Robert Bartleh Cummings nasce il 12
gennaio 1965 ad Haverhill, Massachussetts, dove i genitori
decideranno di trasferirsi in cerca di stabilità dopo una breve
carriera nell'ambiente dei luna park (pare che ad influire
pesantemente sulla decisione fu una violenta rivolta di clienti
truffati, sfociata poi in un incendio dei tendoni). Una stabilità
che al giovane Rob comincia presto a stare stretta, e da cui sfugge
attraverso la televisione e il cinema horror. Contrariamente a quello
che si potrebbe pensare, i suoi preferiti non sono i violentissimi
slasher contemporanei ma i classici del bianco e nero, tra cui
naturalmente spicca White Zombie di Victor Halperin con Bela
Lugosi (da noi L'isola degli zombies, 1932). Nei primi anni
'80 però fugge davvero e si iscrive alla Parsons School of Design di
New York, ma il suo rendimento è talmente scarso che viene espulso.
Negli anni successivi fa di tutto: fattorino in bicicletta, designer
delle rivista per adulti Celebrity Skin e assistente di produzione
alla CBS per lo show Pee Wee's Playhouse.
Nel frattempo si trasferisce a casa
dell'ex compagna di corso Shauna Reynolds e insieme formano la band
alternative/heavy metal White Zombie con i nomi Rob Straker e Sean
Yseult. Nel 1987 Rob cambia ufficialmente il suo cognome in Zombie e
la band si sposta a Los Angeles.
E' già un uomo che si è fatto da
solo, disegna i suoi stessi tatuaggi, scrive i testi, crea le
copertine dei dischi e comincia anche a girare i video delle canzoni.
Nel 1996 mette insieme una cover di I'm
your Boogeyman per la colonna sonora di The Crow: Salvation
(terzo capitolo della serie) e già che c'è realizza anche un video
musicale. Alla Miramax il risultato piace così tanto che decidono di
appioppargli l'intero film, regia e sceneggiatura, ma il progetto
resta fermo per due anni e Rob viene allontanato per divergenze
artistiche con la produzione, è il primo assaggio dello spietato
mondo di Hollywood.
Ma l'aspirante cineasta ha due buone
ragioni per non lamentarsi, una è sulla copertina del suo ultimo
album (Supersexy Swingin' Sounds)
e si chiama Sheri Serkis, meglio conosciuta come Sheri Moon, sua
fidanzata e go-go dancer nel tour della band. L'altra arriva nel
1998, quando Rob molla i White Zombie e inizia la sua carriera
musicale da solista ottenendo la libertà artistica che ha sempre
sognato. Una libertà che usa soprattutto per riversare e rielaborare
sul palco e nella realizzaione dei video-clip tutte le influenze
culturali che hanno nutrito la sua mente di adolescente, dalla musica
dei KISS e Alice Cooper, al cinema di Mario Bava e Roger Corman,
oltre naturalmente ai già citati monster movie classici. Il
risultato sono video musicali come Dragula (http://www.youtube.com/watch?v=EqQuihD0hoI),
un perfetto esempio di quello che sarà poi il suo stile
cinematografico, un pastiche onnivoro che ingurgita di tutto e lo
rigurgita sullo schermo con un gusto psichedelico e visionario fuori
dal tempo.
Il suo
talento si fa subito notare e Rob comincia a lavorare anche su
commissione, per esempio dirigendo video musicali per Ozzy Osbourne e
i Powerman 5000 (la band del fratello Mike) o realizzando un piccolo
spezzone allucinato per il film Beavis and Butthead do
America di Mike Judge. Insomma è
quasi all'apice della sua carriera, ma la musica è solo un
passatempo e forse un trampolino di lancio verso la sua vera
passione, il cinema dell'orrore. L'occasione d'oro si presenta quando
lui e Clive Barker vengono assunti dalla Universal per realizzare
un'attrazione a tema horror per gli Universal Studios. Ancora una
volta Rob riesce a rubare la scena, e la storica casa di produzione,
intravedendo dell'ottimo potenziale, lo invita a buttare giù qualche
idea per un film, e film fu, o quasi.
