In sala dal 30 gennaio.
"Mangia il pesce stronza!"
Che il grande week-end del cinema made in sud degli Stati Uniti abbia inizio! Da una parte il Texas di Dallas Buyers Club e dall'altra l'Oklahoma di I Segreti di Osage County. E' uno di quei bei momenti in cui immergersi in un America diversa, con tanti accenti particolari (è, direi, obbligatorio in questi casi vedere i film in lingua originale), molti weirdos, un rapporto con il sesso molto particolare, case nella prateria o in desolate, iper estese, roventi, desertiche distese di nulla con un piccolo paesino ogni tanto.
Tracy Letts (Oklahoma born and raised) lo avevamo conosciuto proprio con una storia ambientata in questi posti, più precisamente nel Texas di Killer Joe e Bug (entrambi diretti dal mitico, Dio l'abbia in gloria, William Friedkin) e ce ne eravamo subito innamorati. Letts è prima che sceneggiatore per il cinema, un ottimo romanziere, un grandissimo attore di teatro ma soprattutto un drammaturgo di enorme livello, vincitore di un premio Pulitzer e di un Tony Award proprio per August: Osage County. Non credo gli servissero altre prove per certificare la sua bravura anche nel cinema, forse, l'ultimissima era portare questa sua grandiosa piece dal teatro al grande schermo. Una prima volta per lui -e senza i suoi attori originali. Lasciatevelo dire, prova superata in pieno, anche senza un signore come Friedkin dietro la cinepresa (Wells è principalmente un regista di serie tv).
Io ho un debole per queste rappresentazioni teatrali trasposte. Pochi ambienti, azione che si svolge in un breve lasso di tempo, verbosi, attori fenomenali -senza è dura. Adoro le commedie di Neil Simon (A piedi nudi nel parco, La strana coppia, California Suite, Appartamento al Plaza, Un provinciale a New York), ma anche i drammi tesissimi di Tennesse Williams (tutti, faccio prima).
Osage County è una contea essenzialmente vuota vicina al confine con il Kansas. Primo prodotto locale è il bestiame, secondo il caldo asfissiante. Un giorno, papà Beverly esce di casa per non tornare più. Non è la prima volta, ma vengono chiamati a raccolta tutti i membri della famiglia Weston per dare conforto alla madre Violet. Questa riunione improvvisata si dovrà presto "celebrare" il funerale del patriarca di famiglia, andato a suicidarsi.
Sono presenti tutti quanti: ovviamente Violet, una matrona, malata di cancro alla bocca e imbottita da far schifo di pillole di cui è ormai dipendente cronica. Spesso violenta, verbalmente e fisicamente, ha perso i contatti con la realtà e nei pochi momenti di sobrietà vomita addosso a tutto e tutti pesanti scariche di odio e risentimento. Soprattutto sulle sue tre figlie, Barbara, la maggiore, la più dotata, quella su cui tutti contavano, ma fuggita di casa e con tanti problemi con mamma e papà; Ivy, la figlia di mezzo, fragile, silenziosa, senza un uomo nella sua vita, l'unica che è rimasta in zona e non si è fatta una vita sua vera e propria; infine Karen, la più piccola, la più sciocchina, fuggita nella Florida balneare, passando da un uomo all'altro, la più ignorata e forse odiata delle tre da mamma Vi.
Poi c'è l'altra branca della famiglia, zia Matty Fae, una enorme signora del sud, sboccata e rompiballe, incapace di farsi andare a genio il figlio, il piccolo Charlie (30enne), con qualche rotella fuori posto proprio a causa di questo trattamento ingiusto. E poi Charles, marito di Matty e papà di Charlie, un uomo che ha ormai abbandonato l'idea di discutere con la moglie, a cui preferisce il rifugio della marijuana, e che ama profondamente e protegge il suo unico figlio.
Quattro, cinque giorni rinchiusi in una casa dove le tende sono sempre tirate e la temperatura interna supera i 40 gradi (persino i pappagallini tropicali tirano le penne), in uno scontro continuo tra i membri femminili, in eterno disaccordo, con discussioni che variano dalla famiglia, i valori, l'amore, il modo di educare i figli, di accudire i propri genitori (scontro generazionale se ce n'è uno) e tanti tanti segreti -di cui uno tipicamente sudista. Tra aspettative tradite, insulti, gravi accuse e rinfacciamenti (ma si potrà dire? Crusca says YES) i Weston sono come i celeberrimi uragani che colpiscono queste regioni del sud. Reggeranno fino alla fine in questo showdown che non fa sconti a nessuno?
