sabato 30 novembre 2013

Film del weekend e del TFF: The Lunchbox di Ritesh Batra e C'era una volta un'estate di Nat Faxon, Jim Rash

Weekend di chiusura del Torino film festival e weekend di opere prime con l'esordio alla regia di Pif e Joseph Gordon-Levitt (recensioni in arrivo domani) e quelli di due mattacchioni mandati nientepopodimeno che da Alexander Payne, e di un indiano giramondo con il suo cestino del pranzo.

Nelle sale dal 28 novembre.

"A volte il treno sbagliato porta alla stazione giusta".
Famoso detto scherzoso di Trenitalia.

Ognuno avrà prima o poi nella sua vita, sperimentato l'ingorgo di una grande città italiana nell'ora di punta. Macchine ovunque, stress, ira, ci metti 45 minuti per fare duecento metri, semafori, lavori, impediti al volante. Tutto ciò è nulla se paragonato con il traffico giornaliero in una qualsiasi via del centro di Mumbai in India con i suoi 13 milioni di abitanti. In mezzo a questo infermo si muovono agili e scaltri i portatori di cibo (dabbawalas), che ogni giorno partono dai propri negozi in periferia, salgono su treni, scooter e furgoncini e arrivano nei quartieri finanziari dove consegnano i cestini del pranzo a colletti bianchi troppo indaffarati per prendersi una pausa di 5 minuti. La loro efficienza è talmente impressionante che persino Harward si è messa a studiare questa istituzione capace, letteralmente, di far girare l'intera economia nazionale. Ogni dabbawalas, circa 5000 in tutta la città, porta mediamente 26 pranzi da consegnare negli uffici di un intero palazzo. Come Harward ha constatato, nonostante debbano fare tutto in fretta, ci sia un casino costante attorno a loro e molti non sono neanche alfabetizzati, non sbagliano mai. O quasi.

Tarr Béla, i used to be a filmaker di Jean-Marc Lamoure

Presentato nella sezione TFFDOC

"Pronto ? Jani ? Stammi a sentire, oggi dobbiamo girare la scena della partenza, quindi non bere niente... Come ? E allora smetti subito, hai tempo per smaltire la sbornia."

Ambizioso questo Jean-Marc Lamoure. Giovanissimo, con un paio di regie nel curriculum, si lancia in un'impresa veramente titanica: girare un documentario su uno dei più grandi registi viventi, e, come se non fosse abbastanza, farlo proprio durante le riprese di quello che sarà l'ultimo film della sua carriera. Una bella responsabilità, considerando che il film potrebbe addirittura trasformarsi in una sorta di testamento umano e artistico.
Il regista in questione è l'ungherese Béla Tarr e il film è Il Cavallo di Torino (A torinói ló, 2011). La pellicola, difficilissima da raccontare come ogni opera di Tarr, si apre con una didascalia: il 3 gennaio 1889, uscendo dal numero 6 di Via Carlo Alberto a Torino, Friederich Nietzsche vede un cocchiere che si accanisce con la frusta sul suo cavallo. Impietosito, il filosofo si getta in lacrime al collo dell'animale, poi, dopo aver pronunciato la frase "Mutter, ich bin dumm" precipita nella follia e nel silenzio (così come Tarr smette di fare cinema).

mercoledì 27 novembre 2013

The Conspiracy di Christopher McBride

Presentato al Torino Film festival nella categoria After Hours

Come spesso accade alla maggior parte degli horror indie, The Conspiracy è rimasto per un annetto nel limbo dei film non distribuiti (su imdb è datato 2012), poi, dopo un'uscita in un numero limitato di sale, ce lo siamo ritrovato al Torino Film Festival nella categoria After Hours, dedicata al cinema di genere e a tutte quelle pellicole di difficile catalogazione (sempre in ambito horror indie troviamo V/H/S/2, mentre l'anno scorso era stato presentato il primo capitolo).
Il lungometraggio d'esordio di Christopher MacBride, che alle spalle ha solo un cortometraggio, è l'ennesimo horror a metà tra found-footage e mockumentary, un mix che dopo il successo di Paranormal Activity e compagnia bella continua ad essere riproposto con pochissime variazioni. L'impostazione è omologatissima: una struttura in due atti che vede una prima parte introduttiva più vicina al finto documentario e una conclusione che finisce dalle parti del found footage, il tutto inserito in una cornice che ci mostra cos'è successo dopo.
Gli aspiranti registi Aaron e Jim stanno lavorando ad un documentario sulle cospirazioni e sulle società segrete, o meglio, su tutte quelle persone più o meno sane di mente che cercano di dimostrarne l'esistenza. L'attenzione dei due ragazzi ricade su Terrance, il classico pazzo ignorato da tutti che sproloquia sul Nuovo Ordine Mondiale all'angolo della strada. Mentre Jim perde gradualmente interesse, Aaron sviluppa un vera ossessione per le bizzarre teorie di Terrance, così quando l'uomo scompare nel nulla convince l'amico ad indagare.