-La casa dei 1000
corpi (2003), ovvero Non aprite quella porta sotto LSD
I'll
fucking cut your tits off and shove 'em down
your throat!
Dopo
aver presentato un primo soggetto, Zombie si ritrova improvvisamente
con carta bianca e qualche milione di dollari in tasca. Il sogno si è
avverato, tra l'aprile e il maggio del 2000 può urlare "Azione!"
e dare il via alle riprese del suo primo lungometraggio, House
of 1000 Corpses.
Tutto
perfetto, ma la Universal in realtà non ha ancora capito con chi ha
a che fare. Zombie gira buona parte del film nella location
concordata (la stessa casa di Il più bel casino del Texas,
1982) ma di propria iniziativa si mette anche a realizzare alcune
scene nella cantina di casa sua, molte delle quali verranno
successivamente tagliate. Tutto è all'insegna dell'improvvisazione,
e ogni giorno la sceneggiatura viene più o meno radicalmente
modificata. L'altra terribile sorpresa che ha in serbo per i
produttori è il cast, costruito andando a pescare dai punti di
riferimento della sua formazione cinematografica: l'ormai celebre Sid
Haig, protagonista di diverse pellicole exploitation e blaxploitation
degli anni '70, come Coffy
e Foxy Brown (entrambe
con Pam Grier, che rincontrerà in Jackie Brown),
Karen Black, volto notissimo anche fuori dall'horror, e volti meno
noti come Tom Towles, l'Otis di Henry pioggia di sangue.
Insomma tutta una serie di maschere che vanno ad arricchire un
mosaico ricchissimo di citazioni, e ben in vista tra i freak la già
stupenda Sheri Moon, che nel frattempo era diventata la signora
Zombie.
Le riprese
terminano, e i produttori si ritrovano tra le mani qualcosa di
lontanissimo dall'idea che si erano fatti leggendo quel soggetto così
convenzionale. Ma il problema principale è la violenza, se uscisse
al cinema il film si beccherebbe sicuramente un rating molto alto,
così la Universal decide semplicemente di non distribuirlo, in
attesa che qualcun'altro se lo compri. E quel qualcuno è proprio Rob
Zombie, che si riappropria della sua creatura e la rivende alla MGM
cavandosi d'impaccio. Tutto sembra andare per il meglio, finché lo
stesso Zombie intervistato da Ben Affleck per MTV non dichiara che:
mentre la vecchia casa di produzione era troppo moralista, quella
nuova, per sua fortuna, non ha nessuna morale. Naturalmente la MGM lo
molla all'istante.
I mesi passano e
Rob continua a lavorare incessantemente al montaggio, finché nell'agosto del 2002 non si
fa avanti la Lions Gate che compra la pellicola e la fa arrivare nelle sale
l'11 aprile del 2003, ben tre anni dopo la fine delle riprese.
Ma parliamo
finalmente del film:
Durante un viaggio
attraverso l'America alla ricerca delle più strane leggende locali,
quattro ragazzi (tra cui spicca un giovane Rainn Wilson) si imbattono
nel museo del macabro del Capitano Spaulding (un colossale Sid Haig).
In realtà il museo è solo una pompa di benzina con annesso tunnel
dell'orrore, ma almeno scoprono che la leggenda locale è un certo
Dottor Satana, solito chirurgo impazzito che, dopo una serie di
delitti, è stato catturato e impiccato ad un albero. Raggiunto
l'albero in questione, i ragazzi incontrano a bella autostoppista
Baby Firefly (Sheri Moon Zombie) che li invita a riposarsi a casa
sua. Qui fanno la conoscenza del resto della bizzarra famiglia che
prende i nomi dai film dei fratelli Marx: Mother Firefly (Karen
Black), Tiny (il gigante Matthew McGrory), Rufus, nonno Hugo e Otis
B. Driftwood (Bill Moseley).
Mi
fermo qui per non rovinare la sorpresa alle due persone che non hanno
ancora visto il film, ma i truculenti sviluppi si intuiscono
facilmente, e questo perché La casa dei 1000 corpi
è prima di tutto un evidente e gustosissimo omaggio al filone horror
di cui Non aprite quella porta è
il più celebre rappresentante, tanto da essere comunemente
considerato un remake non ufficiale del film di Hooper (quello
ufficiale uscì lo stesso anno). Quello che lo distingue dal resto
del pattume derivativo, e che innalza subito Rob Zombie rispetto al
resto della marmaglia, è la potenza e l'assoluta originalità della
messa in scena, sporca e polverosa come quella di David Cronenberg,
ma allo stesso tempo pop e colorata come quella del Mario Bava di
Diabolik e I tre volti della paura.
