Speciale Oscar 2013.
Candidato agli Oscar 2013 nella categoria Miglior film straniero. In uscita in Italia: probabilmente direttamente per l'home video, non c'è ancora una data.
Candidato agli Oscar 2013 nella categoria Miglior film straniero. In uscita in Italia: probabilmente direttamente per l'home video, non c'è ancora una data.
Kon Tiki ci riprova. Era il lontano 1950 quando Thor Heyerdahl portava a casa il primo (seguito solo da un secondo nel 2007 per un corto animato) premio Oscar nella storia della Norvegia per il miglior documentario. Una vera e propria impresa ma nulla in confronto a ciò che il documentario raccontava. Ovvero la spedizione di Heyerdahl stesso, insieme a un equipaggio di amici e colleghi, dal Perù alla Polinesia. Niente di che direte no? Ma soprattutto che senso ha un tale viaggio? Tutto iniziò nel 1946 quando il nostro Thor, in viaggio/ricerca con la moglie in Polinesia, si rese conto di qualche incongruenza nella flora locale.
Perchè un giorno si trovò in mano un'ananas, frutto tipicamente dell'america del sud. In principio non gli diede peso ma dopo una chiacchierata con un capo tribu, il dubbio e la curiosità aumentarono. L'indigeno gli raccontò che secondo le credenze del suo popolo, l'antico dio del sole Kon (in lingua Inca), arrivò nella Polinesia da est, e non da ovest, ovvero dall'India, come si è sempre creduto. Ma a est non c'è niente per migliaia di kilometri, fino a che non si arriva in sudamerica, dopo aver percorso un intero oceano contro corrente. Se tanto mi da tanto... Heyerdahl iniziò a unire i pezzi e teorizzò che l'originaria popolazione della Polinesia provenisse dal Perù.Propose il suo trattato sull'argomento a diverse riviste e musei americani ma nessuno era particolarmente interessato. Era una teoria strampalata e surreale. Ma il nostro antropologo ne era convinto e l'unico modo per convincere anche gli altri era fare lui stesso quello che migliaia di anni prima fecero altri. Si recò in Perù quindi e costruì una zattera enorme, seguendo scrupolosamente le regole che avrebbero usato gli antichi seguaci del dio Kon per costruire un'imbarcazione. Solo legna, qualche filo e una tela a fungere da vela. L'unico apparecchio "hi-tech" sarebbe stato una radio di bordo per tenere collegato l'equipaggio con la terra ferma e i pochi finanziatori. Il 28 aprile 1947 partì da Callao alla volta dei numerosi atolli e arcipelaghi del sud Asia. Un impresa folle e scriteriata con una percentuale di fallimento e morte altissima.
Altro che un viaggio "spirituale" a bordo di una bagnarola con una tigre come sola compagnia, questa è la vera vita! Eh si è l'anno delle zattere e dell'acqua (The Impossible conferma) ma al contrario dei loro protagonisti difficilmente li vederemo trionfare tra una settimana.
Un film del genere si scrive da solo. Ha tutto quello che serve per trasformarsi in un successone: la storia vera, l'epicità, paesaggi da mozzare il fiato e molto rischio per tenere lo spettatore sempre rigido sulla seggiolina. Stranamente nessun americano ha mai pensato di mettere mano sopra a questa storia orgogliosamente norvegese (già portata in tv negli anni 70).
E direi per fortuna perchè, benchè ogni tanto il duo di registi cada in trappola dei classici cliches di genere, il risultato finale è un ottimo film di intrattenimento senza troppe esagerazioni e senza quei classici personaggi costruiti a tavolino con frasi fatti, gesta eroiche e qualche cromosoma in meno quando più conta.
Come detto ogni tanto casca nel già fastidiosamente visto, come se fosse obbligatorio mettere le classiche scenette, a mò di punti cardine per lo spettatore medio che sennò non riconosce il genere del film. L'action ha le sue, l'horror idem, l'avventuroso esotico anche. Dopotutto anche il background famigliare di Thor è stantio (seppur sincero) eppure è gestito e amalgamato in maniera più corretta e sopportabile.
Il ritmo è per l'intera durata sostenuto anche durante gli interminabili giorni di nulla a bordo del Kon Tiki. Senza inventarsi escamotage poco credibili, la regia tiene attento e interessato lo spettatore. Il resto lo fa il bellissimo, seppur misero, paesaggio oceanico. Persino quando entrano in campo i famelici quanto prevedibili squali o quando la zattera incontra la barriera corallina, non ci si lascia andare ad un eccessiva spettacolarizzazione ma si rimane fedeli a una semplice narrazione dei fatti.
La Norvegia va quindi ad inserirsi tra quelle innumerevoli nazioni, capaci di fare una pellicola del genere e di mettere in piedi un comparto video, tra fotografia e computer grafica, di notevole effetto, grazie anche a un budget di 15-16 milioni di dollari, al contrario di noi italiani incapaci di fare qualcosa di diverso o di andare a pescare nella nostra Storia vicende come questa. Viene il dubbio (già espresso durante la recensione di The Impossible) che noi non abbiamo mai fatto nulla di interessante. Facciamo il film sui marò! In ogni caso, occhio che dopo la Svezia degli ultimi anni, sta uscendo forte in vasca 4 anche la Norvegia con degli ottimi film come Headhunters per fare un esempio.
Il cast, in almeno un paio di casi, farà felice il pubblico femminile che potrà godere dei pettorali scuoltorei e abbronzati di alcuni "marinai". E segnatevi il nome di Pål Sverre Valheim Hagen, non solo perchè è difficile da ricordare, ma anche perchè è il Ryan Gosoling norvegese. I due sono due gocce d'acqua. Nessuno dei due è un discreto attore ma tengono la scena discretamente. Non spegnete o abbandonate la sala prima della fine però, perchè passeranno su schermo le mini biografie dei protagonisti post Kon Tiki, tutta gente larger than life, come direbbero gli americani.
Come Heyerdahl seguì con il suo Kon Tiki, la tratta originale, anche Joachim Rønning e Espen Sandberg (Bandidas, il loro film più celebre) tentano di seguire le orme di Heyerdahl agli Oscar e di portarsi a casa una bella statuetta dorata. Purtroppo per quanto buono sia il loro film, quest'anno se la dovrà vedere con quel colosso insormontabile di Amour (candidato anche all'Oscar principale) di Michael Haneke. Detto questo Kon Tiki è un'appassionante lavoro con alle spalle una storia troppo bella e incredibile per non colpire. Non è un film che merita particolare elogi o riconoscimenti ma intrattiene, e a volte, questo basta e avanza.
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