domenica 29 settembre 2013

La Fine del Mondo di Edgar Wright

Nelle sale dal 26 settembre

Oh cazzo, Newton Haven! Prendetevi un attimo per guardarla nei suoi colori originali, perché stasera la faremo nera.

Finalmente uno degli eventi cinematografici dell'anno, l'ultima attesissima follia di un regista (e una coppia di attori) che ha messo d'accordo praticamente tutti, dallo spettatore qualunque all'appassionato di cinema più intransigente. E noi italiani cosa facciamo ? Lo piazziamo in appena 65 sale (ma per Wright è già un bel traguardo) ad orari improbabili e per periodi di tempo vergognosamente brevi. Per di più in sale completamente deserte, dopo che abbiamo regalato montagne di soldi a decine di noiosissimi blockbuster. Forse il mondo merita davvero di finire...
Nel 1990, per festeggiare il diploma, Gary "The King" King (Simon Pegg), Andy Knightley (Nick Frost), Peter Page (Eddie Marsan), Steven Prince (Paddy Considine) e Oliver "Omen" Chamberlain (Martin Freeman) hanno tentato l'impresa: il Golden Mile, un leggendario giro di bevute attraverso i 12 pub della cittadina di Newton Haven. Ma i cinque moschettieri (con nomi cavallereschi) cadono uno dopo l'altro senza aver raggiunto l'ultimo, il The World's End. L'adolescenza è scivolata via, gli amici inseparabili hanno preso strade diverse per diventare noiosissimi adulti, tranne Gary, quarantenne immaturo con problemi di droga. Un giorno, durante una seduta di terapia, ha un'illuminazione: l'unico modo per sbloccare la sua vita è rivivere quel glorioso giorno, così trascina i quattro amici a New Haven per completare il Golden Mile, ma la tranquilla cittadina di provincia nasconde un inquietante segreto.

mercoledì 25 settembre 2013

The Bling Ring di Sofia Coppola

Nelle sale dal 26 settembre.

Perchè il Johnny Marco di Somewhere viveva allo Chateau Marmont, l'hotel delle celebrità, piuttosto che comprarsi una bella villona da superstar come tutti gli altri? Perchè sapeva che un gruppo di stronzetti poteva svaligiargli casa.
Spring Breakers atto II. Prendi un giovane attrice, famosa per essere la tipica brava ragazza sul grande schermo e fuori, falle fare la cattiva ragazza, che pippa, fuma, beve e ruba. Fallo in scala minore, senza provocazioni e in modo molto canonico e ottieni The bling ring.
Tra l'ottobre 2008 e l'estate 2009, a Los Angeles, un gruppo di adolescenti di buona famiglia, ha ripetutamente fatto irruzione nelle case dei vip della zona, dove ha saccheggiato borse, vestiti, orologi e gioielli (addirittura persino una Sig Sauer calibro .380) per un valore complessivo di 3 milioni di dollari. Tra le vittime, Paris Hilton, Orlando Bloom, Rachel Bilson and co. Non scassinarono mai, semplicemente riuscivano a trovare una porta aperta o una finestra o incredibilmente, la chiave sotto lo zerbino, ed entravano. Niente allarmi, niente polizia. Pazzesco, io abito in culo al mondo, c'ho due lire eppure metto l'allarme anche quando esco col cane.
La stampa li soprannominò il "bling ring" o "the burglar bunch", furono la gang criminale con più colpi a segno e di maggior fama nella storia recente di Hollywood. Sofia Coppola, dopo aver letto l'articolo "I sospetti indossano Louboutins" di Nancy Jo Sales, decise di farne un film loosely based on -ma neanche tanto-, per raccontare ancora una volta la generazione X o 2K10, vuota, allo sbando e senza un futuro.

martedì 24 settembre 2013

You're Next di Adam Wingard

Nelle sale dal 19 settembre

Ridendo e scherzando You're Next è un film di ben due anni fa. Terminato nel lontano 2011, passato per il Festival di Toronto lo stesso anno e poi infilato in qualche cassetto a prendere polvere per ragioni sconosciute, mentre il regista Adam Wingard e il fedele sceneggiatore Simon Barrett si tenevano impegnati con i due capitoli di V/H/S e The ABCs of Death. Per una volta quindi la colpa non è della perfida distribuzione italiana.
Dopo un rapido prologo che fa molto Scream, ci ritroviamo in macchina con una coppia di mezza età in viaggio verso la casa di campagna. I due si preparano a festeggiare l'anniversario di matrimonio, e per l'occasione sono riusciti a radunare tutti i figli sotto lo stesso tetto.
La convivenza forzata fa riemergere vecchi rancori, e una cena rilassata in famiglia si trasforma rapidamente nell'ennesima lite tra fratelli, ma qualcuno dall'esterno sta osservando...
You're next è l'ennesimo "home invasion", la classica storia di una famiglia qualsiasi assediata nella propria casa da un gruppo di assassini in maschera. Semplice e diretto, qualcosa che abbiamo visto in decine di film, da Cane di paglia alle due versioni di Funny Games, e che qui viene riproposto nella sua forma più spartana, senza variazioni sul tema e soprattutto senza sottotesti politici forti (e ricordando i fastidiosi didascalismi di La notte del giudizio viene da dire: molto meglio così).

domenica 22 settembre 2013

Rush di Ron Howard

Nelle sale dal 19 settembre.

