Si, è vero, era circa una settimana fa Halloween e si, avevo promesso un pezzo su un'altra cosa (sulla storia degli studios Paramount, rimandato di una settimana, per quei pochi a cui interessa), ma dopo una puntata del podcast dedicata all'orrore, dopo qualche filmaccio de paura visto in occasione della festività, sono stato contagiato e ho deciso di dedicare una puntata della rubrica all'argomento.
Non sono un appassionato del genere, soprattutto perchè ogni volta che provo a vederne uno incappo sempre in una porcata o nel migliore dei casi in una perdità di tempo. Dunque proporrò qui una semplice lista, non classifica -non mi piacciono- di film horror molto retrò, sperando così di farli conoscere a quegli spettatori giovani e sbarbati che cercano brividi d'antan.
Requisiti per entrare nella lista: devono essere in bianco e nero, nella sfera dell'horror (fra cui rientrano anche alcuni film di fantascienza, ai tempi considerati più dell'orrore che altro) e del periodo che va tra gli anni 30 e i primi anni 60. Anche se alcuni potrebbero essere considerati non idonei dai plutocrati dello stato capitale che si allisciano la barba e schioccano la lingua pensandoa cosa fare di questo... no sto divagando, sono comunque il genere di film che guarderei il 31 ottobre e che porterei se qualcuno mi invitasse a una rassegna di filmazzi (nessuno).
Ho escluso alcune pellicole, volontariamente ma a malincuore, con le seguenti motivazioni: i classici con i mostri della Universal (Dracula, Frankenstein, Uomo lupo and co.) perchè già famosi, idem vale per altri cult (Ultimatum alla terra, La cosa da un altro pianeta, L'invasione degli ultracopri, La piccola bottega degli orrori, come si può già notare molti sono di fantascienza più che horror puri), gli Ed Wood (belli ma meritano un capitolo a parte), i Godzilla (arriverà puntata sulla saga a rigurardo) e i colorati (Blob, Pianeta proibito, anche se farò un eccezzione).
Ho cercato di dividere le mie scelte in gruppi, per organizzare meglio la lista. Spero di potervi consigliare delle vere chicche e in alcuni casi degli ottimi film che scaveranno una nicchia nel vostro cuore.
Ero indeciso se portare ben 4 dei suoi film, ma alla fine li amo così tanto che me ne sono sbattutto se quasi metà della lista sarà interamente dedicata a lui. Prima una piccola introduzione su questo formidabile artista, praticamente sconosciuto al grande pubblico. Come lascia intendere il cognome, è nato in Francia, a Parigi, nel 1904 figlio di Maurice, anch'esso regista. Inizia come aiutante e montatore per il padre fino a fare lui stesso qualche corto, in Francia a in America sotto lo pseudonimo di Jack Turner. Nel 1935 viene assunto per dirigere la seconda unità del film Le due città da David O. Selznick. Qui, alla RKO, incontra Val Lewton (ovvero Vladimir Leventon), che ai tempi ricopriva il lavoro di sceneggiattore-correttore. Nel 1942 però gli viene affidata la direzione dell'unità horror della RKO e pensa subito al suo amico Jacques per fare qualche bel filmazzo di paura. E' la più grande idea che gli potesse venire. Il duo crea tre pellicole di grande impatto (di cui parlerò in seguito) e lancia la carriera di Tourneur. Dopo l'horror infatti si lancerà nel noir, creando uno dei migliori esempi del genere, Le catene della colpa, spaziando poi tra vari generi e lavorando con le più grandi star dell'epoca come Hedy Lamarr, Gregory Peck; Ray Milland, Gene Tierney e Lucille Ball. Tuttavia rimane conosciuto per essere il regista dell'orrore e vi ritorna a anni di distanza nel 1957. La parte finale della sua carriera è perlopiù composta da lavori per la tv tra i quali la regia di diversi episodi del Barbara Stanwyck show.
Il bacio della pantera (Cat People, 1942) - Jacques Tourneur.
Irena Dubrovna, una bella e misteriosa artista serba di moda a New York City, si innamora e sposa Joe Oliver Reed un costruttore navale. Il loro matrimonio però non va alla perfezione, in quanto Irena crede di soffrire di un'antica maledizione; se farà l'amore con un uomo, si trasformerà inesorabilmente in una pantera famelica. Oliver pensa che tutto ciò sia assurdo e infantile, così la manda dallo psichiatra, il Dr. Judd, per curarla, ma sembra che più che pazzia ci sia dietro qualcosa di reale e mortale.
Questo è il primo film horror di Tourneur e ragazzi che meraviglia. Al regista non serve mostrare squartamenti vari o violenze o ancora peggio mostri e demoni multiforme. Tutto il cinema di Tourneur si basa su un atmosfera sempre asfissiante e terrificante. Emblema del suo modo di fare e del film è la famosa camminata a casa della collega di lavoro di Oliver, di cui Irena è gelosa. La donna scende dal bus, di notte, e cammina verso casa, solo pochi isolati. Dietro di lei sembra esserci qualcosa, una presenza maligna e pronta a ttaccarla. La tensione sale sempre di più, lo spettatore si sente con il cuore in gola, il peggio sta per accadere, eppure...nulla. Il risultato è strepitoso, vi ritroverete arrampicati su per la sedia dopo questa sequenza nota anche come la Lewton bus scene, idem per il pezzo successivo in piscina.