In realtà i
quattro spaesati protagonisti da quel tunnel dell'orrore non ne sono
mai usciti, traghettati da Capitan Spaulding dritti nella tana del
bianconiglio, e da lì nel paese delle meraviglie meticolosamente
costruito da Rob Zombie, gli anni '70 della sua immaginazione, dove
si fondono tutte le influenze culturali di cui parlavo poco prima. Un
mondo di suoni dissonanti, luci psichedeliche e filtri colorati,
sovraccarico di inserti audio/video, ma soprattutto un mondo di freak
che il regista sembra amare alla follia, anche se sono delle
sghignazzanti macchine assassine.
E alla fine del
film quei reietti cominciamo ad amarli un po' anche noi, con le loro
frasi taglienti e quella perfidia così tremendamente genuina, figure
grezze e magnetiche che rubano subito la scena alle insignificanti
vittime sacrificali, di fui in fondo ci dimentichiamo quasi subito.
Siamo in quel tunnel anche noi e non vorremmo mai uscire, ne vorremmo
ancora, e fortunatamente c'è un seguito all'orizzonte.
-Grazie Baby, mi
sono divertito un sacco: La Casa del Diavolo (2005)
Captain Spaulding:
What's the matter, kid? Don't ya like clowns?
Jamie: [shakes his head,
crying] No...
Captain Spaulding: Why?
Don't we make ya laugh? Aren't we fuckin' funny? You best come up
with an answer, 'cos i'm gonna come back here and check on you and
your momma and if you ain't got a reason why you hate clowns, i'm
gonna kill your whole fucking family.
Anche se non è più il
mio preferito (The Lords of Salem lo ha sbattuto giù dal
podio con un calcio nelle palle) La Casa del Diavolo (The
Devil's Rejects) è senza dubbio lo Zombie a cui sono più
affezionato, per una ragione banalissima, è il suo primo film che ho
visto, quello che me lo ha fatto conoscere e adorare fin da subito,
insomma la prima cotta. Me lo ricordo ancora: è tarda notte e sto
facendo zapping frenetico in cerca di una scusa per non andare subito
a letto, ad un certo punto per puro caso mi imbatto in questo film di
cui ho sentito parlare solo su internet, soprattutto attraverso
citazioni e immagini (ero ancora giovincello, un cinefilo alle prime
armi senza macchina e senza connessione veloce).
L'inizio lascia
spiazzati, questi personaggi di cui non so ancora nulla sono
assediati in una vecchia casa coloniale, fuori la polizia armata fino
ai denti. All'improvviso inizia una sparatoria pazzesca, i proiettili
della polizia polverizzano le pareti della casa, i personaggi
all'interno rispondono come possono, e c'è addirittura qualcuno che
indossa una pesantissima armatura di metallo.
Siamo in piena
luce, i protagonisti sono i cattivi e sono appena stati stanati.
Pochi minuti ed è già uno degli horror più folli e originali che
ho visto fino a quel momento.
La trama comincia
lì dove era finito La casa dei 1000 corpi: la tana dei
Firefly è stata scoperta è assaltata dalla polizia, capeggiata
dallo sceriffo Wydell, anzi "Wy fottuto dell" (William
Forsythe), il fratello assetato di vendetta di una delle vittime del
primo film.
