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domenica 5 gennaio 2014

Speciale 2013 - Un anno con Filmbuster(d)s

Avete stilato le vostre top 10, top 5 o top 3? Ancora no? Non vi ricordate bene cosa è uscito e vi serve un ripasso? E noi cosa siamo qua a fare? Ecco per voi la prima edizione del "Dizionarione Filmbuster(d)s" ovvero il riassunto delle nostre recensioni in un unico volume con una grafica accattivante e un buon profumo.

Il perfetto regalo per ...ah no Natale è già passato. Bè il perfetto regalo per festeggiare le nostre 100 mila visite. Dite voi, è poco, diciamo noi, ehhhh si, però è qualcosa e le aspettavamo da tempo.
Il Dizionarione include tutte le recensioni dei film presenti qui sul blog, anche se non tutte sono complete -per esigenze di spazio abbiamo tagliato un po'-, per una lettura completa, vi rimandiamo al blog stesso dove le troverete complete. E non solo recensioni, ci sono anche speciali, uno sguardo al futuro e l'angolo dei morti (!). E c'è anche l'indice!

Mi raccomando, commentate, scaricate e fate girare. E ricordatevi che dal 7-8 gennaio attacchiamo con i Filmbuster(d)s Awards, dove noi stileremo i candidati a miglior film, miglior regista, migliori attori etc... ma poi VOI e solo voi deciderete i vincitori. 

Ecco il link per scaricare e sfogliare.

domenica 4 agosto 2013

La notte del giudizio di James DeMonaco

Al cinema da giovedì 1 agosto

La notte del giudizio (The Purge) è l'ultima scommessa della Blumhouse di Jason Blum, uno dei produttori dietro molte delle principali produzioni horror recenti, da Paranormal Activity al discreto Sinister. Uno che sa quello che fa insomma, e infatti The Purge, con un budget di appena tre milioni di dollari, ne ha incassati più di trenta solo nel primo weekend, aprendo la strada ad un seguito in meno di un nanosecondo.
Per porre fine all'ondata di povertà, disoccupazione e criminalità che ha portato l'America sull'orlo del baratro, i Nuovi Padri Fondatori istituiscono lo "sfogo" annuale (La Purga aveva un suono troppo scatologico), una finestra di dodici ore nella notte del 5 luglio in cui le leggi vengono soppresse e ognuno è libero di dare sfogo alle proprie pulsioni animalesche per il bene del paese.
Il 5 luglio del 2022 la famiglia Sandin (Ethan Hawke, la belissima Lena Headey e relativa prole) si barrica in casa dietro un sofisticatissimo sistema di sicurezza, disposti ad accettare lo sfogo ma non a parteciparvi.

lunedì 29 luglio 2013

Il bianco e il nero #48: Classic noir: Il Terzo Uomo (1949)

Il terzo uomo
(titolo originale The Third Man)
 nelle sale inglesi il 31 agosto 1949, in Italia il 19 gennaio 1950.

Regista: Carol Reed.
Sceneggiatore: Graham Greene (anche racconto), Carol Reed.
Direttore fotografia: Robert Krasker.
Montaggio: Oswald Hafenrichter.
Compositore: Anton Karas, autore dell'unica canzone.
Produttori: Carol Reed, Alexander Korda, David O. Selznick.
Studio: Carol Reed's Production, London Film Productions.
Interpreti: Joseph Cotten, Alida Valli, Orson Welles, Trevor Howard, Bernard Lee.
Durata: 98 minuti.
Colore: b/n.

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*Trama:

sabato 27 luglio 2013

The ABCs of Death di A.A.V.V.