Nelle intenzioni di Tourneur non si doveva mai vedere nulla, neppure nel finale o nelle scene più importanti. Doveva esserci qualcosa ma non era necessario che si vedesse. La produzione lo obbligò a mostrare per paura che il pubblico non gradisse. Sta tutto qui il suo grande talento, spaventarti con il nulla, senza bisogno di sangue, mostri o effettacci. Esegererò ma l'ho sempre definito come l'Hitchcock del cinema horror.
Esiste anche un seguito, Il giardino delle streghe, senza Tourneur e co-diretto da un giovane Robert Wise, ma devo ancora vederlo, e purtroppo esiste anche un remake con Natassja Kinski.
Ho camminato con uno zombie (I Walked with a Zombie, 1943) - Jacques Tourneur.
Una giovane infermiera canadese (Betsy) arriva nelle Indie Occidentali per prendersi cura di Jessica, la moglie del direttore di una piantagione (Paul Holland). Jessica sembra essere affetta da una sorta di paralisi mentale a causa della febbre contratta. Quando si innamora di Paul, Betsy decide di curare Jessica, anche se sarà necessaria una cerimonia voodoo praticata dagli indigeni. Trattasi di uno dei primi film sugli zombie, ma qui appunto si parla di riti voodoo, di controllo della volontà di una persona, una visione ancora lontanissima da quella romeriana.
Ancora una volta sta tutto nell'atmosfera. Quando insieme a Betsy ci addentriamo nelle piantagioni, all'interno dellisola e ci imbattiamo nel primo posseduto, che appare come una maschera nel buio, è difficile rimanere calmi. Non è niente di che, è solo un attore di colore catatonico, eppure è piazzata in un modo che sortisce l'effetto desiderato. Se poi ci abbiniamo una musica ripetitiva e claustrofobica che accompagna tutte le sequenze centrali, ci ritroviamo a chiamare la mamma. E' motlo più d'impatto questo che quella noia de La notte dei morti viventi, più giovane di 20 anni.
Pensare che il film non è altro che, secondo Val Lewton, una trasposizione di Jane Eyre. In realtà la storia è ispirata da un racconto di Inez Wallace, ma venne leggermente ritoccata perchè troppo piena di clichè. E dopo una recensione negativa, il produttore scrisse alla madre "Ma non preoccuparti dei critici, d'altronde cosa potresti scrivere di buono di un film con un titolo come questo".
A parte la paura, vi rimarrà bloccata in testa la canzoncina di uno dei locali, interpretato da Sir Lancelot, Shame and Scandal in the Family. Un attore intrappolato in quel ruolo come possiamo constatare anche in Forza bruta di Dassin.
L'uomo leopardo (The leopard man, 1943) - Jacques Tourneur.
Capitolo tre. Ingiustamente bollato come di serie B (oddio, anche gli altri non erano tanto considerati) è forse quello meno gagliardo sulla carta ma di certo non ha nulla da invidiare ai suoi due predecessori.
Siamo in un paese di confine, tra Stati uniti e Messico. Come trovata pubblicitaria per il suo night club, un uomo compra un leopardo da tenere al guinzaglio e in bella mostra. La concorrenza non apprezza e una notte fa scappare l'animale. In poco tempo verranno trovati molti cadaveri per le strade di paese, tutti imputatai alla bestia fuggita. Ma qualcosa non quadra e diventa presto chiaro che il leopardo in questione non c'entra. Cosa si cela dietro?
Nel più sottovalutato dei Tourneur horror si cela una delle sequenze migliori della storia del genere, e non esagero. Una di quelle scene da proporre e riproporre e da studiare sui manuali del cinema. Mi riferisco all'incontro di una giovane ragazza con la bestia assassina in prossimità di un sottopassaggio buio. Quando riesce a fuggire trova la porta di casa sua chiusa e la madre restia a farla entrare. Si sentono solo le urla, i pugni contro il legno e il suono dei graffi, degli indumenti strappati. Poi c'è spazio solo per il sangue e la reazione della madre, a pezzi.
Poche momenti, essenziali e una tensione ingestibile. E' vero forse che la storia non è il massimo e che ricorda troppo un avventura scanzonata à la Scooby doo (anche se dovrebbe essere il contrario), ma quando deve sfoderare gli artigli, lascia sempre il segno. Altro pezzo cult è quello del cimitero.
La notte del demonio (Night of the demon/Curse of the demon, 1957) - Jacques Tourneur.
Il ritorno al cinema horror dopo quasi 15 anni di assenza. Classica storia per Halloween, demoni, stregoneria, magia nera e malefici. Il dottor Harrington muore in seguito a uno strano incidente. Dopo essere stato a casa del bizzarro dott. Karswell, di ritorno a casa rimane fulminato da un palo della luce. Per la polizia non c'è dubbio, nonostante ci siano grosse ferite provocate da artigli su tutto il corpo. Noi abbiamo visto la verità però. Un demone terrificante lo ha attaccato e ucciso, un demone forse mandato da Karswell. Intanto dagli Stati Uniti arriva la nipote di Harrington e il dott. Holden, uno studioso scettico, pronto a sbugiardare tutto quello in cui crede Karswell. In seguito all'incontro tra i due, ad Holden viene fatto un maleficio, legato a una pergamena con simboli runici. Morirà entro tre giorni. Questa volta ci crederà o no?
Fantastico. Come fare un film per spaventare le folle ma inserirci dentro anche molta teoria e discorsi interessanti sulla stregoneria e la magia nera. E' così che si trasforma un filmaccio di serie Z a un ottimo film di intrattenimento.