Mother Firefly
(Leslie Easterbrook al posto di Karen Black, che a quanto pare
rifiutò il ruolo) si lascia catturare dando la possibilità a Otis e
Baby di scappare attraverso un tunnel sotterraneo. I due si
ricongiungono a Capitan Spaulding e iniziano una rocambolesca fuga
attraverso la polverosa America del sud. Prendono un paio di ostaggi,
scuoiano qualche malcapitato e trovano anche il tempo di prendere un
gelato insieme, come ogni buona famiglia che si rispetti. La strada
li porterà al bordello di Charlie Altamont (Ken Foree, che Zombie
ripesca da cult come From Beyond e Dawn of the Dead) il
fratellastro di Cpt. Spaulding, ma lo Sceriffo Wydell è di nuovo
sulle loro tracce, e si è lasciato la legge alle spalle.
The Devil's
Rejects è l'horror che incontra il western decadente (di nuovo
sporco e squallore) che incontra il road movie, e la sua genialità
sta proprio nel modo in cui Rob Zombie reinventa il suo universo e i
suoi personaggi per adattarli a questo nuovo e straniante contesto.
L'esempio più calzante è il personaggio di Otis, che da albino
megalomane si trasforma nel suo scontroso corrispettivo
country-western, coltellaccio alla cintura, barba folta e lunghissimi capelli
grigi. Insomma il vero autore fa quello che vuole delle sue creature,
senza preoccuparsi di mantenere una continuità logica e temporale, e
soprattutto senza voler accontentare a tutti i costi fan bisognosi
di certezze e punti fermi.
Un film
profondamente anarchico che porta alle estreme conseguenze il
capovolgimento dei ruoli già avviato in La casa dei 1000 corpi:
lo Sceriffo Wydell, che dovrebbe rappresentare la giustizia, è così
assetato di vendetta da trasformarsi in uno psicopatico peggiore di
quelli a cui dà la caccia. I Firefly invece diventano per contrasto
gli eroi del film, un'allegra famigliola in viaggio a cui possiamo
affezionarci, ma anche un concentrato di pura e onesta malvagità,
figure quasi epiche che dispensano terribili verità mentre ti
strappano la vita con un coltello in una discarica nel mezzo del
nulla. Un instant cult spassosissimo che non perde mai un colpo, straripante di scene e dialoghi da imparare a memoria (la scena nella stanza del motel, il delirio di Otis nella discarica o il memorabile discorso sul fottere i polli),
arricchito dalle divertite e divertentissime interpretazioni di Sheri Moon
Zombie, Sid Haig e Bill Moseley che lavorano in perfetta armonia come
un ingranaggio collaudatissimo.
-Werewolf women of the SS (Grindhouse, 2007)
Rob Zombie è uno dei tanti registi coinvolti nella realizzazione di finti trailer per il progetto di Robert Rodriguez e Quentin Tarantino. Probabilmente il suo Werewolf women of the SS è il migliore del mucchio, e purtroppo uno dei pochi a non essere stato trasformato in un vero film.
-Il patto con il
diavolo: Halloween – The Beginning (2007)
These eyes will deceive
you, they will destroy you. They will take from you, your innocence,
your pride, and eventually your soul. These eyes do not see what you
and I see. Behind these eyes one finds only blackness, the absence of
light, these are the eyes of a psychopath.
Ricordo ancora lo
sconforto. Avevo appena trovato uno dei miei nuovi registi preferiti,
indipendente fino all'osso, e lui mi tradisce con i fratelli
Weinstein facendosi coinvolgere in uno dei crimini più mostruosi e
barbari di cui un uomo si possa macchiare, il remake di un classico
dell'horror. E non un cult qualsiasi, ma un pilastro del genere, il
capostipite dello slasher contemporaneo e non solo. Una vera e
propria blasfemia insomma, e anche un imperdonabile spreco
considerando il potenziale che Zombie aveva dimostrato fino a quel
momento. Così con la morte nel cuore mi ero preparato alla
catastrofe, ma la catastrofe non ci fu.
Certo Halloween
rimane sicuramente un film di compromesso, eppure quello che lo salva
dal baratro è proprio il fatto di averlo trovato un compromesso.
Perché un mostro sacro come il film di Carpenter bisogna trattarlo
con i guanti bianchissimi, riproponendolo fedelmente, e quindi
realizzando di fatto un'operazione inutile, o reinventandolo da zero,
con il rischio di far incazzare a morte quei rompi palle degli
appassionati di horror (me compreso), che sono lì pronti con gli
strumenti per la castrazione. Rob Zombie riesce appunto a trovare una
felice via di mezzo, costruendo un film letteralmente diviso in due
parti asimmetriche ma speculari.