Proprio qualche mese fa, chiacchierando a proposito di V/H/S, riflettevo sul fatto che l'horror antologico sta tornando di moda con molta discrezione, almeno nel panorama del cinema indipendente. Proprio mentre quell'esperimento non proprio riuscito si preparava a (non) arrivare nelle sale, già si vociferava di questo ABCs of Death, un film che si proponeva di portare la struttura antologica alle sue più estreme conseguenze, coinvolgendo la bellezza di 26 registi più o meno noti nella realizzazione di ben 26 cortometraggi diversi.
Ad ogni regista è stata assegnata una diversa lettera dell'alfabeto anglosassone che sarà l'iniziale di una parola a scelta, un input per inventare una storia dell'orrore che insieme a tutte le altre andrà a costruire una macabra enciclopedia delle morti violente.
I nomi in ballo sono veramente tanti e i vari continenti sono molto ben rappresentati, accanto ai padroni di casa americani troviamo infatti un folto gruppo di registi sudamericani, un paio di europei (italiani esclusi naturalmente), qualche pazzo giapponese e poi australiani, indonesiani, inglesi, canadesi... insomma ce n'è per tutti i gusti, talmente tanta gente che è difficile dedicare il giusto spazio ad ognuno dei cortometraggi, quindi per ragioni pratiche mi soffermerò sui più interessanti o su quelli di registi particolarmente promettenti, (s)fortunatamente la maggior parte dei corti galleggiano tra il mediocre e l'insignificante.

venerdì 26 luglio 2013

42 - Jackie Robinson di Brian Helgeland

Non uscito al cinema ma disponibile dal 4 luglio per il download in HD e in italiano su ITunes.

"Jackie sei la nostra medicina".
Nel 1946 la Major League di baseball americana contava 16 squadre e 400 giocatori, tutti bianchi. All'inizio del campionato del 1947 i giocatori bianchi erano 399, "un uno in meno che non passò inosservato". Come tante cose, nel dopoguerra, anche il baseball cambiò. Branch Rickie, storico proprietario dei Brooklyn Dodgers (da decenni oramai a Los Angeles), decise che era giunto il tempo di prendere un giocatore di colore in squadra, fino a quel momento relegati in leghe minori e impossibilitati per legge (! la legge Jim Crow) a giocare nello stesso campo con i bianchi.
Toccò a Jackie Robinson, talento puro dell'Alabama, uno dei migliori ruba basi del mondo. Dopo un anno a Montreal per fargli fare un rodaggio, venne promosso nei Dodgers. Jackie dovette affrontare il razzismo feroce all'interno e fuori dal campo, le minacce, le violenze, gli insulti peggiori di una società troglodita (quella che vota Lega ancora oggi) ma tirò avanti e vinse, vinse tutto quello che poteva cambiando le mentalità di un intera nazione.
Nel celebrare i propri eroi, reali o fittizi (i supereroi), gli Stati Uniti non hanno rivali. Sarà per la loro storia relativamente breve o perchè questi personaggi hanno in qualche modo influenzato il mondo intero e non solo il continente americano, o semplicemente ce l'hanno nel sangue, ma non hanno rivali. Talvolta viene criticata questa loro pomposa retorica ma se c'è da fare un film/evento/concerto/etc... per celebrare una persona, perchè non calcare pesantemente la mano?

martedì 2 aprile 2013

L'immondo profondo #12: Britannia imperat

Direttamente dal regno dei morti (mesi di silenzio), torna la rubrica dedicata al cinema de paura.
Non so se riuscirò a riproporvela con regolarità ma ho già in mente un paio di idee per il futuro. Oltre che per i soliti specialoni, stavo pensando di sfruttare questo spazio per parlarvi di volta in volta delle pellicole in cui mi imbatto mentre pesco a piene mani da quel fiume pieno di liquami e monnezza che è il cinema horror. Quindi largo a mini-recensioni doppie (come in questo caso), triple o addirittura quadruple!

Intanto beccatevi questa double feature dedicata a due degli horror più intriganti degli ultimi tempi, ovviamente mai arrivati in Italia.
L'articolo è disponibile anche su The Movie Shelter, un sito con cui noi Filmbuster(d)s collaboriamo spesso e volentieri.