E chi l'avrebbe mai detto? Eppure si, un tempo la formula 1 era uno sport maledettamente interessante ed emozionante. Prima dell'avvento dell'elettronica*, della sicurezza ad ogni costo, del kers, dei simulatori di guida etc... esisteva il mondo delle corse da cartolina, con sorpassi al limite, rischi e spettacolo -tutto quello che oggi i vari spot televisivi, sempre più belli e dinamici, tentano di venderci ma che non troviamo una volta aperta la confezione in super alta definizione. Ci avevano provato spesso in passato i nostri fratelli maggiori e i nostri padri ad assicurarci che la formula 1 era davvero così, ma noi non gli credevamo e solo in rare occasioni ci accorgevamo che forse avevano ragione. Ad esempio quando un record storico del giro, imbattuto da decenni, viene finalmente infranto, o quando un telecronista sottolinea un pilota ha scelto il casco giallo per omaggiare una vecchia gloria o ancora in qualche immagine di repertorio con le scintille che schizzano da ogni parte. Epoche in cui i nomi italiani occupavano ancora un piccolo spazio nel circus, insieme a vocaboli come Tyrrel, Imola, Andretti e Goodyear. Per fortuna che a ricordarci di quel mondo ci pensa Ron Howard.

E' strano ma Hollywood (e le grandi produzioni) non ha mai avuto un certo feeling con la formula 1, classe regina di tutte le categorie di corse. Sport da europei annoiati, penseranno, meglio fare filmacci sulla Nascar (che noiosa non è?) o premiare l'ennesima sceneggiatura di Stallone. E la pensava così anche Peter Morgan quando si mise a scrivere Rush, sul duello Lauda-Hunt, e pensando che mai nessuno l'avrebbe prodotto, nessuno coi soldi, non scrisse neanche una sequenza riguardante le corse o la pista. Sai che palle, fino a quando non è spuntato Ron Howard, suo sodale da un altro duello, l'ottimo Frost VS Nixon , uno che di formula 1 e motori sa giusto quello che gli ha insegnato Fonzie nella sua autorimessa, ma capace di realizzare dell'ottimo cinema d'intrattenimento.

domenica 15 settembre 2013

Mood Indigo di Michel Gondry

Nelle sale dal 12 settembre

La versione di Intrinseco

Subito una doverosa premessa: non ho mai letto L'Écume des jours e finora non avevo avuto nessun tipo di rapporto con le opere letterarie di Boris Vian. Di conseguenza mi astengo da ogni tipo di discorso sulla fedeltà della trasposizione, o su i limiti del cinema in rapporto alla letteratura, e viceversa. L'unica cosa che so, è che il romanzo di Vian è in parte autobiografico, un racconto della vita dell'autore attraversato da quella che Quenau ha definito"la più struggente storia d'amore moderna mai scritta".
Dal canto mio, se dovessi fermarmi al risultato della trasposizione e all'aspetto narrativo del film, parlerei piuttosto di una storiella di una banalità disarmante: lui ama lei, lei ama lui, lei si ammala e la vita diventa grigia e triste. Il tutto condito da una critica sociale stilizzatissima e da una serie di riferimenti vaghi e frammentari che probabilmente possono essere colti facilmente solo da chi ha letto il romanzo (o da chi avrà la (s)fortuna di vedere la versione integrale del film).
E qui casca il proverbiale asino, Michel Gondry ha preso un romanzo che lo ha irrimediabilmente segnato e lo ha buttato su pellicola nel modo più violento possibile, tagliando, sforbiciando (forse perché costretto) e velocizzando fino al parossismo in nome della messa in scena. Mood Indigo è un

sabato 7 settembre 2013

The Grandmaster di Wong Kar-wai

Nelle sale dal 19 settembre.

Wong Kar Wai has turned martial arts into a modern dance, The Grandmaster, arranged with both elegance and fury, left me mesmerized.” 
Martin Scorsese*.