La prima metà è
quella più squisitamente zombiana, un blocco narrativo in cui il
regista cerca di sviscerare un aspetto a cui Carpenter aveva voluto
dedicare solo una piccola scena, l'infanzia di Michael Myers. Una
scelta che gli permette di ritagliarsi un piccolo spazio in cui fare
ciò che sa fare meglio, costruire uno spaccato desolante e squallido
della provincia americana e riempirlo dei suoi amatissimi freak. Cosa
che come al solito gli riesce benissimo, ancora una volta siamo in
quegli anni '70 che per Zombie non sembrano essere finiti mai,
ricostruiti ed evocati in ogni piccolo dettaglio.
Se un regista
qualsiasi avesse inserito il giovane Michael in un contesto così
sordido, avremmo potuto pensare che volesse fornire spiegazioni
sociologiche e psicologiche alla sua follia, ma Zombie questo errore
non lo compie mai. Il suo Michael Myers è lo stesso di John
Carpenter, un vuoto dietro una maschera, il male puro che agisce
senza una ragione. La madre Deborah (Sheri Moon Zombie) e il Dottor
Loomis (Malcolm McDowell, nel ruolo che fu di Donald Pleasence) non
sono colpevoli di aver ignorato i profondi traumi di un ragazzo, ma
semplicemente di non aver visto un mostro che era già lì, il
proverbiale elefante nella stanza.
Nella seconda parte
del film inizia il remake vero e proprio, quasi un rifacimento
shot-by-shot dell'originale di Carpenter mandato avanti a velocità
doppia. Zombie si concede giusto qualche piccola libertà, come una
bellissima scena nei bagni di una pompa di benzina, dove Michael (il
wrestler Tyler Mane) si manifesta in tutta la sua imponenza e
massacra il camionista Big Joe Grizzly (Ken Foree, ma anche qui le
comparsate non mancano, da Udo Kier a Brad Dourif).
Tra le due metà
questa è la più debole, Zombie si limita a riproporre l'Halloween
originale ad un nuovo pubblico, ma dovendo premere sull'acceleratore
è costretto a sacrificare suspence e tensione. E poi il suo
inguaribile amore per i mostri ha la meglio ancora una volta, la
macchina da presa ha occhi solo per quel colosso inamovibile di
Michael, mentre di Laurie e compagnia bella in fondo non frega più
niente a nessuno.
-Make it your own:
Halloween 2 (2009)
I talked
to John Carpenter about this the other day and he said, "Go for
it, Rob. Make it your own". And that's exactly what I intend to
do.
E'
fatta, Halloween ce lo siamo lasciato alle spalle e Rob Zombie ne è
uscito quasi indenne. L'anno dopo, nel 2008, il produttore Malek
Akkad annuncia ad una conferenza che un sequel è già in cantiere,
ma Zombie se ne chiama subito fuori, il primo film lo ha
letteralmente stremato e vuole prendersi una meritata pausa. Così al
suo posto vengono consultati Julien Maury e Alexandre Bustillo (i
registi di À l'intérieur),
che però non convincono del tutto i produttori. Per loro fortuna
Zombie cambia idea e firma il contratto per un nuovo film, ottenendo
da Akkad la libertà di allontanarsi quanto vuole dalla saga
originale. O almeno così si mormora, io ricordo abbastanza
chiaramente che in quei mesi circolavano varie notizie (i cosiddetti
rumor), spesso in contraddizione tra loro; una di queste si riferiva
addirittura ad un minaccioso contratto vincolante che avrebbe
impegnato il regista per altri due film, e quindi per un intera
trilogia (il terzo capitolo è stato poi assegnato a Patrick Lussier,
regista di Drive Angry, ma ad oggi non se ne sa ancora niente, a
parte il fatto che dovrebbe essere in 3D naturalmente).