martedì 26 novembre 2013

Frankenstein junior, ma non troppo - Lo speciale

Stasera, in molti cinema selezionati (quelli convenzionati con Nexo Digital) verrà proiettata la versione  restaurata e digitalizzata di Frankenstein Junior, il capolavoro della commedia firmata sir Mel Brooks uscita 39 anni fa in America. Wow che periodo gli anni 70.
Si conclude oggi la speciale Frankenstein Junior week iniziata il 19 novembre con il  grande ritorno del musical “mostruosamente divertente” omonimo, interpretato dal cast della Compagnia della Rancia, in scena al Teatro Brancaccio di Roma e in seguito in tutta Italia (controllate le date del tour) e proseguita il 20 novembre con l’uscita di “Frankenstein Junior – On stage Edition”, una nuova Edizione Limitata in Blu-ray e DVD che include anche un inedito speciale tratto dal backstage del musical. Festeggiamo anche noi allora, con un po' di curiosità sul film e i suoi interpreti.
Tirate fuori le vostre gobbe, andate in soffitta, sperate che arrivi il giusto fulmine, indossiamo lo smoking e la tuba e cantiamo in coro Puttin on the ritz!

Avete presente, sempre rimanendo in tema musicale, Walk this way degli Aerosmith? E' stata scritta e composta immediatamente dopo la visione di questo film. Steve Tyler e la sua band erano in pieno periodo lavorativo per il loro nuovo album ed erano giorni che non si prendevano una sosta. Una sera, stanchi e rimasti senza idee e fiato, se ne andarono al cinema per rilassarsi, ed in proiezione c'era proprio Frankenstein Junior. Tyler ebbe l'illuminazione alla frase "camini così - walk this way", quando Igor accompagna il dr. Frankenstein giù dalla scaletta della stazione.  Il giorno dopo nacque una delle canzoni più celebri del gruppo. E pensare che Brooks la voleva togliere...

V/H/S/2 di A.A.V.V.

Presentato al Torino Film Festival nella categoria After Hours

Il 12 luglio, in una manciata di sale in tutti gli Stati Uniti, esce V/H/S/2, seguito dell'omonimo film che insieme ad altri ha recentemente contribuito a rilanciare la moda dell'horror a episodi.
Rispetto al capitolo precedente, ci ritroviamo con un episodio e una ventina di minuti in meno, una buona notizia considerando che i problemi principali di V/H/S erano proprio la durata eccessiva (circa due ore) e la qualità altalenante dei vari episodi.
L'idea è sempre la stessa, raccontare diverse storie dell'orrore attraverso l'espediente dei found footage incisi su delle vecchie videocassette, quindi ritorna anche quel particolare stile visivo che tenta di riprodurre tutti i vari disturbi audio/video di una vecchia vhs (anche se, a voler fare i fiscali, i disturbi che vediamo sono quelli tipici della registrazione digitale).
Ma parliamo un po' degli episodi:

-Tape 49 di Simon Barrett (sceneggiatore che lavora spesso con Adam Wingard)

Come Tape 56 in V/H/S, l'episodio diretto da Barrett funziona da cornice per tutti gli altri.
Una coppia di investigatori privati irrompe in una casa per trovare un ragazzo scomparso nel nulla. Mentre uno dei due esplora l'appartamento in cerca di indizi, la collega trova un computer collegato ad un videoregistratore e un mucchio di vecchie videocassette.
Trattandosi di un semplice contenitore, è probabilmente il capitolo più statico e meno interessante, ma rispetto a Tape 56 ha il vantaggio di essere meno invadente, infatti i vari intermezzi tra un episodio e l'altro rubano solo pochi secondi senza far crollare l'interesse.
E' la classica storia tutta incentrata sui salti sulla sedia, ma è ben costruita e fa il suo lavoro, anche se i risvolti della trama sono piuttosto trash.

lunedì 25 novembre 2013

Drinking Buddies di Joe Swanberg

Speciale Torino Film Festival 31

"Ti rendi conto vero che non potremo mai essere amici".
Harry ti presento Sally.

