In uscita: a noleggio dal 7 novembre, in vendita a fine mese e al cinema mai.
-Dai andiamocene cazzo.
-Cosa hai detto Otomo!?
-Ho detto cazzo.
-Come ti permetti?!
-Non era rivolto a voi, coglione!
-Cosa hai detto Otomo!?
-Ho detto cazzo.
-Come ti permetti?!
-Non era rivolto a voi, coglione!
DOVE ERAVAMO RIMASTI I: Dopo quindici anni di grandi successi e in alcuni casi di veri e propri capolavori, l'eclettico Maestro giapponese Takeshi Kitano, si andò a scontrare con una profonda crisi creativa. Un'eventualità a cui si va incontro tutti prima o poi, che si sia dei geni o dei semplici scribacchini, è sempre dietro l'angolo.
Che cosa si fa in questi casi? O ci si ritira dalle scene finché non si torna alla normalità, o si fanno lavoretti facili, compitini, tanto per continuare a fare qualcosa e chissà che la crisi non finisca di colpo. Beat Takeshi non fece nessuna delle due cose.
Ne parlo con il suo pubblico, usò le telecamere e il grande schermo come fosse uno uno psicologo -quando si ha dato tanto, è giusto pretendere anche solo un piccolo spazio per se stessi- per affrontare il suo stato d'animo e il suo blocco. Creò la trilogia della distruzione (Takeshi's, Glory to the filmmaker, Achille e la tartaruga), in cui si è decostruito, si è fatto a pezzetti e si è ricostruito piano piano. Ha potuto parlare di se, del se regista, del se artista, dell'arte oggi e del ruolo in generale dell'artista. Un'insieme di film strazianti, schietti, in cui Kitano si mostrava senza difese; lui maschera vivente e faccia da gangster sadico. Poi, ritenutosi curato, è ritornato al lavoro, e l'ha fatto ripartendo da quello che l'ha reso famoso, dalla base, dall'isola di salvezza: la Yakuza.
Outrage, un'analisi fredda e calcolata delle logiche interne alle famiglie mafiose giapponesi, uscì nel 2010, a Cannes, fu un piccolo passo verso il vecchio Kitano, forse irrecuperabile. Non destò nessuna reazione degna di nota, ma noi tutti facevamo il tifo per lui.
DOVE ERAVAMO RIMASTI II: Ovvero la fine di Outrage, ed essendo questo un sequel, chiaramente spoilererò tutto del capitolo precedente. Siete avvisati.
Sakiyuchi è stato ucciso da Kato che ha così preso il controllo del clan Sanno, la famiglia più importante e potente della Yakuza. I suoi vice sono i due che hanno tradito i loro fratelli, Ishiara (ex contabile di Otomo), giovane e sfacciato, e Funaki, ex guardia del corpo di Sakiyuchi. Sono passati cinque anni da quel momento e il clan Sanno è cresciuto esponenzialmente sotto il suo nuovo presidente, arrivando addirittura a comandare alcuni elementi di spicco della politica. Kataoka, lo sbirro corrotto e sotto libro paga dai Sanno, riceve pressioni dai suoi superiori affinché il clan perda potere. Al contrario di qualsiasi poliziotto, Kataoka sa bene che non si può fermare una famiglia semplicemente arrestandone tutti i membri, ma bisogna farla scontrare con un altro clan, o creare delle faide interne che ne minimo la solidità. Dapprima tenta di convincere Tomina e i suoi due gregari, Shiroyama e Gomi (è sempre la regola del 3), a unirsi con l'altra grande famiglia, gli Hanabishi di Osaka con a capo Fuse (e Nishino e Nakata, tre) per dichiarare guerra ai Sanno. Quello che Kataoka non sa è che le due famiglie sono unite da un patto di non belligeranza e il traditore Tomina viene scoperto e ucciso. Allora punta su un altra carta: Otomo, il quale non è morto, come ci è stato fatto credere, pugnalato dallo sfigurato Kimura, ma è ancora vivo e ancora in galera. Kataoka lo libera per "buona condotta" e gli propone di far pace con Kimura, verso cui è profondamente pentito, e formare un clan tutto loro, vecchio stampo, che si unisca agli Hanabishi e faccia la guerra ai Sanno (a ridaje), sempre meno felici dello strapotere dei rivali.