L'originale
Halloween 2 (da noi Il
signore della morte, 1981) venne
diretto da Rick Rosenthal, mentre John Carpenter rimase coinvolto
solamente nelle vesti di sceneggiatore, da questo punto di vista
quindi Zombie è finalmente libero dall'ombra del maestro, non ha più
a che fare con un film intoccabile. Il suo Halloween 2
diventa un sequel ma non un remake, soltanto i primi venti minuti
ambientati in ospedale ricordano vagamente il film di Rosenthal, ma
il resto, piaccia o non piaccia, è tutta farina del suo sacco.
Sono
passati due anni dalla strage di Halloween e la superstite Laurie
Strode (sempre Scout Taylor-Compton) si è trasferita a casa dello
sceriffo Brackett (Brad Dourif) insieme all'amica Annie (Danielle
Harris). Le ferite sul suo corpo sono ben cicatrizzate, ma quelle
della psiche sono ancora sanguinanti e profondissime, e man mano che
ci si avvicina alla notte di Halloween i sintomi si fanno più
violenti.
Michael
Myers, il cui corpo non è mai stato trovato, è nascosto da qualche
parte fuori città, sopravvissuto nella boscaglia come un animale
selvatico, senza maschera e con una foltissima barba. Anche lui sente
avvicinarsi la fatidica notte, e nelle continue visioni che lo
perseguitano la defunta madre lo invita a portare a termine la sua
missione: riunire la famiglia una volta per tutte.
Halloween
2 è senza dubbio il film più odiato di Rob Zombie, una
pellicola che nella maggior parte dei casi mette d'accordo fan e
detrattori. Anche io all'epoca rimasi piuttosto deluso, mi sembrò il
punto più basso toccato dalla sua filmografia, qualcosa che riuscivo
ad interpretare solo come un tentativo di autosabotaggio per
liberarsi di Michael Myers e tornare a fare cinema indipendente.
Oggi
penso ancora che sia uno dei suoi lavori meno divertenti e
interessanti, ma ho leggermente ridimensionato il mio giudizio.
Halloween 2 è un film personale esattamente quanto gli altri
e per certi versi un grosso passo avanti rispetto al capitolo
precedente. Questa volta Zombie può davvero appropriarsi del
personaggio per trasformarlo in qualcosa di diverso: la tuta da
lavoro cede il posto a degli stracci da vagabondo, e quel che rimane
della vecchia maschera bianca lascia scoperta gran parte del viso, in
particolare un occhio leonino trasudante rabbia. Il nuovo Michael è
una bestia feroce che grugnisce, mangia e aggredisce le sue vittime
con una furia se possibile ancora più grande, mentre nella
director's cut arriva addirittura a scoprirsi il volto per
pronunciare le sue prime parole nella storia della saga, un
eloquentissimo "DIE!".
Facendo
quello che vuole dell'Halloween carpenteriano, Zombie riscrive le
regole di un sottogenere che non ha più niente di interessante da
dire. Non c'è più spazio per assassini con qualche trauma infantile
che vanno in cerca di un improbabile vendetta, c'è solo un
concentrato di rabbia e malvagità, un corpo mastodontico che la
macchina da presa non può far altro che ammirare.
-The haunted world
of El Superbeasto (2009)
Suzi-X: Wake up,
Beasto! You're earth's only hope!
El Superbeasto:
Caramels are chewy.
Ebbene
sì, Rob Zombie è anche un disegnatore, e tra le sue bizzarre
creazioni c'è una serie a fumetti intitolata appunto The
Haunted World of El Superbeasto,
che il regista ha tentato di trasformare in un film già a partire
dal 2005, durante le riprese di Devil's Reject.
Per via dei vari impegni cinematografici, la lavorazione si è
prolungata per anni, e il lungometraggio è stato distribuito
direttamente in dvd solo nel settembre del 2009.
Il
protagonista è El Superbeasto (con la voce del comico Tom Papa),
attore e regista di film horror/sexploitation mascherato da luchador
(wrestler messicano) che nel tempo libero combatte il male insieme
alla sorella Suzi-X (Sheri Moon Zombie). La loro nemesi è il Dottor
Satana (Paul Giamatti, un omino con la testa di diavolo) che vuole
ottenere il potere di dominare il mondo sposando la donna con il
marchio del diavolo sulle natiche, Velvet Von Black (Rosario Dawson,
sempre lei compariva insieme al Dottor Satana in una scena di Devil's
Reject che poi è stata tagliata dallo stesso Zombie, potete trovarla
su youtube).