Per una volta vediamo subito la minaccia, il demone, più classico che mai, con artigli, denti aguzzi, ali e coda. quello insomma raffigurato da quasi ogni cultura e identificato come il demonio. Stranamente Tourneur mette subito le carte in tavola (anche stavolta obbligato controvoglia a mostrare più che lasciare intuire) e lo fa in grande stile. L'apparizione del demone è introdotta da un bell'effetto di fumo e il demone in sè non si dimentica facilmente. Fenomenale invece una delle scene centrali in cui Holden si insinua nella casa di Karswell o ancora quella della seduta spiritica. Come al solito, poche cose, nessuna esagerazione e un risultato invidiabile. Grandissimo finale, "A volte è meglio non conoscere".
Il film viene citato in una delle canzoni di Rocky Horror Picture Show "Dana Andrews said prunes gave him the runes, but passing them used lots of skill". Andrews rimase così impressionato da Tourneur che volle lui per il suo successivo film, La piovra nera. Sembra palese l'influenza di questo film su Drag me to hell di Sam Raimi sia per il tipo di storia, sia per alcune scene identiche e per quel finale "ferroviario".
E ora qualcosa di diverso.
Il mostro della laguna nera (Creature from the Black Lagoon, 1954) - Jack Arnold.
Il primo che dice "Minchia, quello di Striscia la notizia, lo meno". Ok vero, è un mostro della Universal, ma mi piace così tanto che ho dovuto metterlo. Prima due paroline su Arnold, per me un genio. Regista, oltre di questa perla, anche dei mitici Tarantula (ne parlo dopo) e Radiazioni BX: distruzione uomo (non l'ho messo perchè ha poco di horror ma soffro, guardatelo!) e Destinazione Terra.
Una spedizione scientifica alla ricerca di fossili lungo il Rio delle Amazzoni scopre un mostro anfibio preistorico nella leggendaria laguna nera. Gli esploratori catturano la misteriosa creatura, che però riesce a liberarsi. Il Gill-Man, chiamato così dai fans, torna per rapire la bella Kay, fidanzata di un membro della spedizione, della quale si è innamorato.
Questo è abbastanza famoso e riconoscibile per merito del mostro, ma dubito che molti l'abbiano visto veramente, il film. Bè vi siete persi un ottimo "monster movie" capace di umanizzare la bestia e presentarla sotto un aspetto pietoso. Non è una novità, basti pensare a King Kong o a Frankenstein ma in confronto a questi due ha un fascino in più. Esistono pure i seguiti, come tutti gli Universal, e l'inevitabile remake non richiesto e tante volte rimandato sembra in preparazione.
Tarantola (Tarantula, 1955) - Jack Arnold.
Il mondo degli insetti giganti è stato tante volte visitato; THEM - Assalto alla terra, La mantide assassina, Spider vs The World, fino ad arrivare agli insettoni scala umana come La donna vespa e molti altri. Tarantola racconta del solito scienziato pazzo che vorrebbe ingigantire frutta e verdura per curare la fame nel mondo. Ma invece di partire da questi parte dagli animali. Ah benissimo, un bel maiale da 500 kili. Hum...no, testa il suo "prodotto" sui classici topolini da laboratorio, su scimmie e su ragni... La cosa non funziona sugli essere umani perchè, senza spiegare troppo, li rende dei mostri malformati e li soffoca in poco tempo. Ovviamente la tarantola sottoposta al trattamento, all'inizio di soli 80 cm, riesce a scappare e man mano che la sua fuga prosegue diventa enorme quanto una piccola cittadina del sud ovest americano. Stranamente nessuno la vede, agisce indisturbata in mezzo al deserto dove divora un paio di agricoltori e mezza decina di mucche. Quando se ne accorgono chiamano i jet coi missili.
Bè, puro Jack Arnold che, dopo aver rimpicciolito un uomo in Radiazione BX e averlo fatto combattere armato di ago contro un ragnetto, adesso ribalta le cose. Non solo obiettivo verso questo genere di film perchè li amo tutti (e la lista ne comprende altri). Un essere gigante che devasta delle piccole città. mi fa tornare bambino quando giocavo coi leghi e le macchinine. Non resisto e me li vedo tutti.
In più qeusto ha ottimi effetti speciali e presta il fianco a una visione spensierata e ricca di commenti divertenti tra amici. Nel gran finale, uno dei piloti dei jet, è nient'altro che Clint Eastwood al suo primo film. Ha su la maschera e si vede per 30 secondi, ma gli occhi sono i suoi. nel cast anche Leo G. Carroll anch'esso citato nella canzone di RHPS ciata più sopra.
Il risveglio del dinosauro (The Beast from 20,000 Fathoms, 1953) - Eugène Lourié.
Signori e signore, il papà di Godzilla. Il mitico mostro giapponese (arriva lo speciale, arriva) nacque l'anno successivo a questo monster movie ma essendo americano, hanno una genesi ben diversa. Il dinosaurone di questo film non è un varano trasformato dalle radiazioni delle atomiche americani ma è un vero e proprio dinosauro rimasto ibernato al polo nord per millenni. Una volta risvegliato da alcuni lavori di scienziati, il nostro simpatico amico ne pappa uno e si dirige verso la meta più ambita da chiunque: New York. Come si può fermare un lucertolone alto 50 metri e incazzato nero?
Ah meraviglioso! E che effetti speciali. Il mostro si muove a Manhattan in stop motion grazie alla mano sapiente del leggendario Ray Harryhausen (anche lui meriterebbe uno speciale) e il risultato è incredibile. Certo i giapponesi faranno jackpot usando modellini e mettendo una tutona a un attore, ma questo è comunque rimarchevole.