Kill List di Ben Wheatley

Prendete nota perché Ben Wheatley è un nome da non perdere mai di vista. Dopo una serie di esperienze televisive come regista di sit-com inglesi, decide di scrivere, dirigere (in soli otto giorni) e produrre il suo primo lungometraggio, Down Terrace, un noir con elementi comici che non incassa una fava ma che rimedia qualche premio e porta il panciuto regista inglese all'attenzione di pubblico e critica. Dopodiché, di punto in bianco, passa all'horror con Kill List, e lo fa con la mano ferma di un artigiano che sembra non aver fatto altro in vita sua.
Merita un'occhiata anche il suo ultimo film, Sightseers, una commedia a tinte horror che ho avuto la possibilità di vedere l'anno scorso al Festival di Locarno. Wheatley era presente in sala con completo nero, camicia fuori dai pantaloni e scarponi da lavoro, e ha fatto una presentazione del film completamente folle. Se con Kill List mi ero innamorato, dopo quella serata ho capito che volevo sposarlo, ma passiamo al film:
Jay (Neil Maskell) è un ex-militare inglese, ha una bellissima moglie (MyAnna Buring, è proprio scritto così, lo giuro) un figlio e una casa enorme immersa nel verde con una vasca idromassaggio in giardino. Insomma si gode la vita e un meritato riposo dopo una missione a Kiev in cui è andato tutto storto, ma il riposo dura da troppo tempo e i soldi scarseggiano, così dopo l'ennesima terribile lite, sua moglie Shel invita a cena Gal (Michael Smiley) amico e commilitone di Jay. E qui sta l'inghippo: i due ex-soldati sono anche due killer professionisti, e per sistemare le finanze di Jay decidono di accettare un incarico più bizzarro del solito, una lista di vittime (la kill list del titolo, duh!) fornita da uno strano gruppo di individui in giacca e cravatta. Ma qualcosa non torna, gli obiettivi sono persone molto comuni, e, ogni volta, poco prima di essere uccisi a sangue freddo, si rivolgono a Jay e lo ringraziano.

giovedì 29 novembre 2012

Ruby Sparks di Jonathan Dayton e Valerie Faris

Visto al TFF ma già passato in altri festival precedenti. Nelle sale italiane dal 6 dicembre.
No adesso ditemi voi se la Fox Searchlight, studios che prolifera ogni anno svariati indie movies, ha mai sbagliato un film. Non dico che siano tutti capolavori, ma ogni volta sono prodotti di ottima fattura, con un solido e originale script dietro, con un casting eccezzionale e le musiche più adatte. Insomma ogni volta mettono al mondo l'indie perfetto, a regola d'arte. Sarà che io vado pazzo per questi filmettini non mainstream, ma ogni volta me ne innamoro, mi stregano sempre. Ruby Sparks non è da meno.
L'avevo già adocchiato a Locarno ma non so perchè, non mi fidai. Poi col tempo mi ha convinto sempre più e mi sono lasciato vincere. E che bella sorpresa! Una commedia alleniana con una spolverata di Sofia Coppola. Un gioco divertente e intelligente, metaletterario con un ritmo coinvolgente ed un gruppo di attori scelti a puntino.
Tutti noi abbiamo immaginato almeno una volta la donna/l'uomo dei sogni. Magari non abbiamo un'idea precisa di come debba essere (viso, colore dei capelli, colore degli occhi), è un'immagine sfocata che con il tempo si affina e si delinea meglio, in base anche alle nostre esperienze. Qualcuno di noi riesce addirittura a scriversi sopra, un racconto una immaginaria storia d'amore, una descrizione fin nei particolari di chi è, da dove viene, e soprattutto cosa le piace e cosa non le piace, della persona ideale. Scrivere diventa la creazione di un mondo dove quella persona esiste e noi viviamo con lei, e dove tutto è sotto il nostro controllo.
La stessa cosa è successa a Calvin Weir-Fields (W.C. Fields anyone?), diventato famoso in giovane età per aver scritto un romanzo capace di entrare direttamente nella storia della letteratura americana. Anni dopo lo troviamo con il classico blocco dello scrittore. Calvin è una persona schiva, con molte nevrosi e problemi nel relazionarsi con gli altri. Ogni notte sogna una ragazza, all'inizio vaga, poi più definita. Su consiglio del suo analista, scrive qualcosa su di lei. La cosa gli prende la mano, funziona alla grande e da una paginetta di prova, diventa un racconto di una quarantina di pagine, una vera e propria biografia. Intere giornate dedicate alla scrittura pur di "stare" con lei. Le da un nome, Ruby, un cognome, Sparks, una data di nascità, un luogo di nascità, un background, tutto. Poi un giorno, dal nulla, se la ritrova in casa. La sua mente ha partorito, realmente, una persona. Non è impazzito, non la vede solo lui, è li, in carne e ossa. Ed è proprio come la vuole lui, come l'ha descritta lui. Può nascere del vero amore da una relazione simile?
Essendo una creatura di Calvin, Ruby, può essere modificata in tutto e per tutto. Forme (quello che vorrebbe il fratello di Calvin), idee, orientamenti politici/religiosi/culinari, conoscenza delle lingue, personalità insomma. E qui si solleva un interessante discorso: quanto è moralmente, eticamente? Proprio il fratello, prima che Ruby uscisse dalla carta, ne parlava come una persona finta, costruita, non credibile perchè totlmente diversa dalle vere ragazze e critica la scarsa conoscenza dell'altro sesso di Calvin. Sua moglie, invece, è pazza, incomprensibile, ed è proprio questo a renderla reale. Questo non va bene a Calvin, che ricorre alla macchina da scrivere ogni volta che Ruby inizia a piacergli meno, vuoi perchè si sta stufando di lui, o perchè è troppo lagnosa o troppo appiccicaticcia. Ruby segue quindi gli ordini impartiti. Più sono approfonditi e più sarà sfaccettata lei.
Nonostante sia una sua opera, sfugge al suo controllo, è incapace di farsela piacere in maniera costante. Come una cosa, manipolabile, si stufa presto, la deve ritoccare forse solo perchè ne ha la possibilità. Il problema però non è Ruby, ma è chiaramente lui, così instabile, noioso e banale, rifiutato persino dalla sua stessa creazione. Molti argomenti interessanti e fonti di discussione per una "semplice" commedia romantica.

