Nelle sale dall'8 novembre
Si, avete letto bene, 8 novembre 2012, Balada triste de trompeta va ad aggiungersi all'ormai sostanziosa lista di film sbarcati in qualche festival più o meno prestigioso, in questo caso la Mostra del cinema di Venezia dove si porta a casa Leone d'Argento e Osella d'oro per la miglior sceneggiatura, e poi spariti nel nulla, tanto che avevamo pensato di parlarne nella puntata di Filmbuster(d)s dedicata ai film dispersi. E invece no, perché secondo una recente abitudine tutta italiana ce lo ritroviamo in sala con due anni di ritardo (all'anagrafe il film è del 2010), che non sarebbe neanche tanto male se non fosse arrivato soltanto in una decina di cinema in tutta Italia, misteri delle insondabili logiche distributive... ma passiamo al film:
Spagna, 1937, il paese è lacerato dalla guerra civile. Nemmeno il mondo del circo viene risparmiato, e un pagliaccio si ritrova suo malgrado reclutato tra le truppe repubblicane per poi essere arrestato da quelle franchiste. Il figlio Javier organizza un attentato per liberarlo ma l'uomo rimane ucciso nell'esplosione. Da adulto Javier (Carlos Areces) decide di seguire le orme paterne e si fa assumere in un circo, ma con un passato del genere non può che interpretare il Pagliaccio Triste. Qui incontra il suo opposto, Sergio (Antonio de la Torre), il Pagliaccio Tonto, entrambi amano l'equilibrista Natalia (Caterina Bang) e arriveranno a distruggersi l'un l'altro pur di averla.
Dopo l'ingiustamente snobbato Oxford Murders, de la Iglesia dirige per la prima volta una pellicola interamente scritta da lui senza l'aiuto del fidatissimo Jorge Guerricaechevarrìa, e ne approfitta per ritornare al grottesco e al black humor dei suoi primi lavori. Eppure è difficile catalogare e descrivere un film come Balada triste de trompeta, c'è l'azione, la sessualità animalesca, l'orrore, la comicità, i freaks (viene in mente l'omonimo film di Tod Browning, ma anche il suo Lo Sconosciuto) e c'è persino un po' di storia. Anzi, nonostante la maschera deformata e deformante da pellicola di genere lo si può considerare un film storico, una metafora barocca della Spagna franchista. Barocca perché comunque questa maschera deformante c'è e si fa notare, e la metafora non è di certo qualcosa da ricercare, in Balada triste de trompeta infatti tutto è grezzo, stilizzato ed esasperato, i volti dei protagonisti sfigurati a colpi di tromba, ferri da stiro e soda caustica sono chiaramente il volto della Spagna martoriata dalla guerriglia e dalla dittatura, una risata o un'espressione triste perennemente incise nella carne. Oppure gli stessi Javier e Sergio che all'inizio sono solo due folli innamorati ma che quasi subito dimenticano amore e vendetta per trasformarsi in due bestie, due mostri pronti a fare a pezzi se stessi e l'oggetto del loro desiderio, che sia la Spagna o la bella Natalia.
Il sonno della ragione genera mostri insomma, e 35 anni di dittatura sono un sonno bello lungo, un incubo assurdo in cui la violenza diventa parte della quotidianità, qualcosa a cui incredibilmente prima o poi ci si abitua, e allora forse l'unico mezzo per svegliarsi dal torpore o per esorcizzare il tutto è una farsa altrettanto assurda, una ballata macabra di clown che corrono per strada vestiti da preti armati di mitragliatrici, è rozza, iperbolica e ridicola ma forse era l'unico modo per rappresentarla.
In conclusione, Balada triste de trompeta (fatico ad usare il titolo italiano) è un film difficile costruito su contrasti forti, quello più evidente che riguarda i due protagonisti, oppure quello che oppone la forte ironia tragicomica di certe situazioni alla violenta drammaticità di altre; persino la fotografia tende spesso ad accostare colori caldi e colori freddi con un effetto che sottolinea l'aspetto onirico e surreale della storia. Così l'occhio e lo stomaco dello spettatore vengono continuamente sollecitati da uno spettacolo caotico e brutale, che però è anche una favola terribile quanto bella.
Intanto Alex de La Iglesia non è stato con le mani in mano, proprio quest'anno è uscito il suo La chispa de la vida, di cui però non ho sentito parlare in toni particolarmente entusiastici, mentre per quanto riguarda il futuro sta lavorando ad un lungometraggio e ad un film a episodi insieme a gente come Emir Kusturica, Amos Gitai, Hideo Nakata e Guillermo Arriaga.
