domenica 24 novembre 2013

This is Martin Bonner di Chad Hartigan, recensione e intervista al regista

Speciale Torino Film Festival 31.
Premio del Pubblico per il miglior film al Sundance 2013

Annamaria Cancellieri, ministro della giustizia, invece di chiamare Salvatore Ligresti e scarcerargli la figlia, avrebbe dovuto rivolgersi a Martin Bonner, un ometto sui 65, australiano, ma finito, prima, nel Maryland dove ha messo su famiglia e dopo aver perso il lavoro, a Reno nel Nevada, ovvero uno degli ameni paesini che circondano Las Vegas. Martin lavorava come business manager per una chiesa ("Anche le chiese hanno dei profitti" eccome) ma dopo aver divorziato è stato cacciato. Dopo 3 anni di ricerca di un nuovo impiego, persino da Starbucks dove non gli hanno neanche risposto, ne ha trovato uno a migliaia di miglia da casa. E' il capo dei volontari di un programma/centro per la rieducazione dei carcerati. Forniscono loro un tutor, gli trovano un lavoro e cercano di farli rigare dritto, magari con un paio di novelle del buon Signore. Un giorno conosce Trevor, appena uscito dopo 12 anni al gabbio per omicidio colposo non volontario mentre era ubriaco alla guida. Sono due uomini soli, lontani da casa e dalle loro famiglie, e scatta immediatamente un'amicizia speciale.

Ambientato nel deserto del Nevada, in un paese tra tanti* (anche se Reno è effettivamente capitale ed è tra i più grandi dello stato), di quelli che costellano le lunghe strade trafficatissime anche di notte,
che tagliano in due la sabbia e le rocce e uniscono punti lontani della mappa americana This is Martin Bonner parla di uomini soli, di fede e di sentimenti senza l'ausilio di troppe parole, di una sceneggiatura complicata o di grande e esasperata recitazione. I personaggi del film sono come quei paesini così isolati tra loro ma non necessariamente distanti. Si cercano, hanno bisogno di un contatto umano sincero, ma non sono propriamente capaci di trovarlo.
Emblematiche le due scene in cui i due uomini soli, Travis e Martin, trovano contatto umano, ma forse non proprio sincero. Il primo finisce con una prostituta, anche se controvoglia e solo per aiutarla con 50 dollari, mentre il secondo finisce incastrato e poco convinto in uno speed date tra gente sugli over 40, dove non si conosce mai una realmente una persona in soli cinque minuti.
Costante la ricerca e il contatto con i famigliari. Martin chiama ogni giorno i figli adulti e sposati, mentre Travis cerca di riallacciare un rapporto con la figlia 24enne, distrutto repentinamente dodici anni prima a causa dell'incidente. Ci vorrà del tempo, ma non è di certo una cosa che manca a Travis.
Uomini soli, in un mondo solitario e desertico abbandonato persino da Dio? Nonostante Dio, e soprattutto la crisi della fede, sia una parte importante del film, non è una presenza costante, ne rappresenta la risposta finale. Hartigan non vuole dare la risposta più facile, non c'è un Salvatore che arriva nel bel mezzo del deserto a salvarci e non è obbligatorio essere dei buoni cristiani per essere delle brave e caritatevoli persone. Dio e la chiesa aiutano, ma come dice Martin a un detenuto poco convinto a inizio film "non solo obbligatori".

Grazie a un paio di attori protagonisti dai volti poco cinematografici, aderisce ancora di più al realismo a cui punta. Paul Eenhoorn (Martin) è un pensionato che potremmo trovare in giro nei giorni della settimana, mentre sfoglia qualche rivista in una libreria o cerca il maglione giusto per la nipotina. Calmo ma non finito o stanco, una persona che ispira fiducia e bontà. Richmond Arquette (Travis) come potrete ben capire è del clan Arquette, anche se il meno noto, e nonostante sia in quasi tutti i film di Fincher -e mi chiedo come mai? Accetto delucidazioni- non esce mai dal ruolo di comparsa o personaggio secondario. Ha la faccia da bambinone cresciuto, un mix di Jona Hill e Chris Penn, un'altra faccia poco fotogenica a cui non si può voler un po' bene.

Per riassumere. This is Martin Bonner, è un ottimo film, minimale, asciutto e privo di eccessivi abbellimenti**. Sulla linea del cinema dardenniano, parla di storie vere e verosimili, con personaggi realistici, poco cinematografici. Regala 80 minuti di grandi emozioni (espresse difficilmente e non espresse visivamente), scalda il cuore e ci lascia due personaggi il più lontano possibile dal memorabile, eppure indimenticabili. Altra grande presa del TFF.

*Da cui nessuno viene realmente, nessuno ci è nato. Martin è australiano e arriva dal Maryland, Travis è di Sacramento, Steve è del North Carolina e la moglie di St. Louis. Nessuno sembra appartenere a questi posti, ci si arriva per caso, in seguito, nella nostra vita.
**Solo due sequenze particolarmente degne di nota dal punto stilistico. Un 360° della cittadina e della sua trafficatissima autostrada e un paio di rallenty con un'aria simile all'Ave Maria di Shubert in cui la mdp si avvicina ai protagonisti. E' Dio?