Stranamente qui il mostro si vede subito, mentre di solito si centellina il più possibile la sua presenza e la sua forma. A proposito di forma, è spassosissimo constatare come le dimensioni cambino sempre in maniera esponenziale. Prima è alto 30 metri, poi diventano 50 e quando attacca una nave in mare sembra essere almeno 100.
Interessantissimo anche il modo in cui viene fatto fuori, dopo un iniziale tentativo con la corrente (e qui Godzilla ha copiato parecchio). Anche qui molto divertimento involontario durante la visione, come per la lotta polpo-squalo, assolutamente unrelated e d'archivio (e in acquario, perchè il polpo s'attacca al vetro in un fotogramma) e la discussione telefonica tra il protagonista e il professore francese. Il primo urla fortissimo, eh...è una chiamata transcontinentale e nonostante sappia di dover parlare francese, lingua che conosce, inzia a parlare in inglese, salvo stupirsi che non viene compreso.
Sfortunamente non ha creato nessuna saga di 28 capitoli. Ah, l'autore letterario? Ray Bradbury, niente male.
Attack of the 50 Foot Woman (1958) - Nathan Juran.
Questo è pessimo ma come si fa a non guardare un monster movie con una donna bellissima e distruttrice, e degli alieni ridicoli? E' pura magia liquida. Juran, regista nato nell'allora Impero Austro-ungarico, è un abituè della pellicola sci fi di livello non Z, ma ZZZZ e non intendo soporifera ma purtroppo raramente i suoi film sono arrivati a noi, e difatti questo non c'è riuscito. Non fatevi fregare dalla locandina, che come capitava spesso era più bella del film (la sezione art work a volte non sapeva neanche di cosa trattasse realmente il film, conosceva solo il titolo), purtroppo succede ben poco e di certo non si vede la nostra bella gigantona fare una tale distruzione.
Si ma perchè è così grossa? Presto spiegato, lei è una poveraccia frustrata e tradita dal marito. Una notte degli alieni poco raccomandabili quanto spassosi (uno di loro è un gigante di 10 metri, che stranamente riesce a stare dentro a una navicella grossa come una Fiat Multipla) la rapiscono e tentano di ucciderla, dopo ovviamente averle fatto qualche espeirmento. Per fortuna si risveglia in ospedale sana e salva, ma piano piano si ingigantisce e diventa appunto enorme. Nonostante tutto rimane sempre coperta nelle sue zone intime e parte per vendicarsi del marito fedigrafo. Si esatto, il resto della distruzione nel film è quasi involontario.
E' talmente brutto che è diventato bello. Tuttavia è un cult e la sua locandina è un oggetto per l'arredamento cool imprescindibile. Molti conosceranno l'ugualmente pessimo remake con Daryl Hannah.
Il cervello che non voleva morire (The brain that wouldn't die, 1958-*1962) - Joseph Green.
Torniamo dai nostri tanto amati scienziati pazzi e i loro inutili esperimenti. Siamo nei primi sensazionali trapianti e il nostro dottore di turno ha in mente di trapiantare parti intere del corpo in pazienti menomati. I primi tentativi non sono proprio il massimo, il suo aiutante è messo peggio di prima e un altro paziente è costantemente chiuso in una cella di isolamento perchè parecchio furente e deformato. Eppure lui continua imperterrito. Mentre sta guidando come un forsennato con a bordo la sua fidanzata, rimane vittima di un terribile incidente. Lui ovviamente non si fa nulla ma la sua ragazza è praticamente spacciata. Per fortuna le salva la capoccia e la porta nel suo laboratorio. Ecco il nuovo piano: grazie al suo miracoloso siero, terrà viva la testa per circa 48 ore, permettendole anche di parlare, nonostante l'assenza dal resto del corpo e da elementi essenziali come i polmoni. Intanto va alla ricerca di un corpo da top model, stupendo, in modo da ammazzare la propietaria, staccarle la testa e attaccarla a quello che rimane della sua donna. Purtroppo questa, è parecchio incazzata, e insipegabilmente ha sviluppato poteri mentali stupefacenti che la preparano per la vendetta.
E' uno spasso, soprattutto quando solleva questioni di etica (E la sua anima?!?) o quando si impegna in dialoghi più lunghi e meno banali del solito. Ancora più spassoso quando deve ribadire l'ovvio ("Io sono la mente e tu sarai il braccio" dice la donna menomata al mostro segregato) o quando diventa ripetitivo per riempire il tempo (la sfigurata dal corpo perfetto "Ne porto il ricordo sempre con me" X4). Non so perchè ma mi ha ricordato un film di John Waters, ma senza la scurrilità e la promiscuità. A renderlo un cult assoluto contribuisce il doppiaggio italiano ("Disgraziatissima cialtrona!" mentre due ragazze litigano) e la risata dell'attrice principale, terrificante!
EXTRA! Ovvero, non corrisponde agli standard da me imposti ma lo amo così tanto che dovevo per forva mettervelo e obbligarvi a vederlo.
L'abominevole Dottor Phibes (The Abominable Dr. Phibes, 1971) - Robert Fuest.
Si può fare uno speciale horror senza Vincent Price? Volendo si, eccome, ma poi non sembra corretto non invitarlo. E allora per questa e mille altre ragioni, accettiamo questa perla kitsch anni 70 a colori psichedelici. Un medico, scienziato, organista, e studioso della Bibbia, il Dr. Anton Phibes, medita una vendetta per i nove medici che ritiene responsabili della morte di sua moglie. BAM! Che storia!
