In sala dal 13 marzo.
“I think anybody who falls in love is a freak. It’s a kind of socially acceptable insanity”
Quindici anni fa, i computer erano uno strumento di lavoro, erano dei semplici terminali. Se ne avevamo qualcuno a casa, erano in pratica delle consolle di gioco. Pochi anni dopo, con internet sempre più utilizzato e migliorato, i computer diventarono un elettrodomestico presente in ogni abitazione e non costituivano più un segreto per noi. Ridotte dimensioni, abbastanza veloci e pratici, ci permettevano di scaricare qualsiasi materiale dalla rete, elaborare testi, immagazzinare le nostre foto etc... Poi il corso delle cose ha preso una velocità folle ma prevedibile. Oggi non riusciamo, anche volendo, a stare un giorno senza un computer. Hanno assunto le forme più improbabili e peculiari, senza tuttavia perdere potenza o efficienza. Ci svegliamo con loro, mangiamo davanti a loro, ce li portiamo in giro, non riusciamo a dormire se non passiamo con loro almeno una mezz'oretta serale. La nostra vita è gestita da un computer, i nostri contatti col mondo passano attraverso un computer e idem per tanti altri piccoli aspetti a cui non diamo magari troppa importanza.
Che china potrebbe prendere questo rapporto? Her-Lei, ambientato in un ipotetico 2025, in una grande città senza nome, prova a fare un'ipotesi: diventeranno i nostri compagni di vita, nell'accezione sentimentale del termine (si anche oggi esiste già gente che ama e che fa sesso col proprio PC, lo so). Senza provare troppa vergogna nel confessarlo e senza incontrare il giudizio negativo altrui.