Generi a sè stanti, sottogeneri, poco importa, queste due tipologie di film sono entrate nella vasta famiglia del Noir agli inizi degli anni 50, quindi con una decina d'anni di ritardo. Due generi separati, ma se vogliamo contigui -il primo potrebbe benissimo finire dove il secondo inizia- con protagonisti dei piccoli criminali, all'aria aperta o tra le costringenti sbarre di un penitenziario.
Lo schema del caper (che deve il suo nome molto probabilmente dal termine italiano capriole, ovvero quelle che devono fare i protagonisti per fuggire dalla polizia) è abbastanza semplice: si inizia con un piano, ordito da un uomo, magari un esperto, magari un ex criminale che ora vuole tornare in gioco per problemi finanziari. Raduna qualche amico, qualche collega e speiga cosa vuole fare, una rapina. Inizia quindi il reperimento di informazioni, armi, esplosivi, altri esperti in alcuni campi, l'osservazione del luogo, delle guardie, del sistema di sicurezza e chiaramente la progettazione del piano di fuga, a colpo compiuto. Secondo atto rappresentato dal colpo in se. Molta tensione, niente va mai come stabilito, scontri a fuoco e la fuga. può andare bene, può andare male -ma se è un noir.... La conclusione dipende, bisogna spartire il bottino, ci sono litigi, si crede di essere al riparo e invece, o alcune volte si scopre di essere stati raggirati e quindi di aver rischiato la vita per nulla. Uno schema classico e riconoscibile, ma non sempre fisso.
Il primo.
Doppio gioco (Criss Cross, 1949) combina molti temi del noir: l'amore "folle" o ossessivo che segna il destino di una coppia in fuga, la narrazione in prima persona intrecciata al flashback, un furto complesso al centro della trama, il classico doppio gioco. Il film di Siodmak aprì la strada a una serie di film molto simili: La sanguinaria (1950), furti di coppia, La furia umana (1949), un genio del crimine, un piano, rapine spettacolari, Sterminate la gang! (1950) e Giungla d'asfalto (1950) dove lo stratega diventa un personaggio chiave.
Proprio quest'ultimo, di John Huston, ha un approccio molto più intelettuale, diventando un caposaldo del genere. Distingue nettamente i proletari, esecutori materiali del colpo, dal losco avvocato incline alla filosofia che finanzia l'impresa per continuare a condurre uno stile di vita aristocratico.
Qualche anno più tardi, persino un giovane Kubrick si cimenterà col genere, con il capolavoro Rapina a mano armata (1956) e la sua complessa narrazione. Dialoghi serrati, doppio gioco, un flashback continuo e un colpo semplice e complicato allo stesso tempo lo rendono un classico.
Che si ritrovino insieme per volontà di una mente criminale o del caso, i malavitosi del caper film, ognuno dotato di capacità proprie e di un passato ingombrante, sono spesso protagonisti di faide interne o di accese rivalità. In uno degli ultimi esempi del noir classico Strategia di una rapina (1959), è il motivo razziale a scatenare il conflitto, ma più comunemente accade che personaggi come Dundee e Steve Thompson di Doppio gioco, pur sopportandosi a fatica, si ritrovino insieme a causa di una donna.
Proprio queste difficoltà, generano i battibecchi e i malumori che portano il colpo o a fallire o nonostante riesca, finisca in caciara e in una regolazione di conti quando il bottino è ormai ottenuto e tutto è finito.
E quando le cose finiscono male, o pochi salvano la pelle (esemplare è la fine de Le iene (1992) di Tarantino, omaggio al genere) o più raramente, si finisce in galera, dove l'unico esempio è evadere.
*E' singolare come il caper sia il genere serio che più si presta a parodie e commedie. Alcuni esempi: Ladykiller (originale e remake dei Coen), I soliti ignoti (1958), Topkapi di Dassin, serio ma anche molto ironico, Come rubare un milione di dollari e vivere felici, Criminali da strapazzo di Woody Allen.
Viva la fuga.
E così sei finito al gabbio, senza passare dal via e senza ritirare i tuoi 200 dollari. Poco male, non far cadere la saponetta, picchia il più debole e cerca di conoscere subito chi conta e soprattutto chi ti può dare in cambio qualcosa, come limette, scalpellini o poster, magari di Rita Hayworth.
Di solito si finisce anche nella cella perfetta, quella dove qualcuno sta già organizzando una fuga e che se fai il bravo e stai in silenzio, dai una mano agli scavi o altro, fanno uscire anche te.
I film di evasione o fuga, sono molto diversi da quelli tipo Furia (1936), capolavoro di Fritz Lang, o sempre suo, dell'anno successivo Sono innocente! (1937) e per rimanere in tema Fonda, Il ladro (1950) di Alfred Hitchcock. I loro protagonisti erano tutti innocenti, finiti dentro per crimini che non avevano commesso, erano manifesti di ingiustizia. No in questo caso sono dei veri criminali, magari non efferati, assassini impenitenti, molti di loro hanno commessi piccoli furti, spinti dalla povertà, dalla fame e adesso sono pentiti, soffrono MA! sono colpevoli e hanno una pena da scontare.
Questi elementi ce li rendono umani, li rendono simpatici e meritevoli del nostro tifo, perchè sarebbe scorretto tifare per la fuga di un pericoloso elemento della società.
Dove finiva il caper inizia l'evasione dicevamo. Prima si faceva di tutto per entrare, adesso di organizza un piano perfetto per uscire, ma senza esperti, armi, planimetrie o altri lussi. Bisogna fare tutto in silenzio e affidarsi all'istinto e alla fortuna. La ricompensa non sono i soldi ma una vita di nuovo libera anche se forse, votata alla continua fuga e all'ombra.
Un massimo esponente di questo genere è Forza bruta (1947) di Jules Dassin con Lancaster (già in Gangsters e Doppio gioco, è la sua puntata). Un gruppo di detenuti del penitenziario di Westgate, guidati da Lancaster, sta organizzando un'evasione. Mentre il piano prende forma, i reclusi della cella R17 raccontano ognuno la propria storia di come siano finiti dietro le sbarre. Ad ostacolare l'evasione è il sadico e duro capitano Cronyn. Dassin definì la pellicola stupida in quanto finiva per far assumere ai galeotti una specie di onorabilità.
Non solo sono onorabili per le motivazioni suddette ma anche per la presenza del capitano, violento, ingiusto e animalesco, come se il vero criminale fosse lui e la fuga dalle sue grinfie fosse un diritto. Come potete notare, flashback, voce narrante e fatalismo, sono tutti elementi da noir.
Tredici anni dopo, in Francia, dove lo stesso Dassin era fuggito e dove aveva firmato il capolavoro Rififi, ritroviamo un altro caposaldo del evasione-noir, Il buco di Jacques Becker. Quattro galeotti stanno organizzando una fuga quando in cella con loro viene immesso un nuovo inquilino. Questo porterà sfiducia e insicurezza. Tuttavia questa volta, seppur simpatici, i criminali non godono dello stesso tipo di trattamento offerto dal cinema americano. Non sono mai messi in luce positiva, sono solo degli esseri in cattività, pronti a scappare.
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Alla prossima puntata, una nuova tappa nell'universo noir.
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