La trama si snoda attraverso una serie di torture senza via di scampo assolutamente geniali quanto folli, legate alla Bibbia. Robe che Saw manco gli allaccia le scarpe. Il tono non è quasi mai drammatico, ma non siamo neanche davanti a una parodia-commedia. E' originalissimo senza mai prendersi sul serio, nel pieno stile degli irriverenti anni 60-70.
Vincent Price è come al solito perfetto, ma d'altronde tutto lo è, compresa la sua aiutante, Vulnavia, mitica. Esiste anche un secondo capitolo, arrivato in Italia con il titolo di Frustrazione (ma perchè?) più o meno sulla falsa riga del primo ma non ugualmente bello. E già che ci sono ne consiglio uno molto simile, sempre con una vendetta articolata e numerosa e con Vincent Price, ovvero, L'oscar insanguinato.
Quando li avrete visti o se l'avete già fatto, ne possiamo discutere nei commenti sperando vi siano garbati, Halloween o non Halloween. Buona visione e ci rivediamo tra un anno meno una settimana.
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Chiusa questa parentesi, come annunciato, la prossima puntata sarà sui cent'anni dei Paramount studios e sulla nascita dello studio system.
* Greetings, my friends! You are interested in the unknown. The mysterious.*
*The unexplainable.That is why you are here.*
L'angolo Jacques Tourneur.*The unexplainable.That is why you are here.*
Ero indeciso se portare ben 4 dei suoi film, ma alla fine li amo così tanto che me ne sono sbattutto se quasi metà della lista sarà interamente dedicata a lui. Prima una piccola introduzione su questo formidabile artista, praticamente sconosciuto al grande pubblico. Come lascia intendere il cognome, è nato in Francia, a Parigi, nel 1904 figlio di Maurice, anch'esso regista. Inizia come aiutante e montatore per il padre fino a fare lui stesso qualche corto, in Francia a in America sotto lo pseudonimo di Jack Turner. Nel 1935 viene assunto per dirigere la seconda unità del film Le due città da David O. Selznick. Qui, alla RKO, incontra Val Lewton (ovvero Vladimir Leventon), che ai tempi ricopriva il lavoro di sceneggiattore-correttore. Nel 1942 però gli viene affidata la direzione dell'unità horror della RKO e pensa subito al suo amico Jacques per fare qualche bel filmazzo di paura. E' la più grande idea che gli potesse venire. Il duo crea tre pellicole di grande impatto (di cui parlerò in seguito) e lancia la carriera di Tourneur. Dopo l'horror infatti si lancerà nel noir, creando uno dei migliori esempi del genere, Le catene della colpa, spaziando poi tra vari generi e lavorando con le più grandi star dell'epoca come Hedy Lamarr, Gregory Peck; Ray Milland, Gene Tierney e Lucille Ball. Tuttavia rimane conosciuto per essere il regista dell'orrore e vi ritorna a anni di distanza nel 1957. La parte finale della sua carriera è perlopiù composta da lavori per la tv tra i quali la regia di diversi episodi del Barbara Stanwyck show.
Il bacio della pantera (Cat People, 1942) - Jacques Tourneur.
Irena Dubrovna, una bella e misteriosa artista serba di moda a New York City, si innamora e sposa Joe Oliver Reed un costruttore navale. Il loro matrimonio però non va alla perfezione, in quanto Irena crede di soffrire di un'antica maledizione; se farà l'amore con un uomo, si trasformerà inesorabilmente in una pantera famelica. Oliver pensa che tutto ciò sia assurdo e infantile, così la manda dallo psichiatra, il Dr. Judd, per curarla, ma sembra che più che pazzia ci sia dietro qualcosa di reale e mortale.
Questo è il primo film horror di Tourneur e ragazzi che meraviglia. Al regista non serve mostrare squartamenti vari o violenze o ancora peggio mostri e demoni multiforme. Tutto il cinema di Tourneur si basa su un atmosfera sempre asfissiante e terrificante. Emblema del suo modo di fare e del film è la famosa camminata a casa della collega di lavoro di Oliver, di cui Irena è gelosa. La donna scende dal bus, di notte, e cammina verso casa, solo pochi isolati. Dietro di lei sembra esserci qualcosa, una presenza maligna e pronta a ttaccarla. La tensione sale sempre di più, lo spettatore si sente con il cuore in gola, il peggio sta per accadere, eppure...nulla. Il risultato è strepitoso, vi ritroverete arrampicati su per la sedia dopo questa sequenza nota anche come la Lewton bus scene, idem per il pezzo successivo in piscina.
Nelle intenzioni di Tourneur non si doveva mai vedere nulla, neppure nel finale o nelle scene più importanti. Doveva esserci qualcosa ma non era necessario che si vedesse. La produzione lo obbligò a mostrare per paura che il pubblico non gradisse. Sta tutto qui il suo grande talento, spaventarti con il nulla, senza bisogno di sangue, mostri o effettacci. Esegererò ma l'ho sempre definito come l'Hitchcock del cinema horror.
Esiste anche un seguito, Il giardino delle streghe, senza Tourneur e co-diretto da un giovane Robert Wise, ma devo ancora vederlo, e purtroppo esiste anche un remake con Natassja Kinski.
Ho camminato con uno zombie (I Walked with a Zombie, 1943) - Jacques Tourneur.
Una giovane infermiera canadese (Betsy) arriva nelle Indie Occidentali per prendersi cura di Jessica, la moglie del direttore di una piantagione (Paul Holland). Jessica sembra essere affetta da una sorta di paralisi mentale a causa della febbre contratta. Quando si innamora di Paul, Betsy decide di curare Jessica, anche se sarà necessaria una cerimonia voodoo praticata dagli indigeni. Trattasi di uno dei primi film sugli zombie, ma qui appunto si parla di riti voodoo, di controllo della volontà di una persona, una visione ancora lontanissima da quella romeriana.