Get to know: mumblecore.
Che è? Se balla? Se magna? No è un modo ultra ggiovane e mmoderno di fare cinema. Attori non professionisti, pochi soldi e storie di trentenni d'oggi. Non obbligatoriamente, l'importante però è non avere limiti o sovrastrutture incatenanti come una sceneggiatura. Un mumblecore è un semplice abbozzo, una storia appena pronunciata ma non delineata. Il film non lo fa la sceneggiatura ma l'ispirazione che il cast e il regista hanno giorno per giorno. Improvvisazione! Avete già capito no? Rischio fallimento alto.
Eppure ci provano in tanti, tra amici, e i risultato sono più che modesti, ma si, bisogna essere bravi. Improvvisare è davvero difficile, ma se sei nel mood giusto potresti sbarcare il lunario col minimo sforzo. Drinking Buddies fa parte di questo "movimento".
Lavorare in una fabbrica di birra -con assaggi gratuiti e continui- insieme a Olivia Wilde dovrebbe essere il sogno di tutti. Lei è Kate, PR, manager di un birrificio artigianale dove l'ambiente è molto

domenica 24 novembre 2013

This is Martin Bonner di Chad Hartigan, recensione e intervista al regista

Speciale Torino Film Festival 31.
Premio del Pubblico per il miglior film al Sundance 2013

Annamaria Cancellieri, ministro della giustizia, invece di chiamare Salvatore Ligresti e scarcerargli la figlia, avrebbe dovuto rivolgersi a Martin Bonner, un ometto sui 65, australiano, ma finito, prima, nel Maryland dove ha messo su famiglia e dopo aver perso il lavoro, a Reno nel Nevada, ovvero uno degli ameni paesini che circondano Las Vegas. Martin lavorava come business manager per una chiesa ("Anche le chiese hanno dei profitti" eccome) ma dopo aver divorziato è stato cacciato. Dopo 3 anni di ricerca di un nuovo impiego, persino da Starbucks dove non gli hanno neanche risposto, ne ha trovato uno a migliaia di miglia da casa. E' il capo dei volontari di un programma/centro per la rieducazione dei carcerati. Forniscono loro un tutor, gli trovano un lavoro e cercano di farli rigare dritto, magari con un paio di novelle del buon Signore. Un giorno conosce Trevor, appena uscito dopo 12 anni al gabbio per omicidio colposo non volontario mentre era ubriaco alla guida. Sono due uomini soli, lontani da casa e dalle loro famiglie, e scatta immediatamente un'amicizia speciale.

Ambientato nel deserto del Nevada, in un paese tra tanti* (anche se Reno è effettivamente capitale ed è tra i più grandi dello stato), di quelli che costellano le lunghe strade trafficatissime anche di notte,

sabato 23 novembre 2013

Frances Ha di Noah Baumbach

Speciale Torino Film Festival 31.

"I'm not messy, i'm busy"
Frances

"Everyone's a winner baby, that's the truth"
Hot Chocolate

1) Greta. Mentre tutto il mondo impazzisce per l'astro nascente Jennifer Lawrence, premiata con l'Oscar, protagonista di una saga da milioni di dollari etc...etc... c'è una giovane attrice -meno giovane di JLaw- che ne è l'esatto opposto. Non bellissima, troppo alta, cammina come un uomo, sempre più vecchia di quanto realmente è, sembra sempre triste, fa film indie, nessun grande stilista la veste, non compare sulle riviste...si, una giovane Margherita Buy. E' l'emblema dell'alternativo, dell'underground (degli hipsters?). E' Greta Gerwig, 1983, Lo stravagante mondo di Greenberg, Damsels in distress, The house of the devil, Lola versus, ma anche sporadicamente in produzioni più grandi, come l'orripilante ma con un motivo To Rome with love, Amici amanti e..., Arturo. Talento da vendere, grande naturalezza nella recitazione, perfetta per quei ruoli che le troppo belle rifiutano. Se il film fosse più migliore assai (cit.) sarebbe più famosa e più lodata, ma non è il tipo da cercare simili facezie.

martedì 19 novembre 2013

Il passato di Asghar Farhadi

Nelle sale dal 21 novembre.