A volte capita. A volte succede che un film di genere, esca dal suo ristretto recinto, sfondi le pareti imposte dalle definizioni da dizionario del cinema, dai pregiudizi degli spettatori e dalle stesse regole del genere cui appartiene, e si elevi a qualcos'altro. A film d'autore, a capolavoro, ad Arte, con la a maiuscola.
Non accade spesso, i generi sono per definizione di un livello più basso, di serie B, ma qualcuno ogni tanto ci riesce. Terrence Malick con il suo La sottile linea rossa, ha posto l'asticella del genere guerra, ad un livello poetico. Kubrick ha rivoluzionato la fantascienza con 2001 Odissea nello spazio. Friedkin (eh mica posso sempre citare Kubrick) e L'esorcista hanno mandato in pensione un'intera epoca dell'horror. Leone ha definitivamente ammazzato il western con (uno spaghetti western e) l'ammazza west per eccellenza, C'era una volta il West, senza citare i suoi altri. Film di genere sicuramente, ma liberatisi dalle catene, scevri da qualsiasi definizione a parte quella di capolavoro. 
Anche le arti marziali hanno avuto il loro Maestro, colui che le ha portate nell'olimpo del grande Cinema, colui che le ha sdoganate e che da filmettini per movie geek da videoteca, le ha portate all'attenzione del grande pubblico. Zhang Yimou ha realizzato tre quadri, tre affreschi, tre sublimi opere d'arte che hanno polverizzato il pregiudizio legato al film di kung fu. E poi è arrivato Wong Kar-wai e The Grandmaster

Happy together (again at last)!

giovedì 5 settembre 2013

Comic movie di Chissene Frega (x11)

-POST DEL LUTTO-
+

Nelle sale dal 5 settembre.

Aspettando Un weekend da bamboccioni 2, Scary movie 5 fatti da parte, ecco il peggior film dell'anno.

Si è spenta oggi, esalando gli ultimi respiri, la nostra amatissima commedia americana. E' stata massacrata e uccisa definitivamente, dopo tanti, innumerevoli tentativi andati a vuoto -Scary movie 4-5, Notte da leoni 1-2-3, i vari AGGETTIVO A CASO Movie, Le damigelle della sposa, etc...- grazie a questa disgustoteca di nome Movie 43, titolo originale, manco un nome sono riusciti a trovargli.
Come un batterio killer, un virus mortale, ha solo un nome vago associato a un numero identificativo. Dietro ci sono decine di mandanti però, senza vergogna di ammettere la propria colpa e affiggere il proprio nome: Bob Odenkirk, Elizabeth Banks, Steven Brill, Steve Carr, Rusty Cundieff, James Duffy, Griffin Dunne, Peter Farrelly, Patrik Forsberg, Will Graham, James Gunn, Brett Ratner, Jonathan van Tulleken. Ed è giusto menzionarli tutti perchè andrebbero iscritti su una lista nera di nemici della risata, del buon cinema e del buon gusto. E questi sono solo i mandanti principali, nascosti, mentre gli altri, gli attori, li potrete vedere bene in faccia.
Tutti sono "registi" o ""sceneggiatori"" di uno a testa dei 10-11 episodi che compongono l'intera porcata. Uno peggio dell'altro. Si inizia con Hugh Jackman con le palle flosce sul mento e si finisce con Elizabeth Banks stuprata da un gatto cartoon. L'episodio iniziale è l'unico decente, per i primi 45 secondi, fino a quando reitera e volgarizza la volgare (ma passabile) idea di base.
Ultimo arrivato ma già alfiere di quel certo tipo di commedia che nell'ultimo decennio è andata avanti, strascinandosi, con battute riguardanti una lista definita e ristretta di argomenti. In ordine sparso: fica,

mercoledì 4 settembre 2013

A field in England di Ben Wheatley

Qui ne trovate un'altra stupenda
Disponibile in dvd e blu ray sugli store inglesi
Solo in lingua originale con sottotitoli

Il 5 luglio 2013, con una manovra distributiva forse senza precedenti, l'ultimo film del geniale Ben Wheatley veniva distribuito in tutto il Regno Unito attraverso ogni canale disponibile: le sale cinematografiche, dvd/blu ray, la pay tv e persino alcuni canali gratuiti, il tutto condito da un Q&A con il regista in collegamento satellitare in molte sale del paese. E non so voi, ma innamorarmi di un film al cinema e andarlo a comprare appena uscito dalla sala è uno dei miei sogni erotici.
Una splendida iniziativa (che io applicherei sempre, almeno per il cinema indie) e soprattutto un importante riconoscimento per un regista che dopo pochi anni e soli tre film (Down Terrace, KillList e Sightseers, di cui vi prescrivo la visione) è diventato uno dei nomi più importanti del cinema (di genere) indipendente.
E A field in England non potrebbe essere più indipendente di così, cinema che procede per brutali sottrazione fin dalla scelta titolo: un prato in Inghilterra, l'unica location del film, uno spazio totalmente spoglio da qualsiasi tipo di scenografia, reale o artificiale. Un lembo di terra incontaminata che per quanto ne sappiamo potrebbe essere lo stesso da centinaia di anni, e quindi il luogo perfetto per ospitare un film in costume sorprendentemente realistico. Siamo nel 1600, durante le guerre civili inglesi. Un uomo di nome Whitehead (Reece Shearsmith) fugge terrorizzato dal campo di battaglia e si imbatte in altri tre superstiti: Jacob (Peter Ferdinando), Cutler e il sempliciotto Friend (Richard Glover, l'inventore della roulotte per bici in Sightseers). Ingannati da Cutler, i tre finiscono in una trappola del diabolico O'Neill (Michael Smiley), che, dopo averli drogati con funghi allucinogeni, li costringe a cercare un tesoro sepolto nel campo.

