domenica 12 maggio 2013

La Casa di Fede Alvarez

Nelle sale dal 9 maggio

Vi ricordate com'è andata l'ultima volta che un regista di successo ha appioppato un film horror ad un esordiente dopo aver visto un suo cortometraggio ?
Ecco, è successo di nuovo, o meglio, è successo prima: nel 2009 il trentacinquenne uruguaiano Fede Alvarez realizza il cortometraggio Panic Attack (http://www.youtube.com/watch?v=-dadPWhEhVk), in cui un guppo di giganteschi robot sbuca fuori dalla nebbia che circonda Montevideo e distrugge la città, una cosina minimalista con una computer grafica a basso budget che sorprende.
Il corto fa il giro della rete e finisce sotto il naso del geniale Sam Raimi, che decide subito di affidare a Fede Alvarez la regia e la sceneggiatura del remake di The Evil Dead (1981), e qui vorrei aprire una parentesi: il cortometraggio di Alvarez è sicuramente simpatico e ben fatto, e sicuramente l'occhio tecnico di Raimi è più allenato del mio, ma di progetti altrettanto validi in rete ce ne sono milioni; insomma se io fossi un grande regista, seduto davanti al pc a guardare video mentre accarezzo il mio gatto bianco, non credo che affiderei il remake di un mio classico al primo che passa, anzi, l'idea di un remake non mi passerebbe neanche per la testa, ma questo è un altro discorso...
In realtà le cose sono più complicate, Raimi all'inizio contatta Alavarez per trasformare Panic Attack in un lungometraggio (come per Mama, brr...) ma per ragioni diverse il progetto viene rimandato a data da destinarsi. L'idea di un remake de La Casa entra in gioco qui, quasi come ripiego, quindi l'idea romantica di un Raimi toccato da ispirazione divina che affida la sua creatura più cara a uno straniero venuto dal nulla è un po' da ridimensionare.
Chi mi legge ormai dovrebbe sapere quanto io aborrisca il concetto di remake, soprattutto in campo horror, praticamente è il peggiore dei presupposti possibili. Ma questa volta era diverso, ci ero cascato anche io, dietro Alvarez c'erano la mano esperta e l'ombra rassicurante di Sam Raimi.
Il riassunto della trama potrei anche risparmiarvelo, tanto l'originale La Casa lo hanno visto tutti, e chi non lo ha visto è un individuo triste che si trascina stancamente in un'esistenza grigia e senza scossoni. Ma qualcosa bisogna dirla, anche solo per prendere atto delle fondamentali novità introdotte dal giovane uruguaiano:
Il film si apre con un flashback, una ragazza in fuga nel bosco viene catturata da un paio di ferocissimi redneck (un tentativo di fare ironia ?). Nella scena successiva scopriamo che è posseduta da un demone, e il padre (forse l'archeologo del film originale) è costretto ad ucciderla e a darle fuoco per liberarla. Un inizio col botto e la musica a palla tanto per tenere vispo lo spettatore. Nella scena successiva torniamo ai giorni nostri, un gruppo di ragazzi raggiunge la casa del prologo per una sorta di ritiro spirituale in cui aiuteranno la tossicodipendente Mia a superare l'astinenza. Ma in cantina trovano il terribile Naturon Demonto, e uno di loro non resiste alla tentazione di leggerlo...
Partiamo proprio dall'aspetto narrativo. Nel film di Raimi la trama era elemento accessorio, un semplice pretesto per portare i personaggi in un luogo preciso e dare il via ad un bagno di sangue e violenza, tutto al servizio di ritmo e atmosfera. I "perché" e i "come" erano lontani anni luce dalla mente dello spettatore, completamente rapito da immagini e situazioni girate in modi mai visti prima.
Nel film di Alvarez invece i perché e i come sono anche troppi. In una scena ogni due qualcuno o qualcosa deve fornire una dettagliata spiegazione di quello che sta succedendo, a costo di fermare tutto e tutti nel mezzo di una carneficina: perché siamo qui, perché non possiamo andarcene, come funziona il libro, come funziona la possessione... e soprattutto, cosa succederà nei prossimi novanta minuti. Eh si, perché il libro dei morti spiega nei dettagli e in inglese tutto quello che accadrà una volta letta la formula d'invocazione, quindi dopo poche scene sappiamo già che le vittime devono essere cinque, che dopo la possessione si automutileranno in modo molto preciso (nel libro ci sono le immagini) e che il film finirà in un certo modo con una certa scena.
E poi c'è il raffinatissimo pistolotto morale, Mia era posseduta dal demone della droga e ora da un demone vero e proprio, insomma la dipendenza è una roba brutta forte da cui stare lontani e uscirne è un autentico calvario. Il che offre anche l'occasione per una serie di interessantissimi scambi di battute tra Mia e suo fratello, che l'ha lasciata sola ad accudire la madre sul letto di morte; insomma ci vuole un po' di sano conflitto, lo dicono in tutti i corsi di sceneggiatura.
Ma in fondo siamo qui per divertirci, chissenefrega della trama, e poi quello che ha reso grande Raimi e il suo film è la regia, uno stile ipercinetico fatto di inquadrature bizzarre e imprevedibili. Un'eredità bella tosta con cui confrontarsi, e Alvarez naturalmente non ci si avvicina nemmeno. Certo parliamo pur sempre di un esordiente, e la regia non è affatto un disastro, ma è piatta e derivativa come quella di tanti horror contemporanei, e i rari momenti in cui dà qualche segno di vita sono quelli in cui scimmiotta più o meno direttamente quella di Raimi. Ma sono appunto momenti isolati, e Alvarez non trova mai il coraggio di spingersi oltre quel tanto che basta per dare al film un'anima e un'identità sua. Il modo in cui i due registi trattano l'edificio protagonista del film è emblematico, Raimi trasformava quella piccola catapecchia in un autentico labirinto pieno di curve repentine, Alvarez ce la mostra una stanza buia alla volta, con inquadrature larghe quanto statiche.
Ma va bene così, chiudiamo un occhio anche su questo, come dicevo prima siamo qui per divertirci. E allora parliamo di puro e semplice intrattenimento: anche da questo punto di vista il confronto è inevitabile, i primi due capitoli di Raimi sono un autentico spasso ancora oggi, divertentissimi in modo diverso e per ragioni diverse. Il remake di Alvarez è più vicino al primo, un approccio sostanzialmente più serio che però si apre anche a dosi di violenza talmente eccessive da risultare esilaranti. Il problema però è sempre la sceneggiatura, per arrivare al dunque bisogna passare attraverso una serie di fastidiosissime pause in cui i personaggi si aggiornano sul da farsi, con scambi di battute che spesso e volentieri sfiorano il grottesco. La mia personalissima opinione è che il regista/sceneggiatore abbia cercato di diluire la violenza per non giocarsela tutta nel finale, e forse anche per questioni di budget. Raimi invece con quattro lire e tanta buona volontà ci buttava subito in mezzo al caos e non ci lasciava uscire più.
Rimangono gli effetti speciali, l'aspetto più discusso e apprezzato di questo rifcimento. A sentire il regista è tutta roba artigianale realizzata in lattice come ai vecchi tempi, quindi senza l'odiatissima computer grafica, che in un certo senso ha rappresentato la morte dello splatter. In realtà un po' di CG c'è e si vede, senza considerare il solito pesantissimo lavoro di post-produzione, ma apprezziamo comunque lo sforzo, anche perché la qualità e la quantità degli effetti è notevole. Notevole ma non eccezionale, e la cosa lascia un tantino perplessi considerando che la campagna promozionale del film spingeva quasi solo su questo aspetto. C'è qualche mutilazione bella truculenta e un finale con i fuochi d'artificio (almeno quello), ma niente che un appassionato di horror non abbia già visto e rivisto negli ultimi 30 anni, e comunque le fasi potenzialmente più disturbanti sono relegate al fuori campo o vengono accortamente nascoste dall'oscurità.
Il resto delle scene va a pescare dal repertorio collaudatissimo dei film sulla possessione diabolica: figure femminili con il viso coperto da capelli corvini (i j-horror hanno ucciso il cinema americano), ossa scricchiolanti, movimenti convulsi e le solite innocue imprecazioni da indemoniata.
Parlo di possessione diabolica perché in questo remake il demone sumero del 1981 è diventato un demonio nella concezione cristiana del termine, e infatti i vari posseduti tra una parolaccia scema e l'altra fanno continui riferimenti all'anima e alle fiamme dell'inferno, tanto che ci si chiede se Alvarez l'originale l'abbia visto davvero.
O forse è solo un modo di rendere il tutto più familiare al pubblico di oggi. Perché non si scappa, La Casa è l'ennesimo inutile remake che cerca di sdoganare un vecchio classico ad una nuova generazione, un pubblico senza memoria a cui puoi rifilare di tutto.
E' un film decoroso certo, a tratti persino divertente (solo a tratti eh, in novanta minuti il limite della noia lo sfiora più di una volta), ma rimane l'ultimo di una lunga lista di prodotti senz'anima. E chissenefrega se Raimi ne parla bene, lui ha parlato bene persino di The Amazing Spider Man.

