Proprio qualche mese fa, chiacchierando
a proposito di V/H/S, riflettevo sul fatto che l'horror
antologico sta tornando di moda con molta discrezione, almeno nel
panorama del cinema indipendente. Proprio mentre quell'esperimento
non proprio riuscito si preparava a (non) arrivare nelle sale, già
si vociferava di questo ABCs of Death, un film che si proponeva di
portare la struttura antologica alle sue più estreme conseguenze,
coinvolgendo la bellezza di 26 registi più o meno noti nella
realizzazione di ben 26 cortometraggi diversi.
Ad ogni regista è stata assegnata una
diversa lettera dell'alfabeto anglosassone che sarà l'iniziale di
una parola a scelta, un input per inventare una storia dell'orrore
che insieme a tutte le altre andrà a costruire una macabra
enciclopedia delle morti violente.
I nomi in ballo sono veramente tanti e
i vari continenti sono molto ben rappresentati, accanto ai padroni di
casa americani troviamo infatti un folto gruppo di registi
sudamericani, un paio di europei (italiani esclusi naturalmente),
qualche pazzo giapponese e poi australiani, indonesiani, inglesi,
canadesi... insomma ce n'è per tutti i gusti, talmente tanta gente
che è difficile dedicare il giusto spazio ad ognuno dei
cortometraggi, quindi per ragioni pratiche mi soffermerò sui più
interessanti o su quelli di registi particolarmente promettenti,
(s)fortunatamente la maggior parte dei corti galleggiano tra il
mediocre e l'insignificante.
Si parte subito con A is for Apocalypse
di Nacho Vigalondo e si parte male, il regista di Timecrimes (che
consiglio caldamente) mette in scena il classico corto a basso budget
con il colpo di scena. Deludente e fiacco, come sono fiacchi i due
episodi successivi (tra l'altro C for Cycle sembra una banale
scopiazzatura di Timecrimes) .
D is for Dogfight di Marcel Sarmiento
invece non è male, un incontro di box clandestina tra un pugile e un
"docile" cane, sembra una pubblicità progresso ma è
piuttosto ben girato, e io ho un debole per questo tipo di storie.
F is for Fart di Noboru Iguchi,
l'irriverente regista di Zombie Ass e Robogeisha, è una storia
d'amore molto poco convenzionale tra un'alunna e la sua insegnate,
purtroppo la ragazza ha un'insana ossessione per le flatulenze.
Demenziale e completamente fuori posto, ma geniale proprio per
questo, e poi aiuta a rimanere svegli. Sulla stessa scia c'è H is
for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Mailing, storia di animali
antropomorfi in cui un cane pilota dell'aviazione si fa attirare in
una trappola del nemico all'interno di un cabaret. Sembra davvero di
guardare un vecchio cartone animato di Tex Avery, un bell'esercizio
di stile ma piuttosto fine a se stesso, anche questo abbastanza fuori
posto, esattamente come V is for Vagitus.
L is for Libido dell'indonesiano Timo
Tjahjanto è tra gli episodi più riusciti, una gara di masturbazione
in cui sopravvive solo chi raggiunge per primo l'orgasmo, la
difficoltà (e la forza dell'episodio) sta tutta nelle immagini
raccapriccianti che i concorrenti sono costretti a guardare durante
l'atto. Un vero e proprio cortometraggio torture porn, un genere che
non amo ma che a piccole dosi funziona, un altro di quei pochi
episodi che ti scuotono dal torpore.
M is for Miscarriage del mio amatissmo
Ti West è un altra delusione, il cortometraggio più corto di tutti
mostra uno spaccato di vita quotidiana con una sconcertante
rivelazione, il talento si intravede sempre ma sembra che al ragazzo
prodigio interessino poco questo tipo di operazioni, mi chiedo perché
continui a partecipare...
O is for Orgasm di Hélén Cattet e
Bruno Forzani, i due geni dietro quel capolavoro di Amer (uno dei
miei film preferiti, che naturalmente vi straconsiglio) provengono
proprio dal mondo dei cortometraggi, e questo Orgasm ha molto in
comune con le opere precedenti, un horror a metà tra cinema e
videoarte in cui eros e thanatos tornano a mescolarsi.