Ancora una volta sta tutto nell'atmosfera. Quando insieme a Betsy ci addentriamo nelle piantagioni, all'interno dellisola e ci imbattiamo nel primo posseduto, che appare come una maschera nel buio, è difficile rimanere calmi. Non è niente di che, è solo un attore di colore catatonico, eppure è piazzata in un modo che sortisce l'effetto desiderato. Se poi ci abbiniamo una musica ripetitiva e claustrofobica che accompagna tutte le sequenze centrali, ci ritroviamo a chiamare la mamma. E' motlo più d'impatto questo che quella noia de La notte dei morti viventi, più giovane di 20 anni.
Pensare che il film non è altro che, secondo Val Lewton, una trasposizione di Jane Eyre. In realtà la storia è ispirata da un racconto di Inez Wallace, ma venne leggermente ritoccata perchè troppo piena di clichè. E dopo una recensione negativa, il produttore scrisse alla madre "Ma non preoccuparti dei critici, d'altronde cosa potresti scrivere di buono di un film con un titolo come questo".
A parte la paura, vi rimarrà bloccata in testa la canzoncina di uno dei locali, interpretato da Sir Lancelot, Shame and Scandal in the Family. Un attore intrappolato in quel ruolo come possiamo constatare anche in Forza bruta di Dassin.
L'uomo leopardo (The leopard man, 1943) - Jacques Tourneur.
Capitolo tre. Ingiustamente bollato come di serie B (oddio, anche gli altri non erano tanto considerati) è forse quello meno gagliardo sulla carta ma di certo non ha nulla da invidiare ai suoi due predecessori.
Siamo in un paese di confine, tra Stati uniti e Messico. Come trovata pubblicitaria per il suo night club, un uomo compra un leopardo da tenere al guinzaglio e in bella mostra. La concorrenza non apprezza e una notte fa scappare l'animale. In poco tempo verranno trovati molti cadaveri per le strade di paese, tutti imputatai alla bestia fuggita. Ma qualcosa non quadra e diventa presto chiaro che il leopardo in questione non c'entra. Cosa si cela dietro?
Nel più sottovalutato dei Tourneur horror si cela una delle sequenze migliori della storia del genere, e non esagero. Una di quelle scene da proporre e riproporre e da studiare sui manuali del cinema. Mi riferisco all'incontro di una giovane ragazza con la bestia assassina in prossimità di un sottopassaggio buio. Quando riesce a fuggire trova la porta di casa sua chiusa e la madre restia a farla entrare. Si sentono solo le urla, i pugni contro il legno e il suono dei graffi, degli indumenti strappati. Poi c'è spazio solo per il sangue e la reazione della madre, a pezzi.
Poche momenti, essenziali e una tensione ingestibile. E' vero forse che la storia non è il massimo e che ricorda troppo un avventura scanzonata à la Scooby doo (anche se dovrebbe essere il contrario), ma quando deve sfoderare gli artigli, lascia sempre il segno. Altro pezzo cult è quello del cimitero.
La notte del demonio (Night of the demon/Curse of the demon, 1957) - Jacques Tourneur.
Il ritorno al cinema horror dopo quasi 15 anni di assenza. Classica storia per Halloween, demoni, stregoneria, magia nera e malefici. Il dottor Harrington muore in seguito a uno strano incidente. Dopo essere stato a casa del bizzarro dott. Karswell, di ritorno a casa rimane fulminato da un palo della luce. Per la polizia non c'è dubbio, nonostante ci siano grosse ferite provocate da artigli su tutto il corpo. Noi abbiamo visto la verità però. Un demone terrificante lo ha attaccato e ucciso, un demone forse mandato da Karswell. Intanto dagli Stati Uniti arriva la nipote di Harrington e il dott. Holden, uno studioso scettico, pronto a sbugiardare tutto quello in cui crede Karswell. In seguito all'incontro tra i due, ad Holden viene fatto un maleficio, legato a una pergamena con simboli runici. Morirà entro tre giorni. Questa volta ci crederà o no?
Fantastico. Come fare un film per spaventare le folle ma inserirci dentro anche molta teoria e discorsi interessanti sulla stregoneria e la magia nera. E' così che si trasforma un filmaccio di serie Z a un ottimo film di intrattenimento.
Per una volta vediamo subito la minaccia, il demone, più classico che mai, con artigli, denti aguzzi, ali e coda. quello insomma raffigurato da quasi ogni cultura e identificato come il demonio. Stranamente Tourneur mette subito le carte in tavola (anche stavolta obbligato controvoglia a mostrare più che lasciare intuire) e lo fa in grande stile. L'apparizione del demone è introdotta da un bell'effetto di fumo e il demone in sè non si dimentica facilmente. Fenomenale invece una delle scene centrali in cui Holden si insinua nella casa di Karswell o ancora quella della seduta spiritica. Come al solito, poche cose, nessuna esagerazione e un risultato invidiabile. Grandissimo finale, "A volte è meglio non conoscere".
Il film viene citato in una delle canzoni di Rocky Horror Picture Show "Dana Andrews said prunes gave him the runes, but passing them used lots of skill". Andrews rimase così impressionato da Tourneur che volle lui per il suo successivo film, La piovra nera. Sembra palese l'influenza di questo film su Drag me to hell di Sam Raimi sia per il tipo di storia, sia per alcune scene identiche e per quel finale "ferroviario".
E ora qualcosa di diverso.
