giovedì 27 febbraio 2014

Tir di Alberto Fasulo

Nelle sale dal 27 febbraio
Vincitore del Marc'Aurelio d'Oro al Festival di Roma 2013.

La versione di Intrinseco
Tir è prima di tutto un film sulle (e ambientato nelle) distanze, quelle che separano il punto di partenza dalla destinazione, il luogo in cui le merci vengono caricate da quello in cui vengono scaricate, ma anche delle distanze dalla propria casa e i propri affetti, non a caso il protagonista -se così si può definire- è Branko, un insegnate sloveno che ha abbandonato il suo lavoro (di nuovo un allontanamento) per un altro più remunerativo, un eterno migrante che lascia moglie e figli e si reinventa camionista (un po' come l'attore, che ha preso la patente ed è letteralmente diventato il personaggio). Così il Tir che dà il titolo al film diventa la sua casa, un'unica claustrofobica location che però è in continuo movimento tra tanti non-luoghi, prima condivisa con un altro -il connazionale Maki- e poi vissuta in solitudine, per dormire, cucinare o lavarsi, un rifugio perennemente instabile che di punto in bianco potrebbe essere scambiato con un altro. Le cose importanti, quelle che in un film convenzionale sarebbero centro e motore della narrazione, sono lontane, chiuse fuori dalla cabina del camion. I rapporti umani, la famiglia e i soldi li intravediamo soltanto, o meglio, li sentiamo attraverso il viva voce del cellulare di Branko, l'unico filo che tiene ancorato quest'uomo alla deriva.

mercoledì 26 febbraio 2014

Filmbuster(d)s - Stagione 2 - Episodio 15

Puntata light!
Cos'hanno in comune lo schiavo liberato Solomon Northup e la scrittrice che ha inventato Mary Poppins ? Scopritelo nella nuova puntata di Filmbuster(d)s, in cui vi parliamo di Saving Mr. Banks e 12 Anni Schiavo.

Buon ascolto!

[00:00:35] L'angolo del tripudio
[00:16:30] La posta del cuore
[00:25:40] Saving Mr. Banks
[00:45:40] 12 Anni Schiavo




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domenica 23 febbraio 2014

12 Anni Schiavo di Steve McQueen

Nelle sale dal 20 febbraio

All'inizio del trailer italiano del film, tra le frasi lapidarie prese dalle recensioni, ce n'è una surreale di Variety: "Se Django ha aperto la porta, 12 Years a Slave l'ha spalancata." che per quanto possa suonare ridicola, solleva un interrogativo interessante: il film di Tarantino ha effettivamente infranto qualche tabù ? Ha davvero smosso le acque ? O, più semplicemente, Hollywood si è accorta di un'altra gallina dalle uova d'oro ? Qualunque sia la ragione, negli ultimi due anni il cinema americano si è invaghito del tema schiavitù (e affini), prima con Lincoln e Django Unchained, ora con l'orribile The Butler e il film di McQueen. Un invaghimento che va di pari passo con quello per le storie vere, proprio come quella di Solomon Northup (Chiwetel Eljofor), un violinista nato libero che nel 1841 venne rapito con l'inganno e venduto come schiavo in Georgia, dove trascorse 12 anni della sua vita.

giovedì 20 febbraio 2014

Saving Mr. Banks di John Lee Hancock

In sala dal 20 febbraio.

Ve lo ricordate Mary Poppins? Le sue splendide canzoni, la meravigliosa Julie Andrews, il bizzarro Dick Van Dyke. Uscì in America esattamente 50 anni fa e divenne ben presto un super classico. Incassò milioni e milioni di dollari diventando il più grande successo nella storia dello studio, venne addirittura nominato all'oscar per Miglior Film (l'unico Disney con Walt ancora in vita a riuscirci) mentre Julie Andrews vinse la statuetta per Migliore Attrice.
Eppure il parto fu uno dei più lunghi e difficili dell'intera storia del cinema americano. Iniziò quasi 25 anni prima della sua uscita al cinema, quando Walt Disney scoprì il libro omonimo, scritto da P.L. Travers, che faceva letteralmente impazzire le sue figlie. Volle trasformarlo fin da subito in un film e al grido di "Io non tradisco mai una promessa fatta alle mie figlie", cercò di comprare i diritti dalla signora Travers, per nulla intenzionata a cederli, per nessuna cifra al mondo. Dopo vent'anni di concessioni, avvicinamenti e allontanamenti, nel 1961 miss Travers sembrò iniziare a cedere e acconsentì a partire per Los Angeles dove avrebbe discusso e corretto, insieme agli sceneggiatori Disney, il copione finale del film. Avendo lei l'ultima parola, solo se tutto fosse stato di suo piacere, avrebbe firmato la cessione dei diritti. Ma cosa c'era dietro tutto l'astio e la malfidenza di questa algida e avvizzita signora inglese?

