Nomination agli
Oscar 2013 come Miglior Film Straniero
Vincitore della
Quinzaine des realisateurs a Cannes 2012
Cile 1988, le ormai
insostenibili pressioni internazionali spingono il governo guidato
dal presidente Augusto Pinochet ad indire un referendum. Dopo
un'assenza di democrazia durata oltre quindici anni il popolo cileno
è chiamato a votare: può dire si ad altri otto anni di Pinochet, o
può finalmente dire no ad una dittatura che si è macchiata dei
peggiori crimini immaginabili. Una scelta semplicissima, e
apparentemente una storia altrettanto semplice da raccontare.
Pablo Larrain, già
conosciuto e premiato per Tony Manero (2008), decide di portarla sul
grande schermo passando per l'opera teatrale The Referendum di
Antonio Skarmeta e concentrando tutta l'attenzione sulla campagna
elettorale che cambiò la storia del paese.
René Saavedra
(Gael Garcia Bernal), ambizioso pubblicitario figlio di esiliati,
viene coinvolto nella realizzazione degli spot elettorali di quindici
minuti che verranno mandati in onda ogni notte nel periodo del
referendum. Ma le sue idee moderne non convincono i politici, invece
di approfittare dello spazio concesso per denunciare gli orrori della
dittatura, René preferisce mostrare agli elettori il Cile di un
futuro possibile, attraverso l'estetica patinata e artificiale della
nuova comunicazione televisiva.
Un film sulla
storia quindi, ma anche e soprattutto sul potere delle immagini. E
forse proprio per questo che Larrain ha la geniale intuizione di
girarlo con una telecamera U-Matic del 1983 (da qui il formato
dell'immagine in 4/3) recuperata con l'aiuto del direttore della
fotografia Sergio Armstrong. No ha infatti tutte le caratteristiche
del mockumentary, una ricotruzione meticolosa della campagna
elettorale del 1988 documentata nella stessa forma delle immagini
televisive dell'epoca (film e immagini di repertorio si confondono
perfettamente), a metà tra un pedinamento neo-realista e un film del
Dogma 95.
Ricostruzione
meticolosa ma anche tremendamente appassionante, perché al centro di
tutto c'è una vera e propria sfida tra generazioni e modi di
comunicare, da un lato il linguaggio dinamico e spudorato della
televisione, dall'altro la vecchia retorica di una classe politica
intontita da quindici anni di dittatura. Nel mezzo l'impassibile
René, che si accolla il gravoso compito di mettere gli ingenui
membri dell'opposizione davanti alla necessità di un compromesso: la
democrazia può essere venduta come qualsiasi altro prodotto, e nel vibrante mondo della
televisione non c'è spazio per pestaggi della polizia o donne che piangono i loro desaparecidos; il pubblico vuole vedere
visi chiari e sorridenti, tavole imbandite e un futuro radioso a
portata di mano. Ed è proprio nel voler raccontare il compromesso che il film trova la sua forza, perché dietro quel bellissimo "No!" urlato dal popolo cileno ci sono anche decisioni scomode, forse addirittura immorali.
Altro duello che
tiene incollati allo schermo è quello tra René e il suo capo
(Alfredo Castro, già protagonista di Tony Manero e Post Mortem), che
si offre volontario per amministrare la campagna elettorale del "Si".
I due si affrontano sugli schermi televisivi attraverso i rispettivi
spot elettorali, in un continuo gioco di botta e risposta e parodie
reciproche che funziona quasi da diversivo leggero alla
violenza e alle intimidazioni reali messe in atto dal governo.
No di Pablo Larrain
fa venire in mente film come Salvatore Giuliano o Le mani sulla
città, grande cinema che affronta la realtà con uno stile unico e
una precisione chirurgica, raccontando un momento storico delicatissimo senza necessariamente mitizzarlo, ma anzi puntando i riflettori sui lati più controversi e meno cinematografici. Un affresco
attualissimo che tiene tutto il tempo con il fiato sospeso e lascia
con più dubbi che certezze. Qual è il prezzo della democrazia ?
Da non perdere.
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