L'americano Neil (Ben Affleck, in un
ruolo inizialmente assegnato a Christian Bale) conosce la francese
Marina (Olga Kurylenko), i sue si conoscono e si amano nelle strade
di Parigi e sulle spiagge di Mont Saint Michel. Quando lui torna in
America, lei lo segue insieme a sua figlia nel "nuovo mondo",
ma il loro amore appassisce e scivola via come le maree dei luoghi in
cui è nato.
To the Wonder è la logica
continuazione di un ciclo ideale iniziato qualche anno fa con The New
World, un ciclo che coincide anche con lo sviluppo da parte di Malick
di una certa idea di cinema, completamente libera dalle convenzioni
narrative tradizionali. I suoi sono film che lavorano per sottrazioni
e accumulazioni: ad ellissi narrative sempre più ampie e frequenti
si accostano sequenze in cui la macchina da presa lascia parlare le
immagini in tutti i loro infiniti dettagli, ad una quasi totale
soppressione dei dialoghi sopperisce un uso intensissimo del
soliloquio, quasi un flusso di coscienza dallo stile molto letterario
che ci apre una finestra sulla mente dei personaggi, continuamente
tormentati da dilemmi che poi affliggono anche il regista stesso.
Quello che differenzia To the Wonder da
Tree of Life è il vistoso cambio di scala, laddove il secondo
metteva continuamente a confronto l'infinitamente piccolo della
provincia americana con l'infinitamente grande dell'armonia
universale, il primo si concentra sull'aspetto più terreno ed
infinitesimale, la piccola storia di un innamoramento che è anche un
piccolo spaccato autobiografico.
Un cambiamento di scala ma non di
tematiche, perché anche un mezzo apparentemente banale come la fine
di una relazione offre a Malick l'occasione di tornare ad
interrogarsi su argomenti più alti. E quindi l'innamoramento diventa
un modo per parlare ancora una volta di Dio, quell'amore che ci ama e
ci eleva ad uno stato più alto, e di cui possiamo intravedere uno
spiraglio osservando la bellezza intorno a noi, che risieda nella
natura o in un santuario costruito dall'uomo.
Un amore che però chiede all'uomo di
correre rischi e di compiere scelte, altrimenti appassisce e muore,
allo stesso modo in cui muore la fede in chi smette di avvertire la
presenza di dio.
L'altro aspetto che accomuna To the
Wonder alle opere precedenti è il punto di vista squisitamente
femminile. Come "Pocahontas" in The New World e la madre in
Tree of Life, Marina è una rappresentazione della grazia, tenera
figura materna e amante passionale, un animo sensibile che si nutre
di una personalissima forma di spiritualità. E anche lei, come le
altre, finisce per legarsi inevitabilmente ad una figura maschile che
è il suo esatto opposto, un amante più legato alla dimensione
fisica del rapporto, incapace di accogliere e restituire tutta quella
tenerezza e quindi incapace di amare ad un livello più alto. Un
compagno amorevole che si trasforma in un amante brutale e in un
odioso carceriere da cui è quasi impossibile distaccarsi; così
Marina, come una Pocahontas al contrario, abbandona le strade
affollate della sua Parigi e le spiagge armoniose di Mont Saint
Michel per la desertica provincia americana, dove l'acqua ristagna in
pantani inquinati dal petrolio. Luoghi in cui "manca qualcosa",
resi grigi e sterili da una cappa opprimente che pesa su personaggi e
spettatori e da cui bisogna solo trovare il coraggio di scappare.
E' difficile tirare le somme su un film
come To the Wonder, istintivamente sarei tentato di definirlo un
Malick minore, non tanto per una banale questione di qualità, ma
semplicemente perché mi sembra un film meno ambizioso dei precedenti
da tutti i punti di vista, più chiuso su se stesso e su tematiche
già affrontate meglio e in modo più interessante in altre sedi.
Forse ad insinuare il dubbio è stata proprio la notizia di una
realizzazione così veloce, senza i soliti anni di preparazione, come
se dopo Tree of Life Malick fosse rimasto impantanato nella stessa
storia e si fosse subito rimesso al lavoro. Ma a un regista del
genere è impossibile tenere il broncio, soprattutto quando ti regala
l'ennesima splendida esperienza visiva (Lubezki sempre fenomenale) e
la arricchisce con un cast (femminile) così ben valorizzato.
Finalmente qualcuno si accorge della meravigliosa e promettentissima
Olga Kurylenko.
Il film meno riuscito ad oggi di Malick per me
RispondiEliminaAnche per me. Speriamo sia stata solo colpa della fretta.
Eliminami pare che nel film ci siano anche alcune sequenze girate per The tree of life.
RispondiEliminaCosì dicono. Io non saprei individuarle con sicurezza, anche perché saranno sicuramente alcune di quelle a tema naturale.
EliminaE poi c'è il solito mare di roba tagliata, tra cui le scene con Jessica Chastain e Rachel Weisz.
Questo film mi ha alzato il tasso di cinismo: dopo poco non ne potevo più dei balletti di Kurylenko prima e di McAdams poi, del vento fra i capelli, di braccia sollevate in pose leziose, dei controluce.
EliminaCarinissime le fanciulle e i loro vestitini un po' stropicciati e fricchettoni, ma insomma, che barba dopo un po', deliri fuoricampo inclusi.
D'accordo la grazia, ma non ne condivido il concetto, così come in The Tree of Life.
Per il resto, una telenovela intrisa di suspance sul come andrà a finire (almeno a me sotto questo aspetto è sembrato convincente, anche se non vado a nozze con le robe sentimentali) costruita tramite una serie di possibili spot pubblicitari fatti molto bene (bellissima fotografia, splendide inquadrature).
Al posto di Ben Affleck avrebbe potuto esserci chiunque, per quanto spazio (anche visivo) vien dato al suo personaggio: per lo più è inquadrato dal naso in giù, di spalle e da lontano; il suo personaggio, fra l'altro, è parecchio anonimo, magari anche un po' stereotipato: da maschio narcisista e farfallone con scarso senso di responsabilità a "becco e bastonato".
La parte più ispirata m'è parsa quella del prete in crisi, però non è che ne capisca molto di sacerdozio e fede. D'altro canto, se l'evoluzione delle (Ma)donne aggraziate (a me paiono un po' ebeti, ma ve be') è passare dalla devota dipendenza votata al sacrificio (The Tree of Life e Kurylenko versione primo tempo) all'opportunismo fedifrago di Marina, una connessione fra le due cose c'è e forse il prete coi suoi dubbi è la struttura portante dell'intero film.
To the Wonder a me conferma quel che avevo pensato di Malick da The Tree of Life: il suo punto di vista a me pare poco interessante e banalotto, ma meraviglioso per gli occhi. Maschili, più che altro, mi sa. Forse anche un po' maschilisti, e sarebbe anche coerente. Ma questi discorsi generalmente servono solo a sollevare polemiche inutili e barriere difensive.
Però dovevo farlo presente^^
Non comprendo come possa risultare "criptico". Boh. Come nulla sono scandalosamente superficiale, però questo film l'ho visto volentieri.
P.S. I nomi dei personaggi non son riuscita a distinguerli durante la visione, ho dovuto arrangiarmi con internet. Ma sono distratta e ci sta che mi siano sfuggiti.
P.P.S. Come posso mettere un avatar qui? Grazie^^
Di criptico ci vedo poco anche io, è diventato un po' un luogo comune.
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