nel mezzo, perchè è così che deve essere la vita.
Vabbè, passo a qualche difettino. Penso che Charlie, che in fin dei conti è si protagonista ma in un film che è anche molto ma molto corale, sia ben caratterizzato. Purtroppo, quando deve cedere il palcoscenico, e diventa quindi quella tappezzeria del titolo, perde un pò di qualità la sua essenza. E così per renderlo un pò più appetibile, cosa di cui non ha bisogno, Charlie deve essere quello che è, quello che ho descritto, ci si gioca un paio di volte la carta dell'ironia causata da biscotti alla marijuana o acidi, che abbassano un pò il livello. Inoltre non mi è piaciuta molto la gestione della scoperta del trauma della sua infanzia, non vado oltre, e dell'amico suicidato. Charlie ha dei problemi e questi sono causati da queste due cose, ma rimangono sullo sfondo e/o quando vengono a galla sono trattati velocemente. Ho detto prima che ho gradito il clima leggero e non ammorbante, ma quando ce vò, ce vò. Sennò sembra che Charlie g'ha ma' di bali, come diciamo dalle mie parti, cioè si lamenta per niente. Eh insomma, l'empatia per Charlie quindi, sia per questi motivi sia per la coralità del film, va a intermittenza.
Concludo con gli attori e tralascio una regia scolastica ma pulita. Grandissima prova di tutti e evidente segnale di una alchimia di gruppo fortissima. C'è divertimento e c'è molto coinvolgimento, anche con lo spettatore. Tutto merito, o quasi, di Ezra Miller (Patrick) semplicemente travolgente. Un tornado che sconquassa tutti ma anche molto bravo nelle sequenze più serie e riflessive.
Molto bene Logan Lerman (Charlie) anche se quando te lo ricordi in Percy Jackson, ci ripensi... Se la cava meglio all'inizio e tende a scemare ma è notevole comunque. Male, ma non malissimo, Emma Watson e qui mi fulminerete. A me piace tanto ma nelle sue due prove (qui e Marilyn) post HP, non se l'è cavata benissimo. Come Hermione era bravissima, d'altronde c'è cresciuta con quel personaggio, ma altrove, la sua recitazione sembra sempre che abbia appena sentito una battuta di cattivo gusto: rigida, occhi stretti, bocca semi aperta e storta. Qui doveva essere un animo libero ma tende a essere un pò troppo rigidina, anche se nella scena del ballo da salotto da il meglio di se. Ecco se riuscisse a essere sempre così spigliata sarebbe davvero brava.
Bravo Paul Rudd come professore d'inglese à la Detachment (e vince contro Brody seppur con soli 10 minuti di scena), incredibile notare Tom Savini che fa il prof di falegnameria e altra protagonista è la musica, anche se io sono lontano da quel tipo di musica e l'ho notata molto poco (ecco la scena in cui sentono Heroes di Bowie in galleria, dove viene proferito il titolo italiano. Bella, visivamente e concettualmente, poi rende anche l'idea dell'epoca pre internet quando lei dice "che bella canzone ma cos'è?". Si, ma come, Heroes? Dai siete esperti di musica e non la conoscete?).
In definitiva, Noi siamo infinito, è un ottimo film sull'adolscenza, trattata con molto tatto e delicatezza, con un cast fenomenale. Certamente vale una visione quando uscirà in Italia.
Ne hai dato un giudizio positivo che condivido.
RispondiEliminaLa divergenza è sull'interpretazione della Watson.
A me è piaciuta in due momenti in particolare: quando Charlie le parla dell'amico suicida e quando riceve il 45 giri dei Beatles.
Non so, ma solo con lo sguardo riesce a trasmettere la miriade di sentimenti di quel momento
Eh a me sembra sempre rigida. Vero, quelle due scene che citi sono da annoverare tra i momenti buoni della sua prestazione, però complessivamente - e soprattutto leggendo che tipo di personaggio è Sam nel romanzo, e quindi nel film- mi ha un pò deluso. Si farà, ma spero vivamente torni coi capelli lunghi.
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