Che potenza il cinema iraniano. Nato da poco -quello odierno nasce post rivoluzione islamica fine anni 70- ma già capace di produrre talenti invidiati da mezzo mondo. Tutto nacque con i Kiarostami, oggi conosciuto ad ogni latitudine, e i Makhmalbaf o i Naderi, un cinema aderente alla realtà, semi documentari che rispecchiavano la contemporaneità di un paese da sempre martoriato da guerre, dittature, opprimenti dogmi religiosi, e che allo stesso tempo la stravolgevano, giocavano con il rapporto reale-fantastico come solo i grandi artisti sanno fare.
Una generazione che ha permesso ad altri autori di venire fuori, come Mehrjui, Ayyari o addirittura donne, come Tahmineh Milani, o Samira  Makhmalbaf, figlia di Mohsen, e Marjane Satrapi senza dimenticare il pruri premiato e ancora oggi agli arresti, Jafar Panahi. Un cinema che nonostante mille ostacoli, tra cui una censura sempre più abbordabile ma pur sempre presente, riesce a produrre una sessantina di film l'anno -numero ormai stabile da qualche tempo. Pochi film ma percentuale di successo e qualità strabiliante. Sarà l'ambiente di ristrettezze che produce tali menti, chissà -o la (voglia di) fuga. Non ultima di queste è quella di Asghar Farhadi, salito alla ribalta nel 2009 con About Elly, vincitore dell'Orso d'argento di Berlino e ancora di più due anni più tardi quando ha portato a casa l'Oscar (oltre a Golden Globe e Orso d'oro) per miglior film straniero con il meraviglioso Una separazione, primo nella storia. Il passato inizia quasi dove Una separazione finiva.

domenica 17 novembre 2013

Venere in Pelliccia di Roman Polanski

Nelle sale dal 14 novembre

Scorrendo la filmografia di Roman Polanski, si sarebbe tentati di stabilire un nesso tra la sua attuale condizione di esule o "prigioniero" e le ultime storie che ha scelto di raccontare, tutte confinate in uno spazio limitato ma non limitante, che si tratti di un'isola inospitale o delle quattro mura di un appartamento newyorkese. Eppure, andando ancora più indietro, ci si rende conto che questo suo gusto per il claustrofobico si è manifestato anche in tempi non sospetti, basti pensare a film come Repulsion (bellissimo, anche se lui lo ha quasi disconosciuto) e L'inquilino del terzo piano o ancora al più celebre Rosemary's Baby. Ciò nonostante non si può negare che l'interesse del regista sia ormai interamente rivolto al teatro, lo avevamo intuito con Carnage e ora Venere in Pelliccia ha spazzato via ogni dubbio. La fonte è l'omonima pièce teatrale di David Ives (di origini polacche, come Polanski) ispirata a sua volta al celebre romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, un esperimento metateatrale che permette a Polanski di eliminare qualsiasi tipo di surrogato per portarci direttamente sul palcoscenico. Non più teatro che contamina il cinema quindi, ma cinema che entra (letteralmente) nel teatro.

venerdì 15 novembre 2013

jOBS di Joshua Michael Stern

In sala dal 14 novembre.
"Twenty years ago we had Johnny Cash, Bob Hope and Steve Jobs. Now we have no Cash, no Hope and no Jobs. Please don't let Kevin Bacon die". 
Bill Murray

Come sarebbe oggi la nostra vita senza Steve Jobs e la Apple? Probabilmente migliore. Staremmo più all'aria aperta, saremmo meno nervosi, leggeremmo di più. O forse no, totalmente l'opposto, o esattamente identica a come è oggi. Di sicuro non leggereste questa opinione. Hey ma tanto poi arrivò Bill Gates, no?
Steve Jobs ha effettivamente cambiato la nostra vita, soprattutto quella di noi giovani (nati anni 80-90). Ha creato per primo il personal computer, per primo ha messo nelle nostre tasche il lettore MP3 e sempre per primo ha portato il cellulare -termine ormai da età della pietra- a un nuovo inimmaginabile livello. Ha fatto di più. Ha creato un culto, una setta, una moda dietro una marca (di computer, la cosa più geek ancora oggi). E' arrivato tardi solo sugli e-book, credo.
Spirito ribelle, genio naturale, stronzo categoria pesi massimi, Jobs è persino riuscito nell'impresa, lui tanto bravo nelle presentazioni convincenti di nuovi prodotti, a preparare tutti alla sua lenta e inesorabile morte, dovuta a un tumore al pancreas e avvenuta il 5 ottobre di due anni fa. Un avviso perfetto da permettere agli sceneggiatori di creare un buon e documentato film sulla sua vita. Peccato che per una volta sia stato battuto sul tempo, da un ragazzino e da un signor regista.

giovedì 14 novembre 2013

The Canyons di Paul Schrader

Fuori concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia.
Nelle sale italiane dal 14 novembre.
Questa a fianco è una delle tante belle locandine. Le altre qui.