Q is for Quack di Adam Wingard (ma
quando esce Your're Next ?) e Simon Barrett. Episodio
metacinematografico in cui la coppia di registi è alla disperata
ricerca di un'idea per il cortometraggio. Divertente, soprattutto
perché ironizza sulla generale mancanza di idee e sulla difficoltà
di costruire un cortometraggio a partire da una lettera
dell'alfabeto. Simpatica la presa in giro a Nacho Vigalondo.
R is for Removed di Srdjan Spasojevic
(A serbian film) riesce a distinguersi con una (forse troppo)
colorita metafora del cinema, rappresentato da un uomo scarnificato
per ottenere frammenti di pellicola. Significativo che l'episodio si
concluda proprio vicino ad un treno.
T is for Toilet di Lee Hardcastle è il
cortometraggio selezionato tramite un concorso su youtube (e infatti potete trovarlo qui), una divertente favola macabra su un
bambino che ha il terrore di usare il gabinetto. Realizzato con
plastilina e stop-motion.
U is for Unearthed del geniale Ben
Wheatley (ne parlo qui) è un POV che mostra la visuale
soggettiva di un vampiro braccato da un gruppo di cacciatori. Lo
stile movimentato ricorda molto la parte finale di Kill List, mentre
il b/n e i costumi fanno pensare a A field in England, uscito meno di
un mese fa, probabilmente il furbacchione lo ha girato in una pausa
dalle riprese, ma il risultato è divertente ed originale.
X is for XXL di Xavier Gens
(Frontiers) si può considerare un ritorno alle origini per il regista francese, che con questo
cortometraggio molto vicino al torture porn affronta una storia
sull'importanza dell'apparire con la sua consueta brutalità. Una struttura semplice ma efficace che punta tutto sulla forza delle immagini, sconsigliato ai deboli di stomaco.
Z is for Zetsumetsu di Yoshihiro
Nishimura (Tokyo Gore Police) chiude il film con un'esplosione di
follia, un delirante omaggio a Il Dottor Stranamore di Stanley
Kubrick girato ad un ritmo epilettico e strapieno di giganteschi
peni. Provocazione molto fine a se stessa ma tremendamente
divertente, almeno regala un sorriso alla fine di un'antologia
tutt'altro che memorabile.
Sulla carta ABCs of Death è una bomba,
26 registi giovani e talentuosi si ritrovano di colpo con qualche
migliaio di dollari in tasca e la più totale libertà creativa sul
soggetto (qualcosa di cui dovrebbero godere sempre), una vetrina di
cui approfittare, magari scatenando un po' di sana competizione
artistica per distinguersi nell'affollatissimo mucchio. Eppure
nonostante queste ottime premesse qualcosa non funziona, di questa
promettente rosa di nomi e cortometraggi se ne salva appena una manciata (i più estremi e quelli più provocatori), mentre
il resto sembra robetta scolastica scritta e diretta da gente che non
vede l'ora di tornare a fare altro; un atteggiamento molto simile a
quello dei due protagonisti di Q is for Quack, che con il senno di
poi diventa un'ottima metafora dell'intera operazione.
Ho finito di vederlo pochi minuti fa. A parte alcune scene che mi son rifiutata di guardare, generalmente l'ho trovato godibile e a tratti spiritoso.
RispondiEliminaIl miglior corto, secondo me, è quello della papera (Quack, mi sembra), seguito dal lottatore con il cane, ma temo di averne perso la metà (le botte al cane, appunto). Privo di mordente quello di Angela Bettis (hai ragione), ma secondo me anche quello di Forzani e Cattet: sembra fatto coi ritagli di Amer con l'aggiunta di un paio di effetti speciali.
Il peggiore m'è sembrato quella summa di sciocchezze di WTF.
Alla fine son d'accordo con te: la maggior parte si dimentica abbastanza in fretta.