Il mostro della laguna nera (Creature from the Black Lagoon, 1954) - Jack Arnold.
Il primo che dice "Minchia, quello di Striscia la notizia, lo meno". Ok vero, è un mostro della Universal, ma mi piace così tanto che ho dovuto metterlo. Prima due paroline su Arnold, per me un genio. Regista, oltre di questa perla, anche dei mitici Tarantula (ne parlo dopo) e Radiazioni BX: distruzione uomo (non l'ho messo perchè ha poco di horror ma soffro, guardatelo!) e Destinazione Terra.
Una spedizione scientifica alla ricerca di fossili lungo il Rio delle Amazzoni scopre un mostro anfibio preistorico nella leggendaria laguna nera. Gli esploratori catturano la misteriosa creatura, che però riesce a liberarsi. Il Gill-Man, chiamato così dai fans, torna per rapire la bella Kay, fidanzata di un membro della spedizione, della quale si è innamorato.
Questo è abbastanza famoso e riconoscibile per merito del mostro, ma dubito che molti l'abbiano visto veramente, il film. Bè vi siete persi un ottimo "monster movie" capace di umanizzare la bestia e presentarla sotto un aspetto pietoso. Non è una novità, basti pensare a King Kong o a Frankenstein ma in confronto a questi due ha un fascino in più. Esistono pure i seguiti, come tutti gli Universal, e l'inevitabile remake non richiesto e tante volte rimandato sembra in preparazione.
Tarantola (Tarantula, 1955) - Jack Arnold.
Il mondo degli insetti giganti è stato tante volte visitato; THEM - Assalto alla terra, La mantide assassina, Spider vs The World, fino ad arrivare agli insettoni scala umana come La donna vespa e molti altri. Tarantola racconta del solito scienziato pazzo che vorrebbe ingigantire frutta e verdura per curare la fame nel mondo. Ma invece di partire da questi parte dagli animali. Ah benissimo, un bel maiale da 500 kili. Hum...no, testa il suo "prodotto" sui classici topolini da laboratorio, su scimmie e su ragni... La cosa non funziona sugli essere umani perchè, senza spiegare troppo, li rende dei mostri malformati e li soffoca in poco tempo. Ovviamente la tarantola sottoposta al trattamento, all'inizio di soli 80 cm, riesce a scappare e man mano che la sua fuga prosegue diventa enorme quanto una piccola cittadina del sud ovest americano. Stranamente nessuno la vede, agisce indisturbata in mezzo al deserto dove divora un paio di agricoltori e mezza decina di mucche. Quando se ne accorgono chiamano i jet coi missili.
Bè, puro Jack Arnold che, dopo aver rimpicciolito un uomo in Radiazione BX e averlo fatto combattere armato di ago contro un ragnetto, adesso ribalta le cose. Non solo obiettivo verso questo genere di film perchè li amo tutti (e la lista ne comprende altri). Un essere gigante che devasta delle piccole città. mi fa tornare bambino quando giocavo coi leghi e le macchinine. Non resisto e me li vedo tutti.
In più qeusto ha ottimi effetti speciali e presta il fianco a una visione spensierata e ricca di commenti divertenti tra amici. Nel gran finale, uno dei piloti dei jet, è nient'altro che Clint Eastwood al suo primo film. Ha su la maschera e si vede per 30 secondi, ma gli occhi sono i suoi. nel cast anche Leo G. Carroll anch'esso citato nella canzone di RHPS ciata più sopra.
Il risveglio del dinosauro (The Beast from 20,000 Fathoms, 1953) - Eugène Lourié.
Signori e signore, il papà di Godzilla. Il mitico mostro giapponese (arriva lo speciale, arriva) nacque l'anno successivo a questo monster movie ma essendo americano, hanno una genesi ben diversa. Il dinosaurone di questo film non è un varano trasformato dalle radiazioni delle atomiche americani ma è un vero e proprio dinosauro rimasto ibernato al polo nord per millenni. Una volta risvegliato da alcuni lavori di scienziati, il nostro simpatico amico ne pappa uno e si dirige verso la meta più ambita da chiunque: New York. Come si può fermare un lucertolone alto 50 metri e incazzato nero?
Ah meraviglioso! E che effetti speciali. Il mostro si muove a Manhattan in stop motion grazie alla mano sapiente del leggendario Ray Harryhausen (anche lui meriterebbe uno speciale) e il risultato è incredibile. Certo i giapponesi faranno jackpot usando modellini e mettendo una tutona a un attore, ma questo è comunque rimarchevole.
Stranamente qui il mostro si vede subito, mentre di solito si centellina il più possibile la sua presenza e la sua forma. A proposito di forma, è spassosissimo constatare come le dimensioni cambino sempre in maniera esponenziale. Prima è alto 30 metri, poi diventano 50 e quando attacca una nave in mare sembra essere almeno 100.
Interessantissimo anche il modo in cui viene fatto fuori, dopo un iniziale tentativo con la corrente (e qui Godzilla ha copiato parecchio). Anche qui molto divertimento involontario durante la visione, come per la lotta polpo-squalo, assolutamente unrelated e d'archivio (e in acquario, perchè il polpo s'attacca al vetro in un fotogramma) e la discussione telefonica tra il protagonista e il professore francese. Il primo urla fortissimo, eh...è una chiamata transcontinentale e nonostante sappia di dover parlare francese, lingua che conosce, inzia a parlare in inglese, salvo stupirsi che non viene compreso.
Sfortunamente non ha creato nessuna saga di 28 capitoli. Ah, l'autore letterario? Ray Bradbury, niente male.
Attack of the 50 Foot Woman (1958) - Nathan Juran.