martedì 3 settembre 2013

Due chiacchiere con Adriano Ercolani, un cinepatico a New York

Essere pagati per andare al cinema e scrivere di ciò che si è visto, non avere orari fissi, incontrare celebrità e attori tra i migliori al mondo e, come se non bastasse, vivere a New York City. E' il sogno di tutti. Un sogno irrealizzabile? No, qualcuno ci è riuscito e ci spiega come ci è arrivato e com'è vivere questo sogno ogni giorno.
Adriano Ercolani molti di voi lo conosceranno già molto bene, sia come personaggio televisivo, sia come amico e consigliere fidato sui social network. Ho deciso di fargli un paio di domande perché rappresenta, senza esagerare, un modello di vita per tutti noi blogger di cinema o semplicemente appassionati di cinema e di scrittura. 
Una veloce intervista -Adriano è impegnatissimo tra festival, prime visioni, viaggi da una parte e dall'altra dell'America- sul suo passato italiano, il suo presente newyorkese e il nostro futuro cinematografico.
Oltre a collaborare per diverse riviste online e siti di cinema, Adriano ha anche un blog personale, La Fiamma del Peccato e può essere "importunato" su Twitter (@AdrianoErcolani) e su Facebook per ulteriori approfondimenti.

-Ho iniziato a seguirti quando eri ancora ai Cinepatici con Donzelli e Gironi, -oddio sembra passata una vita- eri un po' l'ospite/extra critico, da quel momento cosa è successo? Ed intendo proprio a te, eri a Roma e adesso sei da un pò a New York, come ci sei arrivato? E quindi, qual'è la tua carriera, i tuoi studi, come si diventa come te? moltissimi se lo chiedono e magari te lo chiedono. Ma poi, i Cinepatici sparirono da Coming Soon, perchè? Era un ottima trasmissione, come le tante che c'erano su quel canale.

domenica 1 settembre 2013

Elysium di Neill Blomkamp

Nelle sale dal 29 agosto.

Era il 2009 quando il giovane regista sudafricano Neill Blomkamp si impose all'attenzione di tutti i fans di fantascienza con il suo District 9, prodotto niente meno che da Peter Jackson. Una fantascienza low budget, supportata da una storia paradossalmente molto attuale e controversa. Con quel tipo di finale, si pensò subito a un seguito e le voci di possibili trame, produzioni già avviate o sceneggiature già depositate, si rincorrevano in rete. Fino a quando è spuntato Elysium e con esso la conferma di un progetto totalmente distaccato e nuovo. Tuttavia, il mix di fantascienza e politica, vincente per District 9, rimane al centro del film. Non sarà un seguito ma è un capitolo a parte pienamente in linea con il suo predecessore.
Anno 2154, (hey lo stesso di Avatar) in un mondo sempre più povero e pieno di sabbia, -che da fastidio ben più dell'essere poveri- tutti i ricconi si sono trasferiti su una stazione spaziale enorme a qualche migliaio di kilometri dalla terra, Elysium, dove possono permettersi di vivere secondo i loro standard e dove i poveracci, ovviamente, non hanno il permesso di entrare. Come se Elysium fosse Pantelleria o la costa pugliese, sono molto frequenti i tentativi di sbarco dei migranti, che tentano la fortuna su navicelle di fortuna, dove un biglietto costa cifre folli e la percentuale di arrivare vivi è molto bassa. A frotte compiono il viaggio non tanto per vivere nella bambagia, ma per usufruire dei macchinari sanitari in grado di guarire ogni malattia.
Uno di loro è Max, ex ladro di macchine, teppistello da strapazzo, ora con la testa a posto e operaio presso una fabbrica di robot. Dopo un incidente sul lavoro rimane tutto inzaccherato di radiazioni  rimanendogli circa 5 giorni di vita, nei quali tenterà il tutto per tutto per arrivare su Elysium. Arriva persino a "rapire" un importante uomo d'affari, in combutta con il ministro della difesa nella preparazione di un colpo di stato.