Finalmente è arrivato il giorno di The Canyons al festival. Che piaccia o meno, il film di Paul Schrader -al lido in veste anche di presidente di giuria della sezione Orizzonti-, è stato per ora il film più atteso di Venezia e quello che più ha fatto parlare, il film scandalo che ogni festival che si rispetti deve avere. E tutto questo nonostante non sia in concorso e, per vie traverse, sia stato già visto da mezzo mondo.
Realizzato con due lire, tirate su tramite il crowdfunding sul sito Kickstarter.com The Canyons è un coacervo di veri e propri personaggi. Paul Schrader è un regista sui generis, uno che ha scritto Taxi Driver di Scorsese mentre viveva in macchina, per strada, perchè cacciato dalla moglie, uno che ha omaggiato il finale di Diario di un ladro di Bresson,  non in un solo film ma in ben due (American Gigolò e Lo spacciatore) ed infine uno che ha diretto alcune scene hot di questa sua ultima fatica, completamente nudo, per mettere a loro agio gli attori. Sceneggiatore è Bret Easton Ellis, romanziere folle facente parte della nuova generazione americana dei cannibali (Palahniuk, Foster Wallace), autore di follie lucide come Le regole dell'attrazione, Glamorama, Luna Park e il suo capolavoro, American Psycho. Attore principale è James Deen, porno attore vero, a soli 27 anni già protagonista di circa 1000 porno con titoli come Milf gangbangs, James Deen Loves Butts, What an Asshole e il classico Official the Hangover Parody. Infine attrice principale è lei, la diva, l'ex bambina prodigio, un'altra delle stelline Disney andata in frantumi con l'arrivo della pubertà, una che ormai non ha più bisogno di presentazioni, Lindsay Lohan, attesissima sul tappeto rosso di Venezia, ma forfaittante a pochissime ore dalla proiezione (Non gli hanno dato abbastanza soldi? Non sta bene? Il brusio continua ancora oggi).
Da un gruppo di soggetti così non poteva che uscire il film più disturbante dell'anno.

domenica 10 novembre 2013

Machete Kills di Robert Rodriguez


Nelle sale dal 7 novembre

La versione di Intrinseco

Premetto subito che a me il primo Machete non era piaciuto per niente, prima di tutto perché mi aveva annoiato a morte, e poi perché sono tendenzialmente contrario all'idea del B-Movie a medio/alto budget. E qui forse è necessaria una precisazione: il progetto Grindhouse per quanto mi riguarda non rientra in questa categoria, perché in quel caso se i soldi c'erano erano mascherati molto bene, e guardando i due film (soprattutto Deathproof) si aveva davvero la sensazione di tornare indietro nel tempo in una sala puzzolente e malfrequentata. E comunque si trattava di un unicum, un esperimento divertente che avrebbe dovuto fermarsi lì (anche se, lo ammetto, la prospettiva di un lungometraggio su Werewolf Women of the SS è molto allettante) e invece no, come al solito bisogna battere il ferro finché è caldo, prima con gli spin-off e poi con i sequel dei sequel.

sabato 9 novembre 2013

Prisoners di Denis Villeneuve

Nelle sale dal 7 novembre

Quando ci si accosta ad un film come Prisoners, lo si fa quasi sempre con quello scetticismo che si manifesta quando un bravo regista non-americano si lascia tentare da una produzione americana, anche perché i risultati sono sempre altalenanti. Questa volta tocca al canadese Denis Villeneuve, regista dello straziante La donna che canta (Incendies, 2010), che però trova nella sceneggiatura di Aaron Guzikowski (quello di Contraband, eh lo so...) un soggetto non troppo lontano dalle sue corde.
Keller Dover (Hugh Jackman) è l'archetipo cinematografico del padre di famiglia americano: autoritario, profondamente religioso ed ossessionato dalla paura, una paura ereditaria che lo spinge a creare un rifugio sicuro nel suo seminterrato e a riempirlo di scorte per affrontare qualsiasi tipo di calamità. E' stato educato per essere pronto a tutto, ma il pomeriggio del giorno del ringraziamento sua figlia e quella del suo vicino attraversano la strada davanti casa e spariscono nel nulla.

venerdì 8 novembre 2013

Outrage Beyond di Takeshi Kitano

In uscita: a noleggio dal 7 novembre, in vendita a fine mese e al cinema mai.