Zoe Kazan, non solo protagonista ma anche sceneggiatrice, dimostra di essere una degna erede del nonno e dei tanti talenti di famiglia. Scrive un'ingegnosa opera prima, arguta quanto solida e briosa, piena di deliziosi discorsi metaletterari e trovate intelligenti (come per esempio il fatto che Ruby non si materializzi tutto d'un tratto ma che ogni giorno compaia nella casa di Calvin un suo oggetto; mutandine, reggiseno, schiuma e rasoio per depilazione delle gambe).
Un'idea che potrebbe essere uscita dalla mente di Woody Allen, e di fatti, ci sono diverse citazioni, somiglianze con il classico protagonista dei suoi film. Calvin è un Allen di 25 anni, con occhiali a montatura classica, un pò goffo, capelli tendenti al rossiccio, una famigia che lo mette a disagio, continue nevrosi e persino un analista e una BMW decapottabile. Proprio come nel capolavoro di Allen, La rosa purpurea del Cairo, un personaggio esce dalla finzione e si materializza per il desiderio amoroso del fruitore. Non è originale, ma poco importa. Invece quando ci sono quegli inserti musicali, francesi (Une Fraction De Seconde, Ca Plane Pour Moi, Quand Tu Es La) sembra di essere piombati in un film di Sofia Coppola. E' un mix che funziona alla perfezione e accontenta i giovani come i nostalgici, dando parecchio spirito a una commedia che lavora molto di cervello. Una decisione azzeccata da parte dei registi Jonathan Dayton e Valerie Faris, marito e moglie, che riescono a bissare il successo dell'ottimo Little Miss Sunshine, e di trasporre la sceneggiatura con sensibilità e bravura.
Devo per forza poi parlare del cast. Ogni attore è stato scelto per un ruolo che solo lui/lei avrebbe potuto interpretare, incredibile. Dano (coinquilino per davvero di Zoe) nel ruolo del giovane scrittore è perfetto, Zoe Kazan in quello di Ruby idem, tanto caruccia e originale, e poi Max Casella nel ruolo del fratello (personaggio simile in Greenberg), annette Bening come mamma neo new age, Banderas che continua a fare lo spot del Mulino Bianco anche al cinema, e infine Steve Coogan nella parte dello scrittore approfittatore e marpione. Tutti bravissimi e perfettamente in parte e Elliot Gould (mitico) in quella dell'analista.
In definitiva, una grandissima sorpresa, una pellicola fantastica, intelligente e romantica senza essere melensa. Carico di brio e con un bel messaggio finale (meglio vivere che fantasticare) degno di entrare nella lista dei più bei film dell'anno. La Fox Searchlight colpisce ancora.
"Can we start over?". Oh si per favore!