Ma Otomo è stanco, vorrebbe solo riposarsi, uscire dai giochi e vivere una vita tranquilla, persino in galera se avesse la garanzia di stare in pace. Chiede aiuto a Chang, un mediatore con il mercato koreano, ma infine accetta, per farsi perdonare da Kimura e la guerra ha inizio. Ancora una volta Otomo è la scheggia impazzita pronta a sconquassare gli ordini e a cambiare le sorti della famiglia.
Vi siete persi? E' comprensibile. Outrage Beyond è un sequel perfetto, e ricalca in tutto e per tutto il suo predecessore. Ancora una volta si parte con una prima parte verbosa quanto sublime, in cui vengono rivelati tutti gli intrighi di palazzo, si svela il blueprint dell'organizzazione, gli animi dei sottoposti e si traccia una chiara diapositiva di cosa sia la Yakuza oggi. Sempre più potente, sempre più moderna, in un mondo che le appartiene in cui non c'è polizia o politica che tenga, perché sono tutti loro sottoposti. Dove l'unico modo per fermarla è dall'interno, per fortuna o per ingegno. Lasciare che gli umori si scaldino, manipolarli, usarli a proprio favore, e accettare che dopo di loro verrà un altro clan, un'altra famiglia, ma mai la pace e la libertà dal crimine organizzato.
Non ci si può beare dei propri successi alla Yakuza. Qualcuno trama sempre alle proprie spalle, qualcuno è pronto a scavalcarti e a esigere rispetto. E' una meccanica strana, per i giapponesi, il rispetto è importantissimo ma non è acquisito liberamente, ma solo tramite una carica, un titolo, un gradino sopra il resto degli altri. E' una piramide dove si fa presto a cadere e a essere superati, e allora sono cazzi amari e la vendetta è dietro l'angolo.
Vendetta, famiglie, correnti, modernità, traditori, rottamatori, diamine ma stiamo parlando del PD!
Nella seconda parte esplode la violenza tipica di Takeshi, ma al contrario del primo (dove per stessa ammissione del regista si era concentrato maggiormente sulla violenza e le singole scene, piuttosto che alla trama), tutto è più misurato e controllato.
Era forse proprio l'eccesso, l'infinita sequela di morti -elaboratissime- che non faceva funzionare Outrage e dava l'impressione di essere una rincorsa feroce per salvare la prima parte forse un po' troppo piatta. Non mancano tuttavia le scene cult pure nel seguito, dal "Faresti qualsiasi cosa? Allora giochiamo a baseball" al grande ritorno del trapano -ho ancora i brividi per la scena dal dentista-, tuttavia è un film molto più equilibrato, distinto e pacato, come lo stesso Otomo, incazzoso e irrequieto ma pronto a ritirarsi, ormai distaccato.
Formalmente invece sono due capitoli pressoché identici. La regia è di gran classe, precisa e affilata come una katana. La messa in scena è forse fin troppo buona e pulita, risultando troppo fredda e analitica persino per una bilogia più documentaristica che cinematografica sulla mala. Mi ha dato la tessa sensazione di Gli abbracci spezzati di Almodovar, un film perfetto, pulito, ma algido e in contrapposizione con il registro precedente del coloratissimo regista spagnolo. E qui è così, dov'è Takeshi? Dov'è la sua poesia?
Per ora ancora non c'è ma Outrage Beyond è un secondo passo, stavolta ancora più deciso e apprezzabile verso la guarigione e verso la certezza, ai noi, che il vecchio Kitano non tornerà più. Ci rimangono i ricordi e i DVD, va bene anche così.
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