giovedì 20 febbraio 2014

Saving Mr. Banks di John Lee Hancock

In sala dal 20 febbraio.

Ve lo ricordate Mary Poppins? Le sue splendide canzoni, la meravigliosa Julie Andrews, il bizzarro Dick Van Dyke. Uscì in America esattamente 50 anni fa e divenne ben presto un super classico. Incassò milioni e milioni di dollari diventando il più grande successo nella storia dello studio, venne addirittura nominato all'oscar per Miglior Film (l'unico Disney con Walt ancora in vita a riuscirci) mentre Julie Andrews vinse la statuetta per Migliore Attrice.
Eppure il parto fu uno dei più lunghi e difficili dell'intera storia del cinema americano. Iniziò quasi 25 anni prima della sua uscita al cinema, quando Walt Disney scoprì il libro omonimo, scritto da P.L. Travers, che faceva letteralmente impazzire le sue figlie. Volle trasformarlo fin da subito in un film e al grido di "Io non tradisco mai una promessa fatta alle mie figlie", cercò di comprare i diritti dalla signora Travers, per nulla intenzionata a cederli, per nessuna cifra al mondo. Dopo vent'anni di concessioni, avvicinamenti e allontanamenti, nel 1961 miss Travers sembrò iniziare a cedere e acconsentì a partire per Los Angeles dove avrebbe discusso e corretto, insieme agli sceneggiatori Disney, il copione finale del film. Avendo lei l'ultima parola, solo se tutto fosse stato di suo piacere, avrebbe firmato la cessione dei diritti. Ma cosa c'era dietro tutto l'astio e la malfidenza di questa algida e avvizzita signora inglese?
Non c'è solo un certo snobismo verso le grandi produzioni hollywoodiane corrotte e avide di soldi (chi più della Disney? Con tutto il rispetto per i suoi adoranti fans), non c'è solo la paura di vedere la propria creatura snaturata e/o sfigurata, spogliata del suo vero valore e senso solo per far ridere le famiglie. C'è di più, c'è che il romanzo è stato un modo per elaborare la tragedia personale di una infanzia passata tra un padre amorevole ma beone e una madre troppo accondiscendente (e con un tentato suicidio davanti ai suoi innocenti occhi di bambina). Mary Poppins per Pamela Travers era qualcosa di più che una favoletta per bambini dove una nanny arriva volando, con il vento dell'est, e salva tutti quanti. (Ri)vedere-rivivere quella situazione per lei potrebbe essere un colpo molto duro, soprattutto se anche questa volta il suo caro babbo, il Mr. Banks, non dovesse essere salvato.

Non è forse il cinema la più forte -e tra le più funzionanti- terapia? Medium diretto e incisivo come nessun altro, capace di riportare felicità e speranza nel cuore di qualsiasi spettatore (o tristezza e angoscia, perchè no), ma anche in grado, come una enorme madeleine proustiana di riportare in superficie ricordi, felici o meno.
Miss Travers aveva scritto Mary Poppins, e lo aveva potuto quindi gestire lei dall'inizio alla fine. Aveva cambiato il corso reale degli eventi e aveva portato nella storia un deus ex machina come Mary. Cosa sarebbe successo se tutto questo fosse finito nelle mani sbagliate e tutta la sua fatica andata persa (con il suo povero papà). Saving Mr. Banks è un film sulla fiducia e sulla speranza, due cose perdute dalla nostra fragile protagonista -che abbraccia topolino la notte, che scava un fossato per il te e che vorrebbe amalgamarsi nei cocktail bar losangelini-, incapace di fidarsi di chi le sta vicino e senza più speranza che le cose possano andare bene, anche senza i poteri magici dell'immaginazione.
Ed è forse nella guarigione o nell'affronto (e risoluzione) del proprio passato, vis-a-vis finalmente, che c'è l'unica grande pecca di un film altrimenti più che godibile in ogni suo aspetto. E' un passaggio delicato ma trattato forse con troppa frettolosità. Pamela accetta, guarisce, si riconcilia con il mondo, pur restando una scassacazzi all'inglese, in un processo graduale che collima proprio con la prima del film al cinema. La potenza delle immagini! La potenza di un bel film Disney.
In realtà non andò proprio così bene, non furono rose e fiori e il rapporto Disney-Travers si arresto bruscamente di nuovo e per l'ultima volta, ma, come si dice spesso, perché rovinare una bella storia con la verità?
Già, il tipico metodo Disney. Sicari di alto livello. Non fanno prigionieri o feriti, vanno dritti al cuore. Destro sinistro e sei al tappeto. Per un'oretta ti blandiscono con una storiella semi-drammatica, a cui già i più "deboli" soccombono o mostrano il fianco. Poi ti sommerge con qualche bella canzone (tratte chiaramente dall'originale. C'è qualcosa negli spartiti Disney, come una polverina o un messaggio che penetra nel nostro subconscio senza che noi possiamo fare nulla), ti fa volare in alto come un aquilone e proprio qui arriva il colpo di grazia. Piangi, senza difese, totalmente in balia di emozioni, immagini, suoni. Hanno vinto un'altra volta. Trucchetti direte voi, metodi biechi, ma maledettamente e perfettamente congeniati.

Un film che non doveva neanche esistere, messo nella grande lista nera dei progetti irrealizzabili, e per un semplice motivo: lo poteva fare solo la Disney chiaramente. E quando finalmente se ne sono accorti, hanno fatto tutto alla perfezione. D'altronde parliamo di uno studios che ha un archivio tra i più grandi del mondo. Lettere, registrazioni, campioni, schizzi. Basta cercare bene e si trova una miniera d'oro. Esistono ancora oggi (e si possono udire sui titoli di coda) le registrazioni originali della Travers (39 ore!) su cui gli attori si sono basati.
Gli attori. Hanks per fare il suo Walt ha fatto di tutto, ha studiato, ha guardato ore e ore di filmati degli special Disney, ha parlato con la figlia ancora in vita, ha voluto mettere anche solo in un passaggio veloce, la dipendenza di Walt dalle sigarette. Altro grande e encomiabile lavoro di un signor attore, guarda caso, è un cugino alla lontana proprio di Walt.
Formidabile Emma Thompson in un ruolo che le si cuce addosso alla perfezione, chi altri poteva interpretare così la odiosa P.L. Travers? Lei che tra l'altro è già stata una tata terrificante, ovvero Nanny McPhee.
E stasera mi sa che mi rivedo Mary Poppins, per la ventesima volta.

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