domenica 16 febbraio 2014

Monuments Men di George Clooney

In sala dal 13 febbraio.

Versione de Il Monco.
Facciamo ora un salto immaginario in un futuro distopico. La Germania è sul piede di guerra, ritira fuori la palla del liebestraum, crea il quarto reich e invade l'intera Europa e gli Stati Uniti. A parte diventare la nuova super potenza mondiale, vuole anche trafugare tutta l'arte migliore di ogni paese per esporla nei propri musei. Pittura, scultura, musica e anche il cinema. Ecco, l'ultimo film di George Clooney non lo toccherebbero neanche con un bastone. Neppure loro.
George ma che ti è successo? Eri e sei un solido attore, sei diventato anche un produttore dall'ottimo fiuto, sei passato pure dietro la macchina da presa regalandoci ottimi film (e un divertissement personale), scritti quasi tutti da te, e adesso te ne esci con sta roba? 
Monuments Men è insostenibile. E' un coacervo di scelte intollerabili ed errori da mestierante che da Clooney non ci saremmo mai aspettati. Sembra che di questo film non si riesca a salvare nulla, a partire da una sceneggiatura raffazzonata con enormi cambi di ritmo inspiegabili, sottolineati da un montaggio schizofrenico che passa da una scenetta-situazione all'altra in pochi secondi. Molto spesso sembra che neppure i personaggi sappiano bene cosa stanno facendo, e in quei momenti tutti si ferma di colpo, in uno stallo d'imbarazzo.

venerdì 14 febbraio 2014

Vijay – Il mio amico indiano di Sam Garbarski

In sala dal 13 febbraio.

"Il funerale è per i vivi. Tu non ci sarai tanto".
"...vedremo"
Torna Garbarski a 6 anni dall'acclamato Irina Palm e cambia registro. Da una commedia-dramma con momenti "scorretti" e dal sapore molto british, a una commedia leggera e classica ambientata nella grande mela. 
Come si può, giunti alla quarantina, ravvivare il proprio matrimonio? Come si riesce, dopo 20 anni con la stessa donna, a riaccendere il desiderio o anche solo per un istante, sembrare una persona diversa, e non la solita (noiosa) con cui ci si sveglia ogni mattina? Dura, durissima, molti matrimoni finiscono in frantumi proprio per questo motivo: la mancanza di varietà.
Will Wilder -pronunciato all'americana, che cosa brutta-, attore tv nato in Germania e emigrato a New York si ritrova in questa situazione. Dopo tanti anni felici, riassunti da una bella animazione stile Up sui titoli di testa, con Julia, qualcosa si è rotto. Il sesso manca da 10 mesi, tanto che addirittura si dorme con due letti separati, e le chiacchiere e le gentilezze stanno a zero. In soccorso di Will arriva un'inaspettata tragedia. Il giorno del suo compleanno, mentre crede che tutti se ne siano dimenticati, gli viene rubata la macchina, con tanti di documenti e cellulare, ma il ladro, si schianta e muore sul colpo, lasciando solo un involucro carbonizzato.

martedì 11 febbraio 2014

Filmbuster(d)s - Stagione 2 - Episodio 14

Altra puntatona colossale!
Ci rattristiamo ricordando il compianto Philip Seymour Hoffman, torniamo allegri con lo specialone sui fratelli Coen e poi ci rattristiamo di nuovo parlando del loro ultimo splendido film: Inside Llewyn Davis. Per tirarci su il morale concludiamo con l'ottimo All is Lost di J.C. Chandor.

Buon ascolto!