Si, avete letto bene, 8 novembre 2012, Balada triste de trompeta va ad aggiungersi all'ormai sostanziosa lista di film sbarcati in qualche festival più o meno prestigioso, in questo caso la Mostra del cinema di Venezia dove si porta a casa Leone d'Argento e Osella d'oro per la miglior sceneggiatura, e poi spariti nel nulla, tanto che avevamo pensato di parlarne nella puntata di Filmbuster(d)s dedicata ai film dispersi. E invece no, perché secondo una recente abitudine tutta italiana ce lo ritroviamo in sala con due anni di ritardo (all'anagrafe il film è del 2010), che non sarebbe neanche tanto male se non fosse arrivato soltanto in una decina di cinema in tutta Italia, misteri delle insondabili logiche distributive... ma passiamo al film:
Spagna, 1937, il paese è lacerato dalla guerra civile. Nemmeno il mondo del circo viene risparmiato, e un pagliaccio si ritrova suo malgrado reclutato tra le truppe repubblicane per poi essere arrestato da quelle franchiste. Il figlio Javier organizza un attentato per liberarlo ma l'uomo rimane ucciso nell'esplosione. Da adulto Javier (Carlos Areces) decide di seguire le orme paterne e si fa assumere in un circo, ma con un passato del genere non può che interpretare il Pagliaccio Triste. Qui incontra il suo opposto, Sergio (Antonio de la Torre), il Pagliaccio Tonto, entrambi amano l'equilibrista Natalia (Caterina Bang) e arriveranno a distruggersi l'un l'altro pur di averla.
Dopo l'ingiustamente snobbato Oxford Murders, de la Iglesia dirige per la prima volta una pellicola interamente scritta da lui senza l'aiuto del fidatissimo Jorge Guerricaechevarrìa, e ne approfitta per ritornare al grottesco e al black humor dei suoi primi lavori. Eppure è difficile catalogare e descrivere un film come Balada triste de trompeta, c'è l'azione, la sessualità animalesca, l'orrore, la comicità, i freaks (viene in mente l'omonimo film di Tod Browning, ma anche il suo Lo Sconosciuto) e c'è persino un po' di storia. Anzi, nonostante la maschera deformata e deformante da pellicola di genere lo si può considerare un film storico, una metafora barocca della Spagna franchista. Barocca perché comunque questa maschera deformante c'è e si fa notare, e la metafora non è di certo qualcosa da ricercare, in Balada triste de trompeta infatti tutto è grezzo, stilizzato ed esasperato, i volti dei protagonisti sfigurati a colpi di tromba, ferri da stiro e soda caustica sono chiaramente il volto della Spagna martoriata dalla guerriglia e dalla dittatura, una risata o un'espressione triste perennemente incise nella carne. Oppure gli stessi Javier e Sergio che all'inizio sono solo due folli innamorati ma che quasi subito dimenticano amore e vendetta per trasformarsi in due bestie, due mostri pronti a fare a pezzi se stessi e l'oggetto del loro desiderio, che sia la Spagna o la bella Natalia.
Il sonno della ragione genera mostri insomma, e 35 anni di dittatura sono un sonno bello lungo, un incubo assurdo in cui la violenza diventa parte della quotidianità, qualcosa a cui incredibilmente prima o poi ci si abitua, e allora forse l'unico mezzo per svegliarsi dal torpore o per esorcizzare il tutto è una farsa altrettanto assurda, una ballata macabra di clown che corrono per strada vestiti da preti armati di mitragliatrici, è rozza, iperbolica e ridicola ma forse era l'unico modo per rappresentarla.
In conclusione, Balada triste de trompeta (fatico ad usare il titolo italiano) è un film difficile costruito su contrasti forti, quello più evidente che riguarda i due protagonisti, oppure quello che oppone la forte ironia tragicomica di certe situazioni alla violenta drammaticità di altre; persino la fotografia tende spesso ad accostare colori caldi e colori freddi con un effetto che sottolinea l'aspetto onirico e surreale della storia. Così l'occhio e lo stomaco dello spettatore vengono continuamente sollecitati da uno spettacolo caotico e brutale, che però è anche una favola terribile quanto bella.
Intanto Alex de La Iglesia non è stato con le mani in mano, proprio quest'anno è uscito il suo La chispa de la vida, di cui però non ho sentito parlare in toni particolarmente entusiastici, mentre per quanto riguarda il futuro sta lavorando ad un lungometraggio e ad un film a episodi insieme a gente come Emir Kusturica, Amos Gitai, Hideo Nakata e Guillermo Arriaga.
Nessun commento:
Posta un commento