Cinque domande cinque a Chad Hartigan.
-Quanto è importante nel film Dio? Abbiamo due personaggi che non credono fortemente in Dio. Martin ha avuto una crisi di fede e Travis crede ma non troppo. Cosa hai voluto dire, che non abbiamo bisogno di Dio per essere delle brave persone? O al contrario, che non importa come, ma Dio lavora sempre attraverso noi? Riguardo a quelle interessanti e particolari sequenze con zoom, ralenty e musica classica, cosa significano? Una sorta di presenza divina? Avvengono sempre al di fuori di una chiesa.

L'idea per il film mi è venuta da mio padre. Nella realtà si è dovuto trasferire per un lavoro molto simile a quello del film ed ero preoccupato per lui, che si è ritrovato a vivere da solo alla sua età. Parlavamo al telefono e mi diceva del lavoro che stava facendo e ho pensato che fosse molto interessante. Così ho creato il personaggio di Travis. Siccome queste organizzazioni sono basate sulla fede in Dio, sapevo che ce lo avrei dovuto mettere, Dio e la fede, nella storia. Entrambi i miei genitori erano missionari e sono cresciuto in una casa molto religiosa, ma io non sono molto religioso, volevo solo che il film rappresentasse i miei sentimenti. Rispetto i miei genitori e come mi hanno cresciuto, con amore, tenerezza perciò rimarranno sempre importanti per me. La maggior parte dei film preferiscono mostrare i cristiani come dei pazzi, ma il più di loro stanno facendo le cose giuste. Perciò volevo far vedere gente che cresce e si comporta secondo il credo di Cristo, e nessuno può negarlo è una cosa buona, anche se si odia Dio.
Per quanto riguarda le scene, non vogliono dire niente di specifico, ho solo pensato che fosse il modo giusto per girarle, lascio a voi decidere.

-Reno, Nevada. Deserto ovunque, piccole città attorno a lunghe autostrade. Nessuno viene da li, nessuno ci è nato, nessuno appartiene realmente a posti come Reno. Siamo noi come quelle piccole città nel deserto? sempre meno contatto umano (nel film gli speed date, la prostituta). Reno è una metafora per qualcos'altro?

Hum, no. Ho scelto Reno perchè mi è molto famigliare. Mia mamma viene da li e l'ho visitata spesso crescendo. E' un posto molto strano, quello si. Visivamente bellissima ma molto carente economicamente e culturalmente parlando. Ho pensato che fosse un buon posto dove ambientare la storia, di un uomo anziano che deve ricostruire la sua vita, sia stilisticamente che tematicamente.

-Come hai scelto i due attori principali Paul Eenhoorn and Richmond Arquette? Sono sconosciuti al grande pubblico ma sono perfetti. Sono così umani, reali, come se non hanno bisogno di recitare. Avete studiato e preparato molto le loro due parti o sono così bravi?

Richmond era un mio amico. L'ho conosciuto mentre lavoravo a un film diretto da suo fratello David.Ho scritto la parte di Trevor per lui, perchè penso sia un grande attore e meritava una grande parte. Per Martin abbiamo fatto delle audizioni a Los Angeles e Paul ci ha convinto da subito. E' volato giù da Seattle, nonostante non avesse molti soldi per permetterselo, ma sapeva che quella parte era sua, ci credeva moltissimo. E sono contento che l'abbia fatto perchè lui E'! Martin Bonner.
Sfortunatamente a causa dei pochi soldi e del poco tempo a disposizione, non abbiamo potuto provare molto. Ed è una prova di quanto siano bravi gli attori, tutti. Tutte le scene che vedete sono più o meno venute al primo tentativo.

-Non c'è una fine precisa nel tuo film. Rimaniamo con molte domande in sospeso sui due protagonisti, ma va bene così, è perfetto così, non abbiamo realmente bisogno di quelle risposte. Mi ha ricordato molto i fratelli Dardenne o Haneke lo stile del tuo film. Li conosci, e conosci il cinema europeo? Quali registi ti hanno influenzato maggiormente per questo film?

Certamente li conosco, entrambi. Amo il cinema europeo, e veramente sono mezzo irlandese cresciuto a Cipro, perciò mi considero un po' europeo. Per questo film però sono stato influenzato molto da altri, come Steve McQueen, Roy Andersson, Gus Van Sant, Radu Muntean e Kelly Reichardt.

-Ultima domanda, un classico, siccome ho amato molto il tuo film, aspetto con ansia il tuo prossimo. hai già idee, progetti in piedi?

Attualmente sono in Germania, alla ricerca di location per un nuovo film su un ragazzo americano che vive a Dresden e si innamora di una ragazza tedesca. Spero inizieremo a girare già dalla prossima estate.

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