Questo è pessimo ma come si fa a non guardare un monster movie con una donna bellissima e distruttrice, e degli alieni ridicoli? E' pura magia liquida. Juran, regista nato nell'allora Impero Austro-ungarico, è un abituè della pellicola sci fi di livello non Z, ma ZZZZ e non intendo soporifera ma purtroppo raramente i suoi film sono arrivati a noi, e difatti questo non c'è riuscito. Non fatevi fregare dalla locandina, che come capitava spesso era più bella del film (la sezione art work a volte non sapeva neanche di cosa trattasse realmente il film, conosceva solo il titolo), purtroppo succede ben poco e di certo non si vede la nostra bella gigantona fare una tale distruzione.
Si ma perchè è così grossa? Presto spiegato, lei è una poveraccia frustrata e tradita dal marito. Una notte degli alieni poco raccomandabili quanto spassosi (uno di loro è un gigante di 10 metri, che stranamente riesce a stare dentro a una navicella grossa come una Fiat Multipla) la rapiscono e tentano di ucciderla, dopo ovviamente averle fatto qualche espeirmento. Per fortuna si risveglia in ospedale sana e salva, ma piano piano si ingigantisce e diventa appunto enorme. Nonostante tutto rimane sempre coperta nelle sue zone intime e parte per vendicarsi del marito fedigrafo. Si esatto, il resto della distruzione nel film è quasi involontario.
E' talmente brutto che è diventato bello. Tuttavia è un cult e la sua locandina è un oggetto per l'arredamento cool imprescindibile. Molti conosceranno l'ugualmente pessimo remake con Daryl Hannah.
Il cervello che non voleva morire (The brain that wouldn't die, 1958-*1962) - Joseph Green.
Torniamo dai nostri tanto amati scienziati pazzi e i loro inutili esperimenti. Siamo nei primi sensazionali trapianti e il nostro dottore di turno ha in mente di trapiantare parti intere del corpo in pazienti menomati. I primi tentativi non sono proprio il massimo, il suo aiutante è messo peggio di prima e un altro paziente è costantemente chiuso in una cella di isolamento perchè parecchio furente e deformato. Eppure lui continua imperterrito. Mentre sta guidando come un forsennato con a bordo la sua fidanzata, rimane vittima di un terribile incidente. Lui ovviamente non si fa nulla ma la sua ragazza è praticamente spacciata. Per fortuna le salva la capoccia e la porta nel suo laboratorio. Ecco il nuovo piano: grazie al suo miracoloso siero, terrà viva la testa per circa 48 ore, permettendole anche di parlare, nonostante l'assenza dal resto del corpo e da elementi essenziali come i polmoni. Intanto va alla ricerca di un corpo da top model, stupendo, in modo da ammazzare la propietaria, staccarle la testa e attaccarla a quello che rimane della sua donna. Purtroppo questa, è parecchio incazzata, e insipegabilmente ha sviluppato poteri mentali stupefacenti che la preparano per la vendetta.
E' uno spasso, soprattutto quando solleva questioni di etica (E la sua anima?!?) o quando si impegna in dialoghi più lunghi e meno banali del solito. Ancora più spassoso quando deve ribadire l'ovvio ("Io sono la mente e tu sarai il braccio" dice la donna menomata al mostro segregato) o quando diventa ripetitivo per riempire il tempo (la sfigurata dal corpo perfetto "Ne porto il ricordo sempre con me" X4). Non so perchè ma mi ha ricordato un film di John Waters, ma senza la scurrilità e la promiscuità. A renderlo un cult assoluto contribuisce il doppiaggio italiano ("Disgraziatissima cialtrona!" mentre due ragazze litigano) e la risata dell'attrice principale, terrificante!
EXTRA! Ovvero, non corrisponde agli standard da me imposti ma lo amo così tanto che dovevo per forva mettervelo e obbligarvi a vederlo.
L'abominevole Dottor Phibes (The Abominable Dr. Phibes, 1971) - Robert Fuest.
Si può fare uno speciale horror senza Vincent Price? Volendo si, eccome, ma poi non sembra corretto non invitarlo. E allora per questa e mille altre ragioni, accettiamo questa perla kitsch anni 70 a colori psichedelici. Un medico, scienziato, organista, e studioso della Bibbia, il Dr. Anton Phibes, medita una vendetta per i nove medici che ritiene responsabili della morte di sua moglie. BAM! Che storia!
La trama si snoda attraverso una serie di torture senza via di scampo assolutamente geniali quanto folli, legate alla Bibbia. Robe che Saw manco gli allaccia le scarpe. Il tono non è quasi mai drammatico, ma non siamo neanche davanti a una parodia-commedia. E' originalissimo senza mai prendersi sul serio, nel pieno stile degli irriverenti anni 60-70.
Vincent Price è come al solito perfetto, ma d'altronde tutto lo è, compresa la sua aiutante, Vulnavia, mitica. Esiste anche un secondo capitolo, arrivato in Italia con il titolo di Frustrazione (ma perchè?) più o meno sulla falsa riga del primo ma non ugualmente bello. E già che ci sono ne consiglio uno molto simile, sempre con una vendetta articolata e numerosa e con Vincent Price, ovvero, L'oscar insanguinato.
Quando li avrete visti o se l'avete già fatto, ne possiamo discutere nei commenti sperando vi siano garbati, Halloween o non Halloween. Buona visione e ci rivediamo tra un anno meno una settimana.
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Chiusa questa parentesi, come annunciato, la prossima puntata sarà sui cent'anni dei Paramount studios e sulla nascita dello studio system.
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