Il
film è quasi il corrispettivo animato di La casa dei 1000
corpi (e infatti i progetti
nascono nello stesso periodo), un cocktail lisergico di citazioni (o autocitazioni),
riferimenti sessuali e volgarità che fa subito venire in mente il
Ralph Bakshi di Fritz il Gatto.
C'è una simpatica
scena in cui Beasto investe con la macchina Michael Myers. Viene da
chiedersi se è stata inserita nelle prime fasi della realizzazione o
se risale già al periodo in cui il regista era alle prese con i due
Halloween. Forse era un modo di esorcizzare la cosa liberandosi
definitivamente del personaggio.
Molto divertente,
peccato non sia mai uscito in Italia. Ma la prospettiva di un
doppiaggio mi fa rabbrividire.
-The Lords of Salem
(2013)
Per quanto mi
riguarda il capolavoro di Rob Zombie, la sua opera più matura e
personale.
Vi rimando alla mia
recensione: http://filmbusterds.blogspot.it/2012/11/the-lords-of-salem-di-rob-zombie.html
Parallelamente al film è stato pubblicato un romanzo omonimo, l'esordio letterario di Rob Zombie che in qualche modo "completa la visione". Il libro è da poco disponibile anche in Italia, in formato cartaceo e elettronico. In realtà è una trasposizione cartacea del film, quindi leggetelo a vostro rischio e pericolo.
Parallelamente al film è stato pubblicato un romanzo omonimo, l'esordio letterario di Rob Zombie che in qualche modo "completa la visione". Il libro è da poco disponibile anche in Italia, in formato cartaceo e elettronico. In realtà è una trasposizione cartacea del film, quindi leggetelo a vostro rischio e pericolo.
-Progetti futuri
Proprio
qualche settimana fa Zombie ha terminato la sceneggiatura del suo
prossimo film. Si intitolerà Broad Street Bullies e
racconterà la storia dei Philadelphia Flyers del 1970 (una squadra
di hockey, altra grande passione del regista). Sarà il suo primo progetto che non ha nulla a che vedere
con l'horror.
Visto ieri Le streghe di Salem. Davvero davvero bello. Non so che scrivere, mi è piaciuto e basta. Un film non comune.
RispondiEliminaSei andato a qualche anteprima o lo hai trovato per altre vie ?
Eliminaanteprima, per il Future film festival a Bologna. Oltre tutto in lingua origina con i sottotitoli, anche se visti i pochi dialoghi, il valore aggiunto non è poi così tanto. La proiezione successiva, sempre quella sera, era La Casa, mi son visto pure lui.
EliminaSono d'accordo, il doppiaggio non dovrebbe fare troppi danni.
EliminaDi La Casa che mi dici ? E' gagliardo come dicono ?
Per i primi tre quarti l'ho trovato davvero divertente, interessante e non banale, con tante belle trovate. Nel finale, secondo me, scade un po'. Un'ora e mezza piacevolissima comunque.
RispondiEliminaBene, ormai divertirsi con un horror è diventato un lusso.
EliminaL'unica stroncatura che ho letto finora parlava proprio di un film che in confronto all'originale si prende troppo sul serio. A questo punto sono curiosissimo.
non ho trovato si prendesse troppo sul serio, sicuramente nell'originale quel filino di ironia c'era, e fore nel remake ce n'è ancor meno. Ma la cosa è giustificata, perché il film quando vuole disgustare ci riesce, e quando vuole spaventare ci riesce, nulla di troppo fuori dagli schemi ma le scene sono girate bene. Nel finale forse vien fuori un po' più di ironia, e a me non è piacuto, visto che fino a quel punto avevo apprezzato i canonici spaventi e le scene più sanguinose.
EliminaBom, non mi sono espresso proprio come volevo, perché non vorrei svelare troppo, ne riparleremo sotto alla recensione che farete.