-Dai andiamocene cazzo.
-Cosa hai detto Otomo!?
-Ho detto cazzo.
-Come ti permetti?!
-Non era rivolto a voi, coglione!

DOVE ERAVAMO RIMASTI I: Dopo quindici anni di grandi successi e in alcuni casi di veri e propri capolavori, l'eclettico Maestro giapponese Takeshi Kitano, si andò a scontrare con una profonda crisi creativa. Un'eventualità a cui si va incontro tutti prima o poi, che si sia dei geni o dei semplici scribacchini, è sempre dietro l'angolo. 
Che cosa si fa in questi casi? O ci si ritira dalle scene finché non si torna alla normalità, o si fanno lavoretti facili, compitini, tanto per continuare a fare qualcosa e chissà che la crisi non finisca di colpo. Beat Takeshi non fece nessuna delle due cose. 
Ne parlo con il suo pubblico, usò le telecamere e il grande schermo come fosse uno uno psicologo -quando si ha dato tanto, è giusto pretendere anche solo un piccolo spazio per se stessi- per affrontare il suo stato d'animo e il suo blocco. Creò la trilogia della distruzione (Takeshi's, Glory to the filmmaker, Achille e la tartaruga), in cui si è decostruito, si è fatto a pezzetti e si è ricostruito piano piano. Ha potuto parlare di se, del se regista, del se artista, dell'arte oggi e del ruolo in generale dell'artista. Un'insieme di film strazianti, schietti, in cui Kitano si mostrava senza difese; lui maschera vivente e faccia da gangster sadico. Poi, ritenutosi curato, è ritornato al lavoro, e l'ha fatto ripartendo da quello che l'ha reso famoso, dalla base, dall'isola di salvezza: la Yakuza.
Outrage, un'analisi fredda e calcolata delle logiche interne alle famiglie mafiose giapponesi, uscì nel 2010, a Cannes, fu un piccolo passo verso il vecchio Kitano, forse irrecuperabile. Non destò nessuna reazione degna di nota, ma noi tutti facevamo il tifo per lui. 

DOVE ERAVAMO RIMASTI II: Ovvero la fine di Outrage, ed essendo questo un sequel, chiaramente spoilererò tutto del capitolo precedente. Siete avvisati.

mercoledì 6 novembre 2013

Questione di tempo - About time di Richard Curtis

In anteprima mondiale a Locarno il 16 agosto.
In uscita nelle sale italiane il 7 novembre.

It's about time, era anche ora che Richard Curtis tornasse alla regia e soprattutto a scrivere una nuova commedia per il grande schermo. L'autore di alcune delle più riuscite romance e cult comedy inglesi dell'ultimo decennio, da Love Actually a Notting Hill al Diario di Bridget Jones fino a Mister Bean, torna a 4 anni di distanza dalla sua ultima divertente scorribanda per mari con la sua Radio Rock e lo fa con una storia sui viaggi nel tempo ma ancora di più sulla vita, sulle nostre scelte e sulla famiglia. Fantascienza o racconto generazionale?
Il giorno dopo una delle più brutte serate della sua vita, il giovane e impacciato Tim viene chiamato dal babbo nel suo studio. Deve rivelargli un segreto riguardante tutti i maschi della famiglia: una volta compiuti i 21 anni, cioè proprio il caso di Tim, iniziano a viaggiare nel tempo. Basta poco, un luogo buio, molta concentrazione e stringere i pugni pensando a un luogo del proprio passato, quindi non troppo in là e soprattutto niente futuro. Nonostante Tim pensi sia uno scherzo, ci prova e riesce a ritornare alla sera precedente, migliorandola decisamente. Essendo un ragazzotto per bene, non pensa di usare questo potere per soldi, fama o potere, ma semplicemente per trovare finalmente una ragazza e formare così una famiglia. Una volta trasferitosi a Londra incontra Mary, forse quella giusta.