Nota a margine: rimanete fino alla fine dei titoli di coda. Ci sono pochi fotogrammi che divertono ed emozionano molto più del film intero.

6 commenti:

  1. non si può dire che ciò che dici sia sbagliato, ma io non lo stronco così tanto, mi ha divertito abbastanza e gli effetti speciali mi sono piaciuti parecchio, probabilmente perché non vedo tutti gli horror che vedi tu.
    Nulla più che una piacevole oretta e mezza.

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    1. Sulla piacevolezza non discuto, nonostante tutti i problemi che ho evidenziato è stato divertente anche per me. Il primo tempo è addirittura volato, paradossalmente invece la seconda parte mi è sembrata più lunga.

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    2. confermo, anche io ho preferito il primo tempo.

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  2. Come dubitare del gusto orrorifico di Intr?

    Aspé... c'era quell'aborrito Miike (che poi, comunque, è stato rivalutato mi pare con "13 assassini")... Quindi dubito!

    Vedrò il film, per ora non dico niente tranne che è una rece scritta bene.

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    1. Aborrito no, semplicemente non condivido l'entusiasmo a prescindere. Lo trovo un autore sopravvalutato, ma è una cosa mia.
      Anche la trilogia della Black Triad Society mi è piaciuta parecchio.

      Questo vallo a vedere comunque. Spendi solo tre euro e fila via abbastanza spedito.

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    2. Ce li avessi, i 3 euro XD

      Tra l'altro, dubito lo daranno nel buco della mia città. La visione è rimandata a prossimamente...

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