Questa donna malata e livorosa mi ha riportato alla mente mia nonna, scomparsa un paio d'anni fa. Barbara è praticamente mia madre (divorzio e canne a parte) e Ivy è mia zia, e il rapporto tra le tre è identico. Doloroso quanto impressionante vedere queste cose su schermo.
Questa è la grande forza del film, che è verosimile, anche se esasperato e terribilmente velenoso e disgustoso da sentire e vedere. Voi magari avrete famiglie più felici (adesso non è che noi ci siamo ammazzati di botte e presi a male parole, ma era abbastanza simile) e rimarrete colpiti meno.
Violet e la sua ricerca continua di un confronto a muso duro, la sua voglia di sminuire tutti i suoi parenti, il testamento cambiato illegalmente a favore suo. Fa davvero venire la strizza, vestita di nero, con quel parruccone, il naso arcigno da megera, sa tutto di tutti, non la freghi una così. Fino a quanto sono le pillole a parlare (Pills can't talk!) e dove riaffiora la vera Violet? E' sgradevole ma è indimenticabile. Come la maggior parte dei personaggi creati da Letts, tutti analizzati in maniera profonda, scandagliati fino alle viscere, spogliati davanti a noi. Anche Karen, che ha poco spazio e forse poco da dire, finisce in pezzi e vediamo attraverso il suo debole spirito quando raccatta le sue cose e sceglie comunque di andare via con il nuovo fidanzato ricco, bello, più anziano e lascivo.
Film di attori quindi. Come detto prima, senza dei bravi attori non arrivi in fondo, anche se questo è uno di quei rari casi dove la scrittura è così buona che forse te la saresti cavata anche con attori mediocri.
Meryl Streep, che tutti odiate perchè è sempre nominata ed è spesso vincitrice di tanti premi, vi frega tutti un'altra volta: è semplicemente pazzesca. E' un mostro di bravura nei panni di un vero mostro di cattiveria. Non ha paura di apparire brutta, struccata,con pochi peli in testa, per rappresentare al meglio questa madre malata di cancro, drogata, bisbetica. Con un personaggio così, con una sceneggiatura così, è come doparla, non vale. Quest'anno è l'anno -meritato- di Cate Blanchett, ma se dovesse vincere ancora una volta Meryl, non ci sarebbe da scandalizzarsi. Enorme, gigantesca performance, con tanto di accento del sud, non c'è nessuno che le tenga testa, neanche in un ruolo così diverso dai suoi classici.
La linea del "nondiva-struccata" la segue anche Julia Roberts, che pianse quando venne a sapere che avrebbe recitato con la sua attrice preferita e modello di ispirazione. Anche lei è molto brava, molto intensa, con un personaggio odioso o più che altro odiabile, frustrato, con un matrimonio fallito e una famiglia con cui vorrebbe avere ancora un forte legame ma non riesce ad recuperarlo. Lei è quella che più ha tradito le aspettative della famiglia, lei, la preferita di papà, lei che stava seguendo la carriera letteraria di papà, si è lasciata andare, forse anche pur di non dare soddisfazioni a una madre simile. Che duello quello tra Julia e Meryl, con l'apice raggiunto nel pranzo del funerale. Julia, l'unica figlia in grado di tenerle testa, fa un balzo felino inaspettato, nonostante sia l'immagine della locandina americana.
E' un film al femminile ma oltre alle altre bravissime Julianne Nicholson, Juliette Lewis e (la vecchia signora di The Americans) Margo Martindale, ci sono anche degli uomini, degli attori che ogni tanto hanno il coraggio di inserirsi in questa lotta feroce tra arpie e farsi notare. Marginali, deboli, vanesi, corrono dietro a donne più giovani, per paura di invecchiare. Ewan McGregor è un padre moderno ma senza spina dorsale, Dermot Mulroney è il classico Dorian Gray con la Ferrari. Fragili invece Benedict Cumberbatch, complessato e instabile, e Chris Cooper, che finge di non sapere pur di mantenere una sorta di pace.
Osage County è un classico film su una famiglia disfunzionale e carica di odio represso e segreti. E' diverso dal solito grazie a un finale amaro e non riconciliatorio, purtroppo rovinato dai produttori (che come al solito sbagliano e si fidano della prima risposta del pubblico. Finale comunque aggiunto rispetto alla piece teatrale). Ci regala tanti personaggi femminili e tante storie memorabili, compresse in due ore immerse in una canicola esasperante. Un film forte che colpisce direttamente al cuore e al cervello i tanti che rivedranno qualcosa di se e della propria famiglia, ma che proprio per la sua malignità e il disgusto, funge da spinta per riappacificarsi e volersi bene.
Ci serve più Tracy Letts. E meno trailer fuorvianti e infarciti di bontà.
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