[00:00:35] L'angolo del tripudio
[00:17:25] La posta del cuore
[00:32:15] Un ricordo di Philip Seymour Hoffman
[01:00:20] Speciale fratelli Coen
[01:41:15] A proposito di Davis
[02:27:25] All is Lost




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domenica 9 febbraio 2014

A proposito di Davis di Joel e Ethan Coen

Nelle sale dal 6 febbraio

Play me something from Inside Llewyn Davis

Molti mesi fa, di fronte alle prime immagini di Inside Llewyn Davis, poteva sorgere il sospetto che sotto la barba nerissima di Oscar Isaac si nascondesse l'ennesima incarnazione cinematografica di Bob Dylan. Oggi invece sappiamo che il protagonista è vagamente ispirato a Dave Van Ronk, figura chiave nella scena folk newyorkese all'inizio degli anni '60. Il pre Bob Dylan insomma, prima che il folk americano diventasse protagonista di una piccola rivoluzione culturale. Ma per i Coen il dato biografico è collaterale, e, nonostante le ovvie analogie, il loro musicista vagabondo è piuttosto lontano da entrambe le figure in questione.
Llewyn Davis si muove nel Greenwich Village del 1961. Si muove letteralmente, da un appartamento all'altro, da un divano all'altro, sempre in fuga dai debiti, sempre alla ricerca di un pasto gratis o di un posto dove passare la notte. Dipende dagli altri perché non vuole lavorare, e non vuole lavorare perché esistere non gli basta. Unico superstite di un duo folk (e qui forse c'è dell'autobiografia. I Coen funzionerebbero separatamente ?), attraversa New York, e un pezzettino di America, alla ricerca della grande occasione, con la fedele chitarra in mano e un gatto sotto braccio.

giovedì 6 febbraio 2014

All Is Lost: Tutto è perduto di J.C. Chandor

In sala dal 6 febbraio.

"FUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUCK!"
Robert Redford, un uomo solo al comando. Quasi 80 anni, e dimostrarli e fregarsene tra l'altro, si lancia in questo film in solitaria dove è un uomo, senza nome, che con la sua barchetta a vela ne passa di ogni. Prima di tutto va a cozzare contro un container di scarpe, abbandonato in mezzo al mare. Entra molta acqua a bordo, sembra già un guasto insormontabile, ABBANDONARE LA NAVE! (Bender cit.) e invece assistiamo a una meticolosa quanto lunga riparazione dello scafo grazie ad alcuni oggetti di recupero. 
Appena però sembra tutto a posto, ecco che all'orizzonte arriva una bella tempesta. La forza della natura è talmente forte da ribaltare la barca un paio di volte e lasciare Robert svenuto dopo una craniata. Risvegliato, e resosi conto che la barca lo sta per abbandonare, sale sul gommone/scialuppa di salvataggio e cerca di farsi salvare in qualche modo. 8 giorni di naufragio a 17 miglia nautiche dalla costa di Sumatra, fino a un epilogo ambiguo dove ogni spettatore può vederci la fine che vuole (nzomma).

martedì 4 febbraio 2014

Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée

Nelle sale dal 30 gennaio

Sai che gli Oscar sono vicini quando pellicole (ma si può ancora dire ?) come Dallas Buyers Club invadono i cinema. Storie vere dai risvolti drammatici, racconti di formazione costruiti intorno ad un personaggio (e quindi un attore) che in qualche modo riesca a catalizzare l'attenzione dello spettatore, possibilmente qualcuno disposto ad attraversare una trasformazione fisica più radicale possibile, che si tratti di lunghe e intensissime sedute di make-up, o di invasive metamorfosi auto-inflitte.
Quella raccontata da Jean-Marc Vallée è la vera storia di Ron Woodroof, elettricista e cowboy da rodeo (che qui diventa ovvia metafora, visto che il vero Woodroof era solo un appassionato) nel bigottissimo Texas degli anni '80. Omofobo, donnaiolo e consumatore abituale di droghe, un giorno perde i sensi sul lavoro e si risveglia in ospedale, la diagnosi è un'infezione da HIV, la malattia delle "checche", un male che ha appena iniziato a flagellare l'America e che il caso di Rock Hudson ha